9 Giugno 2018

Cuore Immacolato di Maria


Oggi Gesù ci dice: «Beata la Vergine Maria: custodiva la parola di Dio, meditandola nel suo cuore» (Cfr. Lc 2,19).

Dal Vangelo secondo Luca 2,41-51: La memoria liturgica del Cuore Immacolato di Maria ha conosciuto una cammino in salita. Nel 1643 san Giovanni Eudes la cominciò a celebrare con i religiosi della sua congregazione, ma perché si estendesse a tutta la Chiesa si dovrà attendere il 1944. Fu proprio in questo anno che Pio XII la estese a tutta la Chiesa, a perenne ricordo della Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, da lui fatta nel 1942. La Liturgia della memoria “sottolinea il lavorio spirituale del cuore della prima discepola di Cristo e presenta Maria come protesa, nell’intimo del suo cuore, all’ascolto e all’approfondimento della parola di Dio. Maria medita nel suo cuore gli eventi in cui è coinvolta insieme a Gesù, cercando di penetrare il mistero che sta vivendo: conservare e meditare nel suo cuore tutte le cose, le fa scoprire la volontà del Signore, come un pane che la nutre nell’intimo, come un’acqua zampillante in un fecondo terreno. Con questo suo modo di agire, Maria ci insegna a nutrirci in profondità del Verbo di Dio, a vivere sfamandoci e abbeverandoci di lui e soprattutto a trovare Dio nella meditazione, nella preghiera e nel silenzio. Maria, infine, ci insegna a riflettere sugli avvenimenti della nostra vita quotidiana e a scoprire in essi Dio che si rivela, inserendosi nella nostra storia” (Nino Grasso).

Cuore - Gabriel Miller: La parola vien usata relativamente di rado per designare l’organo del corpo, molto spesso invece in senso traslato. Quello di cuore è il concetto collettivo per l’essenza e il carattere dell’uomo. Quando Sansone apre il suo cuore a Dalila, entrò in suo potere e cadde in disgrazia (Gdc 16,12s). Il cuore abbraccia tutto l’atteggiamento attivo che scaturisce dal carattere degli uomini. Quando a qualcuno viene affidato un incarico importante, egli riceve anche un cuore nuovo, vale a dire viene posto in una situazione completamente nuova che rende possibile l’assolvimento del compito (1Sam 10,9).
Difficoltà, disgrazia o colpa spezzano il cuore. Chi è consapevole della sua colpa si avvicina a Dio con un cuore affranto che perciò si rivolge a lui (per es. Sal 34,9). L’uso veterotestamentario della parola è determinante anche per quello neotestamentario.
Anche nel Nuovo Testamento il cuore è la sorgente del sentimento e del pensiero. Il cuore si riempie di sofferenza (Gv 16,6).
L’amore di Dio è un amore “di tutto cuore” (Mc 12,30). Con il cuore si capisce, si pensa, ci si ricorda (Gv 12,40; At 7,23; Lc 2,51). Il cuore è la sorgente dell’atteggiamento della vita in genere. I “puri di cuore” sono coloro il cui atteggiamento di fondo è integro e che agiscono in conformità ad esso (Mt 5,8).
Un cuore impuro ha delle conseguenze sul comportamento.
“Amare Dio di tutto cuore” significa l’affidamento totale a Dio (Mt 22,37). Il termine cuore - come anche nel nostro uso linguistico - viene usato anche nella Bibbia.

Quando egli ebbe dodici anni...: CCC 583: Gesù, come prima di lui i profeti, ha manifestato per il Tempio di Gerusalemme il più profondo rispetto. Vi è stato presentato da Giuseppe e Maria quaranta giorni dopo la nascita. All’età di dodici anni decide di rimanere nel Tempio, per ricordare ai suoi genitori che egli deve occuparsi delle cose del Padre suo. Vi è salito ogni anno, almeno per la Pasqua, durante la sua vita nascosta; lo stesso suo ministero pubblico è stato ritmato dai suoi pellegrinaggi a Gerusalemme per le grandi feste ebraiche.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio: CCC 533-534: La vita nascosta di Nazaret permette ad ogni uomo di essere in comunione con Gesù nelle vie più ordinarie della vita quotidiana:
«Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo... In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile del lo spirito. . . Essa ci insegna il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile. . . Infine impariamo una lezione di lavoro. Oh! dimora di Nazaret, casa del “Figlio del falegname”! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana... Infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello».
Il ritrovamento di Gesù nel Tempio è il solo avvenimento che rompe il silenzio dei Vangeli sugli anni nascosti di Gesù. Gesù vi lascia intravvedere il mistero della sua totale consacrazione a una missione che deriva dalla sua filiazione divina: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Maria e Giuseppe «non compresero» queste parole, ma le accolsero nella fede, e Maria «serbava tutte queste cose nel suo cuore» nel corso degli anni in cui Gesù rimase nascosto nel silenzio di una vita ordinaria.

I tre giorni dello smarrimento: CdA 779: A dodici anni Gesù partecipa al pellegrinaggio a Gerusalemme per la festa di Pasqua e compie un misterioso gesto profetico. Al momento di ripartire, senza che i suoi se ne accorgano, rimane nel tempio. Lo ritrovano dopo tre giorni di angosciosa ricerca. Maria gli ricorda, in modo discreto, il diritto dei genitori: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). La risposta è enigmatica: Gesù appartiene a un altro Padre e deve abitare con lui. Ma torna a Nàzaret, obbediente e sottomesso. Al compiersi dei suoi giorni terreni, un’altra Pasqua, svelerà il senso di questo abitare con il Padre. Maria e Giuseppe al momento non comprendono, ma riflettono in silenzio. Intanto passano i lunghi anni della vita nascosta: lavoro quotidiano, intimo contatto col Mistero, fatica di credere.

Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? - (Il Nuovo Testamento): v. 492,49 Sembra un’eco della domanda rivolta alle donne al sepolcro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (24,5). Nella risposta di Gesù c’è l’invito a non fermarsi alle logiche umane a all’emotività dei sentimenti, ma a sapersi inserire nelle dinamiche di un disegno e di un destino più grandi.
Per Gesù l’unico riferimento essenziale sono le cose del Padre rispetto alle quali anche i legami con la famiglia passano in secondo piano. Ciò che conta infatti per lui e che sente come dovere assoluto (dei, “è necessario molto frequente in Lc/At) è di abbracciare il piano di salvezza fino al suo compimento, che avverrà nell’ultima Pasqua a Gerusalemme.

... stava loro sottomesso: CCC 531-532: Durante la maggior parte della sua vita, Gesù ha condiviso la condizione della stragrande maggioranza degli uomini: un’esistenza quotidiana senza apparente grandezza, vita di lavoro manuale, vita religiosa giudaica sottomessa alla Legge di Dio, vita nella comunità. Riguardo a tutto questo periodo ci è rivelato che Gesù era “sottomesso” ai suoi genitori e che “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,51-52).
Nella sottomissione di Gesù a sua Madre e al suo padre legale si realizza l’osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è l’immagine nel tempo dell’obbedienza filiale al suo Padre celeste. La quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e anticipava la sottomissione del Giovedì Santo: «Non [...] la mia volontà...» (Lc 22,42). L’obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta inaugurava già l’opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore: Ortensio Da Spinetoli (I Quattro Vangeli): vv. 51-52 Vengono qui riuniti i tre ritornelli, della partenza, del ricordo riflessivo di Maria, della crescita.
L’aggiunta ed era loro sottomesso è densa di significato teologico e sembra in netto contrasto con l’indipendenza rivendicata da Gesù dopo il ritrovamento. In realtà, durante tutto il periodo della sua vita umile e nascosta, trascorsa a Nazaret, egli visse in piena sottomissione ai genitori. Maria conservava tutte queste cose nel suo cuore, cioè andava assimilando tutte le parole-evento (dietèrei panta tà remata) nel suo cuore con una adesione di fede sempre più profonda. Gli eventi dell’infanzia costituivano anche per lei un enigma, che si sarebbe progressivamente svelato alla sua intelligenza, tutta protesa nella contemplazione del mistero del Figlio. Alla conclusione del vangelo dell’infanzia Maria appare intimamente associata al suo destino ed è presentata come modello di ascolto della Parola. Il dolce rimprovero rivoltole da Gesù risulta così attenuato, perché Le suggerisce che la sua meditazione continua sull’identità trascendente del Figlio le avrebbe consentito di penetrare nel suo mistero, sino alla sua rivelazione nell’evento pasquale.
Il ritornello della crescita conclude il vangelo dell’infanzia, saldando armonicamente la prima con la seconda venuta di Gesù al tempio (vv. 40 e 52). Esso costituisce come una cerniera tra la vita privata e quella pubblica di Gesù, che cresceva in «statura» e in «grazia». Il greco hèlikia significa anche «età» (così lo intende qui Fitzmyer, 1, p. 446). Nel presente contesto sembra preferibile riferirlo alla crescita nella «statura» (cf. 19,3) oppure nella maturità. Gesù, benché avesse dimostrato un’intelligenza superiore nell’incontro con i dottori, continuava a crescere nella «sapienza». La crescita nella «grazia» indica la manifestazione progressiva della sua bontà, che lo rendeva amabile e che si concretizzava nella sottomissione ai genitori, in conformità al volere del Padre celeste.

Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore: Giovanni Paolo II (Omelia, 1 gennaio 1994): “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Erano cose della massima importanza: per lei come pure per noi! Per tutta la vita Maria avrebbe continuato a ricordare gli eventi attraverso i quali Iddio la conduceva. Ricordava la notte di Natale, la grande premura di Giuseppe, avvertito da Dio del pericolo incombente sul Bambino, la fuga in Egitto. Ricordava anche quanto aveva udito dalla bocca di Simeone, al momento della presentazione del Bambino al Tempio; e le parole di Gesù, appena dodicenne, in occasione della prima visita al Tempio: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49). Tutto questo ricordava, meditandolo nel suo cuore. Si può supporre che in seguito ne abbia parlato agli Apostoli ed ai discepoli, a san Luca e a san Giovanni. In questo modo la verità sulla divina maternità trovò il suo posto nei Vangeli.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “Tuo padre e io, addolorati, ti cercavamo: erano addolorati per la sua assenza, poiché la sua presenza per noi è dolcissima. Questo moralmente significa che dobbiamo cercare Cristo nel dolore della conversione, così lo troveremo, se non sarà da noi allontanato a causa del peccato” (Nicola di Lira, Sermo, 8,6-7).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito Santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...