13 Dicembre 2018

Giovedì della seconda settimana di Avvento


Oggi Gesù ci dice: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.» (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 11,11-15: Giovanni Battista è il più grande di tutti i nati da donna, e il sangue sparso “per la verità” lo esalta, costituendolo modello e maestro di fede per i discepoli di Gesù: “Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,1-2). Giovanni Battista ha predicato con lo spirito e la potenza di Elia (Lc 1,17) per predisporre il popolo di Israele all’incontro con il Cristo. Ma più che con la parola il figlio di Zaccaria ha predicato con il dono della sua vita. Il suo esempio è testimonianza, e allo stesso tempo comprensione delle parole di Gesù: il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.

Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Con Giovanni si chiude l’Antico Testamento e si perviene alle soglie del Nuovo. La dignità del Precursore sta nell’annunziare Cristo, nel farlo conoscere agli uomini. Dio gli aveva assegnato l’alta missione di preparare i suoi contemporanei all’ascolto del vangelo. La fedeltà del Battista è riconosciuta e proclamata da Gesù. Questo elogio è un premio alla fedeltà di Giovanni che, consapevole della sua missione, aveva affermato: «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,30).
San Giovanni Battista è il “più grande” nel senso che ha ricevuto un ministero unico e incomparabile entro l’ordine dell’Antico Testamento. Invece nel regno dei cieli (Nuovo Testamento), inaugurato da Cristo, il dono divino della grazia fa sì che il più piccolo di quelli che la ricevano con adesione fedele sia maggiore del più grande nell’ordine precedente della promessa. Una volta compiuta l’opera della redenzione, la grazia divina raggiunge anche i giusti dell’antica Alleanza. Così la grandezza di Giovanni Battista, il Precursore e l’ultimo dei profeti, viene accresciuta dalla dignità di figlio di Dio.

Giovanni il Battista: Giovanni Paolo II (Omelia, 24 giugno 1988): Il nome Giovanni significa, in lingua ebraica, “Dio è misericordioso”. Così già nel nome si esprime il fatto che il neonato un giorno annuncerà il piano di salvezza di Dio. Il futuro avrebbe pienamente confermato le predizioni e gli avvenimenti che circondarono la sua nascita: Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, divenne la “voce di uno che grida nel deserto” (Mt 3,3), che sulle rive del Giordano chiamava la gente alla penitenza e preparava la via a Cristo. Cristo stesso ha detto di Giovanni il Battista che “tra i nati di donna non è sorto uno più grande” (cfr. Mt 11,11). Per questo anche la Chiesa ha riservato a questo grande messaggero di Dio una venerazione particolare, fin dall’inizio.

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista: Benedetto XVI (Udienza Generale, 29 agosto 2012): L’esistenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr. Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso. Ma Giovanni Battista non è solo uomo di preghiera, del contatto permanente con Dio, ma anche una guida a questo rapporto. L’Evangelista Luca riportando la preghiera che Gesù insegna ai discepoli, il «Padre nostro», annota che la richiesta viene formulata dai discepoli con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr. Lc 11,1). Cari fratelli e sorelle, celebrare il martirio di san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni. Ma questo può avvenire nella nostra vita solo se è solido il rapporto con Dio. La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio. San Giovanni Battista interceda per noi, affinché sappiamo conservare sempre il primato di Dio nella nostra vita.

Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il passo 11,11-15 presenta una serie di versetti nei quali non si riesce ad afferrare il nesso e la consecuzione delle idee. Probabilmente questa ultima parte dell’elogio del Precursore contiene un seguito di proposizioni (frammento forse di un discorso più lungo) non collegate secondo uno sviluppo logico, ma avvicinate materialmente l’una all’altra. L’idea espressa in Mt., 11,12 figura in Luca in altro contesto (Lc., 16,16). Proponiamo l’ordine seguente delle idee: dall’apparizione di Giovanni fino a questo momento il regno dei cieli è forzato e preso d’assalto dalla moltitudine (vers. 12). Il Battista infatti ha avuto il privilegio di chiudere l’Antico Testamento e di inaugurare il Nuovo; fino a Giovanni vigevano la Legge ed i Profeti, con lui si apre l’economia evangelica (vers. 13). Giovanni è Elia, poiché deve compiere il passaggio tra la Vecchia e la Nuova Legge e preparare le vie del Messia (vers. 14). Chi ha orecchi, intenda queste verità (vers. 15). Βιάζεται è tradotto differentemente: vim patitur (Volgata); è forzato; è preso di forza; (si apre la strada) con la violenza. Meglio intendere: il regno dei cieli subisce violenza, poiché la folla che ha ascoltato Giovanni Battista, si accalca alla porta del regno per entrarvi. L’aver condotto alle soglie del regno una moltitudine che fa pressione alla porta di esso è un motivo di gloria per il Battista.

Ortensio da Spinetoli ( Matteo): I «violenti» sono uomini bene intenzionati che prendono d’assalto il regno per riceverne i beni promessi. Il tono del vangelo di Matteo, che soprattutto in questo terzo libro, aperto con il ricordo dell’imprigionamento del Battista, è impostato sulla polemica con il giudaismo, può indurre anche a un’interpretazione diversa. Il regno messianico progredisce, ma incontra ostacoli ovunque da parte degli uomini e delle potenze avverse; anche il discorso missionario (Mt. 10) è tutto impostato sulla lotta che i predicatori del regno dovranno sostenere contro oppositori di ogni rango e condizione. I «violenti» possono essere quindi egualmente coloro che agiscono contro il regno cercando di rapirlo, come fa Satana con il buon seme (Mt. 13,19), dalle anime dei credenti. Il verbo αρπάζουσιν conserva in questo modo il suo senso etimologico. Il regno è la realtà che gli uomini hanno preso di mira gli uni per impossessarsene gli altri per distruggerla: intanto esso avanza piegando la resistenza dei nemici, cedendo alla pressione dei buoni.

Santa Lucia Vergine e Martire - Alfonso Colzani:  La storia cristiana, soprattutto dei primi secoli, i due termini designano la testimonianza e i testimoni della fede. Il termine martirio deriva dal greco martyrion: testimonianza resa sotto giuramento con valore di prova. Con questo significato di documento probatorio (dell’Alleanza o della Torà) il termine ricorre frequentemente nella versione greca dell’Antico Testamento e in alcuni luoghi del Nuovo Testamento, caratterizzato dal riferimento a Cristo.
L’evangelista Luca introduce un nuovo significato: negli Atti degli apostoli martirio significa rendere testimonianza, inteso come predicare Cristo, compito caratteristico degli apostoli che “con grande forza rendevano testimonianza” (At 4,33). Martiri a partire da Luca 24,48, sono designati i testimoni del Risorto, i quali sono in­caricati di essere testimoni fra le genti. Questo compito è chiaramente marcato dalla sofferenza e dal rischio della morte (Stefano, il primo martire cristiano, è chiamato in Atti degli apostoli 22,20 “il testimone fedele”), ma non è caratterizzato dalla concezione più tardiva di martirio come testimonianza del sangue, quanto dall’inalterata e completa proclamazione del messaggio di Cristo. Per l’evangelista Giovanni martyrion è per definizione testimonianza di Cristo, anticipata da Giovanni Battista, testimonianza che lo stesso Cristo rende a se stesso e che i discepoli proclamano e confermano. Giovanni usa il vocabolario dell’esperienza (della fede) e della testimonianza, che ha il senso di conferma della verità di Dio: i discepoli che hanno visto rendono testimonianza e annunciano la vita eterna resasi visibile (1Gv 1,2). Tale processo si realizza con l’aiuto dello Spi­rito Paraclito, che è colui che rende testimonianza a Gesù (Gv 15,26), ma non sostituisce la testimonianza dei discepoli: “e anche voi mi renderete testimonianza” (v. 27).
Ben presto le persecuzioni da parte dell’impero romano precisarono il termine nel senso che correntemente ha nella Chiesa cristiana: l’offerta della vita in una morte cruenta. Il martirio venne così identificato come la testimonianza per eccellenza, perché conforma il fedele al suo Signore morto sulla croce. Secondo l’Apocalisse (7,14-15) il martirio è il battesimo del sangue che conferisce la purificazione perfetta. Nel diritto dell’impero romano il rifiuto di prestare culto agli dei era punito: i processi per “ateismo” erano sfruttati dai primi cristiani quale occasione per affermare pubblicamente la propria identità di fede. Gli antichi Atti dei martiri testi­moniano che davanti ai tribunali pagani essi non pronunciavano difesa, ma una confessione di fede ispirata dallo Spirito Santo, secondo quanto promesso da Gesù: “Vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi” (Mt 10,18-20). Tuttavia nei primi secoli non si trattò di persecuzione generalizzata contro i cristiani, a partire dagli episodi dell’epoca di Nerone (che non emise nessun editto contro i cristiani, come sostiene Tertulliano). Ciò non toglie che diffuse fossero le denunce e quindi i maltrattamenti e le condanne dei cristiani in varie regioni dell’impero. Nel 250 l’imperatore Decio avviò la prima vera persecuzione generalizzata a tutto l’impero, e Diocleziano scatenò nel 303-304 la persecuzione più sanguinosa, soprattutto in Oriente.

Da una Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia (13 Dicembre 2014): I santi martiri sono coloro che hanno saputo accogliere la grazia di Dio nella loro vita - vagliando tutto e tenendo ciò che è buono, lasciandosi santificare e conservare irreprensibili - e sono perciò rimasti fedeli alle promesse battesimali, fedeli anche a prezzo della vita.
Chiamati a scegliere tra salvare se stessi e confermare l’appartenenza a Gesù, hanno preferito Gesù. Gesù, insomma, viene prima di tutto: questa è stata anche la scelta della santa che oggi festeggiamo e qui ritroviamo l’attualità perenne di Lucia e di tutti i martiri che non costituiscono ormai solo una pagina di storia della Chiesa antica ma - come ci ricorda spesso Papa Francesco - oggi sono tornati di drammatica attualità e sono più numerosi che in passato.
“Con la loro testimonianza - sono parole del Santo Padre - i Santi ci incoraggiano a non avere paura di andare controcorrente o di essere incompresi e derisi quando parliamo di Lui e del Vangelo; ci dimostrano con la loro vita che chi rimane fedele a Dio e alla sua Parola sperimenta già su questa terra il conforto del suo amore e poi il “centuplo” nell’eternità” (Papa Francesco, Preghiera dell’Angelus, 1 novembre 2013).
Dinanzi ai suoi persecutori e poco prima di affrontare il martirio - come ci tramanda la storia e la tradizione - santa Lucia si è aggrappata alla verità e alla forza del battesimo ricevuto e al prefetto Pascasio, che cercava di distoglierla dal proposito di servire il Signore, con limpida fermezza d’animo ha saputo così replicare: “Io giorno e notte medito la legge del mio Dio... Giammai potrai smuovermi dal mio proposito e farmi acconsentire al peccato”.
Come in Maria, l’Immacolata, così nella giovane donna e martire Lucia contempliamo quindi un bell’esempio di quell’“umanità al femminile” pienamente riuscita di fronte a Dio perché capace di  pronunciare - con le parole e con la vita - quel sì generoso, totale, coraggioso e gioioso che, in qualche modo, richiama il sì di Maria pronunciato a Nàzaret duemila anni fa.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***“Se vuoi anche tu possedere Cristo, cercalo incessantemente e non temere la sofferenza. È più facile spesso trovarlo tra i supplizi del corpo, tra le mani dei persecutori” (Sant’Ambrogio, vescovo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Riempi di gioia e di luce il tuo popolo, o Signore, per l’intercessione gloriosa della santa vergine e martire Lucia, perché noi, che festeggiamo la sua nascita al cielo, possiamo contemplare con i nostri occhi la tua gloria.