10 Ottobre 2018

Mercoledì XXVII Settimana T. O

Oggi Gesù ci dice: “Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome” (Vangelo). 

Dal Vangelo secondo Luca 11,1-4: Il Padre rivelato da Gesù è un Padre sempre attento alla preghiera dei suoi figli, sempre ben disposto a perdonare una moltitudine di peccatori per la bontà di pochi giusti, pronto nel dare la salvezza a chi non è circonciso e a chi lo è. Il Padre ha annullato nella carne crocifissa del Figlio “il documento scritto contro di noi”: il peccato è «il debito che l’uomo ha con Dio. La bontà di Dio si esprime annullando questo “debito” che la legge mosaica [...] indicava presente nell’uomo, ma da cui era incapace di salvare. Solo la croce e la pasqua di Gesù ne sono capaci» (Don Primo Gironi).

Contro le sette domande di Matteo, il testo lucano contiene solo cinque petizioni. Il testo di Luca, sostanzialmente identico a quello di Matteo, è forse quello che si avvicina di più all’originale. Mancano «sia fatta la tua volontà» e «liberaci dal male». Luca omette o attenua espressioni ebraiche per rendere il testo più com­prensibile ai suoi lettori. Matteo inserisce la preghiera del Padre nostro nella magnifica cornice del ‘Discorso della Montagna’ per opporre l’agire cristiano a quello degli ipocriti (Mt 6,9-13); Luca invece, presentando Gesù in preghiera, trasforma intenzionalmente il racconto in una catechesi sulla preghiera: Gesù non insegna ai suoi discepoli una preghiera, ma insegna a pregare.
Oltre a chiedere che sia santificato il nome del Padre, il discepolo deve chiedere il pane quotidiano. Quotidiano, in greco epiousios, potrebbe significare necessario oppure per il giorno dopo, ma quest’ultima interpretazione è in contrasto con altri testi scritturistici: per esempio, in Mt 6,34 viene detto da Gesù: «Non affannatevi per il domani» (Cfr. Prov 27,l [LXX]).
Il primo significato (con Origene possiamo leggere il pane necessario per l’esistenza) suggeri­sce l’intenzione di Gesù nell’insegnare la preghiera del Padre nostro: l’uomo deve imparare a chiedere al Padre quanto è necessario per la sua sussistenza.
Altri invece vi vedono un pane spirituale: il pane della vita, la manna celeste che Gesù mangerà in eterno con i suoi discepoli (Cf. Lc 22,30; Mt 26,29; Ap 2,17). Così soprattutto i Padri della Chiesa, ma è fuor di dubbio che Gesù pensi al pane terreno.
Luca sottolinea la ripetizione della domanda: ogni giorno perché il Padre è Colui che dona all’uomo il pane giorno dopo giorno, senza mai stancarsi. È il Dio buono che «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45).
Bisogna chiedere anche il perdono dei peccati.
Matteo parla di debiti, Luca di peccati: si «passa così da un contesto piuttosto giuridico ad un contesto più storico ed esistenziale: è il riconoscimento di essere veramente peccatori di fronte a Dio, accompagnato da una sincera domanda di perdono» (Carlo Guidelli).
I discepoli che anelano al perdono di Dio, devono perdonarsi a vicenda (Cf. Mt 5,39; 6,12; 7,2; 2Cor 2,7; Ef 4,32; Col 3,13) e devono perdonare il prossimo senza mai stancarsi: fino a settanta volte sette (Cf. Mt 18,22). Chi non vuole perdonare non può pretendere di ricevere il perdono di Dio: se «vogliamo essere giudicati benignamente, anche noi dobbiamo mostrarci benigni verso coloro che ci hanno arrecato qualche offesa. Infatti ci sarà perdonato nella misura in cui avremo perdonato loro, qualunque cattiveria ci abbiano fatto» (Giovanni Cassano).
Con l’ultima petizione il discepolo chiede di non essere abbandonato alla tentazione. Una supplica che nasce dalla consapevolezza della propria debolezza dinanzi alla prepotenza e all’astuzia di Satana, il Tentatore per antonomasia: «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41).

 Padre nostro - Adolf Smitmans: Il Padre nostro ci è tramandato nel Nuovo Testamento in due versioni: quella più familiare in Mt 6,9-13, quella più certa e originaria in Lc 11,2-4. Entrambe risentono dell’uso ecclesiale in comunità differenti e tuttavia traducono la preghiera di Gesù coincidendo nella sostanza. Chiamare Dio padre è un’antica consuetudine dell’umanità (testi sumerici; 15 volte nell’Antico Testamento). Nel  Padre nostro però, l’appellativo ha un suono particolare poiché con esso l’orante partecipa del rapporto che Gesù ha con Dio. Egli per primo si è rivolto a Dio come abbà (“papà babbo” un’espressione d’intimità infantile).
All’uomo da solo non è possibile pregare così, ma soltanto per mezzo dello spirito del Figlio che Dio ha infuso nel suo cuore (Gal 4,6; Rm 8.15). Un primo gruppo di tre (in Lc due) suppliche mira alla rivelazione escatologica (definitiva) di Dio: Dio deve svelare il suo nome, cioè se stesso, perché il mondo lo riconosca; la signoria di Dio deve determinare la storia; la sua volontà deve trovare  ubbidienza. Al centro sta dunque l’azione di Dio
verso la quale l’uomo si slancia nella sua preghiera e invoca che si compia; quanto al contenuto si prega per l’unione completa di Dio con la sua creazione. Il secondo gruppo di quattro (in Lc tre) suppliche presenta a Dio i bisogni dell’uomo nel suo tempo passeggero. Egli ha bisogno di pane per questo giorno (non di provviste); della remissione dei propri peccati, cioè del debito nei confronti delle esigenze di Dio; di essere salvato dalla potenza superiore del male. La “tentazione” è il pericolo di fallire nell’esistenza nel suo insieme. Il mistero, che non è possibile chiarire, di un tale fallimento nei confronti di Dio fa chiedere di non indurre nella tentazione. Se dunque la preghiera termina in un grido d’aiuto che è espressione di tutta la gravità dell’esistenza umana, resta tuttavia valido, fino al profondo di quest’ultima parola, il suo principio e promessa: Padre.

Tentazione - Eleonore Beck: Significa saggiare qualcuno per provarne il valore e la stabilità, distoglierlo dai giudizi di valore riconosciuti giusti, per portarlo al peccato. Il concetto contiene l’elemento della decisione contro Dio e la sua parola, contro la fiducia nella sua realtà.
a) Dio prova l’uomo e la sua fedeltà. Il modello Abramo (Gen 22,1-9) mostra la contraddizione intellettualmente inconciliabile tra la realtà (sterilità) e la promessa di Dio che viene fiduciosamente accettata. Talvolta è assente il termine, ma la realtà di tale tentazione da parte di Dio o presente (Geremia, Giona, Giobbe). Nella tentazione il credente sperimenta il proprio Dio, acquista una nuova intelligenza (Sal 66,10-12 ecc.). Dio viene tentato dagli uomini che non hanno fiducia nella parola, che infrangono l’alleanza (Es 17,2.7); questi sono colpiti dal castigo di Dio.
 b) Nella tentazione l’uomo è messo alla prova (Gc 1,2-4); Dio, tuttavia, non tenta al male (Gc 1,13), non permette che la tentazione superi la forza dell’uomo (1Cor 10,13). Il Nuovo Testamento parla inoltre di tentatore (diavolo, l’istinto del male nel proprio cuore) che approfitta della situazione critica del credente per farlo cadere. Ciò vale soprattutto per le prove del tempo (escatologico (Ap 20,7). In senso particolare si parla della tentazione come persecuzione per amore dell’evangelo (Ap 20,19); tuttavia è data anche l’assicurazione che Dio preserva nell’ora della tentazione (Ap 3,10). Questa assistenza, nell’ora escatologica, della concentrazione di tutte le forze avverse che portano alla defezione, viene richiesta nel padre nostro (Mt 6,13; Lc 11,4). La tentazione superata si identifica con la prova nella fede (Rm 5,4; 1Cor 11,19).
c) Opposizione e tentazione fanno parte integrante della fede che ha resistito nella realtà della vita e in essa si deve realizzare come fede minacciata e messa quotidianamente in discussione. La tentazione, infatti, nasce anche dallo smarrimento riguardo la realtà di Dio, la sua vicinanza, la sua fedeltà. L’oscurità delle sue decisioni è una sfida costante per l’uomo che crede.

Non abbandonarci nella tentazione - Chi recita questa preghiera si affida alla bontà del Padre perché non venga abbandonato alla tentazione del male e alla prova della fede: tradurre «con una sola parola il termine greco è difficile: significa “non permettere di entrare in”; “non lasciarci soccombere alla tentazione”. “Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male” [Gc 1,13]; al contrario vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta “tra la carne e lo Spirito”. Questa richiesta implora lo Spirito di discernimento e di fortezza» (CCC 2846).
 La  radice della tentazione è nel cuore dell’uomo: «Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto» (Gen 4,7). È inevitabile: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione» (Sir 2,1). È fascino che seduce: «Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte» (Gc 1,14-15).
La tentazione mette a nudo l’estrema debolezza dell’uomo (Cf. Rom 7,1 ss). Smaschera la subdola azione di Satana: un essere ostile a Dio e nemico dell’uomo fin dalle origini: per «l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo» (Sap 2,24; Cf. Gen 3,6; 1Cr 21,1; Zac 3,1-2). Un tristo figuro, una spia (Cf. Gb 1,6-12), un ladro (Cf. Mt 13,19), una figura equivoca e scettica riguardo all’uomo, tutta tesa a coglierlo in fallo, abile nel porre nel suo cuore pensieri malvagi (Cf. Gv 13,2.27; Atti 5,3; 1Gv 3,8), capace di scatenare su di lui mali di tutte le specie e perfino di spingerlo al male (Cfr. 1Cr 21,1). È colui che conosce bene l’arte dell’accusatore (Cf. Ap 12,10), è il tenebroso «principe di questo mondo» (Gv 12,31; 14,30; 16,11; Ef 2,2; 6,12) che regna su un impero di tenebra (Cf. Atti 26,18), è un abile trasformista che sa cangiarsi in angelo di luce (Cf. 2Cor 11,14) per ingannare, «se fosse possibile, anche gli eletti» (Mc 13,21).
La tentazione è sempre al fianco dell’uomo, Gesù insegnando la preghiera del Padre nostro ha voluto ricordare all’uomo che il «combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera.» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2849).

Il Padre nostro -  La preghiera della Chiesa - Catechismo della Chiesa Cattolica:
2767 Questo dono inscindibile, delle parole del Signore e dello Spirito Santo che le vivifica nel cuore dei credenti, è stato ricevuto e vissuto dalla Chiesa fin dalle origini. Le prime comunità pregano la Preghiera del Signore “tre volte al giorno”, in luogo delle “Diciotto benedizioni” in uso nella pietà ebraica.
2768 Secondo la Tradizione apostolica, la Preghiera del Signore è essenzialmente radicata nella preghiera liturgica:Il Signore ci insegna a pregare insieme per tutti i nostri fratelli. Infatti egli non dice Padre “mio” che sei nei cieli, ma Padre “nostro”, affinché la nostra preghiera salga, da un cuore solo, per tutto il Corpo della Chiesa.
In tutte le tradizioni liturgiche la Preghiera del Signore è parte integrante delle Ore maggiori dell’Ufficio divino. Ma il suo carattere ecclesiale appare in tutta evidenza particolarmente nei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana.
2769 Nel Battesimo e nella Confermazione la consegna [“traditio”] della Preghiera del Signore significa la nuova nascita alla vita divina. Poiché la preghiera cristiana è parlare a Dio con la Parola stessa di Dio, coloro che sono stati “rigenerati. . . dalla Parola di Dio viva ed eterna” (1Pt 1,23) imparano ad invocare il loro Padre con la sola Parola che egli sempre esaudisce. Ed ormai lo possono, perché il sigillo dell’Unzione dello Spirito Santo è impresso, indelebile, sul loro cuore, sulle loro orecchie, sulle loro labbra, su tutto il loro essere filiale. Per questo la maggior parte dei commenti patristici del Padre nostro sono destinati ai catecumeni e ai neofiti. Quando la Chiesa prega la Preghiera del Signore, è sempre il Popolo dei “rinati” che prega e ottiene misericordia.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Nella tentazione l’uomo è messo alla prova (Gc 1,2-4); Dio, tuttavia, non tenta al male (Gc 1,13), non permette che la tentazione superi la forza dell’uomo (1Cor 10,13). 
Nel silenzio, nellintimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo...