31 Luglio 2018

Martedì XVII Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “ I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 13,36-43: Il Vangelo oggi offre alle nostre povere orecchie alcune verità che non vorremmo sentire. Innanzi tutto, nel mondo degli umani operano i figli del maligno, insonni, stacanovisti, furbi e molto intelligenti. I figli del maligno proditoriamente provocano sciagure, tragedie, seminano lutti, ingolfano le menti umane di false verità, ingozzano le anime di peccato, fanno tutto questo, e a volte, senza trovare ostacoli, perché, come ci suggerisce la sacra Scrittura, i figli delle tenebre, in fatto di iniziative, sono più scaltri dei figli della luce (Lc 16,8). Se gli spiriti maligni si aggirano nel mondo, se il peccato è sempre in agguato, e gli stolti abboccano, le porte dell’Inferno saranno sempre spalancate, si chiuderanno il giorno del giudizio universale quando Satana accoglierà tra le sue calde braccia l’ultimo dannato (Mt 25,31-46). Queste sono dunque le verità che vorremmo bandire dal nostro cuore e dalla nostra mente: noi siamo venduti al peccato (Rm 7,14), l’Inferno c’è, e i custodi infernali, notte e giorno, come leone ruggente vanno in giro cercando chi divorare (1Pt 5,8), tutti ci presenteremo al tribunale di Dio (Rm 14,10). Come si può sfuggire a questo tsunami di disgrazie? Cercando di essere grano buono, anche dovendo stare accanto a cattive compagnie; mettendosi alle orecchie la buona cera della pazienza per non sentire le sirene che assediano il cuore e l’anima, e spendere ogni giorno almeno cinque minuti per meditare sulla morte, che, prima o dopo, chiederà il conto, senza sconti.


Spiegaci la parabola della zizzania nel campo: Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): Due terzi delle parabole evangeliche sul regno (41 su 63) sono spiegate da Gesù ai suoi discepoli. Quella della zizzania frammista al grano, che abbiamo letto sabato scorso, è una di queste. Allo stesso modo di quella del seminatore, la spiegazione della parabola della zizzania deve essere attribuita all’evangelista che, a sua volta, rispecchia la lettura che ne fece la comunità primitiva. Nell’interpretazione della parabola della zizzania notiamo due parti. La prima: spiegazione allegorica delle sette parole più importanti del racconto; è un piccolo lessico di termini allegorici. La spiegazione, richiesta dai discepoli, viene posta sulle labbra di Gesù che si trova già in casa: «“Spiegaci la parabola della zizzania nel campo”. Ed egli rispose: “Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli”». La seconda parte dell’interpretazione contrappone il destino divergente della zizzania e del grano, cioè dei peccatori e dei giusti, nel giudizio finale che è descritto con la classica terminologia apocalittica della Bibbia: fornace ardente, pianto e stridore di denti. Anche qui, come nella parabola del seminatore, si produce uno slittamento d’accento, perché la spiegazione non tocca il punto centrale della parabola, come l’ha raccontata Gesù, che è la pazienza tollerante di Dio. Invece dell’inevitabile coesistenza del grano e della zizzania, del bene e del male, di giusti e di peccatori, nel mondo e perfino dentro la Chiesa - che è l’accento teologico-kerigmatico principale della parabola in sé - la sua interpretazione mette in risalto la diversa sorte dei buoni e dei cattivi alla fine dei tempi. Per i primi c’è il regno del Padre, per i secondi la fornace ardente. Da tutto questo è implicitamente dedotta una esortazione: non abusare della pazienza di Dio, perché alla fine arriverà il suo giudizio.

Spiegazione della parabola della zizzania - Angelico Poppi (Sinossi e Commento): La seconda parte del discorso in parabole è rivolta esclusivamente ai discepoli. Infatti Gesù rientrò “nella casa” (di Pietro?). Matteo con il termine “casa” (oikia) forse allude al luogo abituale della catechesi cristiana in dimore private.
Richiesto dai discepoli, Gesù spiega loro la parabola della zizzania. Dapprima illustra il significato simbolico d’ogni termine (vv. 37-39); poi con un linguaggio dalle forti tinte apocalittiche fa riferimento al giudizio finale, nel quale avrà luogo la condanna dei malvagi e la glorificazione dei giusti (vv. 40-43). Nella spiegazione il ruolo del seminatore e del giudice non viene attribuito a Dio come nel racconto della parabola (v. 27), bensì al “Figlio dell’uomo”.
Mentre la parabola era focalizzata sul rinvio della separazione dei buoni dai cattivi nel giorno del giudizio, la spiegazione si riferisce alla loro sorte finale, indugiando sul destino orribile degli iniqui. L’impronta cristologica ed ecclesiale di tutto il brano evidenzia la rilettura postpasquale della parabola.
Matteo intende scuotere i cristiani tiepidi e rilassati, prospettando la sorte drammatica che attende i peccatori nel giorno del giudizio con la dannazione eterna. Il regno di Dio è già operante tra gli uomini: la collocazione tra i “figli del regno” oppure tra i “figli del malvagio” dipende dall’atteggiamento assunto da ciascuno nei confronti del Vangelo e dalla sua condotta.
v.37 Il seminatore è il Figlio dell’uomo, cui è attribuita pure la funzione di giudice con la mediazione dei “suoi angeli”.
v. 38 II campo designa “il mondo”. Emerge così la prospettiva universale della missione della Chiesa.
vv. 39-40 La mietitura si riferisce al giudizio finale.

Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro - Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): i giusti splenderanno come il sole; immagine familiare agli Ebrei; essa allude a Daniele, 12,3 . Il versetto racchiude una parola di conforto per i discepoli. Il regno cosi purificato passa dal Figlio al Padre e diventa il regno del Padre (cf. 1Corinti, 15,24).
Degna di rilievo è la continuità tra il regno del Figlio e quello del Padre.
La parabola della zizzania (13,24-30) e la spiegazione fatta da Cristo (13,36-43) - secondo l’opinione di alcuni esegeti non cattolici - suppongono delle condizioni che non sono quelle del tempo di Gesù, ma quelle della Chiesa primitiva. Per questo motivo tali studiosi affermano che la parabola come è stata trasmessa da Matteo non può risalire a Gesù. Fu la Chiesa primitiva che senti il bisogno di illuminare il problema della presenza dei
cattivi nella comunità; a questo problema risponde la parabola della zizzania, nella quale s’insegna che Dio tollera il male fino al momento dell’ultima e definitiva separazione dei buoni dai malvagi. L’esegesi cattolica non condivide questa interpretazione, perché Gesù nella parabola non intende formulare un principio di legge positiva, ma illuminare la natura del suo regno ed inoltre, perché la Chiesa primitiva non seguì il principio che la zizzania deve essere lasciata indisturbata fino alla raccolta. L’esempio di 1Corinti 5,1-5 indica come la Chiesa primitiva non tollerava gli indegni, ma li allontanava da sé colpendoli con l’anatema.

Giovanni Paolo II (Omelia 19 Luglio 1987): [...] ciò che tormenta di più l’intelligenza dell’uomo è la presenza del male nella storia, la sua origine e la sua finalità; solo dalla risposta a questi interrogativi l’uomo può trarre luce per la soluzione del problema della sua esistenza.
Gesù con la parabola del buon grano e della zizzania, da lui stesso poi interpretata e spiegata, rivela il motivo e il senso di questa tragica realtà.
Egli prima di tutto afferma chiaramente che il male c’è, è presente ed è dinamico nella storia degli uomini. Esso però non può venire da Dio, il creatore, che per essenza è Bene infinito ed eterno.
Dio è il seminatore del buon grano; innanzitutto con la creazione stessa, che è radicalmente e metafisicamente positiva, e poi con la Redenzione, perché “colui che semina il buon seme è figlio dell’uomo. Il seme buono sono i figli del regno”. Il male viene dal “nemico” e da coloro che lo seguono: “La zizzania sono i figli del maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo”.
Ci troviamo qui di fronte alla libertà, che Dio ha dato alle creature razionali: questa è la realtà più sublime e più tragica perché, usata male, è la causa della germinazione della zizzania nella vita del singolo e nella storia dell’umanità.
Il dramma della storia consiste proprio in questa convivenza del buon grano con la zizzania fino al termine della storia, fino alla mietitura: non è possibile, oggi, pensare la storia umana senza zizzania; e cioè - come dice Gesù stesso - non è possibile sradicare totalmente la zizzania, perché essa è commista al bene.
La zizzania vive e cresce nel campo del mondo; ma vive e prospera anche il buon grano; cresce e si sviluppa anche il grano di senape, che diventa un albero frondoso e ospitale; cresce e fermenta anche il lievito del bene nascosto nella posta dell’umanità.
Con estrema semplicità, ma con suprema autorità Gesù ci fa capire che l’intera storia umana, per quanto lunga e tribolata, ha come vertice la “mietitura” finale: ciò che conta veramente non è la storia che passa, ma l’eternità che ci attende.

Gaudium et spes n. 37: La sacra Scrittura, però, con cui si accorda l’esperienza dei secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell’uomo, porta con sé una seria tentazione.
Infatti, sconvolto l’ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente agli interessi propri e non a quelli degli altri; cosi il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l’aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno (Cf. Mt 24,13; 13,24-30 e 36-43).
Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio. Per questo la Chiesa di Cristo, fiduciosa nel piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto dell’Apostolo: «Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo» (Rm 12,2) e cioè a quello spirito di vanità e di malizia che stravolge in strumento di peccato l’operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell’uomo.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall’amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, destinata a durare, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che a gloria del tuo nome hai suscitato nella Chiesa sant’Ignazio di Loyola, concedi anche a noi, con il suo aiuto e il suo esempio, di combattere la buona battaglia del Vangelo, per ricevere in cielo la corona dei santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo...