8 Giugno 2018

Sacratissimo Cuore di Gesù


Oggi Gesù ci dice: «Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore, e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29).

Dal Vangelo secondo Giovanni 19,31-37: Osea, Paolo, Giovanni, sono i cantori dell’amore infinito di Dio, un grande e gratuito amore che si è fatto “carne” in Cristo Gesù: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Il Vangelo di Giovanni ci sospinge sul Calvario per condolerci con il Figlio di Dio; gli ultimi spasmi, e poi la falce della morte miete la vita della pacifica Vittima pasquale ... La dolorosa frattura delle gambe serviva per accelerare la morte del condannato, quasi un gesto di pietà. L’abitudine dei romani, invece, era quella di lasciare i cadaveri in croce per accrescere il terrore nella popolazione. I soldati non spezzano le gambe di Gesù perché già morto e il senso viene chiarito con riferimento all’agnello pasquale, di cui non gli sarà spezzato alcun osso (cfr. Nm 9,12). Così morendo nell’ora e in prossimità degli agnelli di Pasqua, Gesù diventa misteriosamente il nuovo agnello pasquale, per mezzo del quale si riattualizza la grande festa della liberazione. Il soldato per accertarsi della morte del condannato gli squarcia il costato, e subito ne uscì sangue e acqua. Il significato di questo avvenimento “sarà precisato da due testi della Scrittura [vv 36s]. Il sangue [Lv 1,5; Es 24,8] attesta la realtà del sacrificio dell’agnello offerto per la salvezza del mondo (Gv 6,51), e l’acqua, simbolo dello Spirito, la sua fecondità spirituale. Molti Padri hanno visto nell’acqua il simbolo del battesimo nel sangue quello dell’eucaristia e in questi due sacramenti il segno della chiesa, nuova Eva che nasce dal nuovo Adamo [cfr. Ef 5,23-32]” (Bibbia di Gerusalemme).

Teologia della celebrazione (Vincenzo Raffa, Liturgia Festiva): Oggetto del culto della nostra solennità non è solo l’amore che Cristo porta a noi, ma anche il suo cuore umano, corporale. L’umanità del Cristo infatti è tutta interamente degna di adorazione perché tutta unita ipostaticamente alla persona del Verbo.
Nulla però in ciò che Cristo assunse da noi è più meritevole di ottenere il nostro culto, del cuore. Il cuore è considerato come il simbolo di quanto di più nobile e di più spirituale caratterizza la personalità umana. È il centro dei sentimenti e delle aspirazioni, il focolare della gioia e del dolore, lo strumento più sensibile delle risonanze esteriori e delle vibrazioni interiori, il fulcro di quella forza che muove ogni cosa e che crea i rapporti con gli altri, la sede di ogni eroismo e di ogni iniziativa, in una parola l’emblema e la sede dell’amore. Per l’antichità e per molte culture, centro psichico di tutto questo mondo di emozioni, di intenzioni e di impulsi non è il cervello, ma il cuore. Noi adoriamo il cuore di Cristo perché per noi è l’immagine dell’ideale di tutta la sua umanità, di ciò che maggiormente la caratterizza e la spiega.
In particolare il cuore di Cristo viene adorato perché incarnazione eloquente del triplice amore: quello divino infinito, rivelato nel Verbo, comune alle tre persone della SS. Trinità; quello spirituale infuso dallo Spirito Santo come in tutti i cuori santificati dalla sua inabitazione; quello sensibile, affettivo, connaturale a ogni uomo (cfr. Enc. Haurietis aquas del 15.5.1956: D 3922-3925).
La Chiesa nel Cuore di Gesù adora il segno di questa misteriosa circolazione di vita che, pur avendo diverse sorgenti, resta sempre l’unico grande segreto di tutta l’esistenza e di tutta l’opera del Cristo.

Benedetto XVI (Omelia, 19 Giugno 2009): Nell’Antico Testamento si parla 26 volte del cuore di Dio, considerato come l’organo della sua volontà: rispetto al cuore di Dio l’uomo viene giudicato. A causa del dolore che il suo cuore prova per i peccati dell’uomo, Iddio decide il diluvio, ma poi si commuove dinanzi alla debolezza umana e perdona. C’è poi un passo veterotestamentario nel quale il tema del cuore di Dio si trova espresso in modo assolutamente chiaro: è nel capitolo 11 del libro del profeta Osea, dove i primi versetti descrivono la dimensione dell’amore con cui il Signore si è rivolto ad Israele all’alba della sua storia: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (v. 1). In verità, all’instancabile predilezione divina, Israele risponde con indifferenza e addirittura con ingratitudine. “Più li chiamavo - è costretto a constatare il Signore -, più si allontanavano da me” (v. 2). Tuttavia Egli mai abbandona Israele nelle mani dei nemici, perché “il mio cuore - osserva il Creatore dell’universo - si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (v. 8).
Il cuore di Dio freme di compassione! Nell’odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Egli non si arrende dinanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato. Tutto questo a caro prezzo: il Figlio Unigenito del Padre si immola sulla croce: “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (cfr. Gv 13,1). Simbolo di tale amore che va oltre la morte è il suo fianco squarciato da una lancia. A tale riguardo, il testimone oculare, l’apostolo Giovanni, afferma: “Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue ed acqua” (cfr. Gv 19,34) [...] Cari fratelli e sorelle, fermiamoci insieme a contemplare il Cuore trafitto del Crocifisso. Abbiamo ascoltato ancora una volta, poco fa, nella breve lettura tratta dalla Lettera di san Paolo agli Efesini, che “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatti rivivere con Cristo... Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù” (Ef 2, 4-6). Essere in Cristo Gesù è già sedere nei cieli. Nel Cuore di Gesù è espresso il nucleo essenziale del cristianesimo; in Cristo ci è stata rivelata e donata tutta la novità rivoluzionaria del Vangelo: l’Amore che ci salva e ci fa vivere già nell’eternità di Dio. Scrive l’evangelista Giovanni: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (3,16). Il suo Cuore divino chiama allora il nostro cuore; ci invita ad uscire da noi stessi, ad abbandonare le nostre sicurezze umane per fidarci di Lui e, seguendo il suo esempio, a fare di noi stessi un dono di amore senza riserve.

Il Cuore del Verbo incarnato: CCC 478: Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Ci ha amati tutti con un cuore umano. Per questo motivo, il sacro Cuore di Gesù, trafitto a causa dei nostri peccati e per la nostra salvezza, “[...] è considerato il segno e simbolo principale ... di quell’infinito amore, col quale il Redentore divino incessantemente ama l’eterno Padre e tutti gli uomini”.

Il sacrificio cruento della Croce: Pio XII (Lettera Enciclica Haurietis Aquas III): Non contento del dono incruento di sé, sotto le specie del pane e del vino, il Salvatore nostro Gesù Cristo vi volle aggiungere, come suprema testimonianza della sua profonda, infinita dilezione, il Sacrificio cruento della Croce. Così facendo, Egli dava l’esempio di quella sublime carità, che aveva indicato ai suoi discepoli come meta finale dell’amore con queste parole: «Nessuno ha un amore più grande di questo, di uno che dia la vita per i suoi amici». Pertanto, l’amore di Gesù Cristo Figlio di Dio svela nel Sacrificio del Golgota, e nel modo più eloquente, l’amore stesso di Dio: «Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio, perché Egli ha dato la sua vita per noi, e così noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli». E in realtà, il nostro divin Redentore è stato confitto al legno della Croce più dalla veemenza interiore del suo amore che dalla brutale violenza esterna dei suoi carnefici; e il suo volontario olocausto è il dono supremo che il suo Cuore ha fatto ad ogni singolo uomo, secondo la incisiva sentenza dell’Apostolo: «(Il) Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se stesso per me».

Giovanni Paolo II (Angelus, 1 Luglio 1984): Durante tutto il mese di giugno la Chiesa ha messo davanti a noi i misteri del Cuore di Gesù, Dio-Uomo. Questi misteri sono enunziati in modo penetrante nelle litanie del Sacratissimo Cuore, che possono essere cantate, possono essere recitate, ma soprattutto debbono essere meditate. Negli ultimi giorni del mese di giugno tutti questi misteri sono stati proposti nella loro globalità dalla liturgia della solennità del Sacratissimo Cuore.
Ecco le parole di san Giovanni apostolo:
“Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati... perché noi avessimo la vita per lui” (1Gv 4,9-10).
V’è qui la sintesi di tutti i misteri nascosti nel Cuore del Figlio di Dio: l’amore “preveniente”, l’amore “soddisfattorio”, l’amore vivificante.
Questo Cuore pulsa con il sangue umano, che è stato versato sulla croce. Questo Cuore pulsa con tutto l’inesauribile amore che è eternamente in Dio. Con questo amore esso è sempre aperto verso di noi, attraverso la ferita che vi ha aperto la lancia del centurione sulla croce.
“Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,11): l’amore fa nascere l’amore, sprigiona l’amore e si realizza mediante l’amore. Ciascuna particella di vero amore nel cuore umano ha in sé qualcosa di ciò di cui il Cuore del Dio-Uomo è colmo senza limiti.
Perciò egli chiede a noi nella liturgia della solennità del Sacratissimo Cuore: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me” (Mt 11, 28-29).
Tu, o Madre di Cristo, hai ubbidito per prima a questa chiamata. Meditando, nella preghiera dell’Angelus, sul mistero dell’Annunciazione, ti preghiamo: insegnaci ad aprire i nostri cuori all’amore che è nel Cuore di Gesù, come tu gli hai aperto il Cuore sin dal primo “fiat”. E come l’hai aperto sempre. Insegnaci, Madre, ad essere in intimità, nella verità e nell’amore, con il Cuore divino del tuo Figlio.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** «Nel linguaggio biblico il “cuore” indica il centro della persona, la sede dei suoi sentimenti e delle sue intenzioni. Nel cuore del Redentore noi adoriamo l’amore di Dio per l’umanità, la sua volontà di salvezza universale, la sua infinita misericordia. Rendere culto al Sacro Cuore di Cristo significa, pertanto, adorare quel Cuore che, dopo averci amato sino alla fine, fu trafitto da una lancia e dall’alto della Croce effuse sangue e acqua, sorgente inesauribile di vita nuova» (Benedetto XVI, Angelus, 5 Giugno 2005).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Padre di infinita bontà e tenerezza, che mai ti stanchi di sostenere i tuoi figli e di nutrirli con la tua mano, donaci di attingere dal Cuore di Cristo trafitto sulla croce la sublime conoscenza del tuo amore, perché rinnovati con la forza dello Spirito portiamo a tutti gli uomini le ricchezze della redenzione. Per il nostro Signore Gesù Cristo...