16 Settembre 2018
XXIV Domenica T. O.
Oggi Gesù ci dice: “La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta.” (II Lettura).
Dal Vangelo secondo Marco 8,27-35: Nel racconto della professione di fede di Pietro, a differenza di Matteo, Marco, come Luca, è molto più conciso: alla confessione della messianicità di Gesù non aggiunge quella della filiazione divina e omette altri particolari. A seguito della professione di fede esplicita nella sua messianicità, Gesù fa il primo annunzio della passione: «al compito glorioso di Messia egli aggiunge il compito doloroso di servo sofferente. Con questa pedagogia, che sarà rafforzata qualche giorno dopo dalla trasfigurazione, anch’essa seguita dall’imposizione del silenzio e da un annunzio analogo [Mt 17,1-12], egli prepara la loro fede alla prossima crisi della sua morte e resurrezione» (Bibbia di Gerusalemme). Pietro, non comprendendo appieno le parole, tenta di vanificare il progetto del Maestro, diventando in questo modo socio, certo incosciente, di Satana (cfr. Mt 4,1-10). Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà..., sono le condizioni per seguire Gesù, rivolte alla folla e ai discepoli, con le quali si conclude il brano evangelico.
«Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose...: CCC 552: Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto. Gesù a lui ha affidato una missione unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nostro Signore allora gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18). Cristo, “Pietra viva” (1Pt 2,4), assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli.
Tu sei il Cristo: CCC 424: Mossi dalla grazia dello Spirito Santo e attirati dal Padre, noi, riguardo a Gesù, crediamo e confessiamo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Sulla roccia di questa fede, confessata da san Pietro, Cristo ha fondato la sua Chiesa.
La confessione di Simone - Benedetto XVI (Omelia 29 Giugno 2007): Secondo tutti gli Evangelisti, la confessione di Simone avviene in un momento decisivo della vita di Gesù, quando, dopo la predicazione in Galilea, Egli si dirige risolutamente verso Gerusalemme per portare a compimento, con la morte in croce e la risurrezione, la sua missione salvifica. I discepoli sono coinvolti in questa decisione: Gesù li invita a fare una scelta che li porterà a distinguersi dalla folla per diventare la comunità dei credenti in Lui, la sua “famiglia”, l’inizio della Chiesa. In effetti, ci sono due modi di “vedere” e di “conoscere” Gesù: uno - quello della folla - più superficiale, l’altro - quello dei discepoli - più penetrante e autentico. Con la duplice domanda: “Che cosa dice la gente - Che cosa dite voi di me?”, Gesù invita i discepoli a prendere coscienza di questa diversa prospettiva. La gente pensa che Gesù sia un profeta. Questo non è falso, ma non basta; è inadeguato. Si tratta, in effetti, di andare in profondità, di riconoscere la singolarità della persona di Gesù di Nazaret, la sua novità. Anche oggi è così: molti accostano Gesù, per così dire, dall’esterno. Grandi studiosi ne riconoscono la statura spirituale e morale e l’influsso sulla storia dell’umanità, paragonandolo a Buddha, Confucio, Socrate e ad altri sapienti e grandi personaggi della storia. Non giungono però a riconoscerlo nella sua unicità. Viene in mente ciò che disse Gesù a Filippo durante l’Ultima Cena: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” (Gv 14,9). Spesso Gesù è considerato anche come uno dei grandi fondatori di religioni, da cui ognuno può prendere qualcosa per formarsi una propria convinzione. Come allora, dunque, anche oggi la “gente” ha opinioni diverse su Gesù. E come allora, anche a noi, discepoli di oggi, Gesù ripete la sua domanda: “E voi, chi dite che io sia?”. Vogliamo fare nostra la risposta di Pietro. Secondo il Vangelo di Marco Egli disse: “Tu sei il Cristo” (8,29); in Luca l’affermazione è: “Il Cristo di Dio” (9,20); in Matteo suona: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16,16); infine in Giovanni: “Tu sei il Santo di Dio” (6,69). Sono tutte risposte giuste, valide anche per noi.
E cominciò a insegnare loro… - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Il preannunzio della passione e della risurrezione, riferito concordemente dai tre Sinottici dopo il racconto dell’episodio di Cesarea di Filippo, aveva lo scopo di servire come correttivo alla falsa concezione, largamente diffusa nel popolo, di un Messia glorioso e trionfatore dei nemici d’Israele. Dopo che i discepoli per bocca di Pietro avevano dichiarato con fermezza che Gesù era il Messia, il Maestro ritenne opportuno svelare ad essi il destino che lo attendeva; con questo insegnamento gli apostoli avrebbero avuto una cognizione esatta del messianismo di Gesù, poiché secondo il piano divino il Messia doveva attuare la salvezza spirituale degli uomini attraverso la passione, la morte e la risurrezione (cf. Isaia, 53). Le parole di Cristo costituiscono una autentica profezia poiché predicono un complesso di avvenimenti futuri designati con termini chiari e con particolari ben definiti. Marco rileva che Gesù diceva queste cose apertamente (παρησία) cioè senza servirsi di metafore o di parole velate. Pietro... prese a rimproverarlo; il linguaggio aperto del Maestro suscitò un’immediata reazione in Pietro e nei suoi compagni. L’apostolo, ardente ed impulsivo, desidera parlare in disparte con Gesù e manifestargli il suo risentimento per un annunzio così doloroso e sconcertante.
Va’ dietro a me, Satana!: È questa la prima occasione in cui Gesù annunzia ai discepoli i patimenti e la morte che dovrà soffrire, successivamente lo farà altre due volte (cf. Mc 9,30-31; 10,32-34). L’annuncio disorienta gli Apostoli. Tutto sembrava andare sull’onda del successo: miracoli, prodigi, risurrezioni di morti, ed anche un ampio consenso popolare. È impossibile accettare che tutto debba volgere verso la disfatta: la loro esaltante avventura non poteva finire tragicamente e soprattutto con la morte ignominiosa di Gesù, così come lui definisce la sua dipartita.
Gesù parla di morte e di risurrezione: se la sua morte imbarazza i discepoli, ancora di più la sua risurrezione; infatti, come si legge altrove, gli stessi discepoli si chiedevano «che cosa volesse dire risuscitare dai morti» (Mc 9,10).
Il discorso era chiaro, deciso senza sconti, appunto «apertamente». Pietro, come si era si sentito in dovere di rispondere in rappresentanza di tutto il gruppo apostolico, così ora si arroga il diritto di chiamare in disparte il Maestro e rimproverarlo.
Voleva convincerlo a gettare acqua sul fuoco, ma in verità non poteva capire perché la sua mente era ancora chiusa (cf. Mc 6,52; 7,18; 8,17-18; 8,21.33; 9,10.32.38), così chiusa da aprirsi al nefasto influsso di Satana.
Lui, il diavolo, Satana, il grande seduttore di tutta la terra (Ap 12,9), aspettava proprio questo momento: aveva promesso di mettersi di traverso, ostacolare il progetto di Dio (Lc 4,13). E Pietro inconsapevolmente fa suo il gioco: con il suo intervento inopportuno, opponendosi, si mette di traverso avversando il progetto salvifico del Padre che “necessariamente” (Lc 24,26) doveva passare attraverso la morte di croce del Figlio (Fil 2,10).
Il rimprovero di Gesù va in questo senso, non vuole dire che Pietro sia posseduto dal demonio, ma soltanto che le vie di Dio non sono le vie degli uomini (Is 55,8-9).
Va’ dietro di me, Satana, è un monito che vuole fare “ordine gerarchico”. Chi sta dietro è il discepolo. Gesù dice a Pietro: «Ritorna al tuo posto. Riprendi il tuo posto di discepolo».
Gesù, voltatosi, rimprovera Pietro guardando in faccia i discepoli. Il Maestro attua questa manovra non perché non voglia guardare Pietro negli occhi, ma perché il rimprovero fatto al Capo degli Apostoli è una parola che da tutti deve essere intesa e capita, perché tutti, anche le alte cariche gerarchiche della Chiesa, possono essere preda di Satana, possono diventare Satana, nessuno escluso: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!» (Gv 6,70).
Condizioni per la sequela di Gesù (8,34-9,1) - Angelico Poppi (Sinossi e Commento): L’evangelista riporta cinque detti che definiscono la sequela del discepolo. L’adesione a Gesù implica una scelta decisa, con la disponibilità a rinnegare e stessi e a portare la propria croce dietro a lui. II primato di Dio esige la rinuncia a ogni interesse e progetto personale, persino il sacrificio della vita per ottenere la salvezza. È questo il paradosso del Vangelo: la vita scaturisce dalla morte.
v. 34 Marco dilata l’uditorio di Gesù: queste sentenze sono rivolte a tutti i credenti. La sua sequela comporta il rinnegamento di sé. Non si tratta di mortificazioni ascetiche, ma della rinuncia ai propri interessi, per seguire il Maestro sulla via della croce.
È discussa l’espressione “prendere la croce” che sembra anacronistica in bocca di Gesù, prima della sua passione. In realtà, egli poté riferirsi a tale supplizio terrificante, perché era applicato di frequente in Palestina al suo tempo. Il credente deve conformarsi alle sofferenze del Cristo crocifisso, condividere la sua sorte, per essere associato alla sua gloria in cielo.
v.35 “Infatti” ripetuto quattro volte collega il detto introduttorio (v. 34b) con le sentenze successive. Chi è disposto a rinunciare alla vita terrena per seguire Gesù, la salverà nel giorno del giudizio finale, ottenendo la vita eterna. II dono totale di sé a Dio avrà come premio la vittoria sulla morte. “A causa mia” corrisponde a “a causa del Vangelo”. Il regno di Dio e il Vangelo si identificano con la persona stessa di Gesù e la sua opera.
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua - Paolo VI (Omelia, 8 aprile 1966): Né va dimenticato un successivo modo di partecipare ai dolori del Signore. Cristo ci ha redenti? Sì. Egli però non ci ha dispensati dalla sofferenza inerente alla vita umana. Ha dato anzi a tale sofferenza la possibilità di diventare in certo qual modo redentrice, di acquisire la virtù propria della Croce di Cristo nel salvare, nel redimere, nel farci incontrare e rincontrare il Signore ed introdurci così nella nostra salvezza completa ed eterna. Nessuno perciò deve sfuggire all’invito espresso da Gesù medesimo nel suo Vangelo: Se qualcuno vuol essere mio seguace e veramente mio fedele, prenda la sua croce e mi segua. Quando? L’Evangelista San Luca aggiunge: «cotidie»: ogni giorno. Portare la croce è, pertanto, una attitudine, è uno stato, una condizione propria della vita cristiana. Non possiamo esimerci, se vogliamo essere cristiani, dall’assumere, in qualche maniera, la Croce del Signore. E se ci domandiamo ancora in che consiste questa partecipazione, vedremo che i dolori, i doveri, i sacrifici impostici dalla vita ci vengono incontro per dirci: ecco la croce che il Signore ti ha preparato. Consegue per tutti un alto impegno. Invece di essere sempre ribelli, gente che non sa né rassegnarsi né vedere la provvidenza implicita nel dolore, occorre, al contrario, diventare forti, saggi, e pazienti e ripetere le grandi parole che il Signore ha pronunciato prima di salire al Calvario: Si compia, o Padre, la tua volontà.
Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.
Preghiamo con la Chiesa: O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito Santo ci aiuti a credere con il cuore, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla. Per il nostro Signore Gesù Cristo...