23 Dicembre 2018

IV Domenica di Avvento


Oggi Gesù ci dice: «Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un Figlio: sarà chiamato Emmanuele, Dio con noi.» (Is 7,14 - Antifona alla Comunione).

I Lettura - Mi 5,1-4a: Le parole del profeta Michea superano il tempo e la reale comprensione della stessa profezia. Gesù, «il dominatore in Israele» e le cui origini «sono dall’antichità, dai giorni più remoti», nascerà a Betlemme da una Vergine e sarà il Buon Pastore che condurrà all’unico ovile del Padre i figli d’Israele e tutta l’umanità (Gv 10,lss). All’ombra delle sue ali (Lc 1,35; Sal 17,8; 57,2) tutti gli uomini vivranno in pace e nella sicurezza.

Salmo Responsoriale - Dal Salmo 79 (80) I. Il salmo 79 è una supplica al Signore perché visiti la sua vigna; il salmista ricorda le sollecitudini divine per il suo popolo, paragonandolo ad una vite che, trapiantata dall’Egitto, ha occupato tutto il paese.
II. Gesù ricorda certamente anche questo salmo, quando racconta la parabola dei vignaioli infedeli e si paragona alla vera vite.
III. La Chiesa è la vigna di Dio, purtroppo devastata dai persecutori e dai cattivi cristiani; nella sua storia attraversa situazioni difficili e, per questo, implora la visita del Signore. Il mistero della Chiesa si riproduce nella vita di ogni cristiano, vero tralcio della vera vite, Cristo; dobbiamo mantenerci uniti a lui per produrre buoni frutti.    (Autore: Giambattista Montorsi, Salmi Preghiera di ogni giorno)

II Lettura - Eb 10,5-10: Tutta la vita di Gesù è contrassegnata da un’obbedienza filiale alla volontà salvifica del Padre. Il suo sacrificio cruento consumato sull’altare della croce è la nuova alleanza che il Padre stabilisce con tutti gli uomini e in questo modo abolisce il primo sacrificio. Gli uomini sono salvati per la generosa obbedienza di Gesù e per mezzo della sua offerta, eterna e inviolabile perché fatta una volta per sempre.

Dal Vangelo secondo Lc 1,39-45: Maria non è una donna incredula al pari di Zaccaria. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella, Gesù, mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (1Cor 1,27-28).

Si mise in viaggio - Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge una città di Giuda, oggi preferibilmente identificata con Ain-Karim, 6 Km a ovest di Gerusalemme. La fretta con la quale Maria si avvia a trovare Elisabetta, l’anziana sposa di Zaccaria miracolosamente rimasta incinta (Lc 1,5-25), mette in evidenza la sua pronta disponibilità al progetto di Dio. Entrata in casa, il saluto della Vergine raggiunge per vie misteriose il bambino che sussulta nel grembo della madre la quale, «piena di Spirito Santo», saluta con parole profetiche la Madre del Signore.
Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo, Elisabetta proclama Maria «benedetta fra le donne»; la Vergine è benedetta «per la presenza di un frutto benedetto [eulogémenos] nel suo seno: benedetta dunque perché madre del Benedetto, perché madre del suo Signore [vv. 42-43;]; la proclama, ancora, beata [makaria] per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina: beata dunque perché fedele, perché uditrice della parola del Signore [v. 45]» (Carlo Ghidelli).
Il saluto dell’angelo, - «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28) - e il saluto dell’anziana donna, - «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno» - (Lc 1,42), fusi insieme, saranno ripetuti nei secoli da milioni di credenti: l’Ave Maria è «una delle preghiere più belle e profonde, nella quale Elisabetta, e quindi l’Antico Testamento, si collega con Maria, cioè col Nuovo Testamento» (Richard Gutzwiller).
Il racconto della visitazione ricorda, con evidenti allusioni e coincidenze, il racconto biblico del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme operato dal re Davide (2Sam 6,1ss).
L’arca sale verso Gerusalemme, Maria sale verso la montagna. L’arca entra nella casa di Obed- Edom e Maria entra nella casa di Zaccaria. La gioia del nascituro e il suo trasalimento nel grembo dell’anziana madre ricordano la gioia di Davide e la sua danza festosa dinanzi all’arca. L’espressa indegnità di Elisabetta dinanzi alla Madre del Signore ricorda ancora l’indegnità del re David di fronte all’arca del Signore. Questi accostamenti, molto precisi nei particolari, ben difficilmente possono essere accidentali.
L’identificazione dei due racconti va allora verso una chiara proclamazione: Maria, la Madre del Signore, è la nuova arca del Signore, e suo figlio, Gesù, è il Signore abitante in quel tempio vivo.
L’anziana sposa di Zaccaria nel proclamare senza indugi Maria «la Madre del Signore» non fa che raccogliere e ripetere le parole del nunzio celeste.
Nella tradizione biblica il Signore è Iahvé, ma anche il grande sovrano (1Cr 29,11; 2Mac 5,20; Sal 48,3), il re (Sir 51,1; Sal 99,4). L’angelo aveva annunciato a Maria che il promesso figlio sarebbe stato chiamato «Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31) e avrebbe regnato per sempre «sul trono di Davide suo padre» (Lc 1,32-33): nel suo annuncio profetico, Elisabetta non fa che ricordare e confermare le parole del messaggero celeste.
Alla fine, sulle labbra di Elisabetta si coglie un’ultima parola di lode che viene rivolta con gioia alla Vergine di Nazaret: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Maria è beata perché «madre del Signore», ed è beata perché perfetta discepola: Ella ha accolto nel suo cuore, prima che nel suo grembo, la Parola viva feconda di vita e di salvezza.
Anche il cantico della Vergine ha un riscontro nell’Antico Testamento (cfr. 1Sam l-10). Ma sulle labbra di Maria il Magnificat ha risonanze e significati molto più profondi. La Vergine non risponde ad Elisabetta, ma si rivolge a Dio lodandolo per la sua misericordiosa accondiscendenza. Egli «mi ha guardato - dice Maria - perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento... così come lo stesso Salvatore, che ha detto: Imparate da Me che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime» (Origene).

Angelico Poppi ( I Quattro Vangeli): v. 41 Il bimbo sussultò nel suo ventre, e Elisabetta fu riempita di Spirito Santo. Tale movimento di Giovanni assume per l’evangelista il significato di una testimonianza anticipata dal Precursore, che sotto l’azione dello Spirito inizia fin dal grembo materno la sua missione (cf. v. 15). Elisabetta da questo fatto fisiologico percepisce l’inizio dell’epoca messianica. Il racconto lucano, evidentemente, riflette la comprensione più tardiva della chiesa circa il ruolo del Battista nei confronti di Gesù, e non va inteso come un resoconto cronachistico preciso di un fatto concreto.
vv. 42-43 «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. E donde a me (è concesso) questo, che la madre del mio Signore venga a me?». Elisabetta, per ispirazione dello Spirito, riconosce in Maria la madre del Messia. Il suo grido di giubilo rievoca le acclamazioni dinanzi all’arca (cf. 1Cr 15,28; 16,4-5). Il segno offerto dall’angelo a Maria è superato dalla realtà: ella incontra la sua parente pienamente aperta al mistero, la quale pure era sotto l’influsso dell’azione e della benevolenza divina. La benedizione di Elisabetta si ispira alle parole rivolte a Giaele (Gdc 5,24) e a Giuditta (Gdt 13,18), ed esprime il cumulo di doni con cui Dio ha favorito Maria, eleggendola madre del Messia.
v. 45 «E beata colei che ha creduto...». È il primo macarismo (beatitudine) nel vangelo di Lc, connesso con l’ascolto della Parola di Dio. Maria appartiene alla vera famiglia di Gesù, quella spirituale e escatologica, perché ha ascoltato la parola di Dio e l’ha custodita (Lc 11,27-28; cf. 8,21), divenendo sua collaboratrice per l’attuazione del disegno di salvezza. La maternità di Maria non fu quindi solo fisica, «ma eminentemente una maternità spirituale» (Schurmann, p. 170).

... il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il bambino le balzò in seno; il testo mette in relazione il movimento del bambino nel seno di Elisabetta con il saluto rivoltole da Maria; ciò dà un particolare significato al fatto. Il movimento dei nascituri nel grembo materno, dopo qualche mese di gestazione, è un fenomeno naturale; qui invece il fatto presenta un aspetto miracoloso, perché causato dal saluto di Maria. Per Elisabetta questo fatto fu presagio di un felice avvenimento (cf. vers. 44), contrariamente a Rebecca, moglie di Isacco, la quale, nel sentire che i due bambini (gemelli) si urtavano nel seno, interpretò questo movimento come un triste presagio dell’antagonismo che si sarebbe verificato tra i suoi due figli: Esaù e Giacobbe (cf. Genesi, 25, 22). Vari interpreti pensano che questo moto del nascituro nel grembo materno sia un segno che Giovanni abbia avvertito in qualche modo la presenza del Messia, ancora custodito nel seno di Maria e che il Battista, in quel momento, sia stato santificato. Questa spiegazione tuttavia non sembra imporsi, poiché è Elisabetta il personaggio che domina la scena, non già il bambino; in verità il fatto miracoloso del movimento del nascituro è ordinato alla madre, non al figlio. S. Agostino aveva già fatto questo rilievo, prova del suo acume esegetico; egli infatti osservava giustamente che il movimento del bambino era un segno ordinato ad indurre gli altri a conoscere, non già un segno destinato a manifestare che il nascituro aveva la conoscenza. Per il pensiero di S. Tommaso si veda la Summa Theologiae, III, q. 27, a. 6; questo Dottore ricorda anche la sentenza di S. Agostino richiamata sopra. La traduzione latina, accolta dalla Volgata che ha «exultavit infans in utero», poté influire ad orientare l’interpretazione di questo passo nel senso che non ci sembra di accettare. Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo; Luca rileva spesso l’azione dello Spirito Santo (cf. vers. 15, 67); nel presente contesto la pienezza dello Spirito significa che Elisabetta fu ripiena di spirito profetico, per il quale ella conobbe e proclamò il mistero che si era compiuto in Maria.

P. Mariano Irureta Oriarte: Noi viviamo un tempo nel quale si prepara una nuova epoca e Cristo deve nascere in essa. Noi siamo quindi oggi nell’avvento, tempo profondamente mariano. Il vangelo ci dimostra come Maria, per prima, annunciò agli altri la Buona Notizia della venuta del regno di Dio in Gesù. Rendendo visita a Elisabetta, si rivela essere la prima evangelizzatrice della storia, la prima portatrice di Cristo. Lei ha evangelizzato, implicitamente, durante la visita a sua cugina Elisabetta. Ed ha anche evangelizzato, esplicitamente, portando Cristo alla famiglia di Zaccaria.
L’incontro tra Maria e sua cugina Elisabetta è stato il primo avvenimento ecclesiale. Lo Spirito non incontra ostacoli in queste donne piene di fede e si effonde quindi completamente in loro. Questo primo incontro avviene in un clima di festa e di gioia, davanti alla misericordia e alla fiducia del Dio dell’Alleanza. Lo strumento privilegiato dello Spirito è Maria, prima portatrice del vangelo incarnato. Non solo ha operato in lei nel momento dell’incarnazione, ma ha continuato a farlo in lei, attraverso tutti i momenti della storia della Chiesa. Là dove si trova Maria, lo Spirito è presente, per portare la salvezza e costruire la famiglia di Dio; per fare di ogni incontro ecclesiale una comunione in Cristo.
Invitiamola sempre a portarci lo Spirito di Cristo, come ha fatto con sua cugina Elisabetta. E che questo Spirito inondi le nostre famiglie, i nostri posti di lavoro, tutto il nostro mondo. Che Dio ci offra questo Spirito che inondò Elisabetta, così da poter riconoscere in Maria colei che porta Cristo al nostro tempo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Lo Spirito Santo inondi le nostre famiglie, i nostri posti di lavoro, tutto il nostro mondo.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nella venuta del tuo Figlio hai risollevato l’uomo dal dominio del peccato e della morte, concedi a noi, che professiamo la fede nella sua incarnazione, di partecipare alla sua vita immortale. Egli è Dio e vive e regna con te.