23 Ottobre 2018
Martedì XXIX Settimana T. O
Oggi Gesù ci dice: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell’uomo.” (Lc 21,36 - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Luca 12,35-38: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli: nell’immaginario popolare la notte, con le sue sinistre ombre, è il simbolo del male, della morte, del peccato. Anche il più coraggioso degli uomini teme di avventurarsi nella notte senza una compagnia sicura. Nelle tenebre si consumano i delitti più efferati, i ladri scassinano le case, i corpi si consumano nel fuoco delle passioni, il vino spezza le menti (1Ts 5,7), Satana, aggirandosi per le strade del mondo con i suoi satelliti, cerca le sue vie per entrare nel cuore dell’uomo: Gesù intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui [...]. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte (Gv 13,26.30). Il credente illumina la stanza del suo cuore con la lampada della fede, e nella veglia cinge i fianchi con la verità (Ef 6,14). I cristiani sono tutti figli della luce e figli del giorno; essi non appartengono alla notte, né alle tenebre (cfr. 1Ts 5,5). La ricompensa che spetterà ai servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli supera ogni aspettativa, il servo diventa amico (Gv 15,14-15), lo schiavo figlio (Rm 8,14-15), i discepoli commensali dell’Amore: in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli, “li rifocillerà nell’eterna quiete; si metterà a servirli, perché li sazierà con l’illuminazione della sua luce” (San Gregorio Magno).
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese - Benedetto Prete (I Quatro Vangeli): v. 35 Siano cinti i vostri fianchi; si esorta alla vigilanza in attesa dell’arrivo del padrone in modo che i servi siano pronti a riceverlo degnamente ed a servirlo. L’immagine considera la tenuta che devono indossare i servi all’arrivo del loro padrone; l’espressione tuttavia può essere interpretata in due modi distinti: avere cioè le vesti strette da una cintura perché non siano svolazzanti e, così, non impediscano la libertà dei movimenti nel servizio della mensa (cf. vers. 37; Lc., 17,8); oppure: indossare la montura di servizio – noi diremmo la tenuta di gala – per accogliere degnamente il padrone al suo arrivo. Questa seconda interpretazione, oltre ad essere più fedele alla etimologia del verbo περιζζώνυμι (cingo tutto all’intorno; avvolgo intorno...), rispetta il parallelismo della frase, poiché nella seconda parte si parla di lampade accese; infatti per evitare ogni precipitazione e confusione all’arrivo del padrone - il quale potrebbe giungere anche in ore notturne - bisogna che i servi abbiano tutto pronto, specialmente le lampade.
v. 36 A coloro che aspettano il loro padrone; i servi devono vivere nell’attesa; questo è il punto dottrinale che emerge dall’immagine. Quando torna da nozze; elemento puramente descrittivo che non allude a nessun fatto concreto (come in Lc., 14,16-24; Mt., 22,1-14); esso è ricordato per dare una giustificazione dell’assenza del padrone. Per aprirgli subito; l’immagine sconfina nell’allegoria; in verità il fatto che tutti i servi devono attendere l’arrivo del padrone per aprirgli, mentre ne basterebbe uno, costituisce un chiaro indizio che nell’immagine si nasconde una verità religiosa; i discepoli vengono avvertiti che essi devono attendere con una ininterrotta vigilanza il ritorno del loro padrone; questi tratti allegorici si riferiscono all’assenza del Figlio dell’uomo prima della parusia ed all’attesa del suo ritorno.
Siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze: La parusia: Catechismo degli Adulti 1175: La Chiesa delle origini crede che il Signore Gesù, morto e risorto, ha aperto una storia di salvezza universale, cosmica. Il regno di Dio è impersonato in lui. Attendere il Regno significa attendere la “Parusia” del Signore. Con questa parola, usata comunemente per indicare la visita ufficiale di un sovrano in qualche città, i credenti designano la venuta pubblica e manifesta del Cristo glorioso. Non si tratta di un ritorno, quasi che adesso sia assente, ma del compimento e della manifestazione suprema di quella presenza che ha avuto inizio con la sua umile vicenda terrena e che continua oggi nascosta nel mistero dell’eucaristia, della Chiesa, della carità e dei poveri. La parusia è la meta della storia. Porterà la perfezione totale dell’uomo e del mondo. Dio infatti ha voluto «ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1,10), «per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose» (Col 1,20). La nostra risurrezione è prolungamento della sua. Significativamente nei primi secoli le assemblee cristiane preferivano pregare rivolte a oriente, da dove sorgerà il sole che inaugurerà il giorno eterno. La stessa fede viene professata ai nostri giorni dal concilio Vaticano II: «Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di tutti i cuori, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Nel suo Spirito vivificati e coadunati, noi andiamo pellegrini incontro alla finale perfezione della storia umana».
La venuta gloriosa di Cristo, speranza di Israele - Catechismo della Chiesa Cattolica: 673 Dopo l’Ascensione, la venuta di Cristo nella gloria è imminente, anche se non spetta a noi “conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta” (At 1,7). Questa venuta escatologica può compiersi in qualsiasi momento anche se essa e la prova finale che la precederà sono “impedite”.
674 La venuta del Messia glorioso è sospesa in ogni momento della storia al riconoscimento di lui da parte di “tutto Israele” (Rm 11,26; Mt 23,39) a causa dell’“indurimento di una parte” (Rm 11,25) nell’incredulità verso Gesù. San Pietro dice agli Ebrei di Gerusalemme dopo la Pentecoste: “Pentitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore ed egli mandi quello che vi aveva destinato come Messia, cioè Gesù. Egli dev’esser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti” (At 3,19-21). E san Paolo gli fa eco: “Se infatti il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo, quale potrà mai essere la loro riammissione se non una risurrezione dai morti?” (Rm 11,15). “La partecipazione totale” degli Ebrei (Rm 11,12) alla salvezza messianica a seguito della partecipazione totale dei pagani permetterà al Popolo di Dio di arrivare “alla piena maturità di Cristo” (Ef 4,13) nella quale “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
La duplice venuta di Cristo - Catechismo Tridentino 88: La sacra Scrittura menziona due venute del Figlio di Dio: l’una, quando assunse l’umana natura per la nostra salvezza, facendosi uomo nel seno della Vergine; l’altra, quando alla fine dei secoli, verrà a giudicare tutti gli uomini. Questa seconda venuta nella Scrittura è chiamata giorno del Signore. Di essa l’Apostolo dice: Il di del Signore verrà come il ladro notturno (1Th 5,2); e il Salvatore stesso: Quanto poi a quel giorno e quell’ora, nessuno lo sa (Mt 24,36). Per la realtà del supremo giudizio basti quel passo dell’Apostolo: E necessario per tutti noi di comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno ne riporti quel che è dovuto al corpo, secondo che ha fatto il bene o il male (2Cor 5,10). La sacra Scrittura è piena di passi, che i Parroci incontreranno ad ogni pagina, assai opportuni non solo a confermare detta verità, ma anche a metterla sotto gli occhi dei fedeli. Osserveranno che come dal principio del mondo fu sempre nel massimo desiderio di tutti il giorno in cui il Signore rivesti l’umana carne e riposero in esso la speranza della liberazione; cosi, dopo la morte e ascensione del Figlio di Dio, dobbiamo desiderare ardentemente quel secondo giorno del Signore, aspettando quella beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Dio (Tt 2,13).
Benedetto XVI (Angelus, 12 agosto 2007): … la pagina evangelica … invita i cristiani a distaccarsi dai beni materiali in gran parte illusori, e a compiere fedelmente il proprio dovere con una costante tensione verso l’alto. Il credente resta desto e vigilante per essere pronto ad accogliere Gesù quando verrà nella sua gloria. Attraverso esempi tratti dalla vita quotidiana, il Signore esorta i suoi discepoli, cioè noi, a vivere in questa disposizione interiore, come quei servi della parabola che sono in attesa del ritorno del loro padrone. “Beati quei servi - Egli dice - che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli” (Lc 12,37). Dobbiamo dunque vegliare, pregando e operando il bene. È vero, sulla terra siamo tutti di passaggio, come opportunamente ci ricorda la seconda lettura dell’odierna liturgia, tratta dalla Lettera agli Ebrei. Essa ci presenta Abramo in abito di pellegrino, come un nomade che vive in una tenda e sosta in una regione straniera. A guidarlo è la fede. “Per fede - scrive l’autore sacro - Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava (Eb 11,8). La sua vera meta era infatti “la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (11,10). La città a cui si allude non è in questo mondo, ma è la Gerusalemme celeste, il paradiso. Era ben consapevole di ciò la primitiva comunità cristiana che si considerava quaggiù “forestiera” e chiamava i suoi nuclei residenti nelle città “parrocchie”, che significa appunto colonie di stranieri (in greco pàroikoi) (cfr. 1Pt 2,11). In questo modo i primi cristiani esprimevano la caratteristica più importante della Chiesa, che è appunto la tensione verso il cielo. L’odierna liturgia della Parola vuole pertanto invitarci a pensare “alla vita del mondo che verrà”, come ripetiamo ogni volta che con il Credo facciamo la nostra professione di fede. Un invito a spendere la nostra esistenza in modo saggio e previdente, a considerare attentamente il nostro destino, e cioè quelle realtà che noi chiamiamo ultime: la morte, il giudizio finale, l’eternità, l’inferno e il paradiso. E proprio così noi assumiamo la responsabilità per il mondo e costruiamo un mondo migliore. La Vergine Maria, che dal cielo veglia su di noi, ci aiuti a non dimenticare che qui, sulla terra, siamo solo di passaggio, e ci insegni a prepararci ad incontrare Gesù che “siede alla destra di Dio Padre Onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli - Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): Con un duplice macarismo (beati! nei vv. 37.38) viene sottolineata la gratitudine del padrone se troverà i servi pronti ad accoglierlo al suo ritorno: li farà adagiare a tavola e li servirà lui stesso con le vesti cinte. II termine Kyrios (Signore), ripetuto due volte, rende evidente l’allusione al comportamento di Gesù tesso, che non è venuto per farsi servire ma per servire (cf. Mc 10,45; Lc 22,26-27; in Gv 13,1-7 si cinge la veste e lava i piedi ai discepoli come lino schiavo). La sua dedizione totale per la salvezza del mondo sarà manifesta nella parusia, quando apparirà come il Salvatore dell’umanità redenta con il suo sangue. L’attesa del giudizio finale in Lc non appare contrassegnata dalla paura. Il ritorno del Figlio dell’uomo, anzi, sarà motivo di gioia per gli eletti, che entreranno in possesso definitivo del regno (cf. 21,28).
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Signore del cosmo e della storia, Capo della sua Chiesa, Cristo glorificato permane misteriosamente sulla terra, dove il suo regno è già presente come germe e inizio nella Chiesa. Un giorno ritornerà glorioso, ma non ne conosciamo il tempo. Per questo viviamo nella vigilanza, pregando: «Vieni, Signore» [Ap 22,20]” (Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio n. 133).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...