19 Settembre 2018

Mercoledì XXIV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.” (Vangelo). 

Dal Vangelo secondo Luca 7,31-31: Alla maniera di fanciulli capricciosi che respingono tutti i giochi che si offrono loro, i giudei rigettano tutte le sollecitazioni di Dio, sia la penitenza di Giovanni Battista sia la condiscendenza misericordiosa di Gesù. Eppure “l’una e l’altra si legittimano per le diverse situazioni di Giovanni Battista e di Gesù in rapporto all’èra messianica [cfr. Mt 9,14-15; 11,11-13]” (Bibbia di Gerusalemme). Ma dispetto della cattiva volontà degli uomini, il sapiente disegno di Dio si realizza e si manifesta non ai sapienti, ma ai semplici: “In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza»” (Lc 10,21). Non accogliere la sapienza di Dio significa scivolare nella incredulità e gli increduli, con la loro falsa sapienza, raccoglieranno i frutti che si meritano, cioè i castighi divini : “Allora [Gesù] si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te» (Mt 11,20-24). Il Vangelo è un invito ad essere attenti ai segni di Dio, ai suoi inviti, alla sua Parola che sempre bussa alla porta del nostro cuore e del nostro intelletto.

A chi posso paragonare la gente di questa generazione? - L’incredulità - Xavier Leon-Dufour: A differenza dell’idolatria che caratterizza le nazioni pagane ed esige una conversione alla fede in Dio, l’incredulità concerne il popolo di Dio. L’esistenza di increduli in mezzo ad esso è sempre stata uno scandalo per gli uomini di fede; l’incredulità di Israele di fronte a Gesù Cristo deve causare al cuore di ogni cristiano un «dolore incessante» (Rom 9,2).
L’incredulità non consiste semplicemente nel negare l’esistenza di Dio o nel rigettare la divinità di Cristo, ma nel disconoscere i segni ed i testimoni della parola divina, nel non obbedirvi. Non credere, secondo l’etimologia della parola ebraica «credere», significa non dire «amen» a Dio; significa rifiutare la relazione che Dio vuole stabilire e mantenere con l’uomo. Questo rifiuto si esprime in modi vari: l’empio mette in dubbio l’esistenza di Dio (Sal 14,1), il beffardo, la sua presenza attiva nel corso della storia (Is 5,19), il pusillanime, il suo amore e la sua onnipotenza, il ribelle, la sovranità della sua volontà, ecc. A differenza dell’idolatria l’incredulità ammette gradi e può coesistere con una certa fede: la linea di demarcazione tra la fede e l’incredulità non passa tanto fra diversi uomini, quanto nel cuore di ciascun uomo (Mc 9,24).

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato...: Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2089: L’incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. L’eresia è “l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato”; l’apostasia è “il ripudio totale della fede cristiana”; lo scisma è “il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetta”.

A chi posso paragonare la gente di questa generazione?  - Catechismo della Chiesa Cattolica n 59: Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva. Un tale atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita “dall’alto” (Gv 3,7), sotto lo stimolo della grazia divina. Una simile esigenza di conversione di fronte a un così sorprendente compimento delle promesse permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore. I suoi membri agivano così per “ignoranza” e al tempo stesso per l’“indurimento” (Mc 3,5; Rm 11,25) dell’incredulità.

È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato” - Richard Gitzwiller (Meditazioni su Luca): Il Battista si è mostrato austero nella parola e nella vita, ma essi hanno trovato solo che è posseduto dal demonio. Gesù si è mostrato mansueto e condiscendente, ma essi lo rimproverano per questo e lo chiamano mangione, beone e amico dei pubblicani. Essi non sono figli della sapienza, ma della loro stoltezza. Perciò non riconoscono la voce della sapienza.
Da parte di Dio non c’è nessun difetto. Ha mandato i Profeti, ha mandato il Precursore ed è venuto Gesù stesso. Nell’austerità e nella discrezione, con parole e con segni. Egli ha richiamato alla vera fede e ha dato insieme la reale possibilità di attingerla.
Ma i capi spirituali d’Israele non vogliono assolutamente riconoscere e praticare la volontà di Dio. Vogliono salvare solo la propria posizione, vogliono aver successo con la propria volontà ed accrescere il loro prestigio. Essi rifiutano di seguire la parola di Dio e di darvi l’adesione effettiva della fede.
Così avviene anche oggi. Alla parola e all’opera di Dio, come pure alla possibilità del suo riconoscimento, non difetta nulla. Chi è scevro da pregiudizi può arrivare alla fede. Chi invece farnetica e si chiude in se stesso e cerca solo se stesso, trova pure solo se stesso, senza perciò poter trovare Dio. Il rifiuto dei capi di Israele è un monito ed un esempio.

È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve… -  Angelico Poppi (Sinossi e Commento): Gesù biasima la cecità colpevole dei capi dei giudei per l’atteggiamento irresponsabile e contraddittorio assunto nei confronti di Giovanni e di lui stesso: agivano allo stesso modo dei bambini capricciosi sulle piazze. La loro incapacità di comprendere ne manifestava l’immaturità. Infatti, era venuto Giovanni, che conduceva una vita austera, contrassegnata da digiuni e privazioni; ebbene, lo accusarono d’essere posseduto dal demonio. Venne il Figlio dell’uomo che mangiava e beveva, e lo calunniarono d’es ere un gaudente, amico dei peccatori. Invece, Gesù partecipava alla mensa dei giusti e dei peccatori per annunziare l’avvento del regno.
II comportamento di Giovanni è associato implicitamente al lamento funebre; quello di Gesù alla danza nuziale. Giovanni e Gesù, benché con un diverso stile di vita, furono inviati per inaugurare il regno di Dio in favore del popolo d’Israele. I giudei si opposero ad entrambi, qualificando Giovanni come un pazzo (indemoniato) e Gesù come un mangione e beone.

e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!” - Redemptoris Missio n.14: Gesù rivela progressivamente le caratteristiche ed esigenze del regno mediante le sue parole, le sue opere e la sua persona. Il regno di Dio è destinato a tutti gli uomini, essendo tutti chiamati a esserne membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando a essi la preferenza quando annunziava la «buona novella». All’inizio dei suo ministero egli proclama di essere stato mandato per annunziare ai poveri il lieto messaggio. (Lc 4,18) A tutte le vittime del rifiuto e del disprezzo dichiara: «Beati voi poveri» (Lc 6,20); inoltre, a questi emarginati fa già vivere un’esperienza di liberazione stando con loro (Lc 5,30); (Lc 15,2) andando a mangiare con loro, trattandoli come uguali e amici (Lc 7,34), facendoli sentire amati da Dio e rivelando così la sua immensa tenerezza verso i bisognosi e i peccatori. (Lc 15,1)
La liberazione e la salvezza, portate dal regno di Dio raggiungono la persona umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali. Due gesti caratterizzano la missione di Gesù: il guarire e il perdonare. Le molteplici guarigioni dimostrano la sua grande compassione di fronte alle miserie umane; ma significano pure che nel regno non vi saranno più né malattie né sofferenze e che la sua missione mira fin dall’inizio a liberare le persone da esse. Nella prospettiva di Gesù le guarigioni sono anche segno della salvezza spirituale, cioè della liberazione dal peccato. Compiendo gesti di guarigione, Gesù invita alla fede, alla conversione, al desiderio di perdono. (Lc 5,24) Ricevuta la fede, la guarigione spinge a proseguire più lontano: introduce nella salvezza. (Lc 18,42) I gesti di liberazione dalla possessione del demonio, male supremo e simbolo del peccato e della ribellione contro Dio, sono segni che «il regno di Dio è giunto fra voi». (Mt 12,28).

Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Questa sentenza che conclude l’intera pericope è formulata secondo la mentalità ebraica (i figli della sapienza = coloro che riconoscono la sapienza di Dio). La lecito varians ἔργων (= dalle opere) invece diτέκων (dai figli), è determinata dal testo parallelo di Mt., 11, 19 che ha: «dalle opere». Luca conserva la lettura primitiva del logion, ritoccato invece da Matteo. «I figli della sapienza» sono il popolo ed i pubblicani che hanno ascoltato il messaggio di Giovanni e quello di Gesù accogliendo l’invito alla penitenza (ravvedimento). Essi sono chiamati figli della sapienza perché hanno riconosciuto il piano misericordioso di Dio, manifestato dalla predicazione del Precursore e di Cristo; questi uomini del popolo ed i pubblicani, con la loro docile accettazione del messaggio del Battista e del Messia, hanno reso giustizia alla sapienza divina. «Sapienza»: il termine, che racchiude un’ampia gamma di significati, ricorre con molta frequenza nei libri vetotestamentari, chiamati appunto libri sapienziali. Qui il sostantivo, riferito a Dio, designa la sua provvidenza cioè la sua economia salvifica. I superbi Farisei, non avendo riconosciuto questo piano provvidenziale, come di fatto lo hanno riconosciuto la gente umile ed i disprezzati pubblicani, non sono annoverati tra «i figli della sapienza».

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Il rifiuto dei capi di Israele è un monito ed un esempio.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…