27 Dicembre 2018

Tempo di Natale - Ottava


Oggi Gesù ci dice: «Gioite, giusti, nel Signore, della sua santità celebrate il ricordo.» (Salmo responsoriale).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Giovanni 20,2-8: Oggi la Chiesa pone dinanzi ai nostri occhi, resi luminosi di speranza e di carità dalla folgorante luce del Presepe, la figura di Giovanni evangelista: apostolo, testimone, discepolo che Gesù amava. Per parlarci di san Giovanni, la liturgia, ci conduce di fronte al sepolcro vuoto di Gesù, davanti al mistero della risurrezione. La scelta del brano evangelico è intenzionale perché la Chiesa vuole ricordarci che la testimonianza è soprattutto legata alla risurrezione di Gesù, centro della fede cristiana. Il testo di Giovanni vuol ricordarci anche che la Chiesa si fonda sulla testimonianza degli Apostoli. Pietro e l’altro discepolo corrono insieme: l’altro discepolo giunge per primo al sepolcro, ma aspetta Pietro, perché è la roccia sulla quale Cristo ha fondato la sua Chiesa. Pietro entra, ma a vedere e a credere è Giovanni: è la fede che spalanca il cuore e lo muove a ricordare e a credere alla Parola del Maestro, tutto si è compiuto come Gesù aveva preconizzato: Il Figlio dell’uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno (Lc 9,22). Un ricordo, memoria, forse, di quel primo invito di Gesù, all’inizio del discepolato: venite e vedrete (Gv 1,39).

I discepoli al sepolcro - Bruno Maggioni (Il Vangelo di Giovanni): Nel racconto si intravede un interesse apologetico, che però non è l’interesse principale. Spezzando la narrazione di Maria al sepolcro e inserendovi ... la corsa dei due discepoli, l’evangelista vuol attribuire un ruolo primario alla testimonianza di Pietro e dell’altro discepolo: la testimonianza della risurrezione non poggia in primo luogo sulla visione di una donna (che per il mondo ebraico avrebbe avuto ben poco valore), ma sulla constatazione di due discepoli. Essi poi hanno potuto constatare che le bende e il sudario, nei quali era avvolto il corpo di Gesù, non erano gettati per terra alla rinfusa, ma piegati con ordine: un indizio che già di per sé sembra smentire la diceria di un frettoloso trafugamento del cadavere.
L’attenzione del lettore è però attratta da altri particolari. Per esempio dalla corsa dei due discepoli: il discepolo prediletto arriva per primo al sepolcro, ma non entra: è Pietro il primo a entrare e a vedere. La presenza del «discepolo prediletto» accanto a Pietro e la «concorrenza» fra i due sono un tratto tipico del quarto vangelo ... Che il modo con cui Giovanni descrive la corsa dei due al sepolcro nasconda un significato simbolico è molto probabile, ma quale esso sia non ci è possibile dire.
Più facile invece è comprendere il significato di un secondo particolare: ambedue i discepoli entrarono e vi­dero, ma solo del discepolo prediletto si dice che vide e credette (v. 8). È chiaro che Giovanni attribuisce al di­scepolo amato «un ruolo importante nella struttura della fede pasquale». Mette in risalto «la risurrezione di intuizione e la prontezza del discepolo a discernere la traccia, sia pure negativa, del Signore risorto». Egli solo comprese tutto il senso racchiuso nel sepolcro vuoto e nei panni piegati.
Ma a che cosa è dovuta questa sua capacità di intuizione? Non si vede altra ragione che questa: è il discepolo che Gesù, amava (v. 2). D. Mollat parla, e giustamente, di «chiaroveggenza dell’amore».

Il primo giorno della settimana: catechismo della Chiesa Cattolica n. 2174: Gesù è risorto dai morti «il primo giorno della settimana» (Mc 16,2). In quanto «primo giorno», il giorno della risurrezione di Cristo richiama la prima creazione. In quanto «ottavo giorno», che segue il sabato, esso significa la nuova creazione inaugurata con la risurrezione di Cristo. È diventato, per i cristiani, il primo di tutti i giorni, la prima di tutte le feste, il giorno del Signore («e Kyriaké eméra», «dies dominica»), la «Domenica»: «Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del sole, poiché questo è il primo giorno [dopo il sabato ebraico, ma anche il primo giorno] nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, nostro Salvatore, risuscitò dai morti».

Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto! Maria di Màgdala pensa che il corpo di Gesù sia stato rubato. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava: all’annuncio della  donna, i due discepoli corrono al sepolcro.
La tradizione ha ravvisato nel compagno di Pietro l’apostolo Giovanni, l’autore del quarto Vangelo.
L’altro discepolo, giunto per primo, si china, per entrare nel sepolcro, vede i teli posati là, ma non entra. Sarà Pietro ad entrare, una nota, forse, per sottolineare la sua autorità, ma non è opportuno forzare il senso del testo giovanneo per provare il primato di Pietro. I teli attirano immediatamente l’attenzione dei due discepoli in quanto non sono abbandonati in disordine, ma posati, «come un involucro sgonfio, dopo aver perso il proprio contenuto. Il dettaglio ripetuto due volte, è importante per l’evangelista: lascia intendere che con la risurrezione, il corpo di Gesù ha lasciato i teli che lo racchiudevano» (La Bibbia, Via Verità e Vita, Ed. Paoline).
Dai teli, l’attenzione si sposta al sudario, in quanto non era stato posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Un indizio che «indica con chiarezza che la salma del Maestro non è stata rubata, perché i ladri non si sarebbero affatto preoccupati di piegare il sudario. Quindi Gesù si è liberato da solo dalle lenzuola e dal sudario che lo avvolgevano, mentre Lazzaro dovette essere sciolto da altri [Gv 11,44], segno che non ha raggiunto la risurrezione finale» (Alberto Salvatore Panimolle).
Dopo Pietro anche l’altro discepolo entra e vide e credette. Il “vedere” è un tema caratteristico di tutta l’opera giovannea. Si riferisce anzitutto «all’esperienza fisica dei sensi, vista, udito, tatto... approfondita poi col guardar dentro e l’ascoltare intensamente gli intimi significati [1Gv 1,1.3], ma che giunge al suo traguardo solo con la contemplazione della Vita che si autorivela [1Gv 1,2]. Questo sviluppo di “visione” porta all’annuncio e ad un parallelo sviluppo di “comunione”, koinonia, umano-divina [1Gv 1,3.6-7; Cf. Gv 1,39.50-51]» (Bruno Barisan).
Dal contesto si può comunque pensare a una fede iniziale, forse basata sul «segno» della tomba vuota, dei lini ben ordinati giacenti a terra, della pietra rovesciata. Giovanni, stupito per l’assenza del corpo di Gesù, non capisce, non sa ancora che il Maestro è risuscitato da morte. Ciò spiega il senso del versetto che conclude la pericope: Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura.
La Scrittura potrebbe essere intesa in generale oppure a un testo specifico. Nella predicazione, gli Apostoli fanno ricorso al Salmo 16,9-10 (Cf. At 2,27.31) oppure a Osea 6,2. La fede dei discepoli, comunque, doveva essere portata a compimento dall’apparizione del Risorto e, allora, dolce si farà il rimprovero: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29).

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette: Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Chi arrivò prima, non entrò per primo nel sepolcro; aspettò Pietro, il quale non ci pensò due volte. Si ha l’impressione che non si sia neppure fermato nella sua corsa: entrò e vide; con­statò che non solo le bende, ma anche il sudario che era stato sul capo di Gesù erano lì nel sepolcro: i panni mortuari c’erano tutti.
Il Vangelo a questo punto tralascia Pietro e dice che anche l’altro discepolo entrò: vide e credette. Non ha bisogno di vedere Gesù per credere. Egli constata che Gesù non è più avvolto dai panni funebri. Quindi è vivo. Egli è colui che ha il potere di dare la vita e ha il potere di riprenderla (10,18). Ma c’è anche la parola della Scrittura che illumina quella camera mortuaria in cui fu posto Gesù.
Ma quale parola della Scrittura? Chi ha letto questa pagina, ricordando le narrazioni sinottiche, sa quale importanza abbia «il terzo giorno» e quanto l’abbia nella fede cristiana. Paolo dice: «Cristo è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» (1Cor 15,4). Non dice forse Osea: «Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare» (6,2)? E non ha detto Gesù ai dirigenti giudei: «Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo rialzerò» (2,19)?
La fede in Gesù risorto ha fatto il suo primo passo. Però finora nessuno l’ha visto. I discepoli di Emmaus dicevano: «Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto» (Lc 24,24). Ma c’è chi l’ha visto.

Vide e credette: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 640: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato» (Lc 24,5-6). Nel quadro degli avvenimenti di pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta. L’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale. La sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne, poi di Pietro. Il discepolo «che Gesù amava» (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo «le bende per terra» (Gv 20,6), vide e credette. Ciò suppone che egli abbia constatato, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena come era avvenuto per Lazzaro.

San Giovanni Apostolo ed Evangelista: Benedetto XVI (Udienza Generale 5 Luglio 2006): All’interno della Chiesa di Gerusalemme, Giovanni occupò un posto di rilievo nella conduzione del primo raggruppamento di cristiani. Paolo infatti lo annovera tra quelli che chiama le “colonne” di quella comunità (cfr Gal 2,9). In realtà, Luca negli Atti lo presenta insieme con Pietro mentre vanno a pregare nel Tempio (cfr At 3,1-4.11) o compaiono davanti al Sinedrio a testimoniare la propria fede in Gesù Cristo (cfr At 4,13.19). Insieme con Pietro viene inviato dalla Chiesa di Gerusalemme a confermare coloro che in Samaria hanno accolto il Vangelo, pregando su di loro perché ricevano lo Spirito Santo (cfr At 8,14-15). In particolare, va ricordato ciò che afferma, insieme con Pietro, davanti al Sinedrio che li sta processando: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20). Proprio questa franchezza nel confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse.
Secondo la tradizione, Giovanni è “il discepolo prediletto”, che nel Quarto Vangelo poggia il capo sul petto del Maestro durante l’Ultima Cena (cfr Gv 13,21), si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù (cfr Gv 19, 25) ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto (cfr Gv 20,2; 21,7). Sappiamo che questa identificazione è oggi discussa dagli studiosi, alcuni dei quali vedono in lui semplicemente il prototipo del discepolo di Gesù. Lasciando agli esegeti di dirimere la questione, ci contentiamo qui di raccogliere una lezione importante per la nostra vita: il Signore desidera fare di ciascuno di noi un discepolo che vive una personale amicizia con Lui. Per realizzare questo non basta seguirlo e ascoltarlo esteriormente; bisogna anche vivere con Lui e come Lui. Ciò è possibile soltanto nel contesto di un rapporto di grande familiarità, pervaso dal calore di una totale fiducia. È ciò che avviene tra amici; per questo Gesù ebbe a dire un giorno: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ... Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,13.15).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.” (Gv 15,13).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che per mezzo dell’apostolo Giovanni ci hai rivelato le misteriose profondità del tuo Verbo: donaci l’intelligenza penetrante della Parola di vita, che egli ha fatto risuonare nella tua Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo...