23 Novembre 2018

Venerdì XXXIII Settimana «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Le mie pecore ascoltano la mia voce,  e io le conosco ed esse mi seguono.” (Gv 10,27 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 19,45-48: Tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo: Gesù parlava e insegnava con autorità, e questo impressionava sia il popolo che le autorità pubbliche e spirituali d’Israele. I dottori della Legge, quando insegnavano, cercavano il fondamento al loro insegnamento nella Legge o nella tradizione. Gesù parlava e insegnava senza bisogno di tutto ciò. La sua parola aveva l’autorità in se stessa: Avete inteso che fu detto agli antichi… Ma io vi dico… (Mt 5,21, ecc.). Questa autorità si manifestava sopra tutto nella sua condotta. Guariva gli infermi anche in giorno di sabato, rimetteva i peccati, toccava i lebbrosi per sanarli nel corpo, sedeva a mensa con i peccatori, non temeva di rimproverare pubblicamente i farisei e i sadducei, la potenza della sua parola liberava gli ossessi e gli indemoniati dalla tirannia di Satana. La purificazione del tempio vuole andare al di là del gesto, e questo si recepisce sopra tutto nel Vangelo di Giovanni. Al di là del mercimonio a Gesù preme infatti affermare che lui è il Figlio di Dio che difende i diritti del Padre suo, e che ora, nella pienezza del tempo vi è un nuovo tempio: i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo (Gv 2,18-21). Il gesto di Gesù sconcerta i sacerdoti, gli scribi e i capi del popolo, per loro uccidere Gesù oramai è l’unica soluzione, bisogna attendere soltanto il momento propizio.

Gesù entrato nel tempio... - Lisa Comaschi: In tutte le religioni il tempio è uno spazio sacro all’interno del quale si ritiene che la divinità si renda presente all’uomo. Il popolo di Israele non ebbe un tempio stabile fino alla formazione della monarchia davidica (X sec), ma, oltre al Tempio di Gerusalemme, si ricordano nella Bibbia diversi luoghi di culto che sopravvissero fino alla riforma di Giosia. La costruzione di un tempio non è tuttavia un dato scontato all’interno della Scrittura. La casa di Dio per eccellenza è l’Arca dell’Alleanza che contiene le tavole della Legge e cammina con il popolo di Israele nel deserto. Dio si oppone al progetto di Davide che vuole costruirgli una casa; sarà piuttosto Dio stesso a costruire una casa, cioè una discendenza a Davide. Il primo Tempio di Gerusalemme, costruito da Salomone, venne distrutto da Nabucodònosor nel 587-586 a.C. e fu ricostruito dopo l’esilio; profanato dal sovrano ellenistico Antioco IV Epifane (175-164 a.C.) che vi introdusse il culto di Zeus, fu restaurato dai maccabei (II sec. a.C.) e ampliato da Erode il Grande (73 - 4 a.C.). Il Tempio comprendeva tre ambienti: il vestibolo, il cui accesso era consentito a tutti; una grande sala, il Santo, nella quale si trovavano l’altare d’oro per bruciare l’incenso, la mensa di cedro ricoperta d’oro per i pani e dieci candelabri d’oro; una stanza sacra, il Santo dei Santi, dove entrava soltanto il sommo sacerdote una volta all’anno e che ospitava l’Arca dell’Alleanza. Per accedere al Tempio occorreva attraversare un cortile nel quale si trovavano l’altare degli olocausti e “il mare di bronzo”, una grande vasca per l’acqua. Al tempo di Erode furono aggiunti altri cortili: quello dei gentili, così chiamato perché aperto ai proseliti, i non ebrei che si avvicinavano alla fede ebraica; il cortile più interno, nel quale una parte era riservata alle donne. Nel 70 d.C. il Tempio fu definitivamente distrutto dalle truppe romane agli ordini di Tito. Davanti al Muro Occidentale, il cosiddetto Muro del Pianto, l’ultima traccia del Tempio di Gerusalemme, gli ebrei pregano ancor oggi.
I profeti predicono la distruzione del Tempio divenuto oggetto di falsa confidenza (Mic 3,12; Ger 7,1-15; 26,18); Ezechiele descrive il tempio futuro (Ez 40-42), un tempio ideale, dal quale nasce un fiume, le cui acque portano vita ovunque giungono. Nella prospettiva universalistica di Isaia esso è visto come la casa di tutti i popoli (Is 2,1-3; 56,6-7). La critica del Tempio fu stimolata dalla sua profanazione da parte di Antioco IV Epifane e dal movimento esseno, che vedeva nella comunità fedele a JHWH il vero tempio.
Gesù insegna e opera guarigioni nel Tempio, lo purifica scacciandone i commercianti (Mc 11,15-17 e par.) e ne profetizza la rovina (Mc 13,2); dai Vangeli si può dedurre che un luogo di incontro con Dio è Gesù stesso (Gv 2,18-22). Come Gesù gli apostoli insegnano e pregano nel Tempio. Nelle lettere di Paolo il tempio è la comunità cristiana (1Cor 3, 9.16-17; 2 Cor 6,16), è il singolo cristiano che rende culto a Dio con la propria vita (1Cor 6,19; Rm 12,1). La Lettera agli Ebrei presenta Gesù Cristo come il sommo sacerdote che entra nel santuario dei cieli. Secondo l’Apocalisse (21,22) nella Gerusalemme celeste non ci sarà più alcun tempio: Dio stesso e il Cristo, l’Agnello, sono il suo tempio. I credenti che hanno perseverato nella fede saranno colonne di questo tempio di Dio (Ap 3,12).

Gesù e il Tempio: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 584-586: Gesù è salito al Tempio come al luogo privilegiato dell’incontro con Dio. Per lui il Tempio è la dimora del Padre suo, una casa di preghiera, e si accende di sdegno per il fatto che il cortile esterno è diventato un luogo di commercio. Se scaccia i mercanti dal Tempio, a ciò è spinto dall’amore geloso per il Padre suo: «Non fate della casa di mio Padre un luogo di mercato. I discepoli si ricordarono che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divora” (Sal 69,10)» (Gv 2,16-17). Dopo la sua risurrezione, gli Apostoli hanno conservato un religioso rispetto per il Tempio. Alla vigilia della sua passione, Gesù ha però annunziato la distruzione di questo splendido edificio, di cui non sarebbe rimasta pietra su pietra. In ciò vi è l’annunzio di un segno degli ultimi tempi che stanno per iniziare con la sua pasqua. Ma questa profezia ha potuto essere riferita in maniera deformata da falsi testimoni al momento del suo interrogatorio presso il sommo sacerdote e ripetuta come ingiuria mentre era inchiodato sulla croce. Lungi dall’essere stato ostile al Tempio dove ha dato l’essenziale del suo insegnamento, Gesù ha voluto pagare la tassa per il Tempio associandosi a Pietro, che aveva posto come fondamento di quella che sarebbe stata la sua Chiesa. Ancor più, egli si è identificato con il Tempio presentandosi come la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini. Per questo la sua uccisione nel corpo annunzia la distruzione del Tempio, distruzione che manifesterà l’entrata in una nuova età della storia della salvezza: «È giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre» (Gv 4,21).

Gesù profeta in azione - Marco Galizzi (Vangelo secondo Luca): La terminologia ritorna simile a quella di Mc 11,15-17 e Mt 21,12-13, che però fanno entrare prima Gesù in Gerusalemme e poi drammatizzano moltissimo la cacciata dei venditori dal tempio. Luca schematizza al massimo il racconto di questo episodio e come Matteo lo colloca nel giorno delle palme, mentre Marco in un secondo giorno (vedi Mc 11,12).
Eppure la presentazione che Luca fa di Gesù è assai significativa. Dopo averlo presentato come il Signore (19,31.34), ora, nelle due prime frasi, lo presenta richiamandosi a Ml 3,1-3, ove si parla del Signore che entra nella sua casa per purificarla, e Zc 14,21 ove si annunzia che «in quel giorno» non vi sarà più alcun trafficante nella casa del Signore» (14,21). In Gesù si compiono le antiche profezie.
Perciò, pensando a Gesù, il Signore, non si può non sentire tutta la forza di quanto dice, rifacendosi in parte a Is 56,7: «La mia casa sarà casa di preghiera». L’accento è sul mia e sul sarà. Annuncia forse un nuovo tempio, che sarà davvero casa di preghiera e di lode a Dio per tutte le genti? Ripensando al racconto della guarigione dei dieci lebbrosi (17,11-19), in cui Gesù appare come il vero tempio, il vero luogo, in cui si rende lode a Dio, ci sembra di poter rispondere affermativamente alla nostra domanda.
Ma torniamo alla scena evangelica. Le ultime parole di Gesù: «voi l’avete resa un covo di ladri», ricordano l’accusa di Geremia contro gli abitanti di Giuda, con il conseguente annuncio della distruzione del tempio (Ger 7,11-15). Implicitamente è pure tale la parola di Gesù, che si farà esplicita in 21,5-6. Gerusalemme lo rifiuta, il tempio non è più un luogo dove i figli possono adorare il Padre. Perciò la loro fine è vicina. Ora comprendiamo ancor meglio il pianto di Gesù. Come Dio amava Israele quale suo primogenito (Es 4,22; Sir 36,11), così anche Gesù amava Israele e non poteva non soffrire; e non poteva, anche lì nel tempio, non cercare di far sentire la sua parola di salvezza.

Ogni giorno insegnava nel tempio - Angelico Poppi ( I quattro Vangeli): In un’altra circostanza, Gesù dodicenne aveva ascoltato e interrogato come discepolo i dottori della Legge (2,46). In questo episodio i ruoli si invertono: era lui il Maestro che insegnava ogni giorno nel tempio; ma gli esponenti giudei rifiutarono il suo insegnamento e cercavano di farlo perire. Ma non poterono mettergli le mani addosso perché godeva del favore del popolo, che pendeva dalle sue labbra (v. 48). Luca distingue bene l’atteggiamento ostile dei capi da quello della gente. La responsabilità del rifiuto e dell’uccisione di Gesù ricade sulle autorità dei giudei. Il popolo è designato con il termine biblico tradizionale di «laós»; Luca qui non parla di folla (óchlos), perché intende alludere pareneticamente al ricostituito popolo di Dio, al popolo messianico riunito intorno a Gesù, in ascolto della Parola. «Il vero Israele nasce dall’ebraismo, da cui si differenzia in quanto riconosce Gesù come Messia». 

Il culto, ossia il Dio gratuito - Alessandro Pronzato (Parola di Dio): La «purificazione» del Tempio, attraverso la cacciata dei mercanti (un racconto secco, vivo, estremamente efficace, quello di Giovanni), significa anche purificazione dell’immagine di Dio: il Dio del culto, appunto.
Intendiamoci. Gesù non abolisce il culto, e nemmeno lo pone in discussione. Mette in crisi, invece, un certo modo di intendere il culto: mercato, baratto («io ti do questo, e tu sei obbligato a darmi questo», naturalmente pensando di ricavare dall’interscambio un vantaggio personale).
Gesù «boccia» inesorabilmente un culto inteso come tentativo di tirare Dio dalla propria parte, tenerlo buono, fargli chiudere un occhio sulle nostre malefatte (specialmente sulle ingiustizie com­messe a danno del prossimo), grazie a qualche omaggio esteriore.
No. Dio non si presta a questi traffici. Dio non è un faraone avido di onori.
Dio non è un esattore esigente, oppressivo e fiscale (nemmeno di quell’imposta chiamata preghiera).
Il Tempio dominato dai mercanti può suggerire l’idea di un Dio «commerciante».
Ma Dio è gratuito. Non si possono comprare i suoi favori. Il denaro non può mai prendere il posto della «gloria». Nel Tempio si deve celebrare unicamente una liturgia della gratuità e dell’amore.
Il Tempio deve essere soprattutto «casa» perché Dio vi abiti: «Casa del Padre mio...»
E la relazione con questo Dio è di tipo familiare, domestico, improntata alla confidenza e alla spontaneità, all’amore e non alla paura.
In una «casa» tutto è in comune. «Tutto appartiene a tutti» (Mateos-Barreto). Certo. Legge, miracoli, ragione, culto, non scompaiono. Il cristiano, tuttavia, sa che quando «dice Dio» si riferisce a qualcos’altro...

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Dio non è un faraone avido di onori.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo...