27 Novembre 2018

Martedì  XXXIV Settimana «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Sii fedele fino alla morte, e ti darò la corona della vita.” (Ap 21,10c - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 21,5-11: L’evangelista Luca, che già aveva parlato del ritorno glorioso di Gesù alla fine dei tempi (cf. Lc 17,22-37), qui tratta della rovina di Gerusalemme, senza mescolarvi la fine del mondo. I segni indicati nel Vangelo non vogliono essere cartelli indicatori, infatti guerre, terremoti, carestie e pestilenze si sono sempre avvicendati nella storia umana, ma vogliono essere un invito pressante alla vigilanza, tutto accadrà all’improvviso e coglierà di sorpresa lo stolto trascinandolo nella più totale rovina. Il tempio di Erode, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, finì con l’essere un mucchietto di sassi, polvere calpestata dall’esercito romano, così tutti i beni preziosi a cui l’uomo insipiente attacca il proprio cuore, anche la fede e la speranza passeranno solo la carità non avrà mai fine (1Cor 13,8), e soltanto la carità sarà la chiave d’oro che ci aprirà le porte del Cielo.

Mentre alcuni parlavano del tempio: CCC 585: Alla vigilia della sua passione, Gesù ha annunziato la distruzione di questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra. In ciò vi è l’annunzio di un segno degli ultimi tempi che stanno per iniziare con la sua pasqua. Ma questa profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla croce.

Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta: Card. Tarcisio Bertone: (Omelia,  18 novembre 2007): In pratica, che cos’ha detto Gesù rispondendo agli Apostoli? In primo luogo, per così dire, ha distanziato quei due avvenimenti: quel «non rimarrà pietra su pietra» ossia la distruzione di Gerusalemme, lo ha separato da ciò che noi di solito chiamiamo «fine del mondo». Agli Apostoli, e ancor più ai primi cristiani, poteva essere facile confondere la fine di un mondo (il piccolo mondo giudaico) con la fine di tutto, del mondo. Ma Gesù spiega che non solo i due avvenimenti non coincidono, ma sono di natura totalmente diversa. La caduta di Gerusalemme è indicata da lui come fatto storico, e la fine del mondo è collocata come fuori della storia e nel segreto del Padre. La fine del mondo, nelle parole di Gesù, non appare un prodotto della storia umana, ma un evento il cui protagonista è Dio. Egli concluderà la storia della salvezza mediante il suo Figlio Gesù, risorto e glorificato. Dunque ecco la sorpresa conclusiva: la fine segna un inizio, si realizza la città di Dio tra gli uomini. Questo insegnamento di Gesù è quanto basta per orientare la vita degli Apostoli, e di ogni cristiano: anche se le modalità e i particolari rimangono un segreto del Padre, noi sappiamo e sentiamo che il Signore è vicino. Non siamo nel buio, perché una cosa è certa: le parole di Gesù non ci vogliono spaventare mostrandoci la distruzione di questo mondo: vogliono, semmai, ricordarci che la vita, che qui in terra si consuma e che noi impregniamo ogni giorno con la qualità delle nostre azioni, può diventare, e anzi diventa immortale ed eterna.

Maestro, quando dunque accadranno queste cose...: CCC 673-674: Dopo l’ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, anche se non spetta a noi «conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta» (At 1,7). Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono «impedite». La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia al riconoscimento di lui da parte di «tutto Israele» (Rm 11,26) a causa dell’indurimento di una parte nella «mancanza di fede» (Rm 11,20) verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di Gerusalemme dopo la pentecoste: «Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev’essere accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti» (At 3,19-21). E san Paolo gli fa eco: «Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non una risurrezione dai morti?» (Rm 11,15). La partecipazione totale degli Ebrei alla salvezza messianica a seguito della partecipazione totale dei pagani permetterà al popolo di Dio di arrivare «alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13) nella quale «Dio sarà tutto in tutti» (1Cor 15,28).

Quando? - Javier Pikaza: Quando? Gesù parla appunto nel tempio (19,47-48; 21,3.7-38); di lì egli supera quello che è solo realtà passeggera e ci guida verso l’autentica verità definitiva. Per questo, i discepoli gli chiedono: Quando? Invece di rispondere direttamente, Gesù ci fa volgere lo sguardo verso il destino universale del cosmo e della storia. In questo modo entriamo in un ambiente apocalittico.
In primo luogo, questo problema, la domanda che esprime l’inquietudine umana è anche di oggi: Quando? Vorremmo sapere, tentare il senso del futuro, le date finali, il modo di vincere la nostra angoscia. In fondo, que­sto atteggiamento è frutto del timore; è timore di fronte alla vita e mancanza di fiducia di fronte al destino che, per noi, assume i lineamenti di Dio Padre. Di fronte a questa domanda il vangelo non ci presenta soluzioni già fatte; quello che importa è restare ben radicati nella verità di Cristo.
Sebbene viviamo appoggiandoci su Cristo, sentiremo voci che ci dicono: «sono io» e «il tempo è prossimo». Proveremo la durezza della guerra, dell’odio nella famiglia, e la durezza d’una vita che pare aver perduto ogni senso. Tutto questo suppone che stiamo vivendo una battaglia decisiva, l’agonia dei tempi che stanno per chiu­dersi. Ebbene, Gesù ci dice: «State tranquilli»: per quanto possa parere disastroso l’andamento delle cose della terra, non può mai divenire una distruzione o una rovina definitiva. Decisivo è solo Cristo (21,8-9).
Sullo sfondo dell’insicurezza cosmica, sul rischio dell’inquietudine politica che, in certi momenti, impazzisce letteralmente, i discepoli di Cristo possono sempre rimanere saldi. La loro stabilità è basata sull’assistenza di Gesù, il Cristo. Perciò possono conservarla anche in mezzo alle persecuzioni della storia e nelle condizioni più avverse (21,10-19).

... quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?: Giovanni Paolo II (Omelia, 19 novembre 1995): Alla domanda: “Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?” (Lc 21,7), Cristo dà una risposta che direttamente riguarda la distruzione di Gerusalemme, ma potrebbe anche riferirsi alla fine del mondo. Preannuncia guerre e rivolgimenti, ammonendo contro i falsi messia: “Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo” (Lc 21,10-11). Simili eventi accompagnarono la caduta di Israele e la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani, ma si può dire che si sono realizzati anche in altre epoche della storia. Non ha forse visto il nostro secolo molte guerre e rivoluzioni? La storia dell’uomo e quella dell’umanità portano il segno del loro destino escatologico. L’orientamento del tempo verso le “ultime realtà” ci rende consapevoli di non avere sulla terra una stabile dimora. Siamo infatti in attesa di un eterno destino, costituito da quel mondo futuro, l’eone redento, in cui abitano stabilmente la giustizia e la pace.

Il falso messianismo - “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome”. Queste parole di Gesù sono state sempre attuali nella storia millenaria della Chiesa. Però mai come oggi acquistano un sapore più amaro. Mai come oggi l’uomo, il credente, i cristiani, sono assediati da innumerevoli falsi messia. Quante sette, o sedicenti movimenti cristiani, preannunciano come imminente la venuta del Signore, seminando quasi sempre il terrore, la tristezza, la paura, la paralisi della fede.
Gesù ci dice: “Non seguiteli”. Anche san Pietro ha dovuto fare i conti con gente simile. In una sua lettera leggiamo: “Questo anzitutto dovete sapere; che verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni, e diranno: «Dov’è la promessa della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione»” (2Pt 3,3-4). A questa contestazione l’apostolo risponde con parole che dovrebbero sconvolgere il nostro cuore: “Una cosa  però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempire la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3,8-9).
Ai menagramo di tutti i tempi il cristiano risponde con la pazienza di Dio. Ai seminatori di tempesta, a tutti coloro che vorrebbero un Dio irato pronto a incenerire il perverso mondo, la Chiesa risponde con il suo amore e con l’amore del suo Dio. La fine del mondo non è il trionfo della impazienza di un Dio arrabbiato, ma il trionfo della vita sulla morte, della gioia sulla sofferenza. È il trionfo dell’amore gratuito e il giorno della misericordia infinita; sarà anche un giorno di giustizia piena e totale, ma a giudicarci sarà l’Amore e ci giudicherà sull’amore (Cf Mt 25,31-46). E il Signore vuole che tutti gli uomini entrino nella sua gioia, ecco perché ritarda e usa pazienza. Il modo migliore per attendere Cristo giudice è quello di chiamarlo e desiderarlo come facevano i primi cristiani: “Vieni, Signore Gesù”.

Terra nuova e cielo nuovo - Gaudium et spes n. 39: Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l’umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l’universo. Passa certamente l’aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini.
Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l’incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l’uomo.
Certo, siamo avvertiti che niente giova all’uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.
Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l’umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell’uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre «il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace».
Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro!  (Vangelo)
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...