4 Giugno 2018


Lunedì Feria IX Settimana «per annum»


Oggi Gesù ci dice: “Mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità” (Prima Lettura).

Dal Vangelo secondo Marco 12,1-12: La parabola dei contadini omicidi arriva senza difficoltà al cuore di chi ascolta. Il padrone della vigna è il Padre, i servi sono i profeti e il figlio prediletto, cacciato fuori dalla vigna e ucciso da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo, è Gesù. Alla ostinazione e alla malvagità del suo popolo, il padrone della vigna risponderà facendo uccidere i vignaioli e affidando ad altri la vigna. Il regno di Dio andrà a coloro che avranno creduto, i quali consegneranno a suo tempo al padrone del campo i frutti. Per convalidare questo annuncio, Gesù evoca il testo del salmo 117 attribuendolo a se stesso. L’immagine della pietra, scartata dai costruttori e scelta da Dio come testata d’angolo, sta ad indicare che ciò che è disprezzato dagli uomini, per il Signore diviene fondamento di salvezza.

Israele, vigna infedele a Dio. - M.-F. Lacan: Sposo e vignaiolo, il Dio di Israele ha la sua vigna, che è il suo popolo. Per Osea, Israele è una vigna feconda che rende grazie della sua fecondità ad altri che a Dio, quel Dio che, mediante l’alleanza, è il suo sposo (Os 10,1; 3,1). Per Isaia, Dio ama la sua vigna, ha fatto tutto per essa, ma invece del frutto di giustizia che attendeva, essa gli ha dato l’acerba vendemmia del sangue versato; egli l’abbandonerà ai devastatori (Is 5,1-7). Per Geremia, Israele è una vigna scelta, inselvatichita e divenuta sterile (Ger 2,21; 8,13), che sarà divelta e calpestata (Ger 5,10; 12,10). Ezechiele infine paragona ad una vigna feconda, poi inaridita e bruciata, ora Israele infedele al suo Dio (Ez 19,10-14; 15,6 ss), ora il re infedele ad un’alleanza giurata (17,5-19).
Verrà un giorno in cui la vigna fiorirà sotto la custodia vigilante di Dio (Is 27,25). A tale scopo Israele invoca l’amore fedele di Dio: possa egli salvare questa vigna che ha trapiantato dall’Egitto nella sua terra e che ha dovuto abbandonare allo sterminio ed al fuoco! Ormai essa gli sarà fedele (Sal 80,9-17). Ma non sarà Israele a mantenere questa promessa. Riprendendo la parabola di Isaia, cosi Gesù riassume la storia del popolo eletto: Dio non ha cessato di aspettare i frutti della sua vigna; ma invece di ascoltare i profeti da lui mandati, i vignaioli li hanno maltrattati (Mc 12, 1-5). Colmo dell’amore: egli manda ora il suo Figlio diletto (12,6); in risposta i capi del popolo porteranno al colmo la loro infedeltà, uccidendo il Figlio di cui la vigna è l’eredità. Perciò i colpevoli saranno castigati, ma la morte del Figlio aprirà una nuova tappa del disegno di Dio: affidata a vignaioli fedeli, la .vigna darà finalmente il suo frutto (12,7ss; Mt 21,41ss).
Quali saranno questi vignaioli fedeli? Le proteste platoniche non servono a nulla: occorre un lavoro effettivo, il solo che renda (Mt 21,28-32). Per fare la sua vendemmia, Dio accoglierà tutti gli operai: lavorando fin dal mattino, od assoldati all’ultima ora, tutti riceveranno la stessa ricompensa. Infatti la chiamata al lavoro e l’offerta del salario sono doni gratuiti e non diritti che l’uomo possa rivendicare: tutto è grazia (Mt 20, 1-15).

Ne aveva ancora uno, un figlio amato... Benedetto Prete (Vangelo secondo Marco): Versetto 6 Gli rimaneva ancora qualcuno, il suo figlio carissimo; la descrizione di Marco ha qui un accento molto patetico; nessun padre, dopo ciò che era avvenuto, avrebbe esposto la vita del figlio ad un tale pericolo. La parabola a questo punto sconfina nell’allegoria; il versetto infatti ha qui un carattere cristologico nettamente accentuato, poiché un tale padre non può essere che Dio ed un tale figlio, soltanto Gesù (si notino le espressioni: il suo figlio carissimo, l’erede).
Versetto 8 L’uccisero e lo gettarono fuori della Vigna; è la prima allusione, fatta in pubblico da Gesù, alla sua morte violenta (l’uccisero).
L’ordine delle azioni (uccidere, gettare fuori) indicato da Marco sembra essere il primitivo; Matteo e Luca, i quali nei passi paralleli hanno l’ordine inverso (gettar fuori, uccidere), furono probabilmente influenzati dal desiderio di un’accomodazione scritturistica analoga a quella della Lettera agli Ebrei, 13,12 che s’ispira ai riti della festa dell’ espiazione (cf. Levitico, 16,27) e dallo svolgimento storico dei fatti; (Cristo fu crocifisso fuori le mura di Gerusalemme).
Versetto 9 Darà la vigna agli altri; questa espressione conclusiva, breve e semplice, conserva il carattere primitivo della parabola; Matteo ha una conclusione più ampia (cf. Mt., 21,41) poiché segnala l’applicazione di essa agli ascoltatori presenti, affermando che il regno di Dio passerà dagli Ebrei ai pagani (cf. Mt., 21,43).
Con questa parabola allegoricamente Gesù rivolge ai suoi avversari un supremo ammonimento indicando loro, con parole fortemente allusive, che egli non ignora ciò che hanno divisato di fare contro di lui.

Io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Questo affidamento però non suggerisce un’idea di appropriazione; infatti, la vigna viene soltanto affidata alla Chiesa ed essa dovrà dare i frutti a tempo debito. È un dono che non porta il marchio della infallibilità; quindi, rimane possibile, anche per la Chiesa, la probabilità di un ripudio.
L’affermazione può sembrare temeraria, ma «ha il vantaggio di provocare una precisazione. La Chiesa è per sua natura santa perché corpo e sposa di Cristo e animata dallo Spirito Santo. Non potrà mai essere ripudiata perché è indefettibile [Mt 16,18]. Dio non può ripudiare suo Figlio di cui la Chiesa è corpo. Però se non c’è il pericolo del ripudio collettivo, rimane sempre quello del rigetto individuale, tanto più grave quanto maggiori sono i sussidi a disposizione di ognuno» (Vincenzo Raffa).
È la minaccia del Padre di resecare ogni tralcio che in Cristo non porta frutto: «Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato» (Gv 15,1-2). Allora la parabola richiama il «bisogno di riacquistare il senso che la Chiesa è anzitutto dono di Dio e che noi stessi lo siamo, che in essa egli ha stabilito con noi un rapporto di amore e di fiducia e che ci domanda il contraccambio di tale rapporto come primo frutto» (Bruno Barisan).

... darà in affitto la vigna ad altri contadini - I contadini omicidi saranno puniti, ma “la morte del Figlio aprirà una nuova tappa del disegno di Dio: affidata a vignaioli fedeli, la vigna darà finalmente il suo frutto” (M.-F. Lacan). Il testimòne è così passato alla Chiesa e sarà essa a dare i frutti a Dio, in quanto «podere o campo di Dio. In quel campo cresce l’antico olivo, la cui santa radice sono stati i patriarchi e nel quale è avvenuta e avverrà la riconciliazione dei Giudei e delle genti. Essa è stata piantata dal celeste Agricoltore come vigna scelta. Cristo è la vera Vite, che dà vita e fecondità ai tralci, cioè a noi, che per mezzo della Chiesa rimaniamo in lui e senza di lui nulla possiamo fare» (Catechismo della Chiesa Cattolica 755).
La Chiesa edificata da Gesù sopra la roccia di Pietro, custodirà e confermerà la fede dei suoi membri: «Cristo, “Pietra viva”, assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli» (Catechismo della Chiesa Cattolica  552).
E perché questa missione sia indefettibile, la Chiesa deve conservare con grande attenzione la fede che ha ricevuto in dono, credervi in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predicare la verità della fede, insegnarla e trasmetterla con voce unanime, come se avesse una sola bocca (Catechismo della Chiesa Cattolica 173).
In pratica, essa deve trasmettere e confessare fedelmente «la sua unica fede, ricevuta da un solo Signore, trasmessa mediante un solo Battesimo, radicata nella convinzione che tutti gli uomini non hanno che un solo Dio e Padre» (Catechismo della Chiesa Cattolica 172).
Custodire, trasmettere, confessare sono le peculiarità irrinunciabili della Sposa di Cristo (Catechismo della Chiesa Cattolica  796).
In particolare custodirà fedelmente la fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte.
Conserverà con cura la memoria delle Parole di Cristo e trasmetterà di generazione in generazione la confessione di fede degli Apostoli (Catechismo della Chiesa Cattolica 171).
Ma avrà anche il compito di insegnare il linguaggio della fede: «Come una madre che insegna ai suoi figli a parlare, e con ciò stesso a comprendere e a comunicare, la Chiesa, nostra Madre, ci insegna il linguaggio della fede per introdurci nell’intelligenza della fede e nella vita» (Catechismo della Chiesa Cattolica  171).
Fedeltà fino al martirio. È inimmaginabile che la Chiesa, la cui vocazione è quella di essere in questo mondo il sacramento della salvezza, il segno e lo strumento della comunione di Dio e degli uomini (Catechismo della Chiesa Cattolica 780), tradisca il suo Fondatore, sia ingrata o sia incapace di produrre quei frutti che il divino Agricoltore esige affinché il suo regno sia sempre più dilatato, finché alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento (Catechismo della Chiesa Cattolica  782).
Ma perché non si resti in una riflessione astratta, è bene ricordare che la parola Chiesa indica la comunità dell’universalità dei credenti.
«Nel linguaggio cristiano, il termine “Chiesa” designa l’assemblea liturgica, ma anche la comunità locale o tutta la comunità universale dei credenti. Di fatto questi tre significati sono inseparabili. La “Chiesa” è il popolo che Dio raduna nel mondo intero. Essa esiste nelle comunità locali e si realizza come assemblea liturgica, soprattutto eucaristica. Essa vive della Parola e del Corpo di Cristo, divenendo così essa stessa Corpo di Cristo» (Catechismo della Chiesa Cattolica 752).
Quindi è una fedeltà che interpella tutto il popolo di Dio e in particolare ciascuno di Dio.
Una fedeltà esatta senza mezzi termini dal padrone della vigna e la parabola dei contadini omicidi (Mc 12,1-12) lo esplicita in modo chiaro. Non «basta un’adesione intellettuale al Vangelo, ma bisogna “far frutti” per non essere esclusi dal regno come i capi giudei... L’evangelista attualizza la parabola in senso parenetico, rivolgendo un severo  monito ai cristiani delle sue comunità, che potevano ripetere l’errore degli ebrei, staccandosi da Cristo» (A. Poppi). Un giorno, se infedeli, quando ci capiterà di bussare alla porta del Regno di Dio e incominceremo a dire «Signore, signore, aprici!», Lui, il padrone della vigna, risponderà: «In verità io vi dico: non vi conosco» (Mt 25,12). E non servirà protestare, quella porta resterà chiusa per sempre.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e farà morire i contadini e darà la vigna ad altri.  
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo...