3 Giugno 2018


Santissimo Corpo e Sangue di Cristo


Oggi Gesù ci dice: “«Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti»” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Marco 14,12-16.22-26: Nella prima lettura viene rievocato l’evento centrale della storia salvifica, cioè l’alleanza e viene dato particolare rilievo al sacrificio cruento che lo conferma. Questo sacrificio è il tipo di quello eucaristico. Nel salmo responsoriale la Chiesa non pensa più ai percoli superati dal salmista e ai sacrifici di lode da lui promessi in ringraziamento, ma a tutte le meraviglie della creazione e soprattutto a quelle della redenzione, e dichiara la sua volontà di offrire l’unico grande sacrificio di lode del Nuovo Testamento.
Nella seconda lettura si fa un confronto serrato fra i sacrifici del Vecchio Testamento, particolarmente di quello espiatorio, e il sacrificio del Nuovo Testamento. Questo è infinitamente superiore ai primi per la sua unicità e validità perenne, per la nuova era messianica che ha inaugurato, per l’eredità celeste futura che garantisce.
Il vangelo ricorda l’origine dell’Eucaristia nell’ultima Cena. Fu allora che Cristo istituì il rito espiatorio, capace di distruggere i peccati di tutta l’umanità («sangue versato per molti» = tutti); sacrificio che sancisce la nuova alleanza (Vangelo); pasto che permette la comunione con il corpo e il sangue del Figlio di Dio e quindi la partecipazione alla vita divina (Vangelo); memoriale che riattualizza la redenzione (colletta, SalRs, pref/1/2, sequenza); sacramento che crea l’unità e la pace (orazione sulle offerte).
L’aspetto conviviale dell’Eucaristia, quale pegno e anticipazione della vita eterna, è presente in diversi testi della Messa odierna (Antifona d’ingresso, colletta, Vangelo, orazione dopo la comunione, Antifona alla Comunione, prefazi eucaristici, sequenza).
Nei sacrifici di comunione del Vecchio Testamento .una parte della vittima era riservata a Dio, al quale veniva fatta salire in soave odore nella combustione ... totale (Es 29,18; Lv 1,9.17), una parte era data ai .sacerdoti e il resto consumato in un banchetto sacro dagli offerenti (Lv 3,1-17; 19,5-8; 22, 21-25; cfr. 7,11-16). Essi divenivano così commensali di Dio per esprimere l’amicizia, manifestare la comunanza di vita e confermare l’alleanza con il loro Signore.
Questi rapporti religiosi si verificano e si palesano in un grado infinitamente superiore partecipando alla vittima eucaristica che è di Dio, ma che egli rende anche proprietà della Chiesa e di tutti i fedeli, perché gliela offrano e se ne nutrano. (Fonte: Vincenzo Raffa, Liturgia Festiva).

Benedetto XVI (Angelus, 18 Giugno 2006): Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra la solennità del Corpus Domini, che a Roma ha già avuto il suo momento forte nella processione cittadina di giovedì scorso. E’ la festa solenne e pubblica dell’Eucaristia, sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo: il mistero istituito nell’ultima Cena e ogni anno commemorato nel Giovedì Santo, in questo giorno viene manifestato a tutti, circondato dal fervore di fede e di devozione della Comunità ecclesiale. L’Eucaristia costituisce in effetti il "tesoro" della Chiesa, la preziosa eredità che il suo Signore le ha lasciato. E la Chiesa la custodisce con la massima cura, celebrandola quotidianamente nella Santa Messa, adorandola nelle chiese e nelle cappelle, distribuendola ai malati e, come viatico, a quanti partono per l’ultimo viaggio.
Ma questo tesoro, che è destinato ai battezzati, non esaurisce il suo raggio d’azione nell’ambito della Chiesa: l’Eucaristia è il Signore Gesù che si dona “per la vita del mondo” (Gv 6,51). In ogni tempo e in ogni luogo, Egli vuole incontrare l’uomo e portargli la vita di Dio. Non solo. L’Eucaristia ha anche una valenza cosmica: la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo costituisce infatti il principio di divinizzazione della stessa creazione. Per questo la festa del Corpus Domini si caratterizza in modo particolare per la tradizione di recare il Santissimo Sacramento in processione, un gesto ricco di significato. Portando l’Eucaristia nelle strade e nelle piazze, vogliamo immergere il Pane disceso dal cielo nella quotidianità della nostra vita; vogliamo che Gesù cammini dove camminiamo noi, viva dove viviamo noi. Il nostro mondo, le nostre esistenze devono diventare il suo tempio. La Comunità cristiana in questo giorno di festa proclama che l’Eucaristia è tutto per lei, è la sua stessa vita, la fonte dell’amore che vince la morte. Dalla comunione con Cristo Eucaristia scaturisce la carità che trasforma la nostra esistenza e sostiene il cammino di tutti noi verso la patria celeste. Per questo la liturgia ci fa cantare: “Buon Pastore, vero pane, / (…) Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gloria dei tuoi santi”.
Maria è la “donna eucaristica”, come l’ha definita il Papa Giovanni Paolo II nella sua Enciclica Ecclesia de Eucharistia. Preghiamo la Vergine perché ogni cristiano approfondisca la fede nel mistero eucaristico, per vivere in costante comunione con Gesù ed essere suo valido testimone.

Il sacrifizio eucaristico - Pio XII (Mediator Dei - Parte Seconda, Il sacrifizio eucaristico, 20 Novembre 1947): Cristo Signore, «sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec»  che, «avendo amato i suoi che erano nel mondo», «nell’ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, per lasciare alla Chiesa sua sposa diletta un sacrificio visibile - come lo esige la natura degli uomini - che rappresentasse il sacrificio cruento, che una volta tanto doveva compiersi sulla Croce, e perché il suo ricordo restasse fino alla fine dei secoli, e ne venisse applicata la salutare virtù in remissione dei nostri quotidiani peccati, ... offrì a Dio Padre il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino e ne diede agli Apostoli allora costituiti sacerdoti del Nuovo Testamento, perché sotto le stesse specie lo ricevessero, mentre ordinò ad essi e ai loro successori nel sacerdozio, di offrirlo».
L’augusto Sacrificio dell’altare non è, dunque, una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio, nel quale, immolandosi incruentemente, il Sommo Sacerdote fa ciò che fece una volta sulla Croce offrendo al Padre tutto se stesso, vittima graditissima. «Una ... e identica è la vittima; egli medesimo, che adesso offre per ministero dei sacerdoti, si offrì allora sulla Croce; è diverso soltanto il modo di fare l’offerta».
Identico, quindi, è il sacerdote, Gesù Cristo, la cui sacra persona è rappresentata dal suo ministro. Questi, per la consacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al Sommo Sacerdote, ed ha il potere di agire in virtù e nella persona di Cristo stesso; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo «presta a Cristo la sua lingua, gli offre la sua mano».
Parimenti identica è la vittima, cioè il Divin Redentore, secondo la sua umana natura e nella realtà del suo Corpo e del suo Sangue. Differente, però, è il modo col quale Cristo è offerto. Sulla Croce, difatti, Egli offrì a Dio tutto se stesso e le sue sofferenze, e l’immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare, invece, a causa dello stato glorioso della sua umana natura, «la morte non ha più dominio su di Lui»  e quindi non è possibile l’effusione del sangue; ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il sacrificio del nostro Redentore con segni esteriori che sono simboli di morte. Giacché, per mezzo della transustanziazione del pane in corpo e del vino in sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche poi, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario si ripete in ogni sacrificio dell’altare, perché per mezzo di simboli distinti si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima.

La Messa è il Sacrificio del Calvario - Paolo VI (Credo del Popolo di Dio, 30 Giugno 1968): Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (Cfr. Dz.-Sch. 1651).
Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata,transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino (Cfr. Dz-Sch. 1642, 1651-1654; Pauli VI, Litt. Enc. Mysterium Fidei), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico (Cfr. S. Th. III, 73,3).
L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.

Prendete, questo è il mio corpo ... Questo è il mio sangue dell’alleanza Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): La parola “questo” non si riferisce all’atto di frazionare il pane, ma alla cosa che Gesù presenta ai discepoli, a quello cioè che innanzi ai loro occhi appariva come pane, ma che non era tale essendo il Corpo di Cristo. «Questo è il mio corpo, ossia, quello che ora vi do e che voi ora prendete. pane non solamente è figura del corpo di Cristo, ma si trasforma in questo medesimo corpo, come ha detto il Signore: il pane che io darò è la mia carne (Gv 6,51). Perciò il Signore serba le specie del pane e del vino, ma trasforma questi alimenti nella realtà della sua propria carne e del suo proprio sangue» (Enarratio in Evang. Marci, in loc.). Non corrisponde, quindi, al senso del testo ogni interpretazione che inclini al simbolismo o alla metafora. Lo stesso va detto in merito alla frase “questo è il mio sangue” del v. 24.

Ortensio da Spinetoli (I Quattro Vangeli): v. 25 «In verità vi dico che non berrò mai più del frutto della vite ...». Gesù introduce con una solenne formula oracolare, «In verità vi dico» (amen), la predizione della propria morte con la certezza che sarebbe sfociata nella sua prossima glorificazione. Egli annunzia ai discepoli che la cena pasquale, che sta celebrando con loro, è il suo ultimo banchetto in terra. Esso però rappresenta un’anticipazione del convito escatologico nel regno di Dio. È particolarmente allusivo il riferimento al frutto della vile, cioè al vino rosso, trasformato nel suo sangue.
Nell’Antico Testamento il regno di Dio è descritto come un gioioso festino, fornito di cibi succulenti e di copiose bevande (cf. Is 25,6-11); ora Gesù associa il banchetto eucaristico a quel convito celeste. «Il banchetto futuro nel regno di Dio si attua, sia pure velatamente e provvisoriamente, nel nuovo banchetto pasquale di adesso. In altre parole, questo è già nella luce ed è già anticipazione del banchetto celeste» (ivi, p. 41). La profezia di Gesù non si riferisce soltanto alla sua morte, ma anche all’offerta sacrificale della sua vita, che stabilisce un’intima unione tra lui e i discepoli. Il sacrificio di comunione produce l’accesso alla Divinità, presente nella vittima sacrificata. Tale unione di vita sarà perfetta nel regno escatologico. Ma la partecipazione al banchetto pasquale offerto da Gesù rende i discepoli «già ora partecipi del solenne banchetto messianico. Gesù, il Messia, ha donato loro la comunione con se stesso, la comunione con Dio nella nuova alleanza» (Pesch, II, p. 535).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** La Comunità cristiana in questo giorno di festa proclama che l’Eucaristia è tutto per lei, è la sua stessa vita, la fonte dell’amore che vince la morte.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre...