19 Ottobre 2018

Venerdì XXVIII Settimana T. O


Oggi Gesù ci dice: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.” (Vangelo). 

Dal Vangelo secondo Luca 12,1-7: Le parole di Gesù sono rivolte anzitutto ai discepoli. Essi devono guardarsi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia, sapendo che tutto quello che essi pretendessero di nascondere finirebbe per essere conosciuto; parlino dunque apertamente e con coraggio annuncino il Vangelo, senza lasciarsi intimidire dalle minacce, sapendo che Dio li protegge sempre, anche nelle prove più grandi: Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi (Mt 10,17-20). Lo Spirito del Padre sarà sempre vicino ai discepoli di Gesù nel suggerire loro che cosa dire e cosa fare. Tale fiducia apre il cuore alla pace.

Il pericolo permanente dell’ipocrisia - Roberto Tufariello: L’accusa di ipocrisia, nel Nuovo Testamento, equivale alla denuncia di una frattura tra l’esterno e l’interno, di una disarmonia tra il cuore e le labbra; tale frattura o disarmonia non si riduce solo al vizio della simulazione, ma corrisponde a un conflitto che si svolge nell’intimo della persona e che si conclude con un rifiuto decisivo in materia di fede.
In questo senso san Paolo considera «ipocrisia» il fatto che Pietro e i giudeo-cristiani non abbiano voluto sedere a tavola con i cristiani venuti dal paganesimo. Questo contegno infatti, facendo sembrare che la legge sia ancora in vigore, è un allontanamento dalla verità del vangelo, la verità della salvezza mediante la fede (Gal 2,11-14). C’è in Pietro un conflitto tra l’interno e l’esterno, e ne scaturisce un comportamento che, secondo Paolo, è una finzione che si oppone alla verità. Il comportamento dei cristiani deve concordare con la loro coscienza illuminata (Gal 2,16).
L’episodio inoltre dimostra che se i farisei sono stati l’esempio tipico dell’ipocrisia, questa però è un pericolo permanente anche per i cristiani. Già la tradizione sinottica estendeva alla folla l’accusa di ipocrisia (Lc 12,56; 13,15), e Giovanni intendeva designare col termine di «giudei» gli increduli di tutti i tempi, ciechi e ipocriti come i capi religiosi di Israele. In particolare, il vangelo di Matteo, con i frequenti richiami all’ipocrisia, vuol mettere in guardia la comunità cristiana da questo comportamento che consiste nel cercare l’approvazione degli uomini e non quella di Dio.
Anche s. Pietro raccomanda ai fedeli di vivere nella semplicità, come neonati, sapendo che l’ipocrisia costituirà per essi una pericolosa tentazione (1Pt 2,1-3).
Per tutta la comunità dei credenti valgono le ammonizioni che l’apostolo Paolo rivolge ai suoi connazionali, i quali possiedono la conoscenza della volontà divina, sono orgogliosi della legge e pretendono di esserne maestri presso gli altri; ma, non praticando quanto conoscono, cadono nell’ipocrisia: «Ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? Tu che proibisci l’adulterio, sei adultero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge?» (Rm 2,21-23). Si tratta di una chiara dissociazione tra il dire e il fare, tra le proprie proclamazioni e la prassi.

L’ipocrita - Detlev Dormeyer: L’ipocrita guarda la pagliuzza nell’occhio del fratello nonostante la trave presente nel proprio occhio (Mt 7,5). Vale a dire che egli giudica partendo dalla sua presunta perfezione. Per questo Gesù stigmatizza come ipocrisia la comprensione che i farisei (Mc 7,6) hanno di sé; essi concepiscono la vera pietà come adempimento della Legge veterotestamentaria. Con la sua critica alle norme sclerotizzate della Legge, Gesù smaschera l’incompletezza dell’ubbidienza alla Legge. I farisei si attengono per esempio alle minuziose prescrizioni delle abluzioni, al tempo stesso però permettono di sottrarre ai genitori il sostentamento vitale necessario, qualora si renda il tesoro del tempio erede dei propri beni (Mc 7,1 ss). Una falsa comprensione della Legge minaccia anche la comunità primitiva. In Antiochia Pietro diventa un ipocrita perché su pressione dei giudeocristiani rompe la comunione di mensa con gli etnicocristiani incirconcisi, ponendo un’usanza giudaica (circoncisione) al di sopra del comandamento divino dell’amore (Gal 2,13).

Ottavo Comandamento Catechismo degli Adulti 888: L’ottavo comandamento “Non dire falsa testimonianza” chiama al servizio della verità. Proibisce, quindi, di tradirla nella relazione con gli altri, attraverso la menzogna, l’inganno, la calunnia, la maldicenza, la diffusione dell’errore, la violazione del segreto, l’uso distorto dei mezzi di comunicazione sociale. Le offese alla verità, con parole e azioni, denotano una mancanza di rettitudine morale e comportano una infedeltà all’alleanza con Dio, che è Verità.

Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia: Paolo VI (Udienza Generale, 17 luglio 1968): La concezione del perfetto cristiano deve fare molto caso delle virtù morali proprie della natura umana, integralmente considerata (cfr. Decr. De instit. sacerdotali, n. 11). Citiamo la prima di queste virtù: la sincerità, la veracità. «Sia il vostro linguaggio, c’insegna il Signore, sì, sì; no, no» (Matth. 5,37; Iac. 5,12). Dobbiamo redimere il cristiano dalla falsa e disonorante opinione che a lui sia lecito il giocare sulla parola, che in lui vi sia doppiezza fra pensiero e discorso, che egli possa a fin di bene ingannare il prossimo. L’ipocrisia non è protetta dal mantello della religione (cfr. Bernanos, L’imposture). Lo stesso si dica sul senso della giustizia. Della giustizia commutativa dapprima, quella che riguarda il mio e il tuo, cioè sull’onestà nei rapporti economici, negli affari, nella rettitudine amministrativa, specialmente nei pubblici uffici; e poi sulla giustizia sociale (legale, la dicevano gli antichi, «nel senso che per essa l’uomo si conforma alla legge che ordina gli atti di tutto l’operare umano al bene comune» - cfr. S. Th. II-II, 58,6; S. Tommaso la chiama perciò una «virtù architettonica» - cfr. ibid. 60, 1 ad 4). E così diciamo del senso del dovere, del coraggio, della magnanimità, dell’onestà dei costumi; e così via (cfr. Gillet, La valeur éducative de la morale catholique). Grande apprezzamento dobbiamo fare di queste virtù naturali, anche se non dimentichiamo come esse, fuori dell’ordine della grazia, siano incomplete, e spesso si associno a debolezze umane molto deplorevoli (cfr. S. Ag., De civ. Dei, V,19; P.M. 41,166); e ricordiamo come siano, di per sé, sterili di valore soprannaturale (ibid. XX, 25; P.L. 41,656; e XXI, 16; P.L. 41,730). Insegnamenti vecchi? No, ce li ricorda il Concilio, dove dice, ad esempio: «Molti nostri contemporanei... sembrano temere che, se si stabiliscono troppo stretti legami tra l’attività umana e la religione, sia impedita l’attività degli uomini, della società, della scienza». E difende così la legittima autonomia nella questione delle realtà terrene (Gaudium et Spes, n. 36).

 Non c’è nessun motivo di temere - Richard Gutzwiller (Meditazioni su Luca): Infatti Dio Padre protegge coloro che professano la propria fede. I nemici possono ben uccidere il corpo. Ma questo, cosa vuol dire? Al di là della morte, quando si presenterà al tribunale di Dio, l’uomo sarà giudicato: se sarà trovato manchevole alla morte del corpo seguirà la morte eterna. Perciò si deve temere soltanto il giudizio di Dio. Già in questa vita, Dio protegge i suoi. Egli che ha cura dei passerotti che non valgono nulla e che conta perfino i capelli della testa, più che mai si prende cura dei suoi. Proprio l’uomo che ha il vero timore di Dio, ha anche la giusta fiducia in Dio. Poiché c’è una sola fuga dinanzi a Dio, che abbia senso: la fuga nella misericordia di Dio. Tutto il resto è un salto nell’abisso.
I discepoli non devono aver paura, perché il Figlio di Dio è dalla parte loro. Il giudizio decisivo non è quello degli uomini in veste di giudici, ma quello che è pronunziato dal tribunale di Dio. Ma chi nella vita ha testimoniato in favore del Figlio dell’uomo, il Figlio dell’uomo testimonierà in suo favore nel giorno del giudizio.
Accanto al Padre e al Figlio, Gesù nomina, come terzo, lo Spirito Santo. Chi parla contro di lui, non sarà perdonato, finché persiste in questo atteggiamento. Ma chi parla in suo favore, non deve temere nessuno. Certo, i nemici possono condurlo dinanzi ai detentori del potere e alle autorità e domandargli conto della sua fede. Ma in quei momenti lo Spirito Santo metterà sulla sua bocca la parola giusta.
Così la sua sicurezza poggia su Dio Trino. Gesù, che dice queste cose, è la prova migliore della giustezza delle sue parole. Egli non ha temuto l’ipocrisia dei farisei, ha parlato chiaro dinanzi a tutti. Essi uccideranno il suo corpo. Tuttavia egli sa di essere al sicuro, perché il suo Padre celeste che lo ama ha cura di lui. A lui toccherà il trionfo dinanzi agli angeli di Dio, e le parole che egli pronuncia dinanzi ai suoi giudici terreni, giudei e pagani, gli sono realmente messe sulle labbra dallo Spirito del Signore. La sua vita, le sue sofferenze, la sua vittoria sono un commento a questa sua richiesta di professare senza paura la propria fede. Il cristiano che segue ed imita Cristo, quanto al corpo non è affatto al sicuro. Tutt’altro. Il più delle volte i suoi nemici trionferanno. Ma solo per un momento. Il cristiano invece è assicurato a lunga scadenza, nella prospettiva dell’eternità. Poiché la sua sicurezza poggia sulla fiducia in Dio infinito, che decide il destino eterno degli uomini

Non abbiate paura...: Giovanni Paolo II (Omelia, 3 settembre 1989): Si tratta di un invito pressante di Gesù a bandire dall’anima ogni timore e ad avere coraggio. La parola è rivolta agli apostoli, chiamati a compiere la missione dell’annuncio in una maniera pubblica, forte, decisa, anche se ciò può mettere a repentaglio la loro vita. Il coraggio cristiano si fonda sulla consapevolezza che Dio ama i suoi discepoli fedeli, dei quali egli ha cura, perché essi valgono di più delle altre creature: “Voi valete più di molti passeri”. Non avverrà che la vita dell’uomo possa essere tolta o offesa senza che il Padre celeste lo sappia. Nemmeno la fine della vita del martire, oggetto della persecuzione del mondo contro il Vangelo e contro Cristo, può accadere al di fuori di un disegno divino. Tale disegno, che porta a perfezione la grazia della testimonianza, dona al martirio il valore di un atto di piena comunione con la Croce di Cristo. “Non abbiate paura”. La paura, infatti, può condizionare la libertà delle scelte e spingere a decisioni in contrasto con i propri convincimenti. Ma come superare la paura? Gesù stesso indica la strada per dominare questo istinto, radicato così profondamente nell’essere umano. La strada sta nella scoperta dell’amore personale di Dio per ciascuno, nella scoperta della sollecitudine amorosa con cui egli segue le vicende anche più insignificanti dei suoi figli. In forza di tale scoperta l’uomo non si sente più solo; egli sa di potersi abbandonare con totale fiducia alla provvida saggezza di un Padre che non permette alcun male se non in vista di un bene più grande.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** L’ipocrita guarda la pagliuzza nell’occhio del fratello nonostante la trave presente nel proprio occhio (Mt 7,5).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo.