4 Ottobre 2018

San Francesco d’Assisi Patrono d’Italia

Oggi Gesù ci dice: “Beati i poveri in spirito: di essi è il regno dei cieli.” (Mt 5,3 - Antifona alla comunione). 

Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra... è una espressione che richiama l’azione creatrice di Dio (cfr. Gen 1,1). Gesù loda il Padre perché ha rivelato ai piccoli i misteri del regno. I sapienti e i dotti sono i farisei che hanno rigettato il Vangelo: Gesù non è riuscito a fare breccia nel loro cuore, la loro mente è stata sbarrata dall’osservanza della Legge, vanto della saggezza e della cultura giudaica. Gli stanchi e oppressi sono i poveri, ai quali viene annunciata la buona notizia. Il giogo è osservanza della Legge dell’Amore, è obbedienza alla Parola di Gesù: obbedienza che non è schiavitù ma la rivelazione di un Padre che non impone nuovi precetti ma che libera dai gioghi e dai pesi opprimenti e rende più facile vivere conformemente alla sua volontà.

Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il passo 11,25-27 non ha un nesso stretto con il contesto; Mt. lo introduce con un’espressione indeterminata (in quel tempo). Il versetto è concepito ed espresso alla maniera semitica; Cristo “benedice” (altri traducono: io ti lodo; io ti celebro) il Padre non per aver nascosto i misteri del regno (cf. Mt., 13,11) ai sapienti, ma per averli rivelati ai piccoli. I sapienti sono i Farisei ed i loro dottori; i piccoli (letteralmente: i fanciulli, gli infanti) designano i discepoli. Agli umili, ai semplici, ai sinceri è dato penetrare nel mistero del regno di Dio; a coloro invece che vanno superbi per la propria conoscenza della Scrittura (la Legge) non è dato penetrare nel piano della sapienza divina (cf. 1Corinti, 1,19-31). La vera sapienza che Cristo richiede non è lo studio compiacente della Legge, ma l’accettazione delle verità che egli annunzia. L’abbandono fiducioso dei semplici a Cristo permette loro di superare le difficoltà che presentano i misteri della rivelazione. Il detto supera la circostanza storica che lo ha suggerito al Maestro; esso non è rivolto unicamente agli Ebrei presenti, ma agli uomini di ogni tempo. Non l’intelligenza altera e soddisfatta di sé, ma l’intelligenza umile e sinceramente aperta alla verità accoglie il mistero di Dio e ne intravede le manifestazioni create. Le verità propriamente eccelse non sono quelle che l’uomo scopre con la perspicacia della sua intelligenza, ma quelle che Dio gli rivela. Giustamente questo versetto è considerato come «la perla» del Vangelo di Matteo.

Solo i piccoli possono capire e accettare la buona novella del regno - (Lectio Divina sui Vangeli Festivi - Antony Cilia, O.Carm.): Di fronte all’accoglienza del messaggio del Regno da parte d i piccoli, Gesù ha una grande gioia e, spontaneamente, si esprime in una preghiera di giubilo e di ringraziamento al Padre: «Ti rendo lode, Padre, Signore riel cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le lini rivelate ai piccoli. Sì, a Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza». I sapienti, i dottori di quel tempo, avevano creato tutta una serie di leggi attorno alla purità legale, leggi che poi imponevano al popolo in nome di Dio (Mt 15,1-9). Essi pensavano che Dio esigesse tutte quelle osservanze, perché il popolo potesse aver pace. Ma la legge dell’amore, rivelata da Gesù, affermava il contrario. Di fatto, quello che conta non è ciò che facciamo per Dio, ma piuttosto quello che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! I piccoli ascoltavano questa buona novella e si rallegravano. I sapienti e i dottori non riuscivano a capire un tale insegnamento. Oggi, come in quel tempo, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri e ai piccoli, I sapienti e gli intelligenti farebbero bene a mettersi alla scuola di questi piccoli.
Gesù pregava molto! Pregava con i discepoli, pregava con il popolo, pregava da solo. Passava notti intere in preghiera. Giunse a riassumere tutto il suo messaggio in una preghiera di sette domande, ch è il Padre Nostro. A volte, come in questo caso, i Vangeli ci informano sul contenuto della preghiera di Gesù (Mt 11,25-26; 26,39; Gv 11,41-42; 17,1- 26). Altre volte, ci fanno sapere che Gesù pregava i Salmi (Mt 26,30; 27,46). Nella maggioranza dei casi, però, dicono semplicemente che Gesù pregava. Oggi si stanno moltiplicando ovunque gruppi di preghiera.
Nel Vangelo di Matteo, il termine «piccoli» (elachistoi, mikroi, nepioi) a volte indica i bambini, altre volte indica le fasce escluse della società. Non è facile distinguere. A volte ciò che è detto piccolo in un Vangelo, è chiamato bambino in un altro. Inoltre non sempre è facile distinguere fra quello che appartiene all’epoca di Gesù e quello che è invece del tempo delle comunità per le quali sono stati scritti i Vangeli. Ma anche così, ciò che risulta chiaro è il contesto di esclusione che vigeva in quell’epoca e l’immagine che le comunità primitive si facevano di Gesù come di persona accogliente verso i piccoli.

Ti benedico, o Padre: Giovanni Paolo II (Omelia, 12 marzo 1982): “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).
- Veniamo qui, cari fratelli, per ripetere con Cristo Signore queste parole, per “benedire il Padre”.
- Veniamo per benedirlo a motivo di ciò che egli ha rivelato, otto secoli fa, a un “Piccolo”, al Poverello d’Assisi;
- le cose in cielo e sulla terra, che i filosofi “non avevano nemmeno sognato”;
- le cose nascoste a coloro che sono “sapienti” soltanto umanamente, e soltanto umanamente “intelligenti”;
- queste “cose” il Padre, il Signore del cielo e della terra, ha rivelato a Francesco e mediante Francesco.
Mediante Francesco di Pietro di Bernardone, figlio cioè di un ricco commerciante d’Assisi, che abbandonò tutta l’eredità del padre terreno e sposò “Madonna Povertà”, l’eredità del Padre celeste offertagli in Cristo crocifisso e risorto.

Il Vangelo rivelato ai semplici: CCC 544: Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare  ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4,18; 7,22). Li proclama beati, perché “di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3); ai “piccoli” il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti (Mt 11,25). Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame (Mc 2,23-26; Mt 21,18) la sete (Gv 4,6-7; 19,28) e l’indigenza (Lc 9,58). Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno (Mt 25,31-46).

Venite a me...: Gesù nell’offrire ai suoi discepoli il suo giogo dolce fa emergere la «nuova giustizia» evangelica in netta contrapposizione con la giustizia farisaica fatta di leggi e precetti meramente umani (Mt 15,9); una giustizia ipocrita, ma strisciante da sempre in tutte le religioni. Il ristoro che Gesù dona a coloro che sono stanchi e oppressi, in ogni caso, non esime chi si mette seriamente al suo seguito di accogliere, senza tentennamenti, le condizioni che la sequela esige: rinnegare se stessi e portare la croce dietro di lui, ogni giorno, senza infingimenti o accomodamenti: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”» (Lc 9,23). È la croce che diventa, per il Cristo come per il suo discepolo, motivo discriminante della vera sapienza, quella sapienza che agli occhi del mondo è considerata sempre stoltezza o scandalo (1Cor 1,17-31). Un carico, la croce di Cristo, che non soverchia le forze umane, non annienta l’uomo nelle sue aspettative, non lo umilia nella sua dignità di creatura, anzi lo esalta, lo promuove, lo avvia, «di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito Santo» (2Cor 3,18) ad un traguardo di felicità e di beatitudine eterna. La croce va quindi piantata al centro del cuore e della vita del credente.
Invece, molti, anche cristiani, tendono a porre al centro di tutta la loro vita, spesso disordinata, le loro scelte, non sempre in sintonia con la morale; o avvinti dai loro gusti e programmi, tentano di far ruotare attorno a questo centro anche l’intero messaggio evangelico, accettandolo in parte o corrompendolo o assoggettandolo ai propri capricci; da qui la necessità capricciosa di imporre alla Bibbia, distinguo, precetti o nuove leggi, frutto della tradizione umana; paletti issati come muri di protezione per contenere la devastante e benefica azione esplosiva della Parola di Dio (Cf. Mc 7,8-9).

Il giogo...: Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 3 luglio 2011): Il giogo anticamente era sì uno strumento di condanna, ma veniva chiamato allo stesso modo anche quel semplice attrezzo di legno curvo utilizzato dalle persone per trasportare un carico suddividendone il peso in modo equilibrato. Quello di Gesù è un invito a condividere, è una proposta che esprime fiducia e comunione. Qualsiasi peso la vita vorrà riservarci, qualsiasi fatica dovremo affrontare, non le porteremo certo da soli, se condivideremo il suo stesso giogo. Egli stesso sarà con noi! Che bello pensare che la parola “giogo” significhi anche congiungere. Gesù desidera che io e Lui, che la Chiesa e Lui siano congiunti, siano sotto lo stesso giogo nel cammino della storia dei singoli e della Chiesa intera.

Prendete il mio giogo sopra di voi: Benedetto XVI (Angelus, 30 Luglio 2011): Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (cfr. Gv 13,34; 15,12). Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna abbandonare la via dell’arroganza, della violenza utilizzata per procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole “mitezza”. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso, è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo.

Cosa ci dice san Francesco? - Papa Francesco (Omelia, 4 Ottobre 2013): Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole - questo è facile - ma con la vita? La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ricreato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14). Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Gesù è mite e umile di cuore: è la via maestra per tutti i discepoli, è la via dell’annichilimento (Cf. Fil 2,5ss), dell’incarnarsi nel tempo, nella storia, nel quotidiano dei fratelli, non come maestri arroganti o petulanti, ma come servi (Cf. 1Cor 9,22).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che in san Francesco d’Assisi, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi anche a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo...