13 Novembre 2018
Martedì XXXII Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.” (Gv 14,23 - Acclamazione al Vangelo)
Dal Vangelo secondo Luca 17,7-10: All’insegnamento sulla fede (Lc 17,5-6) segue una parabola rivolta a tutti i discepoli. L’insegnamento è abbastanza chiaro: tutti i credenti, ma in modo particolare i capi della Chiesa, non possono mai fermarsi e riposarsi nella convinzione di avere già lavorato abbastanza. La parabola, che non intende descriverci il comportamento di Dio verso l’uomo, vuole mettere in evidenza come deve essere il comportamento dell’uomo verso Dio: totale disponibilità, pienezza di dono, senza calcoli, senza pretese, senza contratti. Non si entra nello spirito del Vangelo con lo spirito del salariato: tanto di lavoro e tanto di paga, nulla di più e nulla di meno, ma con lo spirito del servizio gratuito: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mt 10,8). Sulle orme di Gesù, Servo del Signore, gli operai evangelici dopo una intensa giornata di lavoro, non possono dire abbiamo finito e non possono accampare diritti. L’unica cosa che possono dire, e ad alta voce senza tema di essere smentiti: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.
Siamo servi inutili - La parabola non vuole assolvere il comportamento collerico del padrone dispotico e sopra tutto non vuole svelare il volto del Padre, il quale, invece, nonostante tutto, ha sempre i lineamenti del Dio amorevole continuamente pronto a chinarsi sull’uomo per guarirlo, consolarlo, salvarlo. Gesù ha rivelato agli uomini il vero, dolce volto del Padre; il Dio di Gesù non è un padre-padrone esoso, arcigno e tirannico: Dio, nella sua generosità e bontà, «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Quindi, si può ben dire che la parabola evangelica non vuole mettere in luce l’agire di Dio verso l’uomo, ma vuole illustrare l’atteggiamento dell’uomo verso Dio mettendo in questo modo in evidenza il giusto valore delle opere umane al cospetto del Signore.
I Farisei sopravvalutavano le loro opere (Lc 18,9-14). Erano convinti che esse dessero loro il diritto ad un’adeguata retribuzione, che fossero esse a far ottenere loro il perdono e l’amicizia di Dio. A questa concezione Gesù contrappone una diversa immagine dell’uomo che decide di mettersi al servizio di Dio. Totalmente impegnato nel servizio affidatogli non deve accampare meriti, diritti o ricompense particolari, ma sentirsi sempre in debito e mai in credito, sempre a mani vuote davanti al Signore.
L’uomo «deve ricordare che quando ha fatto il suo dovere, la ricompensa Dio gliela dà. Non gliela fa mancare perché Dio è un buon pagatore, che non si lascia vincere da nessuno e mai in generosità. Il dono però non risponde ad un’esigenza umana naturale, ma esclusivamente alla munificenza divina» (Vincenzo Raffa).
L’espressione servi inutili non va intesa nel senso di incapaci, ma “non necessari” così come ci suggerisce il testo greco. Il servo inutile è colui che fa semplicemente ciò che gli viene comandato.
Dio invece prende sul serio l’impegno dell’uomo, lo sollecita, lo desidera, lo chiede accurato e completo! Il bene va fatto bene! È il Padre che interpella i figli, li chiama, li vuole impegnati nella sua casa, li sollecita ad andare a lavorare nella sua vigna (Mt 20,1ss), ma senza le fronde dell’alterigia, della vanità o della superbia. Un lavoro fatto in silenzio e in umiltà, nel nascondimento, senza montarsi la testa, senza sentirsi i primi della classe.
Nessuno di noi è indispensabile, perché la Chiesa è la casa dei servi inutili.
Quello che il Signore Gesù vuole sottolineare non è la inutilità del servizio in se stesso, ma la risonanza interiore; la consapevolezza che il nostro impegno non è che una risposta, doverosa e sempre inadeguata, all’amore infinito di Dio.
Alla parabola possiamo dare anche un risvolto ecclesiale: praticamente Luca sta mostrando agli Apostoli e ai discepoli come essi dovranno servire la Chiesa. Lo fa mostrando loro come modello di servizio Gesù, il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt 20,28): «chi nella comunità è incaricato di un servizio, compreso quello dell’autorità, né si consideri un “benefattore” [Lc 12,37] né avanzi pretese, quasi avesse diritto a speciale ricompensa: è un semplice “servo” e deve compiere fedelmente il suo servizio» (F. Mosetto).
Il discepolo è umile - Mario Galizzi (Vangelo secondo Luca): Come in 15,3-7.8-10 e 16,l-9ss, anche qui c’è un racconto parabolico, seguito dalla sua applicazione. È Gesù che secondo Luca spiega molte volte il senso delle sue parabole. Caratteristica di questa è che si struttura su tre domande e si appella all’esperienza dei discepoli, come del resto ha già fatto altre volte (11,5.11).
Quanto qui racconta è normale nel mondo degli affari: c’è un dare e un ricevere; si dà un servizio e se ne riceve la paga. Fatto questo ci si sente alla pari, nessuno è debitore dell’altro. Perciò il padrone non si ritiene obbligato ad altro verso il suo servo, che si è limitato a fare quello che doveva fare.
Ora, Gesù, nella sua spiegazione, non si interessa dell’atteggiamento del padrone; si fissa unicamente sull’agire del servo. Sta parlando ai suoi discepoli (16,1) e, in particolare, agli apostoli (17,5), a quelli che come lui hanno accettato di «servi di Dio»; a coloro che già sanno che quando il Signore verrà e li troverà intenti a compiere il loro dovere, li farà sedere alla sua mensa, si cingerà e li servirà (12,37). Più tardi prometterà anche di farli sedere alla sua mensa nel suo regno (22,30). Ma sia ben chiaro che ciò è un puro dono, non è un dovuto. Finché compiono la missione che è loro stata affidata si sentano dei poveri (non è affatto bella la traduzione inutili) servi; vivano cioè il loro servizio nell’umiltà e nella gioia del dono di sé agli altri. Imitino il loro Maestro.
Su questa raccomandazione all’umiltà si conclude il racconto della seconda tappa di Gesù verso Gerusalemme. Lo sguardo qui è rivolto a quello che si fa, e che dev’essere fatto nella semplicità e senza vanagloria. Ma subito gli orizzonti torneranno ad allargarsi sino all’eternità.
Umiltà - Gottfried Hierzenberger: Nell’Antico Testamento è un atteggiamento dello spirito che esplica i propri positivi effetti nei confronti di Dio e nei confronti dei propri simili. Nei confronti di Dio umiltà significa pietà, giustizia. Dio protegge gli umili (Mi 6,8), li consola (Is 57,15), li innalza (Sal 147,6) ed entra in comunione con loro (Sal 51,19). I superbi, invece, Dio li distrugge e dimostra che la loro apparente potenza è in realtà impotenza e nullità. Per mezzo dell’umiltà nei confronti dei propri simili si può trovare Dio (2Cr 36,12); in questo caso l’umiltà è l’atteggiamento veramente umano del servire. Accanto all’atteggiamento dello spirito, l’umiltà indica anche la situazione della piccolezza, della necessità o povertà, cosicché i poveri possono esser considerati gli umili. Questa concezione veterotestamentaria permane ancora nella beatitudine in Luca (6,20). Per il resto, invece, l’umiltà nel Nuovo Testamento acquisisce una motivazione nuova e un significato più profondo, quale comportamento adeguato del redento.
L’irrompente signoria di Dio richiama a un atteggiamento nuovo che Gesù stesso aveva vissuto in maniera esemplare (Mt 11,28s). Non è intesa come virtù nel senso di mansuetudine personale, ma affonda le sue radici nella disponibilità attiva a servire nell’amore (Mc 10,45).
Ciò esige dal cristiano un cosciente abbassamento (Lc 14,11) del superbo e autoritario voler-vivere-di-se-stessi all’atteggiamento del bambino (Mt 18,3s). Ogni autoesaltazione è assurda (1Cor 1,28-31) di fronte alla colpa e ai limiti della propria fede (Rm 12,3); la consapevolezza di dipendere dalla pietà di Dio (Rm 3,21ss) deve portare a far proprio questo amore pietoso di Dio e di concretizzarlo (Col 3,12-14) nel servizio al prossimo (Rm 12,10) e al debole (Rm 14,1). Detto ciò l’umiltà non ha nulla a che vedere con la debolezza o la passività, al contrario, essa esige pieno impegno al servizio di Dio e degli uomini. L’umiltà non è l’atteggiamento di schiavi (da qui deriva la negatività del significato), ma di esseri umani liberi e pieni di amore.
L’umiltà: La riflessione teologica - Gianni Colzani: Si può cercare di sintetizzare il valore religioso dell’umiltà senza dimenticare i possibili equivoci cui va incontro (Col 2,2.1), quando viene confusa con il servilismo e la rassegnazione. Per un verso essa rimanda alla povertà, all’abbassarsi di chi riconosce la propria povertà; per un altro verso invece, rimanda alla bontà e alla mitezza di chi non è violento o aggressivo, ma vive cercando la volontà di Dio e la pace che la contraddistingue. L’umiltà è l’atteggiamento paziente e mite del povero che abbandona al Signore la sua vita. Letta in questo modo, l’umiltà non si lascia rinchiudere nell’annosa polemica tra chi la presenta in chiave psicologica, in termini interpersonali , e chi invece insiste su una chiave teologale e religiosa, aperta alla problematica socio-politica. L’umiltà evangelica non esclude nessuna delle due cose: sul modello di Gesù, l’umiltà rimanda alle esigenze rigorose e radicali dell’amore di Dio.
La base della tradizione spirituale è la teologia di Agostino, che, contrapponendo amor sui (amore per sé) e amor Dei (amore per Dio) fa dell’amor proprio la radice di ogni peccato e dell’umiltà che vi rinuncia il criterio di ogni autentico ritorno a Dio. L’umiltà è riconoscere quel che siamo, è riconoscere che senza l’aiuto di Dio siamo e restiamo poveri peccatori. Di conseguenza l’umiltà non viene presentata solo come una virtù ma come una dimensione fondamentale di tutta la vita cristiana. Il credente vive il distacco da sé come totalmente funzionale al progetto di amore per Dio c per gli altri: lontana dall’orgoglio c dal vanto, l’umiltà prefigura una vita che, sull’esempio di Cristo, è attenta all’amore e al servizio cd è lontana da ogni ripiegamento egoista o narcisista.
Non facciamo mai abbastanza per Dio: Benedetto XVI (Omelia, 3 ottobre 2010): Gesù ci invita ad essere umili e porta l’esempio di un servo che ha lavorato nei campi. Quando torna a casa, il padrone gli chiede ancora di lavorare. Secondo la mentalità del tempo di Gesù, il padrone aveva tutto il diritto di farlo. Il servo doveva al padrone una disponibilità completa; e il padrone non si riteneva obbligato verso di lui perché aveva eseguito gli ordini ricevuti. Gesù ci fa prendere coscienza che, di fronte a Dio, ci troviamo in una situazione simile: siamo servi di Dio; non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono. Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita. Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio. Dobbiamo dire, come ci suggerisce Gesù: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Questo è un atteggiamento di umiltà che ci mette veramente al nostro posto e permette al Signore di essere molto generoso con noi. Infatti, in un altro brano del Vangelo egli ci promette che «si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci» (cfr. Lc 12,37). Cari amici, se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Vangelo).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…