9 Novembre 2018

 Dedicazione della Basilica Lateranense


Oggi Gesù ci dice: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!” (Vangelo).  

Dal Vangelo secondo Giovanni 2,13-22: Fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio: questo gesto annunzia la fine di tutto l’ordine religioso rappresentato dalla legge, dal tempio, dai sacrifici, e l’avvento di un ordine nuovo di cui l’antico era solo ombra e figura. «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.  I discepoli si ricorderanno di queste parole quando Gesù risusciterà dai morti e crederanno alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Gesù Risorto è il nuovo Tempio, la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini.

Enzo Lodi (I Santi del Calendario Romano): La basilica Lateranense è stata sede ufficiale del vescovo di Roma, dal secolo IV al secolo XIV; oggi non rimane della sede medievale se non il triclinium di Leone III (t816); poi la scala santa, cioè l’antica scala del palazzo papale (da alcuni considerata la scala del palazzo di Pilato); e il sancta sanctorum (in ricordo dell’antico tesoro del Laterano). Perciò rappresenta l’ideale istituzionale di una Chiesa che, uscita dalla fase persecutoria, fece il suo ingresso nella società imperiale romana. Dalla chiesa-tenda, pellegrina e precaria nelle catacombe, come un tempo nel deserto dove si esprimeva il tema dell’incontro con Dio che dimora in mezzo al suo popolo itinerante, si passa ora alla chiesa-tempio, edificata sul tempio vivo che è il Cristo, e perciò al tempio della nuova alleanza. Questa immagine statica di una Chiesa chiusa nei suoi simboli rituali non copre però tutta la realtà di una Chiesa-madre che genera. Ora la basilica del Laterano «mater omnium ecclesiarum», dove per secoli il papa ha celebrato liturgie battesimali (il battistero è anteriore alla basilica costantiniana) ed eucaristiche nella notte pasquale, conserva ancora nel vicino palazzo papale quel sancta sanctorum (con la cappella di San Lorenzo di Nicola III, 1277-1280) che contiene un tesoro di antiche reliquie; la leggenda dice che Tito avrebbe portato dal Tempio di Gerusalemme dei resti che aveva collocato al Laterano (perduti nel saccheggio dei vandali di Genserico, 455).
Perciò è stata per secoli l’emblema della liturgia pontificale, che qui ha avuto il suo primo sviluppo e che ha informato lo stile celebrativo di tutte le Chiese occidentali. Siamo dunque qui non solo nell’ombelicus mundi, sostitutivo di quello di Gerusalemme, ma nella basilica che si pone come modello di ogni Chiesa che si sente madre, non solo perché genera nel battesimo i suoi figli ma ancora più perché deve generare altre Chiese e comunità con impegno missionario. Celebrare dunque questa memoria significa risalire alle fonti genetiche ed evolutive dell’essere cristiani membri di una Chiesa locale, generata dal battesimo, arricchita nella cresima e nutrita nell’Eucaristia. Inoltre si deve prendere consapevolezza che la nostra Chiesa locale è a sua volta una propaggine della Chiesa-madre, rappresentata dalla Chiesa romana che ha avuto la sua sede storica nella basilica lateranense.

Il racconto della purificazione del Tempio e la disputa sul Tempio nel quarto Vangelo è all’inizio del ministero pubblico di Gesù, nei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) è invece posto alla fine del ministero: l’evangelista Giovanni «l’avrebbe trasposta all’inizio, perché, mentre nei sinottici questa costituiva il motivo della condanna a morte di Gesù, nel IV vangelo il motivo ultimo di essa è costituito dalla risurrezione di Lazzaro [11,45-12,11]» (Giuseppe Segalla).
Trovò nel tempio, è il recinto sacro, che comprendeva anche il cortile dei pagani. I cambiamonete, seduti ai loro banchi, avevano l’ufficio, dietro compenso, di cambiare per gli ebrei il denaro proveniente dalle nazioni pagane riproducenti l’effige dei sovrani e per tale motivo inadatte per pagare la tassa del Tempio.
A questo punto, Gesù, provoca i Giudei. A gente avvezza a tenere in mano la Sacra Scrittura, il gesto del Cristo è inequivocabile e di una portata straordinaria. Egli si pone al di sopra delle tradizioni giudaiche presentandosi come «il Figlio di Dio, perciò esigono da lui un segno - cioè un miracolo - che giustifichi il suo operato. Ci troviamo, qui, di fronte ad una richiesta tipicamente giudaica: in pratica, i Giudei non vogliono credere, ma vedere, per poi finire per negare l’evidenza... Rifugiandosi nell’affermazione che “costui scaccia i demoni per mezzo di Belzebul, il capo dei demoni”» (G. Gambino).
Gesù accetta la sfida dei Giudei e con l’immagine della distruzione e della ricostruzione del Tempio, preannuncia loro come segno la sua risurrezione.
I Giudei non afferrano il vero significato delle parole di Gesù per cui non possono non restare che beffardamente stupiti della sua pretesa di poter realizzare in tre giorni un’opera per la quale c’erano voluti ben quarantasei anni. L’equivoco, soggiacente alle parole di Gesù, annuncia una verità sconvolgente e che rivoluzionerà per sempre i destini dell’umanità: la morte e la risurrezione del «Figlio di Maria» (Mc 6,3) distruggeranno per sempre l’impero di Satana liberando l’uomo dal potere del peccato e della morte.
Il verbo greco, egheiro (lo farò risorgere), che troviamo nella frase è lo stesso usato per indicare la risurrezione di Gesù. Se negli altri testi del Nuovo Testamento è Dio che fa risorgere Gesù, nel Vangelo di Giovanni è Gesù ad avere il potere di risorgere: Figlio di Dio (Cf. Mc 1,1), Cristo Gesù, come il Padre risuscita i morti e dona la vita a chi vuole (Cf. Gv 5,21). Egli è la risurrezione e la vita, chi crede in lui, anche se muore, vivrà (Cf. Gv 11,25). Gesù ha il potere di dare la vita e di riprenderla di nuovo (Cf. Gv 10,17-18). Se nell’episodio della purificazione del Tempio, l’attestazione della divinità di Gesù è discreta e alquanto velata, questa si farà sempre più chiara con l’incalzare degli eventi tanto da entrare tra i capi d’accusa contro il giovane Rabbi di Nazaret: i Giudei «cercavano di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Gv 5,18).
L’espressione tre giorni indica un periodo di tempo breve ma indefinito (Cf. Os 6,2).
Approfittando quindi di un equivoco verbale, Gesù conduce i suoi interlocutori alla realtà del suo corpo che sarà distrutto dalla morte e fatto risorgere dalla potenza di Dio il giorno di Pasqua. E ad evitare ulteriori equivoci, l’annotazione giovannea, Ma egli parlava del tempio del suo corpo, toglie definitivamente ogni fraintendimento nella interpretazione del segno offerto da Gesù, il quale si presenta come il vero Tempio di Dio (Cf. Gv 1,14), cioè come la presenza di Dio tra gli uomini.
Al pari dei Giudei, anche i discepoli non comprendono, infatti soltanto quando fu risuscitato dai morti si ricordarono e credettero: «Giovanni si riferisce a quel ricordarsi e capire che fu tipico del periodo dopo la risurrezione: alla luce di quell’evento anche tutta la storia precedente si fa chiara, perfettamente logica; allora la fede dei discepoli è piena e decisa» (Carlo Buzzetti).

Gesù che scaccia dal tempio di Gerusalemme i venditori di animali e i cambiamonete - Benedetto XVI (Angelus, 11 marzo 2012): [...]. Il fatto, riportato da tutti gli Evangelisti, avvenne in prossimità della festa di Pasqua e destò grande impressione sia nella folla, sia nei discepoli. Come dobbiamo interpretare questo gesto di Gesù? Anzitutto va notato che esso non provocò alcuna repressione dei tutori dell’ordine pubblico, perché fu visto come una tipica azione profetica: i profeti infatti, a nome di Dio, denunciavano spesso abusi, e lo facevano a volte con gesti simbolici. Il problema, semmai, era la loro autorità. Ecco perché i Giudei chiesero a Gesù: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” [Gv 2,18], dimostraci che agisci veramente a nome di Dio. La cacciata dei venditori dal tempio è stata anche interpretata in senso politico-rivoluzionario, collocando Gesù nella linea del movimento degli zeloti. Questi erano, appunto, “zelanti” per la legge di Dio e pronti ad usare la violenza per farla rispettare. Ai tempi di Gesù attendevano un Messia che liberasse Israele dal dominio dei Romani. Ma Gesù deluse questa attesa, tanto che alcuni discepoli lo abbandonarono e Giuda Iscariota addirittura lo tradì. In realtà, è impossibile interpretare Gesù come violento: la violenza è contraria al Regno di Dio, è uno strumento dell’anticristo. La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza. Ascoltiamo allora le parole che Gesù disse compiendo quel gesto: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. E i discepoli allora si ricordarono che sta scritto in un Salmo: “Mi divora lo zelo per la tua casa” [69,10]. Questo salmo è un’invocazione di aiuto in una situazione di estremo pericolo a causa dell’odio dei nemici: la situazione che Gesù vivrà nella sua passione. Lo zelo per il Padre e per la sua casa lo porterà fino alla croce: il suo è lo zelo dell’amore che paga di persona, non quello che vorrebbe servire Dio mediante la violenza. Infatti il “segno” che Gesù darà come prova della sua autorità sarà proprio la sua morte e risurrezione. “Distruggete questo tempio - disse - e in tre giorni lo farò risorgere”. E san Giovanni annota: “Egli parlava del tempio del suo corpo” [Gv 2,20-21]. Con la Pasqua di Gesù inizia un nuovo culto, il culto dell’amore, e un nuovo tempio che è Lui stesso, Cristo risorto, mediante il quale ogni credente può adorare Dio Padre “in spirito e verità” [Gv 4,23]. Cari amici, lo Spirito Santo ha iniziato a costruire questo nuovo tempio nel grembo della Vergine Maria. Per sua intercessione, preghiamo perché ogni cristiano diventi pietra viva di questo edificio spirituale.

Gesù e il Tempio: CCC 583-584: Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria quaranta giorni dopo la nascita (Lc 2,22-39). All’età di dodici anni decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve occuparsi delle cose del Padre suo. Vi è salito ogni anno, almeno per la Pasqua, durante la sua vita nascosta; lo stesso suo ministero pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste giudaiche. Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell’incontro con Dio. Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un luogo di commercio. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è spinto dall’amore geloso per il Padre suo: «“Non fate della casa di mio Padre un luogo di mercato”. I discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,16-17). Dopo la sua Risurrezione, gli Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio.

Distruggete questo tempio: CCC 593: Gesù ha venerato il Tempio salendovi in occasione delle feste giudaiche di pellegrinaggio e ha amato di un amore geloso questa dimora di Dio in mezzo agli uomini. Il Tempio prefigura il suo Mistero. Se ne predice la distruzione, è per manifestare la sua propria uccisione e l’inizio di una nuova epoca della storia della salvezza, nella quale il suo Corpo sarà il Tempio definitivo.

Voi siete ledificio di Dio: CCC 756: Più spesso ancora la Chiesa è detta l’edificio di Dio. Il Signore stesso si è paragonato alla pietra che i costruttori hanno rigettata, ma che è divenuta la pietra angolare. Sopra quel fondamento la Chiesa è stata costruita dagli Apostoli e da esso riceve stabilità e coesione. Questa costruzione viene chiamata in varie maniere: casa di Dio, nella quale abita la sua famiglia , la dimora di Dio nello Spirito, “la dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21,3), e soprattutto tempio santo, rappresentato da santuari di pietra, che è lodato dai santi Padri e che la Liturgia giustamente paragona alla Città santa, la nuova Gerusalemme. In essa, infatti, quali pietre viventi, veniamo a formare su questa terra un tempio spirituale. E questa Città santa Giovanni la contempla mentre nel finale rinnovamento del mondo essa scende dal cielo, da presso Dio, “preparata come una sposa che si è ornata per il suo sposo” ( Ap 21,1-2 ).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La violenza non serve mai all’umanità, ma la disumanizza.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai voluto chiamare tua Chiesa la moltitudine dei credenti, fa’ che il popolo radunato nel tuo nome ti adori, ti ami, di segua, e sotto la tua guida giunga ai beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo...