19 Novembre 2018

Lunedì XXXIII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi segue me avrà la luce della vita.» (Gv 8,12 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Luca 18,35-43: Per Marco il nome del cieco era Bartimèo (Mc 10,46-52), la sua guarigione è l’ultimo miracolo compiuto da Gesù e con lui si conclude anche la sezione dedicata alla sequela di Gesù. Il cieco per i discepoli è un uomo da zittire perché dà fastidio, per Gesù invece è una persona da incontrare, da rispettare, da ascoltare, e il miracolo avviene proprio in una cornice di rispettosa accoglienza. Il cieco entrando in contatto con il Salvatore non è stato guarito solo dalla cecità, ma ha fatto esperienza della salvezza. La sua guarigione segna anche una svolta: Gesù non cerca più di mantenere il segreto della sua identità. Accetta di essere chiamato Figlio di Davide. La sequela del cieco guarito diventa il prototipo di ogni discepolato: solo la luce della grazia riesce a far sentire all’uomo la presenza di Gesù. Solo il Dio salvatore dell’uomo e la grazia muovono l’uomo a invocare l’intervento liberatore di Dio, l’uomo, a tanta condiscendenza divina, può rispondere all’amore salvifico di Dio solo con la fede.

Il cieco certamente non doveva essere sordo e forse si era appostato in quel luogo di proposito in attesa del passaggio di Gesù. Il titolo Figlio di Davide è un titolo messianico, ma non è facile intuire che eco avesse sulla bocca e nel cuore del cieco in cerca di guarigione. In ogni caso, il grido del cieco era un appello di aiuto. Essere guariti dalla cecità non stava a significare soltanto la liberazione dalla schiavitù della mendicità, ma un reale ritorno alla vita assaporandone tutti i colori. Se i soliti tetragoni tutori dell’ordine cercano di farlo tacere, Gesù ordina di chiamarlo. 
Gesù prende l’iniziativa anche se è scontata la richiesta. Il miracolo è subitaneo. È da notare che Gesù non chiede la fede, ma ne sottolinea il possesso dell’uomo cieco: «La tua fede ti ha salvato». Quello che sfugge ai più, non sfugge al Figlio di Dio. Sa scovare in quella richiesta tutta la fede necessaria per ottenere il dono della vista. D’altronde Gesù dal Padre è stato mandato nel mondo «a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Il racconto si conclude sottolineando la gioia da parte del miracolato (cf. At 3,8), e la lode del popolo per quanto era accaduto. Ma la nota, prese a seguirlo, non è priva di importanza perché nel lemma seguire dobbiamo trovarvi l’azione del seguire sia in senso fisico sia in senso spirituale, come per gli apostoli e gli altri discepoli. È in atto un cammino di conversione. Gesù è la Luce del mondo (cf. Gv 8,12) ed è venuto per dare la vista ai ciechi (cf. Gv 9,39), ma è anche la Via (cf. Gv 14,6) che conduce a salvezza. Così qui viene proposto quell’interiore cammino che ogni uomo deve compiere per porsi alla sequela di Gesù Nazareno: pentirsi dei propri peccati, farsi illuminare da Cristo (immergersi nelle acque salutari del Battesimo), prendere ogni giorno sulle spalle la croce del Maestro e seguirlo (cf. Lc 9,23).
È la proposta che risuonerà nella città di Gerusalemme il mattino di Pentecoste: all’udire la predicazione degli Undici molti «si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?”. E Pietro disse loro: “Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo”» (At 2,37-38).

La guarigione del cieco - Rinaldo Fabris (Il Vangelo di Luca): I due vertici del racconto sono: la proclamazione messianica di Gesù fatta dal cieco e la dichiarazione di Gesù circa la sua fede salvifica. La missione di Gesù, fin dal discorso programmatico di Nazaret, è quella di portare la buona notizia ai poveri, la liberazione ai prigionieri e «ai ciechi la vista» (cfr. 4,18). Quest'ultimo gesto liberatore è elencato fra i segni del tempo messianico in 7,22 (cfr. Is 29,18; 35,5; 42,7). Con la guarigione del cieco Gesù conferma la proclamazione spontanea fatta dal povero mendicante, nonostante l'opposizione della gente. Egli ha anticipato il saluto messianico con il quale Gesù verrà accolto nella città di Gerusalemme, meta finale del suo cammino (cfr. 19,37-40). Con la sua parola autorevole Gesù riconosce la fede genuina di quell'uomo non solo come condizione per la guarigione fisica, ma come inizio della salvezza. A questa fede dell'uomo guarito che prorompe in un canto di riconoscenza, si associa, come in una liturgia comunitaria, il coro di tutto il popolo.
Il cieco, che siede ai margini della strada a chiedere la carità, arriva alla fede in Gesù, messia e salvatore, partendo dalla sua situazione concreta, dalla sua cecità che lo esclude dalla vita sociale. E Gesù accetta di incontrarlo su questa strada del bisogno elementare di vedere e di comunicare. È precisamente tale esperienza di salvezza, radicata nella carne dell'uomo, che può diventare contagiosa. In questi gesti semplici la comunità può riconoscere anche oggi il dono del regno di Dio ai poveri, e per questo può lodare Dio con spontaneità.

La fede - Bibbia di Gerusalemme (nota a Rm 1,16 - Ed. 1974): La fede è un atto con cui l’uomo si rimette a Dio (che è nello stesso tempo verità e bontà) come all’unica fonte della salvezza. Essa si fonda sulla sua veracità e sulla sua fedeltà alle promesse (Rm 3,3s; 1Ts 5,24; 2Tm 2,13; Eb 10,23; 11,11) e sulla sua potenza nell’attuarle (Rm 4,17-21; Eb 11,19). Avendo Dio parlato per mezzo del suo Figlio (Eb 1,1), dopo la lunga preparazione dell’AT (Eb 11), a lui ormai bisogna credere (cf. Mt 8,10+; Gv 3,11+) e dopo di lui al «kerygma» (Rm 10,8-17; 1Cor 1,21; 15,11; 15,14; cf. At 2,22+) del vangelo (Rm 1,16; 1Cor 15,1-2; Fil 1,27, Ef 1,13) annunziato dagli apostoli (Rm 1,5; 1Cor 3,5; cf. Gv 17,20), cioè che Dio ha risuscitato Gesù dai morti e lo ha costituito Kyrios (Rm 4,24s; 10,9; At 17,31; 1Pt 1,21; cf. 1Cor 15,14.17), offrendo per mezzo di lui la vita a quanti crederanno in lui (Rm 6,8-11; 2Cor 4,13s; Ef 1,19s; Col 2,12; 1Ts 4,14). La fede nel nome di Gesù (Rm 3,26; 10,13; cf. Gv 1,12, At 3,16; 1Gv 3,23), Cristo (Gal 2,16; cf. At 24,24; 1Gv 5,1), Signore (Rm 10,9; 1Cor 12,3; Fil 2,11; cf. At 16,31) e Figlio di Dio (Gal 2,20; cf. Gv 20,31; 1Gv 5,5; At 8,37; 9,20), è così la condizione indispensabile della salvezza (Rm 10,9-13; 1Cor 1,21; Gal 3,22; cf. Is 7,9a+; At 4,12; 16,31; Eb 11,6; Gv 3,15-18). La fede non è pura adesione intellettuale, ma fiducia, obbedienza (Rm 1,5; 6,17; 10,16; 16,26; cf. At 6,7) a una verità vitale (2Ts 2,12s) che impegna tutto l’essere nell’unione al Cristo (2Cor 13,5;  Gal 2,16; 2,20, Ef 3,17) egli dà lo Spirito (Gal 3,2.5.14; cf. Gv 7,38s; At 11,16-17) dei figli di Dio (Gal 3,26; cf. Gv 1,12). Facendo unicamente assegnamento su Dio, la fede esclude ogni senso di sufficienza (Rm 3,27; Ef 2,9) e si oppone al sistema della legge (Rm 7,7+) e alla sua vana ricerca (Rm 10,3; Fil 3,9) di una giustizia meritata dalle opere (Rm 3,20.28; 9,31s; Gal 2,16; 3,11s): la vera giustizia che solo essa procura è la giustizia salvifica di Dio (Rm qui; Rm 3,21-26) ricevuta come un dono gratuito (Rm 3,24; 4,16; 5,17; Ef 2,8; cf. At 15,11). In questo modo la fede raggiunge la promessa fatta ad Abramo (Rm 4; Gal 3,6-18) e apre la salvezza a tutti, anche ai pagani (Rm 1,5.16; 3,29.30; 10,11s; 16,26; Gal 3,8). Essa si accompagna al battesimo (Rm 6,4+), si esprime con una professione aperta (Rm 10,10; 1Tm 6,12) e dà frutti con la carità (Gal 5,6; cf. Gc 2,14+). Ancora oscura (2Cor 5,7; Eb 11,1; cf. Gv 20,29) e accompagnata dalla speranza (Rm 5,2+), essa deve crescere (2Cor 10,15; 1Ts 3,10; 2Ts 1,3) nella lotta e nelle sofferenze (Fil 1,29; Ef 6,16, 1Ts 3,2-8, 2Ts 1,4, Eb 12,2, 1Pt 5,9), nella fortezza (1Cor 16,13, Col 1,23; 2,5.7) e nella fedeltà (2Tm 4,7; cf. Rm 1,14, 1Tm 6,20) fino al giorno della visione e del possesso (1Cor 13,12; cf. 1Gv 3,2).

La fede - Catechismo degli Adulti nn. 87-88: La fede è atteggiamento esistenziale: ci dà la convinzione di essere amati, ci libera dalla solitudine e dall’angoscia del nulla, ci dispone ad accettare noi stessi e ad amare gli altri, ci dà il coraggio di sfidare l’ignoto. Ecco come si presenta in alcune figure emblematiche.
Abramo, il padre dei credenti, «ebbe fede sperando contro ogni speranza» (Rm 4,18); si fidò di Dio e delle sue promesse; lasciò la propria patria e la propria parentela; affrontò, lui vecchio e senza figli, un lungo viaggio «senza sapere dove andava» (Eb 11.8), per poter ricevere dal Signore una nuova terra e una numerosa discendenza. La sua figura esprime e sintetizza la fede del popolo di Dio: «Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia» (Gen 15,6).
La Vergine Maria, colei che è beata perché ha creduto nel modo più puro e totale, all’annuncio dell’angelo uscì dal suo piccolo mondo di promessa sposa, aprendosi al progetto di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore» (Lc 1,38). Divenuta madre del Messia, avanzò nell’oscurità della fede fino al dramma angoscioso del Calvario. I due discepoli di Giovanni Battista, che videro passare Gesù, gli andarono dietro, fecero amicizia con lui, corsero ad annunciarlo ad altri, iniziarono una nuova esistenza. Credere è aprirsi, uscire da se stessi, fidarsi, obbedire, rischiare, mettersi in cammino verso le cose «che non si vedono» (Eb 11,1), andare dietro a Gesù «autore e perfezionatore della fede» (Eb 12,2). È assumere un atteggiamento di accoglienza operosa, che consente a Dio di fare storia insieme a noi, al di là delle umane possibilità.

Le caratteristiche della fede - Catechismo della Chiesa Compendio n. 28: La fede, dono gratuito di Dio e accessibile a quanti la chiedono umilmente, è la virtù soprannaturale necessaria per essere salvati. L'atto di fede è un atto umano, cioè un atto dellintelligenza dell'uomo che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio, dà liberamente il proprio consenso alla verità divina. La fede, inoltre, è certa, perché fondata sulla Parola di Dio; è operosa «per mezzo della carità» (Gal 5,6); è in continua crescita, grazie allascolto della Parola di Dio e alla preghiera. Essa fin dora ci fa pregustare la gioia celeste.

La fede è una forza che trasforma le persone - Ordine dei Carmelitani (Lectio Divina Lc 18,35-42): La fede è una forza che trasforma le persone. La Buona Novella del Regno annunciata da Gesù era una specie di fertilizzante. Faceva crescere il seme della vita nascosto nella gente, nascosto come un fuoco sotto le ceneri di ciò che osserviamo. Gesù soffiò sulle ceneri ed il fuoco si accese, il Regno apparve e la gente se ne rallegrò. La condizione era sempre la stessa: credere in Gesù. La guarigione del cieco chiarisce un aspetto molto importante della nostra fede. Pur invocando Gesù con idee non del tutto corrette, il cieco ebbe fede e fu guarito. Si convertì, lasciò tutto e seguì Gesù lungo il cammino verso il Calvario! La comprensione piena del seguire Gesù non si ottiene dall’istruzione teorica, bensì dall’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioè, del Messia glorioso senza la croce, non capirà nulla di Gesù e non giungerà ad assumere l’atteggiamento del vero discepolo. Chi sa credere in Gesù e si dona (Lc 9,23-24), chi sa accettare di essere l’ultimo (Lc 22,26), chi sa bere il calice e caricare la propria croce (Mt 20,22; Mc 10,38), costui, come il cieco, pur non avendo idee completamente giuste, riuscirà a “seguire Gesù lungo il cammino” (Lc 18,43). In questa certezza di camminare con Gesù si trovano la sorgente del coraggio ed il seme della vittoria sulla croce.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Abbiamo bisogno di essere illuminati e ripetiamo la supplica del cieco Bartimeo: “Maestro, fa’ che io veda!” (Mc 10,51). Fa’ che io veda il mio peccato che mi intralcia, ma soprattutto: Signore, fa’ che io veda la tua gloria!» (Benedetto XVI, Omelia, 13 settembre 2008).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura. Per il nostro Signore Gesù Cristo...