4 Dicembre 2018


Martedì della I Settimana di Avvento


Oggi Gesù ci dice: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono.” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 10,21-24: Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose: “queste cose” si riferiscono ai misteri del regno in generale (cfr. Mt 13,11), rivelati ai piccoli, i discepoli (cfr. Mt 10,42), ma tenuti nascosti ai dotti, cioè ai farisei e ai dottori della Legge. Nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo: la professione di relazioni intime con Dio e l’invito a diventare discepoli “evocano parecchi passi dei libri sapienziali [Pr 8,22-36; Sir 24,3-9 e Sir 18-20; Sap 8,3-4, 9,9-18, ecc.]. Gesù si attribuisce anche il ruolo della sapienza [cfr. Mt 11,19], ma in una maniera eminente, non più come una personificazione, ma come una persona, il «Figlio» per eccellenza del «Padre» [cfr. Mt 4,3]. Questo passo, di colore giovanneo [cfr. Gv 1,18; 3,11; 3,35; 6,46; 10,15, ecc.], esprime nel fondo più primitivo della tradizione sinottica, come in Giovanni, la coscienza chiara che Gesù aveva dalla sua filiazione divina.” (Bibbia di Gerusalemme). Il brano si conclude con una beatitudine, Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete: adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; oltrepassato il confine della vita terrena invece vedremo faccia a faccia (1Cor 13,12).

In quella stessa ora - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): v. 21 Luca offre un’indicazione cronologica più precisa di quella di Matteo («in quel tempo», Mt., 11,25); egli quindi rileva che, nella stessa circostanza, Gesù pronunziò le parole, riferite nel presente contesto, che sono tra le più solenni trasmesse dai vangeli.(Gesù) esultò di gioia sotto l’azione dello Spirito Santo; si descrive con precisione teologica il sentimento di esultanza che indusse il Maestro a pronunziare le parole che seguono. «Sotto l’azione dello...»: rende il dativo greco (letteralmente: «nello Spirito Santo»); l’espressione non designa un semplice entusiasmo religioso, ma una azione dello Spirito Santo, come Luca ama segnalare spesso. Io ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra; parole di un’imponente maestosità religiosa che introducono la dichiarazione successiva. Perché hai tenute nascoste...; si può anche tradurre: «perché, mentre hai tenute nascoste..., le hai rivelate ai piccoli».Poiché così ti è piaciuto; letteralmente: «poiché cosi è il beneplacito davanti a te».
v, 22 Nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre...; il testo si discosta leggermente da quello di Matteo che ha: «Nessuno conosce il Figlio...; né alcuno conosce il Padre...». L’esclamazione di giubilo è determinata dalla visione che il Padre ed il Figlio hanno in modo perfetto della condotta divina nei confronti degli umili e dei «piccoli».

Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo - Paul Hubert: La preghiera di Gesù è menzionata molto spesso e questo ha indubbiamente impressionato profondamente i suoi discepoli e la prima chiesa. Mt 6,5; Mc 14,34 e altri passi tramandano indicazioni di Gesù sulla preghiera; in Mt 7,9-11 e Mc 11,23 egli assicura che la preghiera sarà esaudita, in Lc 18,1ss usando addirittura un paragone molto ardito. La parabola in Lc 18,9ss contrappone la preghiera erronea, vanagloriosa a quello verace e giustificante. Infine da Gesù deriva l’appellativo di Dio come padre, soprattutto nel Padrenostro.

Il carattere specifico della preghiera biblica - Enzo Bianchi: Il proprium della preghiera biblica è legato alla rivelazione del Dio “Uno” (Dt 6,4) che ha nome JHWH: rivelazione che comporta l’elezione del popolo dei figli d’Israele e il legarsi a esso da parte di JHWH. Egli è “il Dio dei padri”, “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3,6.15). Secondo la Bibbia Dio si rivela (egli dunque precede e fonda l’esperienza che l’uomo può fare di lui) nella storia, si comunica all’uomo mediante una parola che richiede ascolto e che chiama a una relazione (alleanza) e a una responsabilità da viversi in una comunità. È pertanto all’interno della struttura teologica dell’Alleanza che avviene la preghiera dell’uomo biblico: essa dunque si configura subito come esperienza storica e relazionale. Infatti, attraverso l’Alleanza Dio si fa conoscere come Parola e Volontà che liberamente chiama e sceglie per amore, ponendo l’uomo come partner davanti a sé nella libertà e nella responsabilità. L’uomo viene così costituito come libertà dialogante con Dio. La preghiera biblica si struttura dunque come relazione “io-tu”, come dialogo, come ascolto della Parola di Dio e risposta a essa in una molteplicità di modulazioni. La Parola (in ebraico: dabar) di Dio si comunica all’uomo nella storia, nell’evento storico (parimenti in ebraico: dabar), e suscita, grazie all’ascolto, la preghiera come risposta di fede strutturata attorno alla polarità fondamentale lode / supplica. La preghiera è dunque l’eloquenza della fede. Al cuore dell’Antico Testamento i Salmi rappresentano il dialogo uomo Dio in cui la Scrittura vuole far entrare ogni lettore. E i Salmi mostrano al meglio l’articolazione della polarità lode/supplica nei movimenti di benedizione e ringraziamento da un lato, e di invocazione, domanda e intercessione dall’altro. Poiché la Parola di Dio raggiunge l’uomo personalmente solo grazie all’inserimento di questo nel popolo dell’alleanza, la risposta orante dell’uomo sarà sia personale, sia comunitaria, liturgica. Nell’Antico Testamento é caratteristica la sostanziale scarsità di testimonianze sulla preghiera nella sua dimensione personale e, al contrario, l’abbondanza di testimonianze riguardo alla sua dimensione comunitaria. In particolare, soprattutto attraverso la presentazione di grandi figure di oranti (Abramo, Mosè, Samuele, Geremia), si attesta lintercessione come forma di preghiera fondamentale e più diffusa. Anche questo dato rivela come la preghiera biblica sia strettamente legata alla vita e alla storia: questi, infatti, sono gli ambiti dell’intervento salvifico di Dio.

Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto - Dominum et vivificantem nn. 19-20: [...] Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, «il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come una colomba» e, contemporaneamente, «vi fu una voce dal cielo, che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto». E una teofania trinitaria, che rende testimonianza all’esaltazione di Cristo in occasione del battesimo al Giordano. Essa non solo conferma la testimonianza di Giovanni Battista, ma svela una dimensione ancora più profonda della verità su Gesù di Nazareth come Messia. Ecco: il Messia è il Figlio prediletto del Padre. La sua solenne esaltazione non si riduce alla missione messianica del «Servo del Signore». Alla luce della teofania del Giordano, questa esaltazione raggiunge il mistero della stessa persona del Messia. Egli è esaltato, perché è il Figlio del divino compiacimento La teofania del Giordano rischiara solo fugacemente il mistero di Gesù di Nazareth, la cui intera attività si svolgerà sotto la presenza attiva dello Spirito Santo. Tale mistero sarebbe stato da Gesù stesso svelato e confermato gradualmente mediante tutto ciò che «fece e insegnò». Sulla linea di questo insegnamento e dei segni messianici che Gesù compì prima di giungere al discorso di addio nel Cenacolo, troviamo eventi e parole che costituiscono momenti particolarmente importanti di questa progressiva rivelazione. Così l’evangelista Luca, che ha già presentato Gesù «pieno di Spirito Santo» e «condotto dallo Spirito nel deserto», ci fa sapere che, dopo il ritorno dei settantadue discepoli dalla missione affidata loro dal Maestro, mentre pieni di gioia gli raccontavano i frutti del loro lavoro, «in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: - Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto». Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui «piccoli». E l’evangelista qualifica tutto questo come «esultanza nello Spirito Santo». Una tale esultanza, in un certo senso, sollecita Gesù a dire ancora di più. Ascoltiamo: «Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».

Beati… - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): La beatitudine rivolta ai discepoli, in quanto testimoni oculari delle gesta salvifiche di Gesù, in Le è espressa con I ‘uso della terza persona: «Beati gli occhi che guardano quello che (voi) guardate!»; in Matteo è indirizzata ai discepoli in seconda persona. Luca conferisce al logion una portata più universale, in riferimento a tutti i credenti nel tempo della chiesa, che avrebbero fatto la medesima esperienza del Cristo, manifestazione dell’amore del Padre. Gesù afferma che il mistero del regno operante in lui è stato concesso ai suoi discepoli, che perciò vanno considerati più fortunati dei profeti, che avevano preannunziato la venuta del Messia e dei re della stirpe di David, dalla quale doveva discendere. Matteo al posto di re ha giusti; così estende l’attesa del Messia a tutte le persone pie dell’Antico Testamento. Dal logion traspira la gioia messianica e l’atmosfera di giubilo della chiesa primitiva (Ernst, H, p. 487). Nel libro degli Atti Luca approfondisce il senso di questo ottimismo ed entusiasmo gioioso nella vita della comunità cristiana delle origini.

Rinaldo Fabris (Il vangelo di Luca): Gesù nella sua attività sceglie lo stile di Dio, il quale rivela la sua preferenza per i poveri (cfr. 4,18), che sono nello stesso tempo i semplici e umili, ed ad essi dona la vera sapienza (cfr. Sal 119,124-125.130.141)3. Ma la scelta di Dio, alla quale si conforma Gesù, non dipende dalle qualità morali dei «piccoli» o semplici, ma unicamente dalla sua liberalità e amore gratuito. Poiché Dio è fatto così, sceglie quelli che non hanno pretese e ricchezza culturale. Inoltre la «rivelazione salvifica. di Dio ai piccoli non li fa «dotti», cioè non crea una nuova classe, ma li associa alla libertà e fiducia del «Figlio», al quale è dato ogni potere e autorità. Infatti la novità della rivelazione evangelica, che mette sossopra le gerarchie socio-culturali, è che l’incontro salvifico con Dio non passa più attraverso una dottrina o una morale, di cui gli esperti sono i depositari e i controllori. Il volto di Dio si rivela nel volto di Gesù, e l’incontro con Dio avviene nell’incontro con Gesù di Nazaret, solidale con i piccoli. Questo è il cuore del vangelo.
In queste piccole frasi ritmiche è condensata tutta la forza esplosiva del nuovo messaggio: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre ...», Non si tratta di una conoscenza intellettuale, ma della relazione vitale per cui Dio sceglie, guida e autorizza una persona per un compito storico. Ora non è più il profeta, il servo, colui che è «conosciuto» o scelto da Dio (cfr. Gr 1,5; Is 49,1.5), ma è il «Figlio», un uomo che può chiamare in maniera inaudita e unica Dio con il termine di Padre, Abbà. Infatti alla conoscenza del Padre corrisponde quella del Figlio, la sua piena adesione vitale, in modo tale che egli può in modo unico e definitivo manifestarlo agli altri. In breve la relazione vitale e di piena comunione che esiste tra Gesù e Dio non può essere espressa se non nella conoscenza reciproca che esiste tra un padre e un figlio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il volto di Dio si rivela nel volto di Gesù, e l’incontro con Dio avviene nell’incontro con Gesù di Nazaret, solidale con i piccoli. Questo è il cuore del vangelo.  
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Accogli, o Padre, le preghiere della tua Chiesa e soccorrici nelle fatiche e nelle prove della vita; la venuta del Cristo tuo Figlio ci liberi dal male antico che è in noi e ci conforti con la sua presenza. Per il nostro Signore Gesù Cristo...