15 Luglio 2018

XV Domenica T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro” (Vangelo).  

Dal Vangelo secondo Marco 6,7-13: La povertà degli apostoli è necessaria, ma molto più essenziale è la povertà della stessa missione: quando la Chiesa fa dipendere il suo annuncio unicamente dai mezzi, «è una Chiesa che si è indebolita nella sua fede» (José Maria Gonzáles-Ruiz). Essere mandati a due a due è in sintonia con la tradizione biblica, secondo la quale solo la testimonianza di due testimoni (o più) garantisce la veridicità di un fatto (Cf. Dt 19,15). Il potere sugli spiriti, che Gesù conferisce ai Dodici, è un potere teso a liberare l’uomo nella sua totalità come persona umana: in modo specifico è finalizzato a liberarlo dal peccato, dalla morte corporale e da quella spirituale. Scuotere la polvere dai piedi era un gesto con il quale gli Ebrei esprimevano il distacco dal mondo pagano e la messa sotto accusa di chi si chiudeva al messaggio del vero e unico Dio. L’unzione con l’olio è bene testimoniata nel mondo pagano e in quello biblico. In quest’ultimo l’unzione compare come segno messianico con il quale si evidenzia quanto la forza di Dio è capace di operare sul corpo e sullo spirito dell’uomo.

Compostella, Messale per la Vita Cristiana - Per mezzo dei suoi messaggeri, Dio ha preparato l’umanità, nel corso di una lunga storia, alla venuta di suo Figlio e alla rivelazione della salvezza da lui portata. Partendo dal popolo di Israele, il suo amore redentore doveva estendersi a tutti gli uomini. È il motivo per cui Gesù ha chiamato i Dodici a formare il nucleo del popolo definitivo di Dio e li ha fatti suoi collaboratori. Sono stati incaricati di vincere il potere del male, di guarire e di salvare gli uomini che avessero creduto al loro messaggio.
Solo una piccola parte del popolo di Israele ha creduto in Gesù e in quelli che egli ha mandato. Dopo la sua risurrezione, Gesù ha di nuovo mandato i suoi discepoli e accresciuto la loro missione e i loro poteri. Da allora gli inviati di Dio si recano presso tutti i popoli per offrire agli uomini il perdono di Dio e la vita nuova.
Ma non vi è che una piccola parte dell’umanità che ha sentito l’offerta divina e ha trovato la fede nell’amore di Dio e nella sua salvezza. Oggi che sono state smascherate le ideologie moderne del razionalismo e del nazionalismo, del fascismo e del socialismo, che si sono rivelate false dottrine di salvezza, si è operata una nuova apertura per il Vangelo presso molti popoli e molti uomini. E noi cristiani siamo tenuti, in modo nuovo, a portare la nostra testimonianza al nostro prossimo: per mezzo della nostra preghiera e del nostro impegno personale. Da questa testimonianza dipende non solo l’avvenire dell’umanità, ma anche quello della comunità ecclesiale ed il destino di ogni cristiano.

Gesù chiamò a sé i Dodici: Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 11 luglio 2009): Anzitutto, nell’essenziale narrazione evangelica di Marco, Gesù chiama i Dodici senza ulteriori specificazioni. Potrebbe, quindi, sorgere spontanea la domanda: perché proprio questi, per i quali non viene detto nulla né circa le virtù, né in merito alle disposizioni, alle doti o alle abilità particolari che li contraddistinguono rispetto ad altri? Anzi, come di seguito attesta l’evangelista, là dove manca loro qualcosa all’attuazione dell’incarico loro affidato, verrà ad essi aggiunto da Gesù stesso. Manca loro senz’altro quanto viene dato loro quando vengono mandati: l’autorizzazione ad annunciare il Regno di Dio, e questo con il potere di scacciare gli spiriti impuri e tutto ciò che si accompagna al mistero del male, il che è unicamente possibile se si ha lo Spirito Santo. Avendo ricevuto questi doni dal Signore, viene però loro richiesto di non mischiarli con i propri mezzi di appoggio, di propaganda o con alcunché che potrebbe costituire una garanzia umana; perciò, nessuna bisaccia, non pane, non denaro, non abiti e neppure la ricerca di una comoda abitazione, ma ricchi soltanto di una povertà umanamente disarmante, che è comunque capace di arricchire con la presenza stessa del Regno di Dio. Gli incarichi affidati ai Dodici, infatti, sono l’annuncio, il richiamo alla conversione, non il successo personale; anzi, se questo non ci sarà, ad essi non deve importare, devono semplicemente andare oltre e tentare altrove di portare un frutto che comunque non appartiene a loro.

La vocazione - Pastores dabo vobis n. 36: La storia di ogni vocazione sacerdotale, come peraltro di ogni vocazione cristiana, è la storia di un ineffabile dialogo tra Dio e l’uomo, tra l’amore di Dio che chiama e la libertà dell’uomo che nell’amore risponde a Dio. Questi due aspetti indissociabili della vocazione, il dono gratuito di Dio e la libertà responsabile dell’uomo, emergono in modo splendido e quanto mai efficace nelle brevissime parole con le quali l’evangelista Marco presenta la vocazione dei dodici: Gesù «salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui». Da un lato sta la decisione assolutamente libera di Gesù, dall’altro l’«andare» dei dodici, ossia il loro «seguire» Gesù.
È questo il paradigma costante, il dato irrinunciabile di ogni vocazione: quella dei profeti, degli apostoli, dei sacerdoti, dei religiosi, dei fedeli laici, di ogni persona.
Ma del tutto prioritario, anzi preveniente e decisivo è l’intervento libero e gratuito di Dio che chiama. Sua è l’iniziativa del chiamare. È questa, ad esempio, l’esperienza del profeta Geremia: « Mi fu rivolta la parola del Signore: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”». È la stessa verità presentata dall’apostolo Paolo, che radica ogni vocazione nell’eterna elezione in Cristo, fatta «prima della creazione del mondo e secondo il beneplacito della sua volontà». L’assoluto primato della grazia nella vocazione trova la sua perfetta proclamazione nella parola di Gesù: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga».
Se la vocazione sacerdotale testimonia in modo inequivocabile il primato della grazia, la libera e sovrana decisione di Dio di chiamare l’uomo domanda assoluto rispetto, non può minimamente essere forzata da qualsiasi pretesa umana, non può essere sostituita da qualsiasi decisione umana. La vocazione è un dono della grazia divina e mai un diritto dell’uomo, così che «non si può mai considerare la vita sacerdotale come una promozione semplicemente umana, né la missione del ministro come un semplice progetto personale». È così escluso in radice ogni vanto e ogni presunzione da parte dei chiamati. L’intero spazio spirituale del loro cuore è per una gratitudine ammirata e commossa, per una fiducia ed una speranza incrollabili, perché i chiamati sanno di essere fondati non sulle proprie forze, ma sull’incondizionata fedeltà di Dio che chiama.

Prese a mandarli a due a due ... E ordinò loro di non prendere nient’altro che un bastone ... - Jacques Hervieux (Vangelo di Marco): Il maestro comincia con l’inviare i discepoli « a due a due (v. 7b): si tratta di un’usanza giudaica? Nella legge di Mosè sono necessari due testimoni perché una deposizione sia valida (Dt 19,15). Ma questo numero è anche il simbolo della comunità: i missionari devono operare non da soli, ma in compagnia; questa procedura di Gesù è stata presa alla lettera dai primi cristiani. Negli Atti degli Apostoli i missionari procedono sempre in due: Pietro e Giovanni (At 3,1; 4,13); Paolo e Barnaba (At 13,2); Giuda e Sila (At 15,22b) e così via. Gesù ha conferito ai suoi inviati anche una particolare potere: la cacciata dei demòni, uno dei segni che attestano che il regno di Dio ha già avuto inizio.
Quello che colpisce anzitutto nei dettami di Gesù agli inviati (vv. 8-9) è che si rivolgono a uomini continuamente in viaggio; ma, soprattutto, pongono l’accento sulla testimonianza di povertà che essi debbono dare. Gli stessi mezzi di sussistenza (il pane, un po’ di denaro) saranno accettati come doni da parte di coloro che avranno visitato. Il loro corredo sarà dei più modesti, come si addice a viaggiatori che nulla deve impacciare (né bisaccia, né tunica di ricambio).
Per potersi muovere agevolmente, Marco pensa - al contrario di Matteo e di Luca - che il bastone e i sandali sono necessari. All’epoca si andava solitamente a piedi nudi: ma, per i lunghi percorsi, bastone e sandali sembrano necessari. Forse vi è l’idea di presentare i coadiutori di Gesù come dei «pellegrini» sempre pronti a mettersi in cammino, come quelli descritti dal rituale della Pasqua: «Con i vostri fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano» (Es 12,11).

... andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi: Benedetto Prete (I Quattro Vangeli): Scuotete la polvere dai vostri piedi; con questo atto gli apostoli si dichiaravano liberi da qualsiasi responsabilità che poteva derivare dal rifiuto del messaggio di salvezza annunziato da essi; le popolazioni, non ascoltando la parola apostolica, si mostravano indegne del vangelo e la colpevolezza di questa resistenza all’annunzio del regno di Dio ricadeva interamente su di esse. Gli inviati, scuotendo perfino la polvere dai loro piedi, dimostravano che gli Ebrei, ribelli all’invito della grazia, dovevano essere abbandonati al loro destino. Anche gli stessi Ebrei per indicare che non volevano avere nessun contatto con i pagani, considerati da essi impuri, scuotevano la polvere dei loro sandali, quando lasciavano le regioni pagane e rientravano nella terra santa della Palestina. Paolo e Barnaba, costretti ad abbandonare Antiochia di Pisidia a motivo di una sommossa provocata dagli Ebrei, ripeterono questo gesto prima di lasciare la città per recarsi a Iconio (cf. Atti, 13,51).

La cura dei malati - Catechismo degli Adulti nn. 712-13: Profonda è l’unità di spirito e corpo: il disordine del peccato danneggia indirettamente il fisico; viceversa la malattia  dell’organismo colpisce anche lo spirito, in quanto causa sofferenza, senso di impotenza, pericolo di morte, solitudine e angoscia. Il malato ha particolarmente bisogno di sincera solidarietà, che lo aiuti a superare la tentazione di abbattersi, di chiudersi nei confronti degli altri, di ribellarsi a Dio.
In ogni epoca, «animata da quella carità con cui ci ha amato Dio,... la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce agli uomini di qualsiasi condizione, ma soprattutto ai poveri e ai sofferenti, e si prodiga volentieri per loro». È una storia bellissima, malgrado gli inevitabili limiti umani: strutture ospedaliere, ordini religiosi, associazioni caritative, pastorale degli infermi, dedizione eroica di santi, tra i quali ricordiamo san Camillo de’ Lellis, san Giovanni di Dio, san Vincenzo de’ Paoli, san Giuseppe Cottolengo, il medico san Giuseppe Moscati. Oggi urge qualificare in senso cristiano gli operatori sanitari e promuovere il volontariato, per sottrarre i malati e gli anziani all’isolamento, in cui troppo spesso vengono a trovarsi.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “La povertà di Cristo rende possibile questo distacco affettivo dalle cose terrene per porre in vetta alle aspirazioni umane il rapporto con Dio” (Paolo VI).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio, che rivela al mondo il mistero del tuo amore e la vera dignità dell’uomo; colmaci del tuo Spirito, perché lo annunziamo ai fratelli con la fede e con le opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...