26 Dicembre 2018

Tempo di Natale - Ottava


Oggi Gesù ci dice: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.» (Vangelo).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Matteo 10,17-22:  In questa seconda parte del discorso missionario, Matteo si intrattiene sulla persecuzione che accompagna la missione e, quindi, sul coraggio che è richiesto al discepolo. Il discepolo che ha deciso di seguire il Maestro, non può aspettarsi un destino diverso da quello del Maestro perché il discepolo non è più del maestro (Lc 6,40). E se per Gesù la via della croce non solo fu prevista, ma voluta, così deve essere per il discepolo: la persecuzione fa parte della missione ed è il segno della sua verità. Il vero motivo per cui il mondo odia Cristo e continua ad odiarlo nei suoi discepoli è espresso da Gesù stesso: a causa del mio nome. Poiché il Vangelo costringe a prendere posizione la divisione penetrerà anche nel cuore delle famiglie: Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Il discepolo deve comprendere tutto questo e accettarlo coraggiosamente: deve perfino gioire, ma senza falsi eroismi.

Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali... : Detlev Dormeyer: Israele dovette subire molto spesso persecuzioni a causa dei suoi nemici. Ma soltanto nel tempo postesilico sotto i seleucidi la persecuzione cresce fino a diventare una minaccia per la fede. Israele deve abbandonare la propria religione. Contro ciò scoppia l’insurrezione dei Maccabei, che si conclude positivamente con l’indipendenza della Giudea. Anche all’interno di Israele vengono messe in atto delle persecuzioni da parte delle autorità. Alcuni uomini pii come i profeti vengono perseguitati a causa del loro rigore religioso (cf. Gezabele contro Elia, 1Re 19.2s). Queste esperienze furono trasferite, nel tardo giudaismo, sul piano escatologico. Prima della fine del mondo, una grande persecuzione religiosa colpirà Israele (Dn 7).
Un’esperienza simile è fatta dalla comunità neotestamentaria. A causa della sua missione di rinnovare la fede, Gesù viene perseguitato dai suoi nemici lino a subire la morte. Anche la comunità viene perseguitata dai propri correligionari ebrei a causa della nuova fede. La persecuzione innesta nella sequela della croce di Cristo e saggia la stabilità della fede (Mc 4,16). La comunità può sopportare la persecuzione perché a motivo della perseveranza le è promessa la salvezza definitiva (Mc 13,13). I persecutori, invece, saranno condannati nel giudizio. Nella persona di Paolo, il persecutore è diventato perseguitato. Il persecutore dei cristiani si è trasformato nell’apostolo perseguitato che porta nel proprio corpo le sofferenze di Cristo.

e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe -  Giuseppe Barbaglio (I Vangeli - Matteo): Nel mondo giudaico le autorità religiose sinagogali avevano il potere di punire con la flagellazione reati religiosi. Esistevano poi i tribunali civili locali e il tribunale supremo di Gerusalemme, chiamati gli uni e l’altro «sinedrio». I missionari della comunità cristiana di Matteo ne avevano fatto triste e sofferta esperienza. Non diversa è stata la loro sorte in ambiente pagano, dove hanno avuto occasione di testimoniare il Signore. Hanno pagato e pagano ancora un prezzo alto per la loro fede in Cristo: per causa mia. Si sono anche verificati casi in cui il missionario è stato denunciato dai familiari.
Matteo ricorda la parola del Signore, esortando a stare in guardia di fronte agli avversari e di non preoccuparsi della difesa, perché non sarebbero stati lasciati soli, ma avrebbero avuto il conforto di un avvocato eccezionale, lo Spirito del Padre che non abbandona i suoi figli. Le misure vessatorie degli avversari sono l’espressione esterna del sentimento interiore di odio, che in ultima analisi li arma contro la persona di Cristo, visto che perseguitano i missionari per la loro fede e testimonianza cristiana. Si può ritenere che ritorna qui, applicato ai cristiani, il motivo antigiudaico dell’«odium generis humani». Bisogna tener duro. Matteo riporta un detto di Gesù riguardante in origine l’attesa della venuta finale del figlio dell’uomo: Ma chi sarà rimasto saldo sino alla fine, sarà salvato. Applicato redazionalmente alla situazione dei missionari, esso li esorta a essere co­stanti sino al martirio, perché proprio questo sarà il prezzo della loro salvezza. Sullo sfondo appare l’ombra ili dolorose defezioni, sperimentate dalla chiesa matteana.

... sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia: Ortensio da Spinetoli (Matteo): Gesù parla della ... dolorosa sorte, delle persecuzioni che [i discepoli] dovranno subire innanzitutto da parte dei loro connazionali. Sembra che venga anticipato il futuro racconto della passione di Gesù (il nome del Sinedrio infatti e dei Sinedriti vi ricorre con frequenza) o le narrazioni degli Atti degli apostoli. Giudei e gentili, come una volta Erode e Pilato, si troveranno d’accordo nella guerra contro i cristiani, inviati a testimoniare la verità agli uni e agli altri. « Sarete perseguitati da tutti per il mio nome»: sono parole che sottolineano la superiorità della persona di Gesù, innalzata «al centro della vita e dell’attività umana». Debbono essere tenaci fino al martirio, senza però lasciarsi martirizzare prima del tempo.
Finché è possibile bisogna difendersi, eclissarsi, fuggire, come anche Gesù aveva fatto (cfr. Lc. 4,30; Gv. 10,39; 11, 54). Può darsi che nel frattempo si rovesci la situazione e l’opera possa essere portata avanti lo stesso. La più grande consolazione dei discepoli è quella di poter vivere l’esperienza del salvatore, e di partecipare così ai suoi trionfi.

Il martirio è la suprema testimonianza...: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2473: Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. «Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio».
n. 2474: Con la più grande cura la Chiesa ha raccolto i ricordi di coloro che, per testimoniare la fede, sono giunti sino alla fine. Si tratta degli Atti dei Martiri. Costituiscono gli archivi della Verità scritti a lettere di sangue: «Nulla mi gioverebbe tutto il mondo e tutti i regni di quaggiù; per me è meglio morire per [unirmi a] Gesù Cristo, che essere re sino ai confini della terra. Io cerco colui che morì per noi; io voglio colui che per noi risuscitò. Il momento in cui sarò partorito è imminente...». «Ti benedico per avermi giudicato degno di questo giorno e di quest’ora, degno di essere annoverato tra i tuoi martiri... Tu hai mantenuto la tua promessa, o Dio della fedeltà e della verità. Per questa grazia e per tutte le cose, ti lodo, ti benedico, ti rendo gloria per mezzo di Gesù Cristo, Sacerdote eterno e onnipotente, Figlio tuo diletto. Per lui, che vive e regna con te e con lo Spirito, sia gloria a te, ora e nei secoli dei secoli. Amen».

Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): La persecuzione penetrerà fino all’interno della propria famiglia, l’odio dividerà i più stretti parenti (10,34-36). Il profeta Michea aveva predetto questo orrore per il tempo finale: la depravazione degli spiriti e lo sconvolgimento dei cuori sarà tale che si spezzeranno i legami naturali della famiglia. Così Israele sarà maturo per il giudizio (Mic 7, 6). Nella profezia di Gesù l’odio irromperà ovunque arrivino i suoi apostoli. Suona addirittura spaventosa l’espressione: «Sarete odiati da tutti ...».
In tale situazione una sola cosa importa: la perseveranza sino alla fine, la fedeltà a tutta prova, la fortezza d’animo costante, nonostante le inimicizie, le delusioni e gli insuccessi. Non è poco! E Gesù promette al discepolo che così sarà salvo; non c’ è da essere in apprensione: la salute eterna è assicurata. Quanto eroismo nascosto, quanta fedeltà silenziosa hanno confermato, nei secoli, queste parole di Gesù!

Il martirio massima testimonianza di amore, dono insigne, assimila al Maestro: Lumen gentium 42: Avendo Gesù, Figlio di Dio, manifestato la sua carità dando per noi la vita, nessuno ha più grande amore di colui che dà la vita per lui e per i fratelli (cfr. 1Gv 3,16; Gv 15,13). Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d’amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salvezza del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Se il martirio viene concesso a pochi, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce nelle persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa.

Il martirio cristiano è un atto di amore...: Benedetto XVI (Angelus, 26 dicembre 2007): All’indomani del Natale, la liturgia ci fa celebrare la “nascita al cielo” del primo martire, santo Stefano. “Pieno di fede e di Spirito Santo” (At 6,5), egli fu scelto come diacono nella Comunità di Gerusalemme, insieme con altri sei discepoli di cultura greca. Con la forza che gli veniva da Dio, Stefano compiva numerosi miracoli ed annunciava nelle sinagoghe il Vangelo con “sapienza ispirata”. Fu lapidato alle porte della città e morì, come Gesù, invocando il perdono per i suoi uccisori (At 7,59-60). Il legame profondo che unisce Cristo al suo primo martire Stefano è la Carità divina: lo stesso Amore che spinse il Figlio di Dio a spogliare se stesso e a farsi obbediente fino alla morte di croce (cfr Fil 2,6-8), ha poi spinto gli Apostoli e i martiri a dare la vita per il Vangelo.
Bisogna sempre rimarcare questa caratteristica distintiva del martirio cristiano: esso è esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e verso gli uomini, compresi i persecutori. Perciò noi oggi, nella santa Messa, preghiamo il Signore che ci insegni “ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di [Stefano] che morendo pregò per i suoi persecutori” (Orazione “colletta”). Quanti figli e figlie della Chiesa nel corso dei secoli hanno seguito questo esempio! Dalla prima persecuzione a Gerusalemme a quelle degli imperatori romani, fino alle schiere dei martiri dei nostri tempi. Non di rado, infatti, anche oggi giungono notizie da varie parti del mondo di missionari, sacerdoti, vescovi, religiosi, religiose e fedeli laici perseguitati, imprigionati, torturati, privati della libertà o impediti nell’esercitarla perché discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo; a volte si soffre e si muore anche per la comunione con la Chiesa universale e la fedeltà al Papa. Nella Lettera Enciclica Spe salvi (cfr n. 37), ricordando l’esperienza del martire vietnamita Paolo Le-Bao-Thin (morto nel 1857), faccio notare che la sofferenza è trasformata in gioia mediante la forza della speranza che proviene dalla fede. Il martire cristiano, come Cristo e mediante l’unione con Lui, “accetta nel suo intimo la croce, la morte e la trasforma in un’azione d’amore. Quello che dall’esterno è violenza brutale, dall’interno diventa un atto d’amore che si dona totalmente. La violenza così si trasforma in amore e quindi la morte in vita” (Omelia a Marienfeld - Colonia 21 agosto 2005). Il martire cristiano attualizza la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte.
Preghiamo per quanti soffrono a motivo della fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa. Maria Santissima, Regina dei Martiri, ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo, rispondendo ai nemici con la forza disarmante della verità e della carità.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Il perdono dei nemici è il banco di prova di un cristianesimo genuino.» (Vincenzo Raffa).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Donaci, o Padre, di esprimere con la vita il mistero che celebriamo nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire e insegnaci ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di lui che morendo pregò per i suoi persecutori. Per il nostro Signore Gesù Cristo...