19 Giugno 2018

Martedì XI Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,43-48: Gesù «non viene né a distruggere la legge [Dt 4,8] e tutta l’economia antica né a consacrarla come intangibile, ma a darle, con il suo comportamento, forma nuova e definitiva, dove si realizza nella pienezza ciò verso cui la legge stessa era avviata» (Bibbia di Gerusalemme. Ciò si applica in particolare alla legge dell’amore. Le sfumature dell’amore cristiano sono la non violenza, il ripudio della vendetta e l’attenzione amorevole e disinteressata alla indigenza e alle necessità del prossimo. Inoltre, il cristiano, imitando il Padre che è nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, deve amare i nemici e pregare per i persecutori. «L’amore, in cui già si riassumeva la legge antica [Mt 7,12; 22,34-40p], diviene il comandamento nuovo di Gesù [Gv 13,34] e compie tutta la legge [Rm 13,8-10; Gal 5,14; Cf. Col 3,14]» (Bibbia di Gerusalemme).
 
Gesù spiega perché bisogna amare i nemici e pregare per i persecutori: affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Troviamo un eco di questa esortazione nella prima lettera di san Giovanni: «Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (2,5-6).
Come la giustizia del discepolo deve superare quella della scribi e dei farisei (Mt 5,20), così la  vita del discepolo, coinvolgendo la mente e il cuore, deve superare quella dei pubblicani e dei pagani.
Anche il giudaismo conosceva il precetto dell’amore, ma con evidenti differenze con quello proposto da Gesù nelle Beatitudini. Il giudeo faceva riposare il cardine dell’amore su una osservanza scrupolosa, e spesso asfissiante, della Legge, una ottemperanza che a volte distruggeva la vera essenza dell’amore. Possiamo a tal proposito ricordare il rimprovero che Gesù muove ai Farisei: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle» (Mt 23,23).
Voi, dunque, siate perfetti... Questo «loghion non si riferisce soltanto all’ultima antitesi, concernente l’amore dei nemici, ma ricapitola l’insegnamento globale di Gesù circa la “giustizia superiore” [Mt 5,21-47]» (Angelico Poppi). La perfezione che viene qui richiesta è la somma di sfumature diverse che si colgono a secondo della traduzione del testo: téilos, in greco, sta a significare perfetto, compiuto, senza difetti, completo, in questo caso nella carità; tamìn, in ebraico, ha una valenza cultuale di integrità e di santità. Una santità quindi che coinvolge tutta la persona del credente: anima, corpo e spirito (Cf. 1Tess 5,23). Il nuovo comandamento di Gesù ha un corrispondente nel Libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (19,2). Sembra una meta impossibile da raggiungere, e infatti «è impossibile che la creatura abbia la perfezione di Dio. Pertanto il Signore vuol dire che la perfezione divina costituisce il modello cui deve aspirare il cristiano, consapevole della distanza infinita che lo separa dal suo Creatore. Ma ciò nulla toglie alla forza di questo imperativo, anzi ne riceve luce» (Bibbia di Navarra).
Siate santi come il Padre vostro celeste, una sfida, un invito che la Chiesa non si stanca di rinnovare lungo i secoli.

Angelico Poppi (I Quattro Vangeli): vv. 46-47 L’amore del credente deve distinguersi da quello dei pubblicani, cioè dei peccatori: egli è tenuto ad amare tutti in modo disinteressato, senza calcoli opportunistici e egoistici. Anche il saluto, un gesto quotidiano di cortesia, comune anche tra i pagani, deve essere rivolto a tutti e non soltanto agli amici. I rapporti interpersonali dei discepoli saranno improntati a un nuovo stile di vita, in modo da esprimere l’avvento del regno, inaugurato con la venuta e la missione di Gesù.
v. 48 «Voi dunque sarete perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste». Questo logion non si riferisce soltanto all’ultima antitesi, concernente l’amore dei nemici, ma ricapitola l’insegnamento globale di Gesù circa la «giustizia superiore» (5,21-47). La «perfezione» che egli esige dai discepoli si distingue dal giuridismo farisaico, perché si basa essenzialmente nell’imitazione della perfezione di Dio, che consiste nella sua bontà universale, nella sua misericordia sconfinata verso i peccatori. Il termine téleios (perfetto) corrisponde all’ebraico tamin, che implica una sfumatura cultuale di integrità e di santità. Forse per questa formulazione Mt si ispira a Lv 19,2: «Siate santi, perché io, JHWH vostro Dio, sono santo». Le esplicita l’insegnamento di Ge’!.w, riferendosi alla misericordia di Dio (6,36). Il credente deve amare il prossimo in una forma globale, «compiuta», «indivisa», per imitare l’amore di Dio.
Solo così adempie le istanze fondamentali della Legge.
Gesù a questo scopo non insiste sull’osservanza del Decalogo, bensì sul comandamento dell’amore, perché in esso sono ricapitolate tutte le prescrizioni contenute nella Legge e nei Profeti (7,12; cf. Rm 13,10).

Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste - La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): v. 48. Questo versetto riassume. in qualche modo, tutto l’insegnamento del capitolo. comprese le beatitudini. A rigore, è impossibile che la creatura abbia la perfezione di Dio. Pertanto il Signore vuoi qui dire che la perfezione divina costituisce il modello cui deve aspirare il cristiane. consapevole della distanza infinita che lo separa dal suo Creatore. Ma ciò nulla toglie alla forza di questo imperative, anzi ne riceve luce. Unitamente alla esigenza e presa dal comando di Gesù occorre considerare la grandezza della grazia che quelle parole promettono, tale da renderei capaci di tendere addirittura alla perfezione divina. Ad ogni modo, la perfezione da imitare non attiene al potere e alla sapienza di Dio, che superano del tutto le nostre possibilità, ma, per l’insieme del contesto. pare che essa vada riferita all’amore e alla misericordia divini.
In tal senso san Luca ci riporta le seguenti parole di nostro Signore: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36).
Come si vede. la “chiamata universale alla santità” non è un suggerimento, ma un imperativo di Gesù Cristo.
«Hai l’obbligo di santificarti. - Anche tu. - Chi pensa che la santità sia un impegno esclusivo di sacerdoti e di religiosi? A tutti, senza eccezione, il Signore ha detto: “Siate perfetti, com’è perfetto il Padre mio che è nei cieli?» (Cammino, n. 291). Dottrina, questa, che il Concilio Vaticano II ha solennemente sancito: «Il Signore Gesù. maestro e modello divino di ogni perfezione. a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, di cui egli stesso è l’autore e il perfezionatore: “Siate dunque perfetti, com’è perfetto il vostro Padre celeste” [...]. È chiaro quindi a tutti che tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità; da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano» (Lumen gentium, n. 40).

Cristo santifica i cristiani - J. De Vaux: A differenza delle vittime e del culto del VT, che non purificavano gli Ebrei se non esternamente (Ebr 9, 11-14; 10,10). il sacrificio di Cristo santifica i credenti «in verità» (Gv 17,19), comunicando loro veramente la santità. I cristiani partecipano di fatto alla vita di Cristo risorto mediante la fede e mediante il battesimo che dà loro «l’unzione venuta dal santo» (1Cor l,30; Ef 5,26; 1Gv 2,20). Sono quindi «santi in Cristo» (1Cor 1,2; Fil l,1), per la presenza in essi dello Spirito Santo (1Cor 3,16s; Ef 2,22); sono di fatto «battezzati nello Spirito Santo», come aveva annunziato Giovanni Battista (Lc 3,16 par.; Atti l,5; 11,16).
Lo Spirito Santo - L’agente principale della santificazione del cristiano è quindi lo Spirito Santo, il quale colma le prime comunità di doni e di carismi, Tuttavia la sua azione nella Chiesa differisce da quella dello spirito di Dio nel VT. L’ampiezza e l’universalità della sua effusione significano che i tempi messianici sono compiuti con la risurrezione di Cristo (Atti 2,16-38). D’altra parte la sua venuta è legata al battesimo ed alla fede nel mistero di Cristo morto e risorto (Atti 2,38; 10,47; 19,1-7). La sua presenza è permanente, e Paolo può affermare che i redenti sono i «templi dello Spirito Santo», «i templi di Dio» (1Cor 6,11.20; cfr. 3,16s) ed hanno una vera comunione con lui (2Cor 13,13).
E poiché «tutti coloro che lo Spirito di Dio anima sono figli di Dìo» (Rom 8,14-17), i cristiani non sono soltanto dei profeti soggetti all’azione temporanea dello spirito (Lc l, 15; 7,28), ma figli di Dio che hanno sempre in sé la fonte della santità divina.
I Santi - Usata in senso assoluto, questa parola era eccezionale nel VT; era riservata agli eletti dei tempi escatologici. Nel NT designa i cristiani. Attribuita dapprima ai membri della comunità primitiva di Gerusalemme ed in modo speciale al piccolo gruppo della Pentecoste (Atti 9,13; 1Cor 16,1; Ef 3,5), essa fu estesa ai fratelli di Giuda (Atti 9,31-41), poi a tutti i fedeli (Rom 16,2; 2Cor 1,1; 13,12). Mediante lo Spirito Santo il cristiano partecipa di fatto alla santità stessa divina. Formando la vera «nazione santa» ed il «sacerdozio regale», costituendo il «tempio santo» (1Piet 2,9; Ef 2,21), i cristiani devono rendere a Dio il vero culto, offrendosi con Cristo in «sacrificio santo» (Rom 12,1; 15,16; Fil 2,17).
Infine la santità dei cristiani, che proviene da una elezione (Rom 1,7; 1Cor 1,2), esige da essi la rottura col peccato e con i costumi pagani (l Tess 4,3): essi devono agire «secondo la santità che viene da Dio e non secondo una sapienze carnale» (2Cor l,12; cfr. 1Cor 6,9 ss; Ef 4,30-5,1; Tito 3,4-7; Rom 6,19). Questa esigenza di vita santa sta alla base di tutta la tradizione ascetica cristiana; si fonda non sull’ideale di una legge ancora esterna, ma sul fatto che il cristiano «afferrato da Cristo» deve «partecipare alle sue sofferenze ed alla sua morte per giungere alla sua risurrezione» (Fil 3, 10-14).
La Città Santa - La santità di Dio, già acquisita di diritto, lotta di fatto con il peccato. Non è ancora giunto il tempo in cui «i santi giudicheranno il mondo» (1Cor 6,2s). I santi possono e devono ancora santificarsi per esser pronti alla parusia del Signore (1Tess 3,13; Apoc 22,11). In quel giorno apparirà la Gerusalemme nuova, «città santa» (Apoc 21,2) in cui fiorirà l’albero della vita, e donde sarà escluso tutto ciò che è impuro e profano (Apoc 21-22; cfr. Zac 14,20s); ed il Signore Gesù sarà glorificato nei suoi santi (2Tess 1,10; 2,14) «perché Dio è amore» (1Gv 4,8). Questo è senza dubbio il segreto dell’inaccessibile santità di Dio comunicata agli uomini.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...