18 Luglio 2018

Mercoledì XV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Può forse vantarsi la scure contro chi se ne serve per tagliare?” (I Lettura).  

Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-27: Nel brano evangelico si possono mettere in evidenza due temi. Il primo è quello dei piccoli, i quali proprio per la loro umiltà riescono a cogliere il mistero del Cristo. Il secondo tema è la rivelazione della divinità di Gesù: il Figlio conosce il Padre con la medesima conoscenza con cui il Padre conosce il Figlio. Il brano matteano è presente anche nel vangelo secondo Luca (10,21-22). Mentre in Matteo il brano è senza un chiaro nesso con il contesto, Luca  offre un’indicazione cronologica più precisa. Le cose nascoste sono i “«misteri del regno» in generale (Mt 13,11), rivelati ai «piccoli», i discepoli (cf. Mt 10,42), ma tenuti nascosti ai «sapienti», i farisei e i loro dottori” (Bibbia di Gerusalemme).
Questo passo, che richiama lo stile del quarto vangelo (cf. Gv 1,18; 3,11; 3,35; 6,46; 10,15, ecc.), esprime “nel fondo più primitivo della tradizione sinottica, come in Giovanni, la coscienza chiara che Gesù aveva dalla sua filiazione divina” (Bibbia di Gerusalemme).

L’espressione Signore del cielo e della terra, evoca l’azione creatrice di Dio (Cf. Gen 1,1). Il motivo della lode sta nel fatto che il Padre ha «nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoli». Molti anni dopo Paolo ricorderà queste parole di Gesù ai cristiani di Corinto: «Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,26-29).
... nessuno conosce il Figlio... La rivelazione della mutua conoscenza tra il Padre e il Figlio pone decisamente il brano evangelico in relazione «con alcuni passi della letteratura sapienziale riguardanti la sophia. Solo il Padre conosce il Figlio, come solo Dio conosce la sapienza [Gb 28,12-27; Bar 3,32]. Solo il Figlio conosce il Padre, così come solo la sapienza conosce Dio [Sap 8,4; 9,1-18]. Gesù fa conoscere la rivelazione nascosta, come la sapienza rivela i segreti divini [Sap 9,1-18; 10,10] e invita a prendere il suo giogo su di sé, proprio come la sapienza [Prov 1,20-23; 8,1-36]» (Il Nuovo Testamento, Vangeli e Atti degli Apostoli).
... nessuno conosce il Padre se non il Figlio... Gesù è l’unico rivelatore dei misteri divini, in quanto il Padre ne ha comunicato a lui, il Figlio, la conoscenza intera. Da questa affermazione si evince che Gesù è uguale al Padre nella natura e nella scienza, è Dio come il Padre, di cui è il Figlio Unico.

Benedetto Prete: Il passo 11,25-27 non ha un nesso stretto con il contesto: Matteo lo introduce con una espressione indeterminata (in quel tempo). Il versetto è concepito ed espresso alla maniera semitica; Cristo “benedice” (altri traducono: io ti lodo; io ti celebro) il Padre non per aver nascosto i misteri del regno (cf. Mt., 13,11) ai sapienti, ma per averli rivelati ai piccoli. I sapienti sono i Farisei ed i loro dottori; i piccoli (letteralmente: i fanciulli, gli infanti) designano i discepoli. Agli umili, ai semplici, ai sinceri è dato penetrare nel mistero del regno di Dio; a coloro invece che vanno superbi per la propria conoscenza della Scrittura (la Legge) non è dato penetrare nel piano della sapienza divina (cf. 1Corinti, 1,19-31). La vera sapienza che Cristo richiede non è lo studio compiacente della Legge, ma l’accettazione delle verità che egli annunzia. L’ab­bandono fiducioso dei semplici a Cristo permette loro di superare le difficoltà che presentano i misteri della rivelazione. Il detto supera la circostanza storica che lo ha suggerito al Maestro; esso non è rivolto unicamente agli Ebrei presenti, ma agli uomini di ogni tempo. Non l’intelligenza altera e soddisfatta di sé, ma l’intelligenza umile e sinceramente aperta alla verità accoglie il mistero di Dio e ne intravede le manifestazioni create. Le verità propriamente eccelse non sono quelle che l’uomo scopre con la perspicacia della sua intelligenza, ma quelle che Dio gli rivela. Giustamente questo versetto è considerato come «la perla» del Vangelo di Matteo.
v. 27 Passo di stile giovanneo. Il testo dimostra che la tradizione dei Sinottici conosceva la filiazione divina di Cristo. Gesù ha tutto ciò che possiede il Padre e lo manifesta a chi vuole. La presenza in Matteo e Luca (Lc, 10, 21-22) di questo passo di contenuto giovanneo costituisce una preziosa testimonianza per la storicità del IV vangelo.

... le hai rivelate ai piccoli: Dei Verbum 2: Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2Pt 1,4). Con questa Rivelazione infatti Dio invisibile (cfr. Col 1,15; 1 Tm 1,17) nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cfr. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cfr. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione comprende eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, che questa Rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la Rivelazione.

... nessuno conosce il Figlio se non il Padre - Dominum et vivificantem 20: La teofania del Giordano rischiara solo fugacemente il mistero di Gesù di Nazareth, la cui intera attività si svolgerà sotto la presenza attiva dello Spirito Santo. Tale mistero sarebbe stato da Gesù stesso svelato e confermato gradualmente mediante tutto ciò che «fece e insegnò». Sulla linea di questo insegnamento e dei segni messianici che Gesù compì prima di giungere al discorso di addio nel Cenacolo, troviamo eventi e parole che costituiscono momenti particolarmente importanti di questa progressiva rivelazione. Così l’evangelista Luca, che ha già presentato Gesù «pieno di Spirito Santo» e «condotto dallo Spirito nel deserto», ci fa sapere che, dopo il ritorno dei settantadue discepoli dalla missione affidata loro dal Maestro, mentre pieni di gioia gli raccontavano i frutti del loro lavoro, «in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: - Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto». Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui «piccoli». E l’evangelista qualifica tutto questo come «esultanza nello Spirito Santo». Una tale esultanza, in un certo senso, sollecita Gesù a dire ancora di più. Ascoltiamo: «Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».

... nessuno conosce il Padre se non il Figlio... - Il Padre rivelato dal Figlio: Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 240-242: Gesù ha rivelato che Dio è “Padre” in un senso inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio suo Unigenito, il quale non è eternamente Figlio se non in relazione al Padre suo: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27).
Per questo gli Apostoli confessano Gesù come “il Verbo” che “in principio” “era presso Dio”, “il Verbo” che “era Dio” (Gv 1,1), come “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), come l’“irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3).
Sulla loro scia, seguendo la Tradizione Apostolica, la Chiesa nel 325, nel primo Concilio Ecumenico di Nicea, ha confessato che il Figlio è “consustanziale” al Padre, cioè un solo Dio con lui. Il secondo Concilio Ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 381, ha conservato tale espressione nella sua formulazione del Credo di Nicea ed ha confessato “il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre” [Denz. -Schönm., 150].

Il privilegio dei piccoli di spirito - Sac. Dolindo Ruotolo (I Quattro Vangeli): Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù perciò si compiace dei piccoli di spirito, che in realtà sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell’amore celati ai così detti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all’orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma in realtà è stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. È questo un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina l’umana natura.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la sapienza infinita che lo conosce, il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti. Il Padre conosce stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, ed il Verbo, conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell’oceano dell’infinita luce ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua volontà è fonte di bene così è chiaro che la comunica non a capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e dell’amore di Dio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via,concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…