20 Novembre 2018

Martedì XXXIII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.» (1Gv 4,10b - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10: Nel racconto del pubblicano convertito possiamo cogliere tutte le sfumature del cammino che l’uomo deve intraprendere per giungere ad una sincera conversione. Innanzi tutto, la ricerca, il desiderio di vedere: Zaccheo cerca di vedere, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Zaccheo non disarma, Allora corse avanti e, per riuscire a vedere Gesù, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Gesù approfitta di questa disponibilità di Zaccheo per inserirsi nella sua vita e cambiarla. Poi, occorre guardare, incrociare lo sguardo di Colui che ti ama (Mc 10,21), gli occhi penetrano in profondità e leggono nel cuore: Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». La fretta: scese in fretta, l’occasione è vicina e bisogna afferrarla subito, non c’è tempo da perdere. A questo bisogna aggiungere la risoluzione di rinunciare a tutto, un distacco che si fa riparazione: Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto. Infine la gioia. Incontrare Gesù e accogliere la sua proposta è come trovare la perla di grande valore (Mt 13,46) per la quale vale la pena di vendere tutto, gioiosamente, convinti non di perdere ma di aver trovato. Gesù ci sta insegnando che il Regno ha le porte spalancate, e sono aperte anche per i peccatori più incalliti perché ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio (Lc18,27).

La conversione - Alfonso Colzani: Termine che nel linguaggio biblico esprime l’idea di un radicale cambiamento di direzione. È la traduzione dell’ebraico teshuvà, dalla radice shuv; che indica l’andare nella direzione opposta. Nel greco del Nuovo Testamento l’idea di conversione è resa da due termini: metanoia, che designa il cambiamento di mentalità dell’uomo desideroso di allontanarsi dal male (tradotto anche con “pentirsi” con sfumatura più intellettuale), ed epistrophé (ritorno, conversione), che corrisponde al teshuvà ebraico.
L’Antico Testamento. La conversione è una tematica centrale del messaggio biblico: la storia del popolo ebraico è continuamente segnata da infedeltà individuali e collettive all’alleanza con Dio, che segneranno In rovina della casa di Israele. Il secondo libro dei Re (17,7-18) lega chiaramente la tragedia della deportazione in Assiria (721 a.C.) alla mancata conversione del popolo, secondo una chiave di lettura della storia tipica dello spirito del Deuteronomio. I profeti, chiamando in causa la responsabilità individuale, fanno appello alla coscienza di ognuno e a quella di tutto il popolo. Dice il profeta Ezcchiele: “Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più la causa della nostra rovina. [...] Perché volete morire o Israeliti? Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete” (18.30-31). La conversione è fonte di salvezza a motivo della misericordia di Dio, che gioisce solo per essa c non per la morte del malvagio; salvezza che non è destinata al solo popolo di Israele, ma riguarda tutta l’umanità, che è anch’essa chiamata alla conversione, come intuisce il vecchio Tobia, morente: “Tutte le genti che si trovano su tutta la terra si convertiranno e temeranno Dio nella verità” (Tb 14,6) .
Nel Nuovo Testamento. Nel Nuovo Testamento la conversionc è tematica centrale dell’insegnamento di Gesù; il Vangelo di Marco la inserisce nel nucleo della predicazione di Gesù e come condizione preliminare per abbracciare l’Evangelo: “Il tempo è compiuto c il Regno di Dio è vicino, convertitevi c credete al Vangelo” (Mc 1,15). L’evangelista Luca (15,4-31) ne sottolinea particolarmente l’importanza nelle tre parabole della misericordia divina (la pecorella smarrita, la dracma perdura, il figliol prodigo). Il pentimento che permette di ottenere il perdono dei peccati non è solo un atto intellettuale, ma riguarda tutto l’uomo e deve condurre ad un radicale cambiamento di vita. S. Paolo negli Atti degli apostoli (26,20) richiama i due elementi fondamentali della conversione, il ritorno a Dio e il mutamento dei modi di vita: “Predicavo di convertirsi (metanocin) e di rivolgersi (letteralmente ritornare, epistrèfein) a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione”. Paolo sottolinea qui che in mancanza di un reale cambiamento di vita la conversione è illusoria e vana.
Giovanni presenta la conversione come nuova nascita, passaggio dalle tenebre alla luce. La parabola del buon Pastore, “venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10) manifesta l’universalità della chiamata divina alla conversione, come afferma anche s. Paolo: “Dio nostro salvatore vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 2,3-4).

Conversione - Erich Zenger: Conversione è l’incondizionato lasciarsi-colpire dall’irruzione della signoria di Dio nella parola e nell’azione di Gesù. Dio realizza la conversione ricercando l’uomo come la pecora smarrita e la dramma perduta (Lc 15,3-10), lasciandosi trovare come un tesoro nel campo o come una perla preziosa (Mt 13,44s). Una tale conversione  avviene nella gioia nella quale colui che si converte vende ogni cosa e rinuncia alla propria vita per ricevere un nuovo essere (Lc 17,33). Soltanto colui che davanti a Dio diventa come un bambino, come un servo inutile, come un pubblicano pentito può entrare nel regno dei cieli. Conversione significa allora: abbandonare le categorie valide fino ad allora e conformarsi completamente a Gesù per condividere, alla sua sequela, gli altri tesori del tempo messianico con i discepoli di Gesù. Così è Gesù stesso l’elemento critico della conversione; un sì non detto, o detto soltanto a metà, a lui portano al giudizio (Mt 11,20-24; Lc 9,62). Questa legge non ha eccezioni (Lc 13,3). La chiesa primitiva interpreta la predicazione di Gesù sulla conversione applicandola alla propria situazione. Accanto alla  conversione radicale del nuovo inizio, il Vangelo di Matteo conosce anche una conversione come modalità di comportamento infraecclesiale. Nel codice ecclesiale di Mt 18, la conversione è un postulato di fondo della fraternità cristiana. Nell’opera lucana (Lc e At) le predicazioni missionarie tratteggiano il percorso salvifico della conversione  con tappe dettagliate: conversione  e penitenza, battesimo, remissione dei peccati, recezione dello Spirito, vita nella chiesa, possesso della salvezza (At 2,38-40). Qui si delinea un restringimento del concetto di conversione  (che entrò nella successiva teologia della penitenza): conversione  e remissione dei peccati vengono separati come due tappe che si susseguono (At 8,22). In Paolo e Giovanni ritorna ancora la terminologia tradizionale della conversione. Il tema conversione viene integrato nella teologia della creazione nuova (Paolo) oppure della fede (Giovanni). Il brano di Eb 6,4-8, spesso male inteso, non è dogmatico, ma una formulazione del pastore che a una comunità che sta diventando tiepida col rifiuto di una nuova conversione, inculca la serietà della prima conversione. Le lettere dell’Apocalisse, invece, sottolineano la necessità della conversione costante, che deve realizzarsi come ritorno dell’intera comunità al primo amore (cf. Osea), nel distacco dalle trasgressioni concrete.

Eucarestia e trasformazione morale - Sacramentum caritatis n. 82: Scoprendo la bellezza della forma eucaristica dell’esistenza cristiana siamo portati anche a riflettere sulle energie morali che da tale forma vengono attivate a sostegno dell’autentica libertà propria dei figli di Dio. Intendo con ciò riprendere una tematica emersa nel Sinodo riguardo al legame tra forma eucaristica dell’esistenza e trasformazione morale. Il Papa Giovanni Paolo II aveva affermato che la vita morale «possiede il valore di un “culto spirituale” (Rm 12,1; cfr Fil 3,3), attinto e alimentato da quella inesauribile sorgente di santità e di glorificazione di Dio che sono i Sacramenti, in specie l’Eucaristia: infatti, partecipando al Sacrificio della Croce, il cristiano comunica con l’amore di donazione di Cristo ed è abilitato e impegnato a vivere questa stessa carità in tutti i suoi atteggiamenti e comportamenti di vita. In definitiva, nel “culto” stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Una Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata».
Questo richiamo alla valenza morale del culto spirituale non va interpretato in chiave moralistica. È innanzitutto la felice scoperta del dinamismo dell’amore nel cuore di chi accoglie il dono del Signore, si abbandona a Lui e trova la vera libertà. La trasformazione morale, implicata nel nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di voler corrispondere all’amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella consapevolezza della propria fragilità. Ciò di cui parliamo ben si rispecchia nel racconto evangelico relativo a Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Dopo aver ospitato Gesù nella sua casa, il pubblicano si ritrova completamente trasformato: decide di dare metà dei suoi averi ai poveri e di restituire quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato. La tensione morale che nasce dall’ospitare Gesù nella nostra vita scaturisce dalla gratitudine per aver sperimentato l’immeritata vicinanza del Signore.

Una vita più bella - Catechismo degli Adulti n. 143: Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose; riscopre un bene originario, che in fondo da sempre attendeva. Zaccheo, capo degli esattori delle tasse a Gèrico, non aveva fatto altro che accumulare ricchezze, sfruttando la gente e procurandosi esecrazione da parte di tutti. Quando Gesù gli si mostra amico e va a cena da lui, comincia a vedere la vita con occhi nuovi: «Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Zaccheo deve rinunciare, almeno in parte, alle sue ricchezze; ma non si tratta di una perdita. Solo adesso, per la prima volta, è veramente contento, perché si sente rinascere come figlio di Dio e come fratello tra i fratelli.
La bellezza e il fascino del regno di Dio consentono di compiere con gioia le rinunce e le fatiche più ardue. Il bracciante agricolo che è andato a lavorare a giornata e zappando ha scoperto un tesoro, corre a vendere tutti i suoi averi per acquistare il campo e quindi impadronirsi del tesoro; il mercante, che ha trovato una perla di grande valore, vende tutto quello che possiede per poterla comprare. Il discepolo, che ha preso su di sé il «giogo» di Gesù, lo porta agevolmente, come un «carico leggero» (Mt 11,29-30).
Le rinunce, che Gesù chiede, sono in realtà una liberazione per crescere, per essere di più. Il sacrificio è via alla vera libertà, nella comunione con Dio e con gli altri. Chi riconosce Dio come Padre e fa la sua volontà, sperimenta subito il suo regno e riceve energie per una più alta moralità, per una storia diversa, personale e comunitaria, che ha come meta la vita eterna.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Chi si converte, si apre alla comunione: ritrova l’armonia con Dio, con se stesso, con gli altri e con le cose.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo...