18 Novembre 2018

XXXIII Domenica T. O.


Oggi Gesù ci dice: «Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.» (Lc 21,36).

Dal Vangelo secondo Marco 13,24-32: Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria: il vangelo di oggi si muove su un ricco sfondo veterotestamentario, per cui il linguaggio biblico va compreso, anche le immagini non vanno prese alla lettera, ma decodificate. Al di là di tutto questo possiamo mettere in evidenza il cuore del messaggio evangelico che oggi vuole rafforzare la nostra fede: il trionfo di Gesù, il Figlio dell’uomo, che ora nella storia sembra smentito, in modo inaspettato, sarà visibile a tutti; egli verrà a giudicare i vivi e i morti e in quel giorno rovente come un forno (Ml 3,19) vi sarà il raduno degli eletti nella grande famiglia di Dio: molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli  (Mt 8,11). Una rivelazione che sta ad indicare che il disegno di Dio è un disegno di amore e di fraternità.

In quei giorni, dopo quella tribolazione... - Dopo la parte destinata alla fine di Gerusalemme (cf. Mc 13,14-23), il testo marciano si sofferma ad annunciare la venuta gloriosa del Cristo (cf. Mc 13,24-27).
Il linguaggio usato è quello apocalittico adoperato dai profeti dell’Antico Testamento, secondo il quale gli sconvolgimenti cosmici - il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore, e gli astri si metteranno a cadere dal cielo, e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte - annunciano l’irruzione di Dio nella storia dell’uomo: «Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria».
Il Figlio dell’uomo verrà «nella sua gloria con tutti i suoi angeli» (Mt 25,31), i quali riuniranno gli eletti del Cristo «dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo».
Tale riunione sarà foriera di speranza per gli abitanti di un mondo destinato a perire. Infatti, nonostante la «grande tribolazione» (Mt 24,21) che attanaglierà Gerusalemme, ci sarà un resto formato dagli eletti, quelli che avranno resistito fino al termine della prova, i quali avranno anche un ruolo di intercessione a beneficio di tutti gli uomini: «Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo di quegli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni» (Mc 13, 20). L’umanità così non andrà definitivamente perduta.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria - Giovanni Paolo II (Omelia, 14 novembre 1982 ): Il “mondo” mostra quotidianamente all’uomo l’ineluttabilità del morire. Contemporaneamente vuole chiuderlo, in un certo senso, nei limiti della vita che passa insieme con lui. La Parola del Dio Vivente dimostra all’uomo medesimo la prospettiva della vita che non passa: “Mi indicherai il sentiero della vita, / gioia piena nella tua presenza, / dolcezza senza fine alla tua destra” [Sal 15 [16],11]. Nella stessa prospettiva della vita che non passa, sta oggi davanti a noi Cristo, quale unico ed eterno sacerdote: il mediatore tra il tempo e l’eternità, tra l’uomo e Dio. Nella lettera agli Ebrei leggiamo: Gesù Cristo “avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi” (Eb 10,12-13). Sappiamo che la vittoria nella lotta tra il bene e il male è stata riportata mediante la Croce. Cristo ha vinto con il sacrificio. E il suo sacrificio sulla Croce per i peccati dura. Non passa, così come non passa la sua parola. Nel raggio di questo Sacrificio si svolge la storia dell’umanità e la storia di ogni uomo. “Poiché con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati” (Eb 10,14). Il Sacrificio di Cristo porta in sé la speranza della vittoria definitiva del bene sul male: sul peccato, sulla sofferenza e sulla morte. Esso ci mostra la “via della vita”. Il mondo cammina verso il suo termine. Quanto al giorno della fine, nessuno lo conosce, “neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre” (Mc 13,32). Alla luce delle parole dell’odierno Vangelo, questa “fine” o “termine” non chiude la storia dell’uomo, ma l’apre nella dimensione definitiva, l’apre mediante il Figlio dell’uomo, mediante la seconda venuta di Cristo. “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13,26). Egli verrà per riunire “i suoi eletti dai quattro venti” (Mc 13,27): coloro che sono maturati mediante la verità della sua parola e la potenza della sua Croce.

La similitudine del fico vuole insegnare all’uomo ad essere più accorto, a saper leggere i segni dei tempi: «Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,56-57). È un invito alla vigilanza, lo stesso invito che Gesù rivolgerà a Pietro, a Giacomo e a Giovanni nell’orto del Getsemani (cf. Mc 14,34.37.38).
Questi eventi sono così vicini che «non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute». Queste parole di Gesù, che dai più vengono riferite alla distruzione del tempio di Gerusalemme, si realizzeranno alla lettera appena quarant’anni dopo questo annuncio quando le truppe romane raderanno la città santa al suolo.
Andando indietro nel testo si legge che i discepoli sembravano rapiti dalla magnificenza del tempio fatto erigere dal re Erode il Grande (cf. Mc 13,1). Eppure tanta bellezza era già segnata dalla rovina: «Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta» (Mc 13,2). Nel 70, dopo la rivolta del 66, le legioni romane al comando di Tito distruggeranno il tempio e con esso cadrà in rovina Gerusalemme e i suoi abitanti saranno deportati. La profezia evangelica si realizzerà alla lettera: tutto venne portato via, anche le pietre, e a tutt’oggi non troviamo nulla che ricordi la grandezza della magnifica costruzione erodiana a parte un muro di contenimento della spianata del tempio, il famoso ‘muro del pianto’.
Alla fine del mondo si sovrappone l’annuncio della distruzione del tempio di Gerusalemme: i due eventi si mescolano perché la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio per un giudeo non poteva non essere figura della fine del mondo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola - Diaconia (Commento alle Letture della Domenica): Ciò che noi dobbiamo imparare in fondo è questo: ogni cosa è orientata alla venuta del Figlio dell’uomo. Non c’è situazione che non ne dichiari vicina la venuta. Il nostro vivere da cristiani è sostanzialmente il vivere di coloro che trovano, ricercano i segni della venuta ormai prossima del Figlio dell’uomo. È significativo, in fondo, che i segni vengano individuati in un ramo che si fa tenero, in un ramo che mette le foglie. Naturalmente il ramo che si fa tenero è il germoglio della stirpe di Davide. Questo germoglio della stirpe di Iesse proclama un’estate vicina. In fondo il ramo che si fa tenero è l’albero “piantato lungo corsi d’acqua”; questo ramo che si fa tenero è l’albero della croce. Il segno che ci viene dato dell’avvicinarsi del Regno di Dio, di questa estate che è vicina, cioè della stagione della maturità, è quello che avverrà di lì a poco: la Pasqua del Signore. La condizione quindi è proprio questa, di aprire queste porte. In fondo il morire di Cristo al di fuori delle mura di Gerusalemme dice la necessità di aprirsi, di rinunciare a chiudersi, di aprirsi a colui che compiendo ciò che di lì a poco compirà ci invita a riconoscere i segni della sua vicinanza. Non c’è generazione che non possa cogliere nel manifestarsi del regno di Dio l’avvenire di queste cose.

L’affermazione - Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno - ribadisce l’evidente eternità e immutabilità divina della Parola di Dio (cf. Is 51,6): «Le parole di Cristo, che traggono origine dall’eternità, possiedono tale forza e tale potere da durare per sempre» (Sant’Ilario).
Nessuno conosce il giorno e l’ora quando si scateneranno questi eventi, neppure il Figlio: un’affermazione che ha messo in difficoltà intere generazioni di cristiani, ma il problema della comprensione depone per la sua genuinità.
Per Gregorio Nazianzeno è «fuori dubbio che Cristo, come Dio, conosce l’ora della fine del mondo, ma, poiché qui si parla di Figlio senza alcun riferimento, possiamo ritenere che questa ignoranza la si possa attribuire alla umanità del Cristo, senza coinvolgere la sua Divinità».
Se nessuno conosce quel giorno, non sta a noi indagare. Il Padre sa e noi ci fidiamo di lui.

Quanto però a quel giorno... - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Circa a quel giorno e a quell’ora nessuno sa nulla; tale dichiarazione non è in contrasto con quella fatta poco sopra (versetto 30), poiché al versetto 30 Gesù aveva indicato in modo generico il periodo nel quale sarebbe venuta la distruzione di Gerusalemme («questa generazione», cf. versetto 30); in questo versetto invece egli afferma che nessuno conosce la data esatta del terribile evento (quel giorno e quell’ora). Né il Figlio; Cristo, come uomo, ignorava il momento della caduta di Gerusalemme, o meglio ancora, egli non aveva il compito di svelare agli uomini il giorno che il Padre aveva decretato per la rovina della città santa. Comunemente gli esegeti ritengono che questa dichiarazione del Salvatore vada riferita al giorno dell’ultimo giudizio e che tra il versetto 30 ed il versetto 32 vi sia un cambiamento di prospettiva, poiché le affermazioni toccano due fatti differenti e distanziati, cioè: la caduta di Gerusalemme e l’ultimo giudizio alla fine del mondo. Noi, seguendo il Feuillet ... pensiamo che la dichiarazione di Cristo riguarda ancora la rovina di Gerusalemme e che nel versetto non vi è una mutazione, né un passaggio di prospettiva, ma la continuazione dello stesso argomento; ciò non toglie che la punizione della città santa possa essere il tipo del grande giudizio che si avrà alla fine del mondo per tutti gli uomini.

Lettera alle famiglie n. 22: La nostra fede ci dice che Gesù Cristo, il quale «siede alla destra del Padre», verrà a giudicare i vivi e i morti. D’altra parte, l’evangelista Giovanni ci assicura che Egli è stato mandato nel mondo non «per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui» (Gv 3,17). In che cosa, dunque, consiste il giudizio? Cristo stesso offre la risposta: «Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo (...). Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Gv 3,19.21). È quanto ha ricordato di recente anche l’Enciclica Veritatis splendor. Cristo è dunque giudice? I tuoi propri atti ti giudicheranno alla luce della verità che tu conosci. A giudicare i padri e le madri, i figli e le figlie saranno le loro opere. Ognuno di noi verrà giudicato sui comandamenti; anche su quelli che abbiamo ricordato in questa Lettera: il quarto, il quinto, il sesto, il nono. Ciascuno sarà giudicato, però, soprattutto sull’amore, che è il senso e la sintesi dei comandamenti. «Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore» - ha scritto san Giovanni della Croce. Cristo, Redentore e Sposo dell’umanità, «per questo è nato e per questo è venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la sua voce» (cfr Gv 18,37). Sarà lui il giudice, ma in quel modo che lui stesso ha indicato parlando del giudizio finale (cfr Mt 25,31-46). Il suo sarà un giudizio sull’amore, un giudizio che confermerà definitivamente la verità che lo Sposo era con noi, senza che noi, forse, lo sapessimo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La nostra fede ci dice che Gesù Cristo, il quale «siede alla destra del Padre», verrà a giudicare i vivi e i morti.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...