3 Dicembre 2018

San Francesco Saverio, sacerdote


Oggi Gesù ci dice: “Dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli.” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 8,5-11: Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli: la Croce di Cristo ha spalancato le porte del Regno, ma per entrarvi, oltre la grazia di Dio, è fondamentale che l’uomo si impegni fino in fondo ed è necessaria la fede del centurione romano. In un mirabile discorso di Gesù, nel quale preannuncia la fine del mondo e la distruzione del Tempio di Gerusalemme, vengono messi in evidenza tre verbi-imperativi cari agli asceti, ma necessari a tutti i credenti per entrare nel regno dei cieli: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso... Vegliate in ogni momento pregando” (cfr. Lc 21,34-36). Tre verbi-imperativi che, come frecce acute di un prode (Sal 120,4), colpiscono il nostro cuore. Possiamo pensarli anche come gradini per giungere alla perfetta comunione con l’Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo (Ap 13,8). Colui che inizia il cammino sta attento a non sbagliare: “Stai lontano dall’uomo che ha il potere di uccidere e non sperimenterai il timore della morte. Se l’avvicini, stai attento a non sbagliare perché egli non ti tolga la vita sappi che cammini in mezzo ai lacci e ti muovi sui bastioni della città” (Sir 9,13). Posto attenzione a come costruisce (1Cor 3,10), veglia in ogni momento perché “il Nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8). E perché trovi la forza di non ritornare sui suoi passi, e perché sia forte contro gli assalti del Nemico, prega “con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito” (Ef 6,18). È necessario comparire davanti al Figlio dell’uomo (Lc 21,36) per entrare nel regno dei cieli, ma questo incontro va preparato giorno dopo giorno, con grande “rispetto e timore” (Fil 2,12).

Entrato Gesù a Cafarnao - Angelo Lancellotti (Matteo): versetti 5-13 (Lc 7,1-10; 13,28; cf Gv 4,46-54): guarigione del servo del centurione. L’episodio, taciuto da Marco, probabilmente proviene da Luca che lo narra appunto immediatamente dopo il «discorso del piano». Anche la tradizione giovannea conosce un episodio del genere, che gli esegeti moderni, nonostante i particolari notevolmente divergenti, sono propensi ad identificare con la presente narrazione. Nel piano di Matteo, la guarigione di un pagano, che viene dopo quella del lebbroso, un israelita, sta a mostrare che la salvezza messianica, offerta prima ai Giudei, riguarda anche i pagani; anzi costoro, per la «superiorità» della loro fede (v. 10), prenderanno nel regno messianico il posto di coloro che ne erano i primi eredi (vv. 11-12). Il problema dell’accettazione dei pagani in seno alla Chiesa, problema cruciale della prima generazione cristiana che viveva ancora legata al giudaismo, trovò una chiara indicazione per la sua soluzione nella conversione di un altro pagano, quella del centurione Cornelio, conversione guidata e sancita dall’intervento dello Spirito Santo (cf At 10,44-48).

… gli venne incontro un centurione - Gabriele Miller: Pagani. L’Antico Testamento chiama l’umanità fuori d’Israele, il popolo di JHWH (Es 19,5), “i popoli” (Dt 4,27) e usa a tale scopo anche due termini diversi. Il primo, secondo il significato letterale, esprime il rapporto di parentela tra Dio e il popolo, mentre il secondo è più un concetto politico. “I popoli” sono anzitutto i vicini d’Israele, ma anche il pericolo per Israele, dal momento che i loro dèi esercitano un forte potere d’attrazione. A partire da questo fatto il concetto “popoli assume una connotazione negativa. Anche i popoli stanno sotto la protezione di JHWH. Egli li lascia rimanere o li scaccia (Es 34,24; Gdc 2,21); li può usare per punire Israele (Am 9,9); nel tempo escatologico anche loro affluiscono verso il santo monte (Is 2; 60). Nell’Antico Testamento non esiste perciò, in un primo tempo, una missione verso i pagani. Anche il Nuovo Testamento si attiene a questa distinzione di fondo. Pagani sono tutti coloro che non hanno ricevuto alcuna rivelazione (Mt 18,10; At 21,21; Rm 3,29), a differenza del “popolo”. Questa designazione passa ai cristiani: essi sono l’Israele spirituale (At 15,14). L’espulsione da Israele dei messaggeri di Gesù porta alla missione verso i pagani (At 18,6) sotto la guida dello Spirito Santo. Da ex giudei e pagani nasce la chiesa (Ef 2,11-22). La parola pagani - dal latino paganus significa colui che vive in campagna, a partire dal momento in cui i cristiani (abitanti della città) avevano relegato i seguaci dell’antica religione nella campagna (pagus). 

Signore… - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): v. 7 Gli dice: «Io venendo lo guarirò». Con questa risposta Gesù esprime la sua volontà di entrare in casa di un pagano, senza curarsi delle severe disposizioni giudaiche riguardanti la segregazione (cf. At 11,3). Altri dà alla frase un senso interrogativo: Gesù si meraviglia della richiesta del centurione e oppone un rifiuto, come accadrà nel caso della cananea (15,26), perché non intendeva violare le norme giudaiche.
vv. 8-9 «Signore, non sono degno che entri sotto il mio tetto...». La replica del centurione è garbata e manifesta la sua umiltà. Egli non vuole costringere il Taumaturgo ebreo a trasgredire il precetto della segregazione; ma forse esprime anche la propria indegnità per la visita in casa di colui che ha riconosciuto come l’inviato di Dio, il Messia atteso dagli ebrei. Con il triplice esempio desunto dalla sua esperienza militare, attribuisce alla parola di Gesù un’efficacia soprannaturale contro le potenze demoniache, alle quali, secondo la mentalità del tempo, veniva attribuita la causa delle malattie. Inoltre, si pensava allora che fosse necessario il contatto fisico del guaritore per essere risanati (cf. Mt 9,21), come se da lui uscisse una forza magica. Al contrario, il centurione dimostra di credere nel potere divino di Gesù, che gli consentiva di comandare con autorità alle malattie anche a distanza, come lui faceva con i soldati ai suoi ordini.
v. 10 Gesù restò ammirato per la fede del centurione nella potenza di Dio operante attraverso di lui, fede che invece non aveva trovato nel popolo d’Israele, il destinatario privilegiato del vangelo. Secondo Gnilka, la meraviglia di Gesù non si riferisce alla fede del centurione, bensì alla mancanza di fede in Israele (I, p. 446).

Ascoltandolo, Gesù si meravigliò - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il centurione fa appello alla propria esperienza; egli conosce la potenza della parola e l’efficacia di un ordine, poiché nella sua carriera militare aveva visto come il comando giunge lontano. Gesù... restò ammirato; Cristo, come uomo, era soggetto alla meraviglia. L’evangelista rileva questo aspetto interessante della natura umana di Gesù. Il Redentore elogia la fede del centurione pagano, il quale gli aveva espresso la propria fiducia nella potenza della sua parola. Non bisogna tuttavia sottilizzare troppo le parole di Cristo, né intenderle in modo assoluto, come se nessun altro ebreo avesse raggiunto l’intensità della fede del centurione.

In verità io vi dico… - Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Gesù «fu ammirato» del discorso dell’ufficiale. La grandezza di quell’uomo lo colpisce. Prima di rispondergli, si rivolge ai suoi connazionali che gli stanno attorno, con una grave constatazione: «In Israele non ho travato nessuno con una fede così grande». Questo episodio ci fa pensare che già da qualche tempo Gesù operasse i suoi prodigi, senza trovare grande risonanza tra i suoi compatrioti; in ogni caso, senza trovare mai le disposizioni di quel pagano, e cioè l’idea grandiosa della sua dignità e la fiducia illimitata nella sua potenza. Gesù chiama «fede» queste due cose unite insieme. Uno può avere un’idea sublime di Gesù e tuttavia aver poca fiducia in lui in certe situazioni; un altro può rivolgersi a Gesù con slancio fervoroso nella preghiera, ma senza avere un’idea illuminata di lui: né l’uno né l’altro hanno la «fede» che commuove il cuore del Signore.

Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli - Ortensio da Spinetoli (Matteo): L’evangelista della chiesa dei giudei non perde di mira la comunità etnico-cristiana che, al momento in cui egli scrive, ha preso il posto della sinagoga. I magi, il centurione, la cananea (15, 22-28) segnano i capisaldi del nuovo corso della storia della salvezza che trova nel solenne invio ai gentili la sua conclusione (28, 18-19). L’era messianica è simboleggiata nell’immagine di un convito. Sedersi attorno alla stessa mensa significa partecipare alla medesima comunità di beni. Nella grande sala, accanto ai capostipiti del popolo israelitico, prendono posto i pagani rimasti sino allora fuori. Il paradosso di questo rovescio sta nel fatto che i gentili si siedano al banchetto escatologico con i patriarchi giudaici, mentre i discendenti di tali antenati sono messi alla porta. Accanto ad Abramo, il padre dei credenti, si trovano solo coloro che accettano Cristo, non i suoi «figli» carnali. Egli è il capostipite di un popolo nuovo che possiede la sua stessa fede. Di fronte alle conversioni dal paganesimo, il giudaismo si irrigidirà nel suo diniego fino a essere espulso dalla sala conviviale, cioè dal regno messianico. La condizione in cui verranno a trovarsi gli israeliti è la stessa in cui si trovavano i pagani prima di essere chiamati. La luce e le tenebre simboleggiano la verità e l’errore, il bene e il male, Dio e Satana. Anche il richiamo allo stridore dei denti fa pensare a una condizione di particolare disagio.
Con l’inserzione dei vv. 11-12 Matteo fa del caso del centurione un caso tipico, un modello per altri pagani che accedono a Cristo o sono già venuti a lui. È la situazione in cui si trova la chiesa alla fine del primo secolo. La conversione del centurione, come quella di Cornelio negli Atti (10,1ss.), serve a enunciare un principio che aveva già la sua applicazione storica. La polemica antigiudaica non impedisce all’evangelista di gettare uno sguardo all’interno della chiesa. I lettori cristiani debbono sapere che la condizione dei giudei increduli può estendersi anche a loro se non rimangono fedeli. I «figli del regno» sono gli israeliti, ma nel contesto attuale non è escluso che possono essere i membri della chiesa (cfr. 13,38). Il logion che inizia con una proposta per i pagani e una condanna per i giudei, contiene alla fine un eguale ammonimento per i cristiani. Matteo si propone di avvertire i suoi lettori che l’appartenenza alla chiesa non garantisce automaticamente la continuità nel regno.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai chiamato molti popoli dell’Oriente alla luce del Vangelo, con la predicazione apostolica di san Francesco Saverio, fa’ che ogni comunità cristiana arda dello stesso fervore missionario, perché su tutta la terra la santa Chiesa si allieti di nuovi figli. Per il nostro Signore Gesù Cristo...