25 Dicembre 2018

 Natale del Signore

Messa del Giorno

Oggi Gesù ci dice: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza.» (I Lettura).

I lettura: Dal Libro del Profeta Isaia 52,7-10: Nel 587 la furia dei pagani aveva distrutto il tempio santo di Dio e la città era stata ridotta ad un cumulo di macerie. Ora, Isaia, il profeta della consolazione, annuncia al popolo la fine della cattività. Dopo lunghi anni di dolori e sofferenze, Dio ritorna nella sua città, da qui il grido di gioia della vedetta che vede il Signore ritornare in mezzo al suo popolo.
«La storia continuerà a ripetersi e, nella comunità dei credenti, non mancheranno mai messaggeri e sentinelle, evangelisti e profeti che annunziano alla nuova Sion la venuta e la presenza del regno di Dio.
Sono i pionieri della verità, gli insopportabili quando il loro messaggio suona male agli orecchi degli amanti di questo mondo. Per quanto chiudano i loro occhi, la parola profetica si adempirà e “tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio”» (Epifanio Callego).
Per il profeta, è passato il tempo del giudizio, della condanna e della pena, ora è il tempo del perdono, della misericordia. La bontà di Dio tangibile nella liberazione del suo popolo dalla dura prigionia, nella pienezza dei tempi si farà carne per liberare gli uomini da una più dura tirannia: libererà infatti il genere umano dal peccato e dalla morte.
Tutti i «confini della terra» gioiranno al fausto evento, ma essi saranno soltanto spettatori della salvezza operata dal Signore Dio, invece, con la venuta nella carne del Cristo saranno coinvolti nel progetto salvifico fruendo dei salutari benefici.
La salvezza non appartiene più a un popolo, ma a tutti gli uomini.

Salmo Responsoriale: Da Salmo 97 (98): Il Salmo 98 è un inno alla regalità del Signore. Le meraviglie che il Signore ha compiuto sono «tutte le manifestazioni con Dio - il solo che compie meraviglie [136,4] - ha manifestato benevolenza verso Israele, proteggendolo dai nemici, conducendolo alla vittoria, assicurandogli stabilità e pace. Il “suo braccio santo” frequente in Isaia, il braccio come la mano destra, è una metafora sempre associata alla potenza vittoriosa di Dio.” (L’Antico Testamento - Salmi e Libri Sapienziali - Ed. Paoline).

II lettura: Dalla lettera agli Ebrei 1,1-6: Dio, «ultimamente, in questi giorni», invia agli uomini un messaggero che non è un portavoce come gli altri: è la sua stessa «Parola» (Gv 1,1.14). Viene nel mondo il Figlio di Dio, ed è irradiazione della gloria del Signore Dio e «impronta della sua sostanza»: «queste due metafore desunte dalla teologia alessandrina della sapienza e del Logos (Sap 7,25-26) esprimono l’identità di natura tra il Padre e il Figlio e nello stesso tempo la distinzione delle persone. Il Figlio è l’«irradiazione» o il riflesso della gloria luminosa (cf. Es 24,16) del Padre, Lumen de Lumine. Ed è l’«impronta» (cf. Col 1,15) della sua sostanza, come l’impronta esatta lasciata da un sigillo (cf. Gv 14,9)» (Bibbia di Gerusalemme).

Vangelo: Dal Vangelo secondo Gv 1,1-18: La Parola si fa carne assumendo un’umanità povera, inferma e mortale. È la Parola che ha creato i cieli ed è la Parola che con la sua potenza sostiene il mondo. Dio viene ad abitare in mezzo agli uomini, povero tra i poveri; medico, venuto dal cielo, per curare gli ammalati. Gli uomini, ora, possono vedere, toccare, sentire Dio, in Cristo possono vedere la gloria di Dio. Per dare poi «a tutto l’avvenimento un maggior rilievo, si contrappone Gesù, il Verbo fatto carne, a Mosè. Per mezzo di Mosè, venne la legge che era considerata come la garanzia della grazia e della fedeltà di Dio nei confronti del suo popolo; per mezzo di Gesù, è venuta la grazia, ma una grazia incalcolabile: “grazia su grazia”» (Felipe F. Ramos).

La vita del Verbo in Dio - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura pastorale del vangelo di Giovanni, Vol. I): Innanzi tutto si noti la stretta concatenazione di Gv l,ls, passo costruito chiasticamente, anche se non in forma perfetta:
In principio era il Verbo e il Verbo era, (rivolto) verso DIO e il Verbo era DIO; questi era in principio, (rivolto) verso DIO.
Le parole tematiche di questi versetti sono i due sostantivi Verbo e Dio, e l’imperfetto era; ricorrono tre o quattro volte ciascuna. L’espressione in principio apre e chiude questo passo iniziale del prologo.
La prima frase dell’inno al Verbo rivelatore è formata dalla locuzione “in principio”, dall’imperfetto “era” e dal sostantivo “il Verbo”: “in principio era il Verbo”. L’accento della sentenza è posto sul primo e sul terzo membro; l’evangelista infatti vuol proclamare che, all’inizio del tempo e del creato, il Verbo c’era già. Egli preesiste al mondo: agli uomini e alle cose.
L’espressione in principio, tipicamente biblica, e invece molto rara nel greco profano, si riferisce all’inizio dell’universo descritto in Gn 1.
Il verbo era si oppone ad “egéneto” dei vv. 3.6.10.14.17, che indica il divenire del cosmo, degli uomini, della storia, della rivelazione e della salvezza. Quindi l’imperfetto “era” descrive il durare dell’essere del Verbo già all’inizio del mondo e indica che al principio dell’universo questa persona divina c’era, viveva già, rivolta verso Dio.
«Il Logos non è stato creato, egli “era”, vale a dire che già allora esisteva, assoluto, fuori del tempo, in eterno. È una preesistenza reale, personale».
Ma chi è “il Verbo”?
È una persona che viveva già all’inizio del tempo, in intimo rapporto con Dio, ossia viveva rivolto verso il seno del Padre, in dinamico slancio verso Dio.
Anzi “il Verbo era Dio”: è una persona divina; si tratta infatti del Figlio unigenito del Padre, come chiariscono i passi paralleli di Gv 1,14.18. La posizione enfatica del termine Dio in Gv 1,1 e, dato che questo sostantivo è messo al primo posto benché sia predicato nominale, sottolinea la divinità del Verbo. Per noi, dopo due millenni di cristianesimo, l’affermazione che, oltre Jahvé, esiste un altro che può chiamarsi Dio, appare normale. Ma per i giudei del tempo di Giovanni l’attribuire la natura divina a un’altra persona, oltre Jahvé, costituiva uno scandalo inaudito, come documenta anche il quarto vangelo (Cf. Gv 5,18; 8,58s).
Questa persona divina è chiamata Verbo, per indicare la sua natura e la sua funzione di essere la parola del Padre, ossia la rivelazione personificata di Dio e la sua immagine perfetta. Il Figlio unigenito, infatti, è il Verbo di Dio non solo per rapporto al mondo, ma anche in relazione al Padre, in quanto è immagine perfetta di Dio, come si esprime Paolo (Cf. 2Cor 4,4; Col 1,15).
Il termine “Verbo” quindi non è solo un titolo funzionale, ossia non indica solo la funzione del Figlio di Dio di parlare all’umanità della vita divina, comunicandola con la sua rivelazione salvifica, ma esprime anche l’essere di questa persona divina, che è il Figlio e l’immagine perfetta del Padre, esprimendo in sé la stessa natura di Dio.

Oggi, Natale del Signore, nella Liturgia è racchiuso un annuncio da capogiro: Dio si è fatto uomo, è divenuto come noi, per divinizzarci.
È quanto ci ricorda il Concilio Vaticano II: «[Cristo] è “l’immagine dell’invisibile Dio” [Col 1,15]. Egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (GS 22).
E ancora: Cristo essendo «Dio, “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” [Col 2,9]; e secondo la natura umana, nuovo Adamo, “pieno di grazia e di verità” [Gv 1,14], è costituito capo dell’umanità rinnovata. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina, per noi si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà» (AG 3).
A fronte di queste affermazioni, con l’ausilio del Concilio Vaticano II, possiamo mettere in evidenza altri tratti della dignità dell’uomo.
Conforme all'immagine del Figlio di Dio (Cf. GS 22), ha in sé la presenza di un germe divino dal quale è orientato sinceramente verso le realtà imperiture (Cf. GS 18). Creato a immagine di Dio, avendo ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene «sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore». Per cui «non sbaglia a riconoscersi superiore alle cose corporali e a considerarsi più di una semplice particella della natura o un elemento anonimo della città umana. Infatti, nella sua interiorità, egli trascende l’universo: a questa profonda interiorità egli torna, quando si volge al cuore, là dove lo aspetta Dio, che scruta i cuori, là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino. Perciò, riconoscendo di avere un’anima spirituale e immortale, non si lascia illudere da fallaci finzioni che fluiscono unicamente dalle condizioni fisiche e sociali, ma invece va a toccare in profondo la verità stessa delle cose» (GS 14).
Poiché l’uomo è stato costituito da Dio re e centro del creato, «tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito» a lui «come a suo centro e a suo vertice» (GS 12). Quindi, non si esagera quando si afferma che l’Incarnazione del Verbo è la festa della gioiosa esaltazione dell’uomo. L’Incarnazione del Verbo è  la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo: l’uomo creato per «dominare il mondo in virtù della sua rassomiglianza con il re universale», è stato concepito «come un’immagine vivente che partecipa del proprio archetipo nella dignità e nel nome» (Gregorio di Nissa).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Anch’io proclamerò le grandezze di questa presenza: il Verbo si fa carne... È Gesù Cristo, sempre lo stesso, ieri, oggi e nei secoli che verranno.” (San Gregorio di Nazianzo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la ChiesaO Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana. Egli è Dio, e vive e regna con te...