3 Settembre 2018
Lunedì XXII Settimana T. O.
San Gregorio Magno - Memoria
Oggi Gesù ci dice: “Il buon pastore dona la vita per il suo gregge” (cf. Gv 10,11 - Antifona di comunione).
Dal Vangelo secondo Luca 4,16-30: Gesù venne a Nazaret: questo racconto sorprende per l’inspiegabile mutamento dei nazaretani, che passano dalla lode e dall’ammirazione alla rabbia, all’animosità. Forse, come ci suggerisce la Bibbia di Gerusalemme, questa “anomalia è il risultato di una evoluzione letteraria. Un primo brano narrava la visita di una sinagoga con predicazione coronata da successo, all’inizio del ministero [cfr. Mc 1,2s] a Nàzaret [cfr. Mt 4,13...]. Questo racconto è stato in seguito ripreso, sopraccaricato e posto più tardi nella vita di Gesù [Mt 13,53-58; Mc 6,1-6], per sottolineare l’incomprensione e il rifiuto che hanno fatto seguito al primo favore del popolo”. Ma al di là di queste considerazioni, l’evangelista Luca, volendo mettere questo racconto come scena inaugurale del ministero apostolico di Gesù, ha fuso in un mirabile compendio la missione di grazia di Gesù e il rifiuto del suo popolo: rifiuto che ben presto porterà il Cristo sulla Croce, vittima innocente immolata per la salvezza di tutti gli uomini. Nazaret diventa così la prima tappa di un lungo cammino che porterà il Cristo sul monte Calvario.
Benedetto XVI (Omelia, 11 Ottobre 2012): Il Vangelo di oggi ci dice che Gesù Cristo, consacrato dal Padre nello Spirito Santo, è il vero e perenne soggetto dell’evangelizzazione. «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). Questa missione di Cristo, questo suo movimento continua nello spazio e nel tempo, attraversa i secoli e i continenti. E’ un movimento che parte dal Padre e, con la forza dello Spirito, va a portare il lieto annuncio ai poveri di ogni tempo – poveri in senso materiale e spirituale. La Chiesa è lo strumento primo e necessario di questa opera di Cristo, perché è a Lui unita come il corpo al capo. «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Così disse il Risorto ai discepoli, e soffiando su di loro aggiunse: «Ricevete lo Spirito Santo» (v. 22). È Dio il principale soggetto dell’evangelizzazione del mondo, mediante Gesù Cristo; ma Cristo stesso ha voluto trasmettere alla Chiesa la propria missione, e lo ha fatto e continua a farlo sino alla fine dei tempi infondendo lo Spirito Santo nei discepoli, quello stesso Spirito che si posò su di Lui e rimase in Lui per tutta la vita terrena, dandogli la forza di «proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista», di «rimettere in libertà gli oppressi» e di «proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19).
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione...: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 695: L’unzione. Il simbolismo dell’unzione con l’olio è talmente significativa dello Spirito Santo da divenirne il sinonimo. Nell’iniziazione cristiana essa è il segno sacramentale della Confermazione, chiamata giustamente nelle Chiese d’Oriente «Crismazione». Ma per coglierne tutta la forza, bisogna tornare alla prima unzione compiuta dallo Spirito Santo: quella di Gesù. Cristo [«Messia», in ebraico] significa «Unto» dallo Spirito di Dio. Nell’Antica Alleanza ci sono stati degli «unti» del Signore, primo fra tutti il re Davide. Ma Gesù è l’Unto di Dio in una maniera unica: l’umanità che il Figlio assume è totalmente «unta di Spirito Santo». Gesù è costituito «Cristo» dallo Spirito Santo. La Vergine Maria concepisce Cristo per opera dello Spirito Santo, il quale, attraverso l’angelo, lo annunzia come Cristo fin dalla nascita e spinge Simeone ad andare al Tempio per vedere il Cristo del Signore; è lui che ricolma Cristo, è sua la forza che esce da Cristo negli atti di guarigione e di risanamento. È lui, infine, che risuscita Cristo dai morti. Allora, costituito pienamente «Cristo» nella sua Umanità vittoriosa della morte, Gesù effonde a profusione lo Spirito Santo, finché «i santi» costituiranno, nella loro unione all’Umanità del Figlio di Dio, l’«Uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13): «il Cristo totale», secondo l’espressione di sant’Agostino.
... e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio - Ad gentes 3: Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto dei molti, cioè di tutti. I santi Padri affermano costantemente che non fu redento quel che da Cristo non fu assunto. Ora egli assunse la natura umana completa, quale essa esiste in noi, infelici e poveri, ma una natura che in lui è senza peccato. Di se stesso infatti il Cristo, dal Padre consacrato ed inviato nel mondo (cfr. Gv 10,36), affermò: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha consacrato con la sua unzione, mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito, ad annunziare ai prigionieri la libertà ed a restituire ai ciechi la vista» (Lc 4,18); ed ancora: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto» (Lc 19,10).
Ora tutto quanto il Signore ha una volta predicato o in lui si è compiuto per la salvezza del genere umano, deve essere annunziato e diffuso fino all’estremità della terra, a cominciare da Gerusalemme. In tal modo quanto una volta è stato operato per la salvezza di tutti, si realizza compiutamente in tutti nel corso dei secoli.
Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli - Catechismo della Chiesa Cattolica n. 544: Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l’hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per «annunziare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18). Li proclama beati, perché « di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); ai «piccoli» il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, la sete e l’indigenza. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell’amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno.
Il posto privilegiato dei poveri nel Popolo di Dio - Evangelii gaudium n. 197: Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è giunta a noi attraverso il “sì” di una umile ragazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero. Il Salvatore è nato in un presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi di pagare un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di semplici lavoratori e ha lavorato con le sue mani per guadagnarsi il pane. Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).
… mi ha mandato a proclamare ai prigionieri la liberazione…: La proclamazione ai prigionieri della loro liberazione, è molto più di una parola di consolazione, è un annuncio sconvolgente che va a sanare la carne e lo spirito dell’uomo ferito dal peccato e indica in Gesù il Medico, il Messia e il Redentore.
Oggi, in Cristo e per Cristo, colui che è schiavo del peccato e della morte (Cf. Rom 7,14ss) acquista la libertà ed è adottato come figlio con il dono reale della vita divina: «E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!” Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio» (Gal 4,6-7; Cf. 2Cor 13,13).
Questa liberazione si realizza nel fonte battesimale: nelle sue acque salutari vengono infranti i ceppi del peccato e della morte e l’uomo diventa «“una nuova creatura” [2Cor 5,17], un figlio adottivo di Dio che è divenuto “partecipe della natura divina” [2Pt 1,4], membro di Cristo e coerede con lui, tempio dello Spirito Santo» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1265).
Lo Spirito del Signore... mi ha mandato... a proclamare l’anno di grazia del Signore. Il giubileo, prescritto ogni cinquanta anni (Cf. Lv 25,10), era stato istituito per donare la libertà agli schiavi e la restituzione dei beni patrimoniali.
L’anno di grazia, «con cui termina questa profezia, non è altro che il tempo di perdono che Dio accorda a quanti gli si accostano con sentimenti di umiltà e di povertà, il tempo della pace, nel senso più vasto del termine: la pace di Dio, intesa come suo dono amoroso; la pace di Dio, intesa come bene atteso dall’alto; la pace con Dio, intesa come riconciliazione col suo amore» (Carlo Ghidelli).
Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. In Gesù questa Scrittura si compie perfettamente, ma in una dimensione molto più ampia in quanto raggiunge l’uomo nella sua totalità. I destinatari di questa Buona Novella sono i poveri, cioè gli umili, i deboli, i piccoli e i contriti di cuore che da sempre, per la loro obbedienza alla volontà di Dio, hanno attirato sulla terra lo sguardo benevolo del Padre fino a costringerlo amorevolmente a mandare il Verbo, la cui «incarnazione costituisce l’attestato più eloquente della sua premura nei confronti degli uomini» (Teodereto di Ciro).
In Gesù di Nazaret il Padre compie il suo progetto di salvezza e il suo compimento non è una resa di conti, ma è gioia, festa: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Ne 8,10). Il Vangelo, che sostanzialmente è una buona notizia, quando è veramente compreso, rallegra il cuore di chi lo accoglie, e porta a condividere questa gioia: chi è contento desidera che anche gli altri lo siano.
La profezia si è compiuta in Gesù e la sua stessa presenza rappresenta «l’oggi della salvezza, il compimento della Scrittura appena letta. Gesù con la sua parola non annunziava soltanto, ma attuava la salvezza divina, contenuta nelle promesse profetiche... La parola di Gesù diventa evento salvifico, vivo, attuale» (Angelico Poppi). Quella di Gesù è un’affermazione che dovrebbe far sognare ad occhi aperti tutti gli uomini: un sogno che diventerà realtà quando finalmente l’umanità, varcata la soglia della vita terrena, per essa si spalancheranno per sempre le porte della casa del Padre.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Cristo Gesù si identificò con i poveri: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che governi il tuo popolo con la soavità e la forza del tuo amore, per intercessione del papa san Gregorio Magno, dona il tuo spirito di sapienza a coloro che hai posto maestri e guide nella Chiesa, perché il progresso dei fedeli sia gioia eterna dei pastori. Per il nostro Signore Gesù Cristo...