16 Luglio 2018

Lunedì XV Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni” (I Lettura).  

Dal Vangelo secondo Matteo 10,34-11,1: Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me... ascoltare questo insegnamento di Gesù a molti fa venire la pelle d’oca... sono pagine che danno fastidio, e che vorremmo strappare... e così, qualche volta, nella nostra insipienza riusciamo a neutralizzarle apportandovi becere correzioni secondo i nostri gusti. Ma è in questa pagina che troviamo il cuore della Buona Novella: la Croce, e soltanto la Croce può dare all’uomo, su questa terra, la vera pace, e, oltrepassati i confini della vita, la vera ed eterna beatitudine. Il tuo distintivo di cristiano non è nel crocifisso d’oro che porti al collo o vezzosamente come bijou sul bavero del tuo elegante tailleur. Potrai dimostrare di essere cristiano soltanto quando, mostrando le tue spalle, esse appariranno letteralmente scarnificate dal legno della Croce.

La pace - Friedrich Hauss: Pace deriva dall’aver tolto ogni opposizione con Dio e dall’aver restaurato con lui la comunione, per opera dell’azione riconciliatrice di Cristo. Le singole persone acquistano la pace in virtù dell’obbedienza di fede. In seguito all’opposizione del mondo a Dio, questa è una pace solo creduta e spesso collegata con uno stato esteriore di lotta. La pace esterna sarà stabilita solo quando, alla fine dei tempi, l’opposizione a Dio nel mondo sarà stata completamente eliminata.
Nell’Antico Testamento, la pace è uno stato tranquillo di benessere esteriore visto come un dono di Dio, una condizione di normalità di tutte le cose, uno stato della salvezza, e non la pace dell’anima del singolo. La lotta di Geremia si rivolge contro i falsi profeti che. parlano di pace là dove, invece, domina la più grande ribellione  a Dio. Soltanto Dio sa stabilire la pace vera, che è bene di salvezza escatologico (Is 2,4; Zac 9,9).
Nel Nuovo Testamento, la pace escatologica è iniziata con Gesù Cristo, ed è pace con Dio (Rm 5,1; Ef 2,14) così come pace tra gli uomini. Questa pace crea anche ordine nell’anima degli uomini (Rm 15,13). Essa trova il suo compimento al ritorno del Signore. Di essa parlano spesso le parole di saluto al termine delle lettere (Eb 13,20: E il Dio della pace, il quale trasse dai morti il gran pastore delle pecore, vi renda capaci di ogni opera buona! Rm 16, 20: Il Dio della pace schiacci ben presto Satana sotto i vostri piedi).

Chi ama padre o madre più di me: La Famiglia e il Regno: Catechismo della Chiesa Cattolica 2232-2233: I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. È necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù: « Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me » (Mt 10,37).
Diventare discepolo di Gesù significa accettare l’invito ad appartenere alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50). I genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore a qualcuno dei loro figli a seguirlo nella verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale. I genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale.

Amoris laetitia  17-18: I genitori hanno il dovere di compiere con serietà lo loro missione educativa, come insegnano spesso i sapienti della Bibbia (cfr Pr 3,11-12; 6,20-22; 13,1; 29,17). I figli sono chiamati ad accogliere e praticare il comandamento: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20,12), dove il verbo “onorare” indica l’adempimento degli impegni familiari e sociali nella loro pienezza, senza trascurarli con pretese scusanti religiose (cfr Mc 7,11-13). Infatti, «chi onora il padre espia i peccati, chi onora sua madre è come chi accumula tesori» (Sir 3,3-4).
Il Vangelo ci ricorda anche che i figli non sono una proprietà della famiglia, ma hanno davanti il loro personale cammino di vita. Se è vero che Gesù si presenta come modello di obbedienza ai suoi genitori terreni, stando loro sottomesso (cfr Lc 2,51), è pure certo che Egli mostra che la scelta di vita del figlio e la sua stessa vocazione cristiana possono esigere un distacco per realizzare la propria dedizione al Regno di Dio (cfr Mt 10,34-37; Lc 9,59-62). Di più, Egli stesso, a dodici anni, risponde a Maria e a Giuseppe che ha una missione più alta da compiere al di là della sua famiglia storica (cfr Lc 2,48-50). Perciò esalta la necessità di altri legami più profondi anche dentro le relazioni familiari: «Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). D’altra parte, nell’attenzione che Egli riserva ai bambini – considerati nella società del Vicino Oriente antico come soggetti privi di diritti particolari e come parte della proprietà familiare – Gesù arriva al punto di presentarli agli adulti quasi come maestri, per la loro fiducia semplice e spontanea verso gli altri: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,3-4).

... chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me - I Giorni del Signore (Commento delle Letture Domenicali): Portare lo propria croce, perdere lo propria vita «Nulla preferire all’amore di Cristo» può comportare strazianti rinunce anche agli affetti più legittimi. Ma non si tratta di esigenze che discendano da una sorta di vassallaggio totale ed esclusivo a un sovrano che non può ammettere concorrenti. Si tratta in realtà dell’accoglienza di Dio e della salvezza in virtù della partecipazione al mistero e alla persona del Cristo. Non c’è salvezza se non grazie alla croce, non c’è Salvatore fuorché il Cristo morto in croce e risorto. Non si può essere «degni di lui», essere suo discepolo, senza «prendere la propria croce», e questo significa che bisogna essere in comunione col suo mistero di morte per aver parte alla sua risurrezione. La croce - «perdere la propria vita» - è la tappa ineludibile per accedere alla vita, ma una tappa assunta «a causa» del Signore. Sì, qui siamo veramente nell’ordine del mistero, dell’amore, e non nell’ordine di un calcolo qualsiasi, o di una condizione arbitrariamente imposta. Giacché in se stesse la sofferenza e la morte - la croce - restano un male di cui solo il Cristo ha ribaltato il senso a motivo della sua risurrezione. Il vangelo e il suo annuncio, come la vita cristiana, sono contraddistinti in maniera indelebile dal segno della croce . L’evangelista e i discepoli hanno compreso appieno tutto ciò che voleva dire Gesù solo dopo la sua morte e la sua risurrezione.
Le espressioni: «prendere la propria croce», «perdere la propria vita per conservarla», assumono allora un senso insieme figurato - poiché non si tratta di riprodurre realmente la crocifissione di Gesù - e realistico, poiché le eventuali prove da sopportare sono davvero crocifiggenti.

La Croce di Gesù e del Cristiano - Nel linguaggio di ogni giorno la parola croce ha assunto un valore negativo; infatti, rappresenta tutto quello che umilia l’uomo, lasciandolo in balia della angoscia e della disperazione. Con cattivo gusto, anche una persona molesta viene chiamata croce.
Per il cristiano, invece, la croce è la somma di tutte le sofferenze patite dal Cristo e che la professione cristiana comporta. La croce è, in questo modo, redenzione, libertà e riscatto.
La croce prepara il cristiano al martirio: la testimonianza sino all’effusione del sangue, per il discepolo di Cristo, non è un incidente di percorso.
“L’immagine del portare la croce, come metafora indicante il sopportare dolore, abnegazioni, rinunce giornaliere o altri generi di ostilità e impedimenti che si impongono al cristiano, può sfociare nel martirio. Chi non accetta la sua porzione di sacrificio non potrà essere discepolo di Cristo” (Giuseppe D’Anna).
Chi ama Cristo brama la croce, il martirio è perfetta comunione con il divino Martire.
“Non vedo l’ora di godere delle belve - scriveva sant’Ignazio di Antiochia ai Romani - che mi sono preparate e bramo che si gettino subito su di me! Le aizzerò perché mi divorino in un istante...
Ora comincio a essere discepolo... Fuoco e croce, assalti di fiere, lacerazioni, strazi, slogature, mutilazioni, stritolamento di tutto il corpo, i più crudeli tormenti del demonio: tutto venga su di me, purché io raggiunga Gesù Cristo!”. La croce è la condizione necessaria per seguire il Maestro: essa non è un accessorio.

Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà - Ancora un paradosso che sconcerta i benpensanti. La parola di Gesù non lascia spazio ad equivoci: seguire Cristo, vivere la sua Parola, significa rischiare la vita terrena per guadagnare quella eterna. Potremmo dire che in queste parole si pone un’esplicita condizione: chi vuole trovare la Vita, quella vera, deve saper fare gettito della propria vita terrena. Questo imperativo evangelico ha un sapore squisitamente ascetico.
«Chi ama la propria vita - scriveva san Tommaso - in questo mondo, aspirando cioè ai beni del mondo, la perderà rispetto ai beni eterni... Chi nega alla sua anima i beni presenti e sopporta per Dio quelli che sembrano mali in questo mondo, la conserverà per la Vita eterna» (In Jo. ev. exp., XII).
Quando si rinunzia a una vita fondata sull’egoismo, sulla violenza, sulla corsa alle ricchezze, al potere, agli onori e alle medaglie, ci si avvia alla Vita vera, dove l’uomo vecchio è sepolto e dove rinasce nuova creatura: morti con Cristo, vivremo con lui. Sapientemente Eckhart diceva che il cristiano deve saper perdere la propria vita per tre motivi: «Il primo è che io devo rinunciarvi nella misura in cui è mia, giacché in quanto è mia non è di Dio. In secondo luogo quando non è perfettamente fissa, radicata e riflessa in Dio... Infine quando l’anima ha il desiderio di se stessa... anziché di Dio, che le è assolutamente al di sopra. Perciò il Cristo dice: “Chi ama la propria vita la porterà alla perdizione”». Da ultimo, non va sottovalutato il «bicchiere d’acqua fresca», perché sarà materia d’esame nel giorno del Giudizio. Qualcuno ha detto: «Homo homini lupus» (L’uomo è per l’altro un lupo). E Jean-Paul Sartre (1905-1980), considerato il fondatore dell’esistenzialismo francese, ha aggiunto: «Gli altri sono l’inferno».
La Parola di Dio è di parere diverso e aggiunge semplicemente: gli altri sono Gesù.
Un’affermazione che non permette tagli o deroghe. O si amano tutti, o si perdonano tutti o si accolgono tutti, o non si può essere discepoli di colui che è morto per tutti. Solo la carità permetterà di varcare legittimamente il portone del Paradiso e se è chiuso non si pensi di trovare delle finestre aperte!

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  “Dio ti ha chiamato a seguirlo e quindi devi portare una croce dietro a Lui, sia quella che sia. Se ne fuggi una, incorri in un’altra più pesante... Questa è la Via più vera, più sicura e più breve che si possa percorrere, che lo stesso sommo Maestro di ogni verità ha trovato, Lui stesso l’ha percorsa e l’ha insegnata a noi” (Johannes Tauler, Divine Istituzioni, 4).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via,concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…