14 Dicembre 2018

Venerdì della seconda settimana di Avvento


Oggi Gesù ci dice: «Se avessi prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare.» (I Lettura).

Dal Vangelo secondo Matteo 11,16-19: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!: Gesù rimprovera gli uomini della sua generazione perché sono proprio come i bambini capricciosi della parabola: non sanno quello che vogliono, non sanno decidersi e per chi non vuol decidersi le scuse sono sempre a portata di mano. Un rimprovero che supera i secoli e raggiunge anche la nostra generazione. Un invito ad accogliere sine glossa il Vangelo, che trova la sua sintesi nella croce.

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Alludendo a qualche canzone popolare o a un gioco dei fanciulli d’allora, Gesù rimprovera gli uomini che si ostinano a non riconoscere la disonestà dei loro pregiudizi. Fin dall’inizio della storia umana il Signore si è sforzato di attirare a sé tutti: «Che cosa dovevo fare ancora che io non abbia fatto?» {Is 5,4). La risposta degli uomini è stata di frequente il rifiuto: «Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa [la vigna] ha fatto uva selvatica?» (Is 5,4).
Il Signore condanna anche la maldicenza: vi possono essere degli uomini che, per giustificare le loro azioni, vedono peccato là dove ce solamente virtù. «Quando scoprono chiaramente il bene - osserva san Gregorio Magno - indagano per accertare se ve anche qualche male nascosto» (Moralia, 6,22). Il digiuno del Battista viene interpretato come opera del demonio; Gesù, invece, è chiamato ghiottone. L’evangelista non ha timore nel riferire le accuse e le calunnie che furono mosse a Gesù. In caso diverso, non avremmo nemmeno potuto immaginare la malizia degli uomini che si accanirono contro colui che passò sulla terra facendo il bene (At 10,38). In altre occasioni fu Gesù stesso ad avvertire i suoi discepoli che sarebbero stati trattati al pari di lui (Gv 15,20).
Le opere di Gesù e di Giovanni Battista testimoniano che l’uno e l’altro portano a compimento ciò che la sapienza divina ha stabilito per la salvezza degli uomini: il fatto che taluni non vogliano riconoscerlo non impedisce che i piani di Dio si realizzino.

Giudizio di Gesù sugli uomini del suo tempo - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): vv. 16-17 L’elogio del Battista offre a Gesù l’occasione di rilevare l’atteggiamento che gli Ebrei hanno assunto davanti all’annunzio del regno dei cieli. Cristo li paragona a dei ragazzi dispettosi che non s’associano al gioco dei compagni anzi fanno il contrario.
Gridano agli altri (ἑτέροις); altri codici per il fenomeno di itacismo leggono: ... ai compagni (ἑταίροις), donde la lettura della Volgata: coaequalibus. Vi abbiamo suonato il flauto, e non avete ballato...; Cristo forse allude ai giochi dei fanciulli quando imitano le feste nuziali oppure le scene funebri. Si può anche pensare che il detto costituiva un intercalare corrente che i fanciulli ripetevano scherzosamente sulle piazze, quando un gioco non riusciva o non trovava il gradimento di tutti. Non avete pianto; letteralmente: non vi siete percossi il petto.
vv. 18-19 Gesù indica l’applicazione del detto precedente; gli Ebrei hanno rigettato ogni invito di Dio, poiché si sono scandalizzati della condotta austera del Battista, come pure della condotta benevola e della condiscendenza di Cristo stesso. Per essi il Battista era un indemoniato, Gesù un mangione ed un amico dei peccatori. Alla sapienza tuttavia è resa giustizia dalle proprie opere; la sapienza divina ha attuato il regno nonostante la cattiva volontà degli uomini; essa, pur non essendo stata trovata giusta dagli Ebrei, si è giustificata con le proprie forze. Dio, nella sua altissima sapienza, annunzia la salvezza per mezzo del Precursore e di Gesù, gli Ebrei non vogliono accoglierla, ma il piano si attua ugualmente, come ognuno può constatare. Cristo rimprovera l’ostinazione dei capi religiosi dell’ebraismo, i quali hanno rifiutato il suo messaggio e quello del Precursore, mentre non pochi del popolo lo hanno accolto.

Abbiamo suonato il flauto...: Mons. Vincenzo Paglia, vescovo (Omelia, 14-12-2007): La Parola di Dio continua a prenderci per mano perché disponiamo il nostro cuore ad accogliere il Signore. Anche per questa nostra generazione è giunto il momento di lasciarsi toccare il cuore dalla predicazione del Vangelo. La tentazione frequente è mettere continuamente le scuse più diverse per evitare di accogliere l’esortazione che ci viene dal Vangelo e ritornare al Signore con tutto il cuore. Quante volte, purtroppo, si deve dire anche per noi: “Abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto”. Ciascuno di noi infatti è portato a pensare solo a se stesso: è l’unica melodia che conosciamo e che seguiamo. Ma anche per noi, come fu per Giovanni Battista e per la gente del suo tempo, giunge il momento della scelta, ossia decidere se seguire Gesù o se continuare ad andare dietro a noi stessi. Si tratta di una scelta che non è rinviabile per nessuno e che l’imminenza del Natale ci pone con una urgenza ancora maggiore. Anzi c’è da aggiungere una cosa: a noi che abbiamo ricevuto molti più doni e molte più parole e segni di quanti ne ebbero gli abitanti di Tiro e Sidone, verrà chiesto conto di quel che ne abbiamo fatto del Vangelo che ci è stato consegnato.

Ecco, è un mangione e un beone: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 Febbraio 1988): Nella sua vita terrena Gesù era solito mostrarsi particolarmente vicino a quelli che agli occhi degli altri passavano come peccatori. Lo vediamo in molti testi del Vangelo. Sotto questo aspetto è importante il “paragone” che Gesù fa tra se stesso e Giovanni Battista. Egli dice: “È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,18-19). È evidente il carattere “polemico” di queste parole nei riguardi di coloro che prima hanno criticato Giovanni Battista, profeta solitario e asceta severo che viveva e battezzava nei pressi del Giordano, e poi criticano Gesù perché si muove e opera in mezzo alla gente. Ma è altrettanto trasparente da tali parole la verità del modo di essere, di sentire, di comportarsi di Gesù verso i peccatori.
Lo accusavano di essere “amico dei pubblicani (ossia degli esattori delle imposte, mal visti perché esosi e ritenuti inosservanti) (cf. Mt 5,46; 9,11.18.17), e dei peccatori”. Gesù non rifiuta radicalmente questo giudizio, la cui verità, che pure esclude ogni connivenza, ogni reticenza, è confermata da molti episodi registrati nei Vangeli. Così quello legato al nome del capo dei pubblicani di Gerico, Zaccheo, nella casa del quale Gesù si era, per così dire, autoinvitato: “Zaccheo, scendi subito (infatti Zaccheo essendo piccolo di statura, era salito su un albero per vedere meglio Gesù che passava), perché oggi devo fermarmi in casa tua”. E quando il pubblicano scese pieno di gioia e offrì a Gesù l’ospitalità nella propria casa, senti dire da lui: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche egli, Zaccheo, è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (cf. Lc 19,1-10). Da questo testo appare non soltanto la familiarità di Gesù con pubblicani e peccatori ma anche il motivo della loro ricerca e frequentazione da parte sua: la loro salvezza.

Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere - Wolfgang Trilling (Vangelo secondo Matteo): Il giudizio degli uomini non fa centro né riguardo a Giovanni né riguardo a Gesù. In loro, infatti, agisce la sapienza di Dio che ha costituito l’uno predicatore energico di penitenza e l’altro portatore di gioia, sposo celeste. Ciò che l’uno e l’altro fanno, sono opere della sapienza divina, nate dalla profondità di Dio e attuate nello Spirito Santo. Chi ha orecchi per udire e occhi per vedere, chi ha sensibilità per il soprannaturale, sa riconoscere il loro carattere divino. La sapienza viene giustificata quando ci sono uomini che credono alle opere. Davanti a questa giustificazione, le maligne interpretazioni umane vengono ridotte al silenzio. Tutto ciò che Dio opera è accessibile soltanto agli occhi della fede. Chi vede con questi occhi, riconosce ovunque, anche nella figura visibile della Chiesa, la sapienza divina. Anche noi - come i contemporanei del Battista e di Gesù - dobbiamo sforzarci di vedere la vita con sguardo soprannaturale, per riconoscere nei segni visibili il Dio invisibile e le opere della sua sapienza.

Due stili e un medesimo risultato - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): L’esilio che patì il popolo israelita lontano dalla patria fu il simbolo della sua lontananza da Dio per aver disprezzato la legge del Signore. Invece la benedizione del popolo scaturirà dalla fedeltà ai comandamenti dell’alleanza con Dio e dall’abbandono di qualsiasi pretesto per disubbidire e inorgoglirsi. Questo atteggiamento di ribellione autosufficiente fu anche il contegno degli ebrei contemporanei di Gesù come bambini incolleriti che non collaborano con i loro compagni nel gioco, che si tratti di simulare allegria o tristezza.
Quando venne Giovanni Battista che praticava un rigido ascetismo e un austero digiuno, predicando il battesimo di conversione, non gli dettero ascolto, con il pretesto che era un fanatico stravagante, un pazzo indemoniato. Arriva Gesù che annuncia la buona novella e la felicità messianica del regno di Dio, conducendo una vita normale, mangiando e bevendo come tutti, e i capi religiosi del popolo lo tacciano da mangione e ubriacone, amico dei pubblicani e dei peccatori (cfr. Lc 7,31ss).
La parabola dei bambini che giocano sulla piazza mette in evidenza che gli ebrei, non capendo il Battista, non possono capire neanche Cristo. Con Giovanni si sarebbero dovuti pentire dei loro peccati; è quello che chiede­va la sua predicazione. Con Gesù dovevano vivere la gioia della conversione, perché viene inaugurato il re­gno di grazia e di benedizione di Dio. Ma quella generazione non seppe fare, al momento giusto, ciò che doveva.
Due stili tanto diversi, Giovanni e Gesù, di severa penitenza il primo e di calda umanità il secondo, dettero lo stesso risultato negativo per colpa di chi non voleva essere chiamato alla conversione del cuore. Ma nonostante questa cattiva volontà, «alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere», la sapienza di Dio acquistò credito per mezzo delle sue opere, visibili tanto nella condotta di Giovanni che nella persona di Gesù, la cui dottrina viene avallata dai suoi discepoli e dai suoi miracoli, segni del regno e del potere divino che era in lui.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Per accedere alle ricchezze della sapienza divina la porta è la croce» (San Giovanni della Croce).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai guidato san Giovanni della Croce alla santa montagna che è Cristo, attraverso la notte oscura della rinuncia e l’amore ardente della croce, concedi a noi di seguirlo come maestro di vita spirituale, per giungere alla contemplazione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...