17 Settembre 2018
Lunedì XXIV Settimana T. O.
Oggi Gesù ci dice: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna.” (Cf. Gv 3,17 - Acclamazione al Vangelo).
Dal Vangelo secondo Luca 7,1-10: Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te: gli amici del centurione suggeriscono queste parole a Gesù perché era ben noto che a un Giudeo osservante era proibito entrare in una casa pagana. Delicatezza, parole suggerite anche dalla volontà di non urtare la sensibilità dei farisei, certamente presenti all’incontro. Poi, dopo questa affermazione, il centurione fa inaspettatamente una professione di fede in sintonia con il suo essere un soldato: ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa. Il centurione voleva giustificare il proprio rispetto verso Gesù. Egli conosceva bene la disciplina militare, e l’esercitava sui propri soldati essendone sempre obbedito; quindi, alla stessa maniera, Gesù esercitasse la sua potenza, pronunciasse una sola parola e il suo comando sarebbe subito riconosciuto ed eseguito dalle forze della natura che opprimevano il moribondo. Gesù fu pieno d’ammirazione per il centurione, e all’istante la parola attesa dalla bocca del Maestro fu pronunciata, e il servo malato guarì nello stesso istante. Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!: alla luce di questa solenne lode, possiamo affermare che il vero miracolo è quello del pagano che giunge alla fede. Luca ha visto nel centurione di Cafarnao un modello e un anticipo dei pagani simpatizzanti, che entrano a far parte della comunità cristiana.
La fede - Franco Ardusso: La parola “fede” e il verbo “credere” sono due termini coi quali l’uomo religioso esprime il suo atteggiamento globale nei confronti della divinità. Chi ha fede, chi crede, non si limita ad ammettere con l’intelligenza la realtà di un Essere superiore, ma si affida a lui con un atteggiamento di abbandono fiducioso, rimette a lui la sua vita, c questo ha un peso determinante sul suo modo di rapportarsi al mondo, agli altri uomini, e di affrontare le dure prove che la vita non risparmia a nessuno, compresa la morte. La fede intesa in senso lato e generico, è un modo di essere, di vivere e di amare, tipico della persona religiosa. II concilio Vaticano presenta la fede cristiana in questi termini: “A Dio che si rivela è dovuta l’obbedienza della fede con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutt’intero liberamente, prestandogli pieno ossequio dell’intelletto c della volontà e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da lui” (Concilio Vaticano II Costituzione Dei Verbum, n. 5).
La fede cristiana - Giuseppe Colombo (L’ordine cristiano, Glossa, Milano 1993, pp. 37-39): La differenza tra i cristiani e i non-cristiani è questa: i cristiani sanno di vivere nel mondo creato “in Cristo”; i non-cristiani non lo sanno. I cristiani lo sanno precisamente perché hanno conosciuto Gesù Cristo e gli credono: credono in lui, ai suoi insegnamenti, al suo modo di vivere l’esistenza umana, che coerentemente intendono fare proprio.
A questo riconoscimento, che non è solo di carattere intellettuale perché comporta una scelta di vita, è dato il nome di fede, la fede cristiana. Emerge che all’origine della fede sta l’“attrazione” esercitata da Gesù Cristo; senza Gesù Cristo non si pone neppure la possibilità della fede cristiana; e, d’altro lato, solo l’“attrazione” esercitata da Gesù Cristo può spiegare la fede cristiana.
L’“attrazione” è da intendere generalmente non nel senso sentimentale, ma nel senso più comprensivo che Gesù Cristo e il suo modo di vivere l’esistenza umana appaiono convincenti, suscitano fiducia, meritano affidamento, secondo un processo esistenziale che non è solo nostro perché da parte nostra è soltanto la risposta all’“attrazione” esercitata da Gesù Cristo.
In questo senso la fede è un “dono”, propriamente e globalmente il dono di poter vivere con Gesù Cristo e quindi come Gesù Cristo, invece che abbandonati a se stessi. E da richiamare che l’“attrazione” Gesù Cristo non è riservata esclusivamente ai cristiani, ma si propone a tutti gli uomini, poiché tutti sono creati “in Cristo”.
Effettivamente il Vangelo di Gesù Cristo - e quindi la sua persona, il suo insegnamento, la sua vita - non è riservato ai cristiani, ma è da predicare in tutto il mondo; cioè oggettivamente è destinato a tutti gli uomini, perché per tutti si concretizzi la possibilità della fede.
Nella prospettiva di questa possibilità, l’espressione che la fede è un “dono” non è da intendere nel senso che “a chi gli è dato, gli è dato e chi non l’ha ricevuto, non può farci nulla”. E probabile che chi l’ha ricevuto debba tenerselo come un dono “doppio”; ma è certo che chi non ce l’ha, può sempre cercarlo e trovarlo. In ogni caso, il dono della fede non è da intendere come un privilegio, o garanzia, o assicurazione: è da intendere come un’assunzione di responsabilità che impegna a mostrare e far sapere anche agli altri ciò che si sa grazie alla fede, cioè che il mondo in cui viviamo non è senza senso, ma il suo senso s’illumina in funzione di Gesù Cristo; e coerentemente l’esistenza che viviamo assume il suo senso, senso pieno, solo se la viviamo come l’ha vissuta Gesù Cristo.
La fede del centurione: Giovanni Paolo II (Omelia, 4 giugno 1989): Le parole del centurione sono la voce della creatura che dà lode al Creatore per la sua generosità e bontà. Quelle parole contengono addirittura l’intero Vangelo: l’intera buona Novella della nostra salvezza. Danno testimonianza del dono meraviglioso di Dio stesso, espresso nella Parola di vita. Dio conferisce all’uomo un dono assolutamente gratuito - una partecipazione alla sua stessa natura divina. Dona alle sue creature la vita eterna in Cristo. L’uomo è graziato da Dio. La fede del centurione romano fu grande. Era consapevole quanto fosse stato “graziato da Cristo”. Sapeva di non essere degno di un simile dono, e che questo dono era infinitamente più grande di quanto lui, semplice uomo, avrebbe mai potuto realizzare o anche desiderare, perché il dono è realmente soprannaturale. La meraviglia di questo dono è che ci dà la possibilità di conseguire l’oggetto della nostra più profonda aspirazione. Vivere per sempre in unione intima con Dio, fonte di ogni bene. Nella Eucaristia partecipiamo sacramentalmente a questo stesso dono. La Eucaristia è un memoriale della Passione e morte di Gesù: ci riempie di grazia, ed è segno della nostra futura gloria. Attraverso la fede dobbiamo costantemente rinnovare la nostra gratitudine per il dono divino.
La fede della Chiesa - Jean Duplacy: 1. La fede pasquale. - Questo passo fu compiuto quando i discepoli, dopo molte esitazioni in occasione delle apparizioni di Gesù (Mt 28,17; Mc 16,11-14; Lc 24,11), credettero alla sua risurrezione. Testimoni di tutto ciò che Gesù ha detto e fatto (Atti 10,39), essi lo proclamano «Signore e Cristo», nel quale sono compiute invisibilmente le promesse (2,33-36). Ora la loro fede è capace di giungere «fino al sangue» (cfr. Ebr 12,4). Essi chiamano i loro uditori a condividerla per beneficiare della promessa ottenendo la remissione dei loro peccati (Atti 2,38s; 10,43). La fede della Chiesa è nata.
2. La fede nella parola. - Credere significa innanzitutto accogliere questa predicazione dei testimoni, il vangelo (Atti 15,7; 1Cor 15,2), la parola (Atti 2,41; Rom 10,17; 1Piet 2,8), confessando Gesù come Signore (1Cor 12,3; Rom 10,9; cfr. 1Gv 2,22). Questo messaggio iniziale, trasmesso come una tradizione (1Cor 15,1-3), potrà arricchirsi e precisarsi in un insegnamento (1Tim 4,6; 2 Tim 4,1-5): questa parola umana sarà sempre, per la fede, la parola stessa di Dio (1Tess 2,13). Riceverla, vuol dire per il pagano abbandonare gli idoli e rivolgersi al Dio vivo e vero (1Tess 1,8ss), significa per tutti riconoscere che il Signore Gesù porta a compimento il disegno di Dio (Atti 5,14; 13,27-37; cfr. 1Gv 2,24). Significa, ricevendo il battesimo, confessare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Mt 28,19).
Questa fede, come constaterà Paolo, apre all’intelligenza «i tesori di sapienza e di scienza (conoscenza)» che sono in Cristo (Col 2,3): la sapienza stessa di Dio rivelata dallo Spirito (1Cor 2), cosi diversa dalla sapienza umana (1Cor 1,17-31; cfr. Giac 2,1-5; 3,13-18; cfr. Is 29,14) e la conoscenza di Cristo e del suo amore (Fil 3,8; Ef 3,19; cfr. 1 Gv 3,16).
3. La fede e la vita del battezzato. - Condotto dalla fede sino al battesimo e alla imposizione delle mani che lo fanno entrare pienamente nella Chiesa, colui che ha creduto nella parola partecipa all’insegnamento, allo spirito, alla «liturgia» di questa Chiesa (Atti 2,41-46). In essa infatti Dio realizza il suo disegno operando la salvezza di coloro che credono (2,47; 1Cor 1,18): la fede si manifesta nell’obbedienza a questo disegno (Atti 6,7; 2Tess 1,8). Si dispiega nell’attività (1Tess 1,3; Giac l,21 ) di una vita morale fedele alla legge di Cristo (Gal 6,2; Rom 8,2; Giac 1,25; 2, 12); agisce per mezzo dell’amore fraterno (Gal 5,6; Giac 2,14-26). Si conserva in una fedeltà capace di affrontare la morte sull’esempio di Gesù (Ebr 12; Atti 7,55-60), in una fiducia assoluta in colui «nel quale ha creduto» (2Tim 1,12; 4,17s). Fede nella parola, obbedienza nella fiducia, questa è la fede della Chiesa, che separa coloro i quali si perdono - l’eretico, per esempio (Tito 3,10) - da coloro che sono salvati (2Tess 1,3-10; 1Piet 2,7s; Mc 16,16).
Fede di un pagano - Richard Gutzwiller: (Meditazioni su Luca): [Il centurione romano pagano] sa che il suo incontro con Gesù sarà l’incontro dell’impotente con l’Onnipotente. Ed esprime questa sua consapevolezza con le parole: «Io non son degno che tu entri sotto il mio tetto. Ma di’ solo una parola e il mio servo sarà guarito». L’impotenza non può ricevere l’Onnipotenza. Per l’Onnipotente basta dire solo una parola. Egli comanda sulla malattia, sulla morte e sulla vita, come un ufficiale sulle sue truppe.
Non così chiara appariva questa verità ai Giudei. Manca loro la coscienza della propria debolezza e quindi anche la coscienza della potenza di Dio in Gesù. Mentre questo pagano dice: «Io non son degno», i giudei dicono con la loro baldanza: «egli è degno di questo, egli lo merita». Essi non sanno che di fronte a Dio non c’è nessuna dignità e che a rigore non c’è nessun merito, ma che tutto è grazia donata gratuitamente, concessa all’uomo che ne è indegno.
Essi manifestano la loro persuasione della dignità e del merito quando pongono in rilievo che «egli ama il nostro popolo e ha edificato la Sinagoga».
Non è quindi la grandezza di Dio, quella che conta, ma il loro vantaggio. Chi li aiuta merita, secondo la loro mentalità, ricompensa da Dio e ne diventa degno.
Accanto a questo grande senso di distanza, che troviamo nella fede del centurione, sta questa condotta meschina ed egoistica, tanto lontana dalla condotta di Dio e dalla sua inaccessibile grandezza. Perciò la risposta di Gesù suona: «Non ho trovato tanta fede in Israele », Egli guarisce l’infermo, confermando così la rettitudine della fede del centurione romano.
La Chiesa ha accolto questa espressione di fede del pagano nella sua liturgia e ogni giorno nella celebrazione della Messa, nel momento in cui l’Onnipotenza si accosta in Gesù Cristo alla debolezza dell’uomo, vuole che gli uomini ripetano l’umile espressione di fede del soldato romano: «Signore, non son degno che tu entri sotto il mio tetto». La vera fede riconosce la distanza, la larghezza e la profondità dell’abisso che intercorre tra Dio Onnipotente e l’uomo impotente e sa che all’uomo si addice soltanto l’umile preghiera, perché un ponte su questo abisso può essere gettato solo da Dio. La fede è, qui in terra, l’incontro di Dio Onnipotente con l’uomo impotente.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La vera fede riconosce la distanza, la larghezza e la profondità dell’abisso che intercorre tra Dio Onnipotente e l’uomo impotente.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…