20 Gennaio 2019
  
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Oggi Gesù ci dice: «Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada.» (I Lettura).

I Lettura: Is 62,1-5: Isaia canta la gloria di Gerusalemme che sta per divenire la sposa di Iahvé. Israele ritornerà tra le braccia del suo Creatore: Dio riamerà teneramente Gerusalemme con amore sponsale facendola sua sposa per sempre (Cf. Os 2,21). La riconciliazione tra Dio e il popolo eletto avverrà in una cornice di gioia e di tripudio, sarà come una festa nuziale nella quale abbonderà fragrante il pane e il vino nuovo. Nella gioia ritrovata, coloro «che avranno raccolto il grano lo mangeranno e canteranno inni al Signore, coloro che avranno vendemmiato berranno il vino nei cortili del santuario di Dio» (Is 62,9).

Salmo responsoriale: Dal Salmo 95 (96): Paolino Beltrame-Quattrocchi (I Salmi Preghiera Cristiana): L’azione di Dio sul mondo è sempre nuova, sempre ricca di nuove meraviglie. Per questo il canto di lode dev’essere ogni volta «un canto nuovo», perché di giorno in giorno venga annunziato il prodigio sempre nuovo della salvezza. Il salmista, superati i confini del contingente, trascende l’episodio vittorioso che lo ha inebriato di lirico entusiasmo: egli vede, sente e canta come profeta. Del risentimento amaro e vendicativo di Israele oppresso non v’è più traccia, le nazioni appena vinte non sono più un nemico. Lo Spirito del Signore, irresistibile come nella Pentecoste, annunzia ai popoli e alle nazioni che «il Signore regna». Tutti insieme portino offerte al Signore, tutti insieme entrino nei suoi atri e diano gloria al suo nome. Nella santità degli atri del Signore la visione profetica del salmista si fonde con quella del veggente di Patmos, e l’inizio e la chiusa del salmo rimbalza sulle pagine dell’Apocalisse: «... si prostrarono davanti all’Agnello, e ... cantavano un canto nuovo: Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione...» (Ap 5.8.9). «Tutte le genti verranno e si prostreranno davanti a te, perché i tuoi giusti giudizi si sono manifestati» (Ap 15,4b).

II Lettura: 1Cor 12,4-11: La fonte di ogni dono è l’ineffabile e santissima Trinità: «Il “Signore” è Cristo, al quale soprattutto risale la fondazione della Chiesa con i suoi diversi “ministeri”; “Dio” è il Padre, al quale si attribuiscono le operazioni in quanto egli è il principio di ogni attività; lo Spirito Santo è il “dono”, la “grazia” per eccellenza (Settimio Cipriani).

Vangelo: Gv 2,1-11: «Il “segno di Cana” secondo la narrazione evangelica [Gv 21,1-2] rientra nel mistero della manifestazione del Signore. La liturgia romana lo commemora ogni anno nella solennità dell’Epifania del Signore: “Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i Magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano, per la nostra salvezza [Liturgia delle Ore - Antifona al Magnificat dei II Vespri]». Oggi, celebriamo «questo “inizio dei segni”, a cui i fedeli guardano con l’attenzione del cuore. In questa manifestazione del Signore la Vergine Maria fu attivamente presente; perciò la liturgia associa il ricordo di lei a quello del Figlio, cantando: “Per te, il tuo Figlio dà inizio ai suoi segni prodigiosi; per te lo sposo prepara il vino nuovo per la sposa; per te i discepoli credono nel Maestro” [Antifona alla Comunione]. In questa messa si celebrano insieme il Signore Gesù, la Chiesa, della quale appare il primo germoglio nel segno di Cana, e la beata Vergine Maria» (Messe della Beata Vergine, Santa Maria di Cana).

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana - Il racconto delle nozze di Cana chiude il ciclo delle manifestazioni di Gesù: a Betlemme, nel mistero della carne, si rivela ai Magi; nelle acque del Giordano è proclamato Figlio, l’amato del Padre; a Cana Gesù comincia a rivelarsi ai suoi discepoli e al mondo come vero Dio.
Il miracolo compiuto da Gesù alle nozze di Cana è strettamente legato all’iniziativa e alla mediazione di sua Madre. Una iniziativa e una mediazione che continua senza soste nella vita della Chiesa, sposa di Cristo. Giovanni nel suo vangelo non indica mai la madre di Gesù con il suo nome proprio.
Venuto a mancare il vino... Nell’Antico Testamento il vino è considerato il simbolo di tutti i doni provenienti da Dio, è la bevanda della vita che dona consolazione e gioia e cura la sofferenza dell’uomo. Per questo motivo nei banchetti non mancava mai il calice del vino, sul quale si pronunciava poi una preghiera di ringraziamento. Per indicare la gioia della vita futura la Bibbia dice che nel banchetto finale il Signore offrirà agli ospiti vini raffinati: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25,6).
Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Questa espressione nella sacra Scrittura sta ad indicare ostilità (Gdc 11,12; Cr 35,21; 1Re 17,18) o esprime una divergenza tra due interlocutori (Os 14,9; 2Re 3,13). In Mc 1,24 e 5,7 è il demonio a usare questa espressione nei confronti di Gesù. Forse, con questa risposta, Gesù ha voluto  affermare una certa autonomia e indipendenza dalla Madre (Cf. Gv 4,47s; 11,1ss; Mt12,46ss; Mc 3,31ss; Lc 2,48ss; 8,19ss). Ma perché chiama sua Madre donna? Lo farà anche dall’alto della croce (Cf. Gv 19,26) e si potrebbe pensare che tale nome voglia richiamare Gn 3 e quindi voglia presentare Maria come la nuova Eva, la madre dei viventi.
Non è ancora giunta la mia ora. L’ora è un tema ricorrente nel quarto vangelo (Gv 7,39; 8,20; 12,23.27; 13,1; 17,1) ed è il tempo della esaltazione di Gesù sulla croce, preludio della glorificazione con la risurrezione e ascensione alla destra del Padre.
«Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Maria ingiunge ai servitori di mettersi agli ordini di Gesù e di obbedirgli. Gesù, anticipando l’Ora, dona all’umanità il vino buono, come un segno e un anticipo della gloria e delle ricchezze della nuova alleanza che sancirà nel suo sangue. I servitori obbedienti riempiono le anfore d’acqua che si trasforma prodigiosamente in vino. Il vino prodigioso è così buono da lasciare stupefatto il maestro di tavola.
E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse..., chiamò lo sposo per farne l’elogio. Che il maestro di tavola non sapesse di dove venisse il vino è una nota che ha un significato nascosto: questo «vino di Gesù è di origine misteriosa, come lo è l’acqua donata da Gesù [Gv 4,11] e il pane prodigioso moltiplicato da Gesù [Gv 6,5]. Questi doni sono misteriosi, perché simboleggiano la persona e l’opera rivelatrice di Gesù. Egli infatti ha un’origine misteriosa [Gv 8,14; 9,29s; 19,9]» (Salvatore Alberto Panimolle).
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Il segno «è un simbolo storico, che rivela ciò che Gesù è mediante ciò che Gesù opera: il Salvatore escatologico, datore  dei beni messianici, pane di vita, luce del mondo, vita e risurrezione» (Giuseppe Segalla).
A Cana di Galilea Gesù si manifesta ai suoi discepoli per mezzo di un segno, una manifestazione che per molti resterà oscura, incomprensibile: «Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credettero in lui» (Gv 12,37). Molti crederanno in Gesù, altri resteranno prigionieri dei loro pregiudizi, altri coveranno propositi omicidi e sarà proprio a motivo di un segno eclatante, la risurrezione di Lazzaro, che decideranno di eliminare fisicamente il giovane Rabbi di Nazaret (Gv 11,45-53).

Maria e la vita pubblica di Gesù - Lumen gentium 58: Nella vita pubblica di Gesù la madre sua appare distintamente fin da principio, quando alle nozze in Cana di Galilea, mossa a compassione, indusse con la sua intercessione Gesù Messia a dar inizio ai miracoli (cfr. Gv 2,1-11). Durante la predicazione di lui raccolse le parole con le quali egli, mettendo il Regno al di sopra delle considerazioni e dei vincoli della carne e del sangue, proclamò beati quelli che ascoltano e custodiscono la parola di Dio (cfr Mc 3,35; Lc 11,27-28), come ella stessa fedelmente faceva (cfr. Lc 2,19 e 51). Così anche la beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza un disegno divino, se ne stette (cfr. Gv 19,25), soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al suo sacrifico, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata; e finalmente dallo stesso Gesù morente in croce fu data quale madre al discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio (cfr. Gv 19,26-27).

Redemptoris Mater 21: Maria è presente a Cana di Galilea come Madre a Gesù, e in modo significativo contribuisce a quel l’«inizio dei segni», che rivelano la potenza messianica del suo Figlio. Ecco: «Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”» (Gv 2,3). Nel Vangelo di Giovanni quell’«ora» significa il momento fissato dal Padre nel quale il Figlio compie la sua opera e deve essere glorificato (Gv 7,30; 8,20; 12,23; 13,17,1; 19,27). Anche se la risposta di Gesù a sua madre sembra suonare come un rifiuto (soprattutto se si guarda, più che all’interrogativo, a quella recisa affermazione: «Non è ancora giunta la mia ora»), ciononostante Maria si rivolge ai servi e dice loro: «Fate quello che egli vi dirà» (Gv 2,5). Allora Gesù ordina ai servi di riempire di acqua le giare, e l’acqua diventa vino, migliore di quello che prima è stato servito agli ospiti del banchetto nuziale. Quale intesa profonda c’è stata tra Gesù e sua madre? Come esplorare il mistero della loro intima unione spirituale? Ma il fatto è eloquente. È certo che in quell’evento si delinea già abbastanza chiaramente la nuova dimensione, il nuovo senso della maternità di Maria. Essa ha un significato che non è racchiuso esclusivamente nelle parole di Gesù e nei vari episodi, riportati dai Sinottici. In questi testi Gesù intende soprattutto contrapporre la maternità, risultante dal fatto stesso della nascita, a ciò che questa «maternità» (come la «fratellanza») deve essere nella dimensione del Regno di Dio, nel raggio salvifico della paternità di Dio. Nel testo giovanneo, invece, dalla descrizione dell’evento di Cana si delinea ciò che concretamente si manifesta come nuova maternità secondo lo spirito e non solo secondo la carne, ossia la sollecitudine di Maria per gli uomini, il suo andare incontro ad essi nella vasta gamma dei loro bisogni e necessità. A Cana di Galilea viene mostrato solo un aspetto concreto dell’indigenza umana, apparentemente piccolo e di poca importanza («Non hanno più vino»). Ma esso ha un valore simbolico: quell’andare incontro ai bisogni dell’uomo significa, al tempo stesso, introdurli nel raggio della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo. Si ha dunque una mediazione: Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone «in mezzo», cioè fa da mediatrice non come un’estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può - anzi «ha il diritto» - di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. La sua mediazione, dunque, ha un carattere di intercessione: Maria «intercede» per gli uomini. Non solo: come madre desidera anche che si manifesti la potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l’uomo dal male che in diversa forma e misura grava sulla sua vita. Proprio come aveva predetto del Messia il profeta Isaia nel famoso testo, a cui Gesù si è richiamato davanti ai suoi compaesani di Nazareth: «Per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista...» (Lc 4,18).
Altro elemento essenziale di questo compito materno di Maria si coglie nelle parole rivolte ai servitori: «Fate quello che egli vi dirà». La Madre di Cristo si presenta davanti agli uomini come portavoce della volontà del Figlio, indicatrice di quelle esigenze che devono essere soddisfatte, affinché la potenza salvifica del Messia possa manifestarsi. A Cana, grazie all’intercessione di Maria e all’ubbidienza dei servitori, Gesù dà inizio alla «sua ora». A Cana Maria appare come credente in Gesù: la sua fede ne provoca il primo «segno» e contribuisce a suscitare la fede dei discepoli. 

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Fate quello che egli vi dirà» (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio, che nell’ora della croce hai chiamato l’umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa’ che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformante del suo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne. Per il nostro Signore Gesù Cristo...