22 Settembre 2018
Sabato XXIV Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Beati coloro che custodiscono la parola di Dio con cuore integro e buono e producono frutto con perseveranza. ” (Cf Lc 8,15 - Canto al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Luca 8,4-15: Satana, tentazioni, prove, preoccupazioni, ricchezze, piaceri della vita, un venefico miscuglio che soffoca la Parola di Dio nel cuore dell’uomo. Il Vangelo indica alcune condizioni perché la Parola di Dio possa maturare e portare frutto. Innanzi tutto l’integrità e la bontà: “Il Signore mi ha ripagato secondo la mia giustizia, secondo la mia innocenza davanti ai suoi occhi. Con l’uomo buono tu sei buono, con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro e dal perverso non ti fai ingannare” (2Sam 33,35-27). Infine, la perseveranza. Parola cara a Paolo (Rm 5,34; 12,12; 15,4-5; Col 1,11; 2Tm 3,10), significa coraggio, costanza, pazienza continua, sopra tutto nella prova. Una perla preziosa e rara la perseveranza, con essa il discepolo salverà la sua vita (Lc 21,19), ma sopra tutto sarà custodito dal Signore Gesù nel tempo della persecuzione: “Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch’io ti custodirò nell’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra” (Ap 3,10). È da meditare, infine, la parola di Gesù che rivela gli intenti del diavolo nei confronti dell’uomo: I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la Parola dal loro cuore, perché non avvenga che, credendo, siano salvati. Satana ha perseguitato Gesù, fino alla fine dei tempi perseguiterà i cristiani perché non avvenga che, credendo, siano salvati (cfr. Gv 15,20).
È necessario preparare il terreno - P. Octavio Ortiz L. C.: È necessario preparare il terreno. La parabola del seminatore invita spontaneamente a fare un esame della propria vita. Che tipo di terreno sono io? Che tipo di terreno offro al seme che Dio, con la sua parola, mette nella mia anima? È auspicabile che oggi ci disponiamo a scendere nel fondo della nostra anima, e ci decidiamo sinceramente ad essere terreno buono, a coltivare la nostra anima, togliendo pietre e spine, cioè le passioni disordinate, a sradicare i vizi e i peccati. La parola di Dio echeggia instancabile nella nostra anima, come campana che rintocca per dare l’allarme, invitandoci a radunare e concentrare le nostre forze spirituali di fronte al nemico, l’orgoglio, l’amor proprio, il demonio, il mondo terreno. Prepariamo il terreno usando gli strumenti della grazia, le virtù. Ma è anche necessario “preparare il terreno” delle anime che ci sono affidate. I genitori devono “preparare il terreno” nel cuore dei loro figli ad accogliere l’amore di Dio. I maestri non educano solo le menti, ma soprattutto il cuore e l’anima dei loro allievi. Tutti siamo responsabili del bene spirituale e materiale dei nostri fratelli. Tutti abbiamo l’obbligo di “preparare il terreno” per l’arrivo di Dio. Non stanchiamoci di essere buoni agricoltori dei campi del Signore, non trascuriamo di preparare la strada affinché Gesù Cristo possa trovare degna accoglienza nel cuore delle persone.».
Il seminatore: Benedetto XVI (Angelus, 10 luglio 2011): Nel Vangelo dell’odierna Domenica (Mt 13,1-23), Gesù si rivolge alla folla con la celebre parabola del seminatore. È una pagina in qualche modo “autobiografica”, perché riflette l’esperienza stessa di Gesù, della sua predicazione: Egli si identifica con il seminatore, che sparge il buon seme della Parola di Dio, e si accorge dei diversi effetti che ottiene, a seconda del tipo di accoglienza riservata all’annuncio. C’è chi ascolta superficialmente la Parola ma non l’accoglie; c’è chi l’accoglie sul momento ma non ha costanza e perde tutto; c’è chi viene sopraffatto dalle preoccupazioni e seduzioni del mondo; e c’è chi ascolta in modo recettivo come il terreno buono: qui la Parola porta frutto in abbondanza. Ma questo Vangelo insiste anche sul “metodo” della predicazione di Gesù, cioè, appunto, sull’uso delle parabole. “Perché a loro parli con parabole?” - domandano i discepoli (Mt 13,10). E Gesù risponde ponendo una distinzione tra loro e la folla: ai discepoli, cioè a coloro che si sono già decisi per Lui, Egli può parlare del Regno di Dio apertamente, invece agli altri deve annunciarlo in parabole, per stimolare appunto la decisione, la conversione del cuore; le parabole, infatti, per loro natura richiedono uno sforzo di interpretazione, interpellano l’intelligenza ma anche la libertà. Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà” (Comm. al Vang. di Matt., 45,1-2). In fondo, la vera “Parabola” di Dio è Gesù stesso, la sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità. In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del suo Figlio incarnato: l’amore, infatti, rispetta sempre la libertà.
Il diavolo esiste: Mons. Joseph Effiong Ekuwem Vescovo di Uyo (Nigeria -10 ottobre 2009): Sappiamo che Dio esiste. Egli è onnipotente e creatore di tutte le cose esistenti, visibili ed invisibili. Questo crediamo e professiamo nel nostro credo. È onnipotente e il solo Essere supremo in tre persone divine. C’è Satana, il principe delle tenebre. Nella Genesi è chiamato il serpente che ingannò i nostri progenitori (cfr. Gen 3,13), inducendoli a peccare contro Dio. Il libro dell’Apocalisse lo chiama il serpente antico, riferendosi all’evento del peccato originale nella Genesi. Viene chiamato con altri nomi: il drago rosso, il diavolo, Satana e l’accusatore dei nostri fratelli (cfr. Ap 12,9). Gli angeli, cioè gli angeli caduti, a lui fedeli, formano il suo esercito (Ap 12,7.9). Lungi da una mera interpretazione letterale del testo e da una esegesi o approccio ermeneutico mutilato a uno scritto apocalittico come il libro dell’Apocalisse appena citato, l’intera Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, rende testimonianza dell’esistenza del diavolo. La Chiesa lo ha riconosciuto e ha offerto corsi su “de Demonio”. Inoltre non solo ha stabilito il rito dell’esorcismo, ma ha fatto largo agli esorcisti [...]. Abbiamo il dovere verso la nostra gente, in ottemperanza al nostro ufficio magisteriale, di educarla e salvarla dagli artigli di un falso credo e da terribili pratiche occulte come la stregoneria.
Il diavolo nella dottrina cristiana - Gianni Ambrosio: Nel IV secolo s. Giovanni Crisostomo dichiarava ai cristiani di Antiochia: “non ci fa certamente piacere intrattenervi sul diavolo, ma la dottrina della quale esso mi offre lo spunto risulterà assai utile a voi”. Nel corso dei secoli, la predicazione cristiana si è attenuta a questo principio, anche se nella cultura popolare si sono sviluppate rappresentazioni del demonio che non hanno alcun fondamento nella Bibbia.
Satana non è mai stato argomento centrale nella predicazione cristiana, interessata a mettere in risalto la signoria universale di Cristo unico signore dell’universo: unito a Cristo mediante la fede c la preghiera, il cristiano partecipa della sua vittoria sul peccato e sul diavolo.
Nel magistero è costante la preoccupazione di evitare ogni visione che affermi l’esistenza di due principi assoluti opposti: quello divino del Bene e quello diabolico del Male. Già nel concilio di Braga (560) si condanna chi non crede che il diavolo sia anch’esso una creatura di Dio.
Così il concilio lateranense IV (1215) condanna catari e albigesi affermando che Dio è creatore di tutte le cose: “il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi”. Nel concilio di Trento (1545-6:1) si dichiara che l’uomo peccatore “è sotto la potenza del diavolo c della morte”; salvandoci, Dio “ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel Regno del suo Figlio diletto, nel quale abbiamo la redenzione”. Anche il concilio Vaticano II (1962-(65) non ha mancato di mettere in guardia contro l’attività di Satana e soprattutto ha ribadito che “il Figlio di Dio con la sua morte c risurrezione ci ha liberati dal potere di Satana e dalla morte” (Costituzione sulla liturgia Sacrusantum concilium, 6),
Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Con un cuore buono e generoso: così rendiamo l’espressione originaleκαλός καί ἀγαθός (letteral.: bello e buono), usata esclusivamente da Luca; essa compendia l’ideale umano della grecità classica. La conservano e producono frutto per la loro costanza; nel terzo evangelista la conclusione della parabola, come anche le varie applicazioni fatte precedentemente, considerano l’aspetto religioso che ha interesse è valore per tutti ed in ogni circostanza. «La conservano»; va rilevato che con questa espressione, propria dell’evangelista, il «conservare» la parola ascoltata ha un’importanza essenziale, anteriore a qualsiasi altra considerazione. «Producono frutto per la loro costanza»; la particella ἐν nel greco biblico può avere senso modale (con la loro costanza) e causale (per la loro costanza); abbiamo preferito il senso causale, perché più incisivo e rispondente al pensiero che l’evangelista vuol porre in evidenza nell’applicazione conclusiva della parabola. La costanza è la fermezza e la perseveranza nella prova (nelle tentazioni) fino alla fine; essa quindi costituisce il segno distintivo del seguace di Cristo che rimane fedele alla «parola», nonostante le varie e gravi difficoltà che possono presentarglisi (cf. verss. 12,13,14). Così Luca nella parabola del seminatore scopre un’ampia visuale di dottrina; la conclusione ultima che egli trae dall’immagine descritta da Gesù non rappresenta una applicazione limitata al semplice caso prospettato in essa, ma raggiunge il valore di un principio universale che sintetizza l’ideale della vita cristiana: la sopportazione costante delle prove rende feconda e ricca di frutti l’esistenza del seguace di Gesù (cf. Lc., 21,19).
Beata colei che ha creduto - Lumen fidei n. 58: Nella parabola del seminatore, san Luca riporta queste parole con cui Gesù spiega il significato del “terreno buono”: «Sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» (Lc 8,15). Nel contesto del Vangelo di Luca, la menzione del cuore integro e buono, in riferimento alla Parola ascoltata e custodita, costituisce un ritratto implicito della fede della Vergine Maria. Lo stesso evangelista ci parla della memoria di Maria, di come conservava nel cuore tutto ciò che ascoltava e vedeva, in modo che la Parola portasse frutto nella sua vita. La Madre del Signore è icona perfetta della fede, come dirà santa Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45).
In Maria, Figlia di Sion, si compie la lunga storia di fede dell’Antico Testamento, con il racconto di tante donne fedeli, a cominciare da Sara, donne che, accanto ai Patriarchi, erano il luogo in cui la promessa di Dio si compiva, e la vita nuova sbocciava. Nella pienezza dei tempi, la Parola di Dio si è rivolta a Maria, ed ella l’ha accolta con tutto il suo essere, nel suo cuore, perché in lei prendesse carne e nascesse come luce per gli uomini. San Giustino Martire, nel suo Dialogo con Trifone, ha una bella espressione in cui dice che Maria, nell’accettare il messaggio dell’Angelo, ha concepito “fede e gioia”. Nella Madre di Gesù, infatti, la fede si è mostrata piena di frutto, e quando la nostra vita spirituale dà frutto, ci riempiamo di gioia, che è il segno più chiaro della grandezza della fede. Nella sua vita, Maria ha compiuto il pellegrinaggio della fede, alla sequela di suo Figlio. Così, in Maria, il cammino di fede dell’Antico Testamento è assunto nella sequela di Gesù e si lascia trasformare da Lui, entrando nello sguardo proprio del Figlio di Dio incarnato.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Signore Gesù, semina in me la tua parola e falla radicare profondamente nel mio cuore per poter amarti totalmente e produrre abbondanti frutti.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…