16 Giugno 2018

Sabato X Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Io vi dico non giurate affatto” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,33-37Gli insegnamenti di Gesù, che seguono la proclamazione delle Beatitudini, toccano diversi punti della Legge. Il magistero di Gesù ha il sapore dell’autorità  divina, della verità e della sapienza. Il Vangelo non vuole indicare delle leggi precise da mutare, quanto piuttosto un modo diverso di leggere la Scrittura e di scoprirne la volontà di Dio: vuole suggerire un modo diverso di elaborare la morale e le relazioni con il prossimo.

Il giuramento - Ortensio Da Spinetoli (I Quattro Vangeli): Con la quarta antitesi viene introdotta una nuova serie. L’avverbio «di nuovo» o «inoltre» (pàlin) stacca la triade delle antitesi seguenti da quella precedente. Le direttive di Gesù ora sono espresse con l’imperativo e non con semplici enunciati giuridici. Nella quarta antitesi Gesù proibisce ogni tipo di giuramento. La normativa dell’Antico Testamento proibiva soltanto il giuramento falso (cf. Es 20,16; Lv 19,12; Dt 5,2; Zc 5,3; Sir 23,9; Sap 14,26-28) e inoltre prescriveva la fedeltà ai voti fatti al Signore (Sal 50,14; Nm 30,3; Dt 23,22), che spesso erano emessi con giuramento. La casistica rabbinica discuteva sulle formule per la validità del giuramento. Matteo ne riporta qui quattro esempi. Gesù invece vieta ogni giuramento. Egli, come di consueto, mira all’intimo della coscienza umana. Perciò comanda la sincerità in tutte le circostanze della vita, sia davanti a Dio, sia nei confronti dei propri simili. Se uno è sincero, non ha bisogno di ricorrere al giuramento per convalidare la propria testimonianza con l’invocazione del nome di Dio; neppure è necessario obbligarsi con un voto per mantenere le promesse fatte al Signore.

Felipe F. Ramos: Anche in relazione al giuramento Gesù elimina la casuistica che, per salvaguardare la legge, permetteva di giurare per il cielo, per la terra, per Gerusalemme… Quando il mondo guidato e dominato dalla menziona, è necessario prendere Dio a testimone d quello che affermiamo, ma il cristiano sa perfettamente che Dio è sempre presente e non ha bisogno di chiamarlo come testimone. Bastano il «» e il «no», perché, in definitiva, equivalgono a un giuramento, essendo pronunziati alla presenza di Dio.

Il giuramento - Augustin George: In tutte le epoche del Vecchio Testamento, gli uomini si scambiano giuramenti, sia per allacciare alleanze (Gen 21,22-32; 31,44-54), sia per garantire l’irrevocabilità delle loro promesse (Gen 24, 2-4; 47, 29) e delle loro decisioni (1Sam 14,44; 25,22). Il giuramento garantisce inoltre la veridicità di un’affermazione nelle relazioni correnti (Giud 8,19; 1Sam 20,3), nelle inchieste giuridiche (Es 22,7.10), nelle predizioni dei profeti (1Re 17,1; cfr. Dan 12,7). Questo ricorso alla garanzia di Dio assume a volte la forma di un appello alla sua sanzione in caso di spergiuro: «Jahve mi è testimone: guai a me se» (soprattutto anticamente: Gen 24,37; Giud 11,10; 1Sam 14,24.48).
È comprensibile che Israele abbia spesso attribuito dei giuramenti a Jahve stesso: per concludere la sua alleanza (Deut 4,31; 7,8); garantirne le promesse (Gen 22, 16; 26,3), annunciarne il giudizio (Num 14,21; Am 4,2; 6,8), sottolineare l’autorità della sua parola (Ez 20,3; 33,11). La sua formula abituale è allora: «Io sono vivo». Dio non può basare che su se stesso la propria parola.
Malgrado il valore assicurato al giuramento dalla presenza e dall’autorità del giusto Giudice, si verificano sempre degli spergiuri. Il decalogo li condanna (Es 20,7) e i profeti non si stancheranno di denunciarli (Os 4,2; Ger. 5,2; 7,9; Ez 17,13-19; Mal 3,5).
Dopo l’esilio, si acquista sensibilità a un altro abuso: la frequenza dei giuramenti che utilizzano Dio a servizio dei più sordidi interessi moltiplicando i rischi di spergiuro (Eccle 5,1; Eccli 23,9-11). L’avvertimento dei sapienti non equivale a un rifiuto del giuramento, ma dimostra una più acuta intelligenza del suo valore, e invita a riservarlo per le occasioni solenni.
Il pensiero di Gesù appare sfumato. Non ricorre mai al giuramento per garantire la autorità della propria dottrina; si limita a introdurre le sue affermazioni più solenni con la formula consuetudinaria: «Amen, io ve lo dichiaro». D’altronde, nel discorso della montagna, prescrive ai suoi di astenersi dai giuramenti (Mt 5,33-37): l’uomo non dovrebbe giurare su quanto è di proprietà di Dio, in quanto non ne è lui il padrone; e la parola dei discepoli non ha bisogno di cercare altra garanzia all’infuori della sincerità fraterna.
Tuttavia Gesù si scaglia con forza contro la casistica lassista degli scribi, che propongono espedienti per attenuare il rigore del giuramento (Mt 23,16-22); di fronte al sinedrio, accetta di rispondere al sommo sacerdote che lo scongiura, cioè gli deferisce il giuramento (Mr 26,63): in questa solenne circostanza, in cui proclama di fronte all’autorità legittima la propria missione, Gesù riconosce implicitamente il valore del giuramento.

Paolo, che condanna gli spergiuri (1Tim 1,10), non utilizza mai le formule biasimate da Gesù né quelle in uso nel giudaismo. Tuttavia fa volentieri ricorso alla garanzia divina nelle affermazioni che gli stanno particolarmente a cuore. Prende Dio a testimone del proprio disinteresse (1Tess 2,5.10; 2 Cor 1,23), della propria sincerità (Gal 1,20), del proprio amore per i fedeli (2Cor 11,11; Fil 1,8; Rom 1,9). Si direbbe che in lui il precetto di Gesù concernente i giuramenti corregga già le abitudini giudaiche.
Gli altri autori del Nuovo Testamento manifestano la stessa discrezione di Gesù. La lettera di Giacomo (Giac 5,12) interpreta a suo modo l’insegnamento di Gesù in Mt 5,33-37; ma la lettera agli Ebrei (6,16) riconosce il valore del giuramento. Quanto ai giuramenti attribuiti a Dio, essi vengono ricordati più volte nel Nuovo Testamento (Atti 2,20; Ebr 3,11ss: 6,13ss; 7,20ss), soprattutto quando si tratta di giuramenti di portata messianica. Tutto sommato, il Nuovo Testamento trasmette il pensiero di Gesù sulla sincerità che tra gli uomini si impone, sul rispetto dell’onore divino e sulla gravità dei casi ai quali bisogna riservare il giuramento.

Catechismo della Chiesa Cattolica

Non giurerai il falso: CCC 2150-2151: Il secondo comandamento proibisce il falso giuramento. Fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma. È invocare la veracità divina a garanzia della propria veracità. Il giuramento impegna il nome del Signore. «Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome» (Dt 6,13). Astenersi dal falso giuramento è un dovere verso Dio. Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità. La parola umana è in accordo con Dio oppure in opposizione a lui che è la stessa verità. Quando il giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il rapporto della parola umana con la verità di Dio. Il giuramento falso chiama Dio ad essere testimone di una menzogna.

Non giurate...: CCC 2155: La santità del nome divino esige che non si faccia ricorso ad esso per cose futili e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come un’approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve esserlo allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o alla comunione ecclesiale.

Sia il vostro parlare sì , sì; no, no...: CCC 2153: Gesù ha esposto il secondo comandamento nel discorso della montagna: «Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti!”. Ma io vi dico: non giurate affatto [...]. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,33-34.37).Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l’attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione.

Vivere nella verità: CCC 2468: La verità in quanto rettitudine dell’agire e del parlare umano è detta veracità, sincerità o franchezza. La verità o veracità è la virtù che consiste nel mostrarsi veri nei propri atti e nell’affermare il vero nelle proprie parole, rifuggendo dalla doppiezza, dalla simulazione e dall’ipocrisia.

... il di più viene dal Maligno: CCC 2152: È spergiuro colui che, sotto giuramento, fa una promessa con l’intenzione di non mantenerla, o che, dopo aver promesso sotto giuramento, non vi si attiene. Lo spergiuro costituisce una grave mancanza di rispetto verso il Signore di ogni parola. Impegnarsi con giuramento a compiere un’opera cattiva è contrario alla santità del nome divino.

Le parole di Gesù palesano i meandri oscuri di tanti cuori che alla luce della verità preferiscono la tenebra della menzogna: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta… Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,4-5.9-11). Il richiamo di Gesù smaschera la bravura di tanti uomini che sanno schermare la bugia con il velo ipocrita del giuramento. L’insegnamento di Gesù va oltre queste cortine fumogene, e impone sine glossa al cristiano la verità, la schiettezza, la lealtà. Tutto il resto, giuramenti menzogneri, promesse bugiarde, viene dal Maligno. E qui il confine che separa il mondo dai discepoli di Cristo: il mondo, schiavo della menzogna, è rimasto incatenato alle innumerevoli astuzie diaboliche, il credente è diventato nuova creatura, il suo cuore è il Trono dell’Altissimo e su di esso impera la Verità. Questa è la gioiosa novità della Buona Novella: in Cristo il discepolo è diventato tempio santo, inabitato dallo Spirito della verità (1Cor 6,19; Gv 16,13): In Cristo anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità,in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria (Ef 1,13-14).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** “La verità evangelica non accoglie il giuramento, poiché la semplice parola del fedele equivale al giuramento” (Girolamo, Comm. in Matth., 1).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...