30 Dicembre 2018

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe


Oggi Gesù ci dice: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Vangelo).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Luca 2,41-52: L’episodio del ritrovamento di Gesù nel tempio serve ad indicare la vera identità di Gesù e la sua missione. La nostra attenzione va posta alla frase profetica di Gesù rivolta a Maria, sua madre: Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Con queste parole, “Gesù afferma, in presenza di Giuseppe, di avere Dio per Padre [cfr. Lc 10,22.29; Gv 20,17) e rivendica nei suoi riguardi rapporti che oltrepassano quelli della famiglia umana [cfr. Gv 2,4]. E la prima manifestazione della sua coscienza di essere «il Figlio» [cfr. Mt 4,3]” (Bibbia di Gerusalemme).

Gesù tra i dottori del tempio - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 46-47 II ritrovamento di Gesù dopo tre giorni secondo alcuni commentatori allude alla risurrezione (Laurentin), mentre altri lo negano (Fitzmyer, p. 441). I rabbini approfittavano dei pellegrinaggi per istruire gli ebrei nelle prescrizioni della Legge. L’accenno all’intelligenza straordinaria di Gesù forse si collega al brano del Siracide (24,1-24), dove si celebra la Sapienza, che ha stabilito la sua dimora in Sion, la città diletta al Signore.
v. 48 Il rimprovero di Maria suggerisce l’attendibilità storica del racconto. I genitori non avevano ancora compreso il mistero del figlio. «La fede, anche la più fedele e la più profonda, rimane sempre superata dalla realtà insondabile del mistero» (G. Rosse, p. 108). Maria con delicatezza accenna dapprima al dolore di Giuseppe per la scomparsa di Gesù.
v. 49 «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?». Sono le prime parole poste in bocca a Gesù, con cui viene anticipato l’atteggiamento globale della sua vita, interamente consacrata al Padre in un’adesione totale al suo volere, sino alla morte in croce. Il dei (devo) è un termine significativo, che esprime la dipendenza di Gesù dal disegno salvifico del Padre, contenuto nelle Scritture. Ciò determinerà il suo distacco dalla famiglia, per svolgere in piena autonomia la missione affidatagli. La seconda domanda viene tradotta in due modi diversi: «Io devo essere nella casa del Padre mio», oppure: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio» (lett. «essere nelle cose del Padre mio»). Comunque, il senso è identico. Gesù esprime «la radicalità della sua obbedienza di Figlio nei confronti del Padre» (Schurmann. p. 266).
È inutile domandarsi se Gesù con questa espressione manifesti la coscienza della sua filiazione divina io senso reale. Certo, per l’evangelista queste parole anticipano tale rivelazione, che fu recepita dalla comunità cristiana soltanto dopo la Pasqua di risurrezione. In effetti, venne «costituito Figlio di Dio» (Rm 1,4) con li glorificazione pasquale alla sua destra, quando entrò il possesso di tutti i privilegi soprannaturali che gli spettavano anche come uomo.

La Famiglia - Christa Thomassen: Nell’Antico Testamento la famiglia in quanto “casa paterna” è la più piccola forma di vita comune delimitata di fronte al clan, alla “tribù” e al “popolo”. Della famiglia fanno parte padre, madre, figli, nipoti, servi e ospiti temporanei. Il capo della famiglia, secondo la struttura sodalo patriarcale di quel tempo, è il padre che la rappresenta all’esterno e la edifica assieme alla moglie. Nel tempo più arcaico egli si occupa anche degli affari giuridici della famiglia, e fino alla riforma del culto del Deuteronomio (che gli imponi anche altri limiti, per es. l’aggravio del divorzio) esercita anche funzioni sacerdotali (per es. Es 12,3ss).
Massimo onore è considerato l’allargamento della famiglia con il maggior numero possibile di figli maschi. Ai genitori sono dovuti ubbidienza e rispetto (Es 20,12). Solidarietà, amore e fedeltà alla famiglia sono un comandamento sacro. Nel Nuovo Testamento le famiglie cristiane vengono descritte come i primissimi luoghi nei quali si svolgevano le celebrazioni liturgiche e come nucleo centrale della vita della comunità (At 2,46; 16,15). Il legame della famiglia, tuttavia, viene relativizzato nella misura in cui colui che è raggiunto dalla par­ticolare chiamata di Cristo, deve esser pronto ad abbandonare tutto, anche i parenti più prossimi, per seguire la chiamata ad una sequela particolare. Una tale sequela radicale è vista come facente parte della “perfe­zione” (Mt 19,21).
In senso figurato anche la comunità dei credenti è chiamata famiglia. I cristiani sono la “casa di Cristo” perché possono riportare in lui la loro speranza (Eb 3,6). Perciò essi non sono più stranieri, ma “famigliari di Dio”, uniti a vicenda per mezzo di Cristo (Ef 2,19s).

La famiglia cristiana - Gianni Colzani: La famiglia esiste prima e indipendentemente dalla comunità cristiana. Questa, tuttavia, ha una sua modalità originale nel rapportarsi alla famiglia: la considera non solo in base alla felicità o all’infelicità dei suoi membri, ma soprattutto in base al rapporto con la grazia di Cristo e con il servizio al suo Regno. Questa prospettiva comporta di sicuro una certa relativizzazione di alcune dimensioni umane: il Regno è più importante degli affetti familiari (Lc 14,26) e dei beni materiali (Mt 19,21). Ma non è tutto. Tale modo di considerare le cose appella a ripensare la famiglia sulla base della storia della salvezza e dell’impegno per il Regno: la Chiesa lo fa legando profondamente la famiglia al sacramento del matrimonio e alimentandone la vita con il sacramento dell’eucaristia. La comunione familiare si apre agli orizzonti dell’amore di Gesù: la sua presenza ridefinisce il senso e il compito dei legami familiari. Questa visione non sconfessa la sensibilità psicologica, oggi così diffusa, ma certamente la oltrepassa: indicando una più profonda visione dell’amore, chiede alla famiglia credente di assumerla come proprio criterio di vita.
Sul modello dell’amore di Cristo per il Padre e per gli uomini suoi fratelli, l’amore familiare, che apre la vita di una persona al coniuge, ai figli e alla società, appare il luogo dove la fede si fa vita e dove avviene il Regno di Dio. Originale espressione dell’amore coniugale, la famiglia cristiana si configura come espressione adulta della fede e ambito delle sue responsabilità storiche. La vita familiare è quindi una reale via di santità, un originale cammino di spiritualità.
Questa concezione della famiglia trova espressione sia nel decreto del concilio Vaticano II Gaudium et spes, nn. 47-52 (1965), sia nella esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Familiaris consortio (v.) del 1981. Il primo risultato è la presentazione della famiglia come comunità di vita: integrando l’antico discorso sulla fecondità e sul bene della prole, la teologia presenta oggi la famiglia come una comunità di vita, come una comunità totale dove i coniugi (e i figli quando ci sono) si accettano nella loro individualità e nelle loro differenze. La famiglia non è il luogo di una affermazione di sé e di una strumentalizzazione dell’altro, ma di una originale sintesi tra la dimensione personale e quella istituzionale. La comunione familiare non livella i coniugi, ma li pone in un rapporto profondo che ha il compito di concretizzare l’ideale biblico “i due saranno una sola carne” (Gn 2,24). In questa comunità di vita l’uomo e la donna si sperimentano ordinati l’uno all’altra in un dono e in una fedeltà che si modella sull’amore indefettibile di Cristo per l’umanità. Così intesa la comunità di vita è una comunità unita, fedele e feconda: non è un contratto o una somma di condizioni economiche, ma è una pienezza di vita costruita sul modello dell’amore di Cristo. Anche tribolata, la fedeltà rimane capace di misericordia e di perdono, rimane irreversibile; testimoni di una vita che li supera anche quando nasce da loro, i coniugi vivono una fecondità che è partecipazione all’opera creatrice del Padre. L’ideale cristiano non è né la grande famiglia né la famiglia chiusa, ma il responsabile servizio del Regno.
Il ministero familiare. Infine il compito della famiglia è quello di un reale servizio alla vita: sta qui sia la vocazione sociale di una famiglia capace di educare, di accogliere e di servire, sia l’originale partecipazione della famiglia alla vita e alla missione della Chiesa. Questi compiti permettono di configurare un vero e proprio mi­nistero familiare: fondato su una chiamata, si realizza in un servizio alle persone sulla base dell’amore di Cristo. Il ministero familiare si sviluppa attorno a un inserimento della coppia nella vita e nei compiti della società e della Chiesa: questo non avviene per una specie di delega, o come conseguenza dell’attuale clima demo­cratico, ma per una migliore comprensione della struttura della vita cristiana. La famiglia diventa così piccola Chiesa, “Chiesa domestica” (Lumen gentium, 11), in cui non si tratta di rivendicare qualcosa, ma di vivere meglio il dono del Signore.

La Famiglia e la Società: Catechismo della Chiesa Cattolica 2009-2011: La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l’istituto familiare. In base al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno dall’usurpare le loro prerogative o di ingerirsi nella loro vita. L’importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri «come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica». La comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare: - la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie convinzioni morali e religiose; - la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell’istituto familiare; - la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie; - il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un’attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare; - il diritto, in conformità alle istituzioni dei paesi, alle cure mediche, all’assistenza per le persone anziane, agli assegni familiari; - la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l’alcolismo, ecc.; - la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili.

L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia - Catechismo degli Adulti 1069-1070: È necessario riscoprire e valorizzare pienamente il ruolo della famiglia, comunità intermedia tra individuo e società. Occorre sollecitare la sua responsabilità e sostenere il suo impegno specialmente in campo educativo e assistenziale. La politica dovrebbe rivolgerle un’attenzione privilegiata e servirla con iniziative di sostegno e di integrazione. Oggi gli interventi di maggior rilievo potrebbero avere i seguenti contenuti: tutela della vita e sostegno alla maternità, aiuto economico alle famiglie con figli, agevolazioni per la casa, organizzazione del lavoro rispettosa delle esigenze della vita familiare, equità fiscale in base ai carichi familiari, organizzazione della scuola in modo che le famiglie abbiano effettiva libertà di scelta e possibilità di partecipazione, strutturazione dei servizi assistenziali tale da coinvolgere le famiglie specialmente riguardo ai disabili e agli anziani. Valorizzare la famiglia significa prevenire molti mali della società. Una politica per la famiglia è una politica per la libertà nella solidarietà. La famiglia è diretta emanazione delle persone e base della società. Deve essere valorizzata come comunità prioritaria rispetto ad ogni altra formazione sociale. «L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «La famiglia cristiana è il primo luogo dell’educazione alla preghiera.» (CCC 2694).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, età e grazia, rendendo lode al tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo...