31 Dicembre 2018

Tempo di Natale - Ottava


Oggi Gesù ci dice: «Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra.» (Salmo Responsoriale).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18: Al termine dell’anno la Liturgia proclama il prologo del vangelo di Giovanni, già solennemente proclamato nella Messa del giorno di Natale. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi: l’evangelista afferma che la Parola stessa di Dio è venuta ad abitare in mezzo a noi, letteralmente piantò una tenda. È un’allusione alla tenda dove Dio dimora (cfr. Es 40,34-35; 1Re 8,10-13; Ez 37,27). L’Incarnazione è piena manifestazione della bontà salvifica di Dio e di fronte a tale mistero d’amore Giovanni sottolinea, con amarezza, la mancata accoglienza degli uomini: la Parola era la luce, eppure gli uomini hanno preferito le tenebre. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. Per colui che Gesù amava sono parole colme di tristezza, ma vengono suggerite perché impariamo ad aprire il Vangelo giorno dopo giorno, pagina dopo pagina. Solo così possono diradare le tenebre che assediano la nostra mente e il nostro cuore. Solo accogliendo la Luce potremo crescere nella conoscenza e nell’amore del Signore. La Parola che oggi ascoltiamo deve diventare carne anche nella nostra vita.

Il Verbo incarnato manifesta il Dio di amore - Salvatore Alberto Panimolle ( Lettura Pastorale del vangelo di Giovanni): Gesù è la rivelazione vivente del Padre. Dio infatti si è manifestato solo parzialmente nella legge mosaica. Il Verbo incarnato, pieno della grazia della verità, rivela in modo pieno e perfetto quel Dio che è amore (cf. lGv 4,8.16) e padre delle misericordie (cf. 1Cor 1,3). Gesù Cristo è la manifestazione più elo­quente e più concreta dell’amore infinito del Padre celeste per il mondo, ossia per l’umanità peccatrice: «Così Dio ha amato il mondo, che ha dato il suo Figlio, l’unigenito, affinché chiunque crede in lui, non (perisca ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha inviato il Figlio nel mondo, per giudicare il mondo, ma affinché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,16s).
A noi incombe il dovere di accogliere questo amore di Dio, credendo esistenzialmente nel suo Figlio e amando i fratelli: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha man­dato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi... E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il figlio di Dio, dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui » (1Gv 4,7-16).
Il concilio Vaticano II ci ricorda che Dio si rivela agli uomini per mezzo del Verbo incarnato, parlando loro come ad amici, per invitarli alla comunione della sua vita:
«Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà (cf. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito santo hanno ‘accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina (cf. Ef 2,18; 2Pt 1,4). Con questa rivelazione infatti Dio invisibile (cf. Col 1,15; lTm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici... e s’intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (Dei Verbum, 2).

Preparazione della Rivelazione evangelica: Dei verbum 3: Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr. Gv 1,3), offre agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé (cfr. Rm 1,19-20); inoltre, volendo aprire la via di una salvezza superiore, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori. Dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò alla speranza della salvezza (cfr. Gen 3,15), ed ebbe assidua cura del genere umano, per dare la vita eterna a tutti coloro i quali cercano la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene (cfr. Rm 2,6-7). A suo tempo chiamò Abramo, per fare di lui un gran popolo (cfr. Gen 12,2); dopo i patriarchi ammaestrò questo popolo per mezzo di Mosè e dei profeti, affinché lo riconoscesse come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto giudice, e stesse in attesa del Salvatore promesso, preparando in tal modo lungo i secoli la via all’Evangelo.

La missione del Figlio: Ad gentes 3: Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto dei molti, cioè di tutti. I santi Padri affermano costantemente che non fu redento quel che da Cristo non fu assunto. Ora egli assunse la natura umana completa, quale essa esiste in noi, infelici e poveri, ma una natura che in lui è senza peccato. Di se stesso infatti il Cristo, dal Padre consacrato ed inviato nel mondo (cfr. Gv 10,36), affermò: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha consacrato con la sua unzione, mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito, ad annunziare ai prigionieri la libertà ed a restituire ai ciechi la vista» (Lc 4,18); ed ancora: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto» (Lc 19,10). Ora tutto quanto il Signore ha una volta predicato o in lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunziato e diffuso fino all’estremità della terra, a cominciare da Gerusalemme. In tal modo quanto una volta è stato operato per la salvezza di tutti, si realizza compiutamente in tutti nel corso dei secoli.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi: Spe salvi 49: Con un inno dell’VIII/IX secolo, quindi da più di mille anni, la Chiesa saluta Maria, la Madre di Dio, come «stella del mare»: Ave maris stella. La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine - di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza - lei che con il suo «sì» aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo; lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza, in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi, piantò la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14)?

Giovanni gli rese testimonianza - Marco Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): L’esperienza di Gesù, per l’evangelista, è iniziata quand’era discepolo del Battista il quale diceva: «Colui che viene dopo di me, è più grande di me, perché era prima di me». Gesù come Parola, come Luce, come Unigenito dal Padre, preesisteva a Giovanni Battista. E tutti, anche il Battista, e anche noi, dalla sua pienezza abbiamo ricevuto grazia su gra­zia. In Gesù di Nazaret, Parola fattasi uomo, abbiamo ricevuto una pienezza sovrabbondante dei doni divini.
L’evangelista, che è un Ebreo, non può, a questo punto, non confrontare la nuova esperienza di discepolo del Cristo con l’esperienza avuta, quando viveva sotto la Legge di Mosè che è pure un dono di Dio. La sua constatazione è questa: La legge fu data da Dio per mezzo di Mosè; la grazia e la verità lo furono per mezzo di Gesù Cristo. È in Gesù di Nazaret che si incontra pienamente «la grazia e la verità» di Dio (1,14) e che è dato all’uomo di essere, in relazione a Dio e agli altri uomini, «grazia e fedeltà», nel senso di «amore, bontà, fedeltà».
Ora, questo dono è possibile ai credenti perché hanno nel Figlio Unigenito la possibilità di conoscere veramente Dio: Nessuno ha mai visto Dio. Il Figlio Unigenito che è sempre accanto al Padre lo ha rivelato. Noi che ci accingiamo a leggere il vangelo secondo Giovanni, possiamo usare il futuro: ce lo rivelerà. Solo il Figlio darà a chi crede la vera conoscenza del Padre. È una importante chiave di lettura del vangelo: se nella fede ascolteremo Gesù, egli ci farà veri figli di Dio, ci aiuterà ad avere nella nostra vita il «senso di Dio», e ci condurrà al Padre.
La linea della catechesi di Giovanni è quella della sua stessa esperienza: dalla contemplazione del Gesù uomo, a poco a poco, penetreremo nel mistero della sua divinità. Ci innalzeremo con lui dalla terra al cielo e ci renderemo ancor più capaci di penetrare a fondo questa pagina di vangelo, il cui senso nel contesto dell’opera giovannea, è stato appena abbozzato.

La festa del tempo - Antonio Busetto: Ultimo giorno dell’anno. La liturgia ci saluta con le parole della prima lettera dell’apostolo Giovanni. L’ultima ora è drammatica, perché è l’ora dell’Anticristo, cioè dell’opposizione diretta e speculare al Signore. L’Anticristo gli assomiglia al rovescio: “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri”. Il Vangelo ci consola riprendendo l’annuncio del Verbo di Dio che viene ad abitare tra gli uomini. Il Vangelo fa risuonare per l’ultimo giorno dell’anno il grande inno di Giovanni, che proclama il Verbo di Dio creatore delle cose e del tempo, venuto ad abitare tra gli uomini. “Un momento di tempo, ma il tempo fu fatto da quel momento’, come ci ricorda il grande poeta Eliot. Il tempo non è vuoto, non si consuma nella insignificanza di giorni che non contengono nulla e non portano a nulla, ma vive nella pienezza della presenza del Signore. La vita non prende significato dalle nostre costruzioni, ma dalla novità della sua tenda posta tra le nostre case. Il riconoscimento di questa presenza non è pacifico. Con la venuta del Verbo di Dio si svela il dramma del tempo. Il tempo deve essere redento: non solo dal suo vuoto, ma dal male che lo abita. Quando l’uomo si innalza al di sopra di Dio e contro Dio e avanza la pretesa di costruirsi da solo, come se lui stesso fosse Dio, allora sostituisce la sua propria immagine a quella del Figlio di Dio venuto nella carne: questa presunzione è la maschera di Cristo; questo è l’Anticristo. Il tempo dunque patisce la lotta per il riconoscimento e l’affermazione di Cristo: “Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”. Questo è il nucleo e l’essenza della fede cristiana. Il destino dell’uomo e la sua felicità, si giocano nell’accoglienza o nel rifiuto del Signore Gesù, Dio venuto in carne umana. Infatti, solo dalla pienezza del Figlio di Dio incarnato, l’uomo riceve grazia su grazia, e gli viene donata la verità del suo essere. Diventando consanguinei e familiari di Gesù realizziamo la nostra vita e siamo avviati al compimento della nostra vocazione. I giorni, le settimane, i mesi, gli anni, ci vengono donati perché la gloria di Cristo si manifesti e cresca nel mondo, e gli occhi di ogni uomo, riconoscendo il Signore, vedano la sua salvezza. Vieni, Signore Gesù. Per l’ultima ora, per ogni ora, per ogni giorno. Vieni a redimere il mio tempo, il tempo del mondo, occupandolo con la tua presenza. Te Deum laudamus, per quanto ci hai donato. Nella festa dell’ultimo anno, non manchi la gratitudine al Signore per il dono della sua presenza nel tempo della nostra vita, poiché Egli è venuto ad abitare in mezzo a noi. Questa è la festa del tempo, la nostra festa!

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Nella festa dell’ultimo anno, non manchi la gratitudine al Signore per il dono della sua presenza nel tempo della nostra vita, poiché Egli è venuto ad abitare in mezzo a noi. Questa è la festa del tempo, la nostra festa!
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che nella nascita del tuo Figlio hai stabilito l’inizio e la pienezza della vera fede, accogli anche noi come membra del Cristo, che compendia in sé la salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...