14 Giugno 2018

Giovedì X Settimana T. O.

  
Oggi Gesù ci dice: “Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi , così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34 - Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26: Se la vostra giustizia... è un aperto rimprovero ai farisei che avevano deformato lo spirito della Legge, riducendo il loro impegno religioso a una formale interpretazione della Legge di Dio. La giustizia dei farisei era quindi il frutto di una ipocrita osservanza esteriore della Legge, deprecata dagli uomini e rigettata da Dio (Cf. Lc 18,9-14). Invece, il vero giusto per la sacra Scrittura è colui che si sforza sinceramente di adempiere la volontà di Dio (Cf. Mt 1,19), che si manifesta sopra tutto nei Comandamenti. Per avvicinarci al nostro linguaggio cristiano, giustizia è sinonimo di santità (Cf. 1Gv 2,29; 3,7-10; Ap 22,11). In questa luce, Gesù propone un ideale superiore a quello degli scribi e dei farisei. Questo insegnamento autorevole è messo in evidenza dalla espressione Ma io vi dico. Un’espressione che mette in risalto l’autorità di Gesù: poiché la sua potestà è divina, Egli è superiore a Mosè e ai Profeti. Una prerogativa rigettata dai farisei, ma accolta dalla folla che seguiva il Maestro di Nazaret: «Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Mc 1,22; Cf. Mt 7,28).

Catechismo della Chiesa Cattolica n. 2054: Gesù ha ripreso i dieci comandamenti, ma ha manifestato la forza dello Spirito all’opera nella loro lettera. Egli ha predicato la “giustizia” che supera “quella degli scribi e dei farisei” (Mt 5,20) come pure quella dei pagani. Ha messo in luce tutte le esigenze dei comandamenti. “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere. ... Ma io vi dico: chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio” (Mt 5,21-22).

L’omicidio e le ingiurie - Ortensio Da Spinetoli (I Quattro Vangeli): Il testo della prima antitesi composto da tre unità: vv. 21-22, enunciazione dell’antitesi propriamente detta con il linguaggio giuridico che indica il reato e la sanzione corrispondente; vv. 23.24, un esempio pratico, tratto dalla vita religiosa quotidiana, per approfondire secondo lo stile halakico la prescrizione precedente; vv. 25-26, secondo esempio, desunto da una regola di saggezza profana, riletta in chiave escatologica (cf. Gnilka, I, pp. 231-232). Gesù reinterpreta il comandamento contro l’omicidio (Es 20,13; Dt 5,17). Non condanna soltanto luccisione, che costituisce reato in quanto è una trasgressione della Legge, soggetta a punizione in base al diritto codificato; egli va alla radice del male e condanna anche l’ira, che per sé non è perseguibile dinanzi ai tribunali umani, ma lo è presso Dio, che scruta i pensieri reconditi del cuore. In effetti, l’omicidio non è altro che la conseguenza estrema di un sentimento ostile verso il prossimo, che giunge all’odio e alla eliminazione fisica del rivale. Gesù non si accontenta dell’osservanza esteriore dei comandamenti, ma bada all’atteggiamento profondo del cuore, risalendo al centro della personalità, donde scaturisce il bene e il male (cf. Mt 15,18-19). Queste istanze erano già presenti nel giudaismo, ma venivano spesso offuscate dall’eccessivo giuridismo degli scribi e farisei, rigidi tutori della Legge più attenti alla lettera che allo spirito d’essa. Gesù propone ai discepoli un nuovo orientamento nelle loro relazioni interpersonali, ispirato alla realtà del regno, fondato sull’amore vicendevole sincero e sul concetto di fratellanza universale.

Ira... stupido... pazzo... geenna: L’ira, è punita nei tribunali locali. Stupido (raca = imbecille, stupido, deficiente) è un epiteto ingiurioso che si accompagnava a un gran disprezzo, che spesso veniva espresso non solo con le parole, ma sputando a terra. L’insulto è sottoposto al sinedrio. Pazzo, ancora più offensivo perché a volte voleva sottintendere un’aperta ribellione alla volontà di Dio. Chi profferisce tale insulto è punito con il fuoco della geenna. Sembra “emergere un crescendo nelle tre punizioni per i tre tipi di offesa contro il prossimo. Bisogna però badare all’insegnamento globale e non a queste sottili distinzioni. Per essere «giusti» dinanzi a Dio, non basta evitare l’omicidio; anche gli impulsi d’ira, le offese, le maledizioni distruggono la vera comunione dei cuori, quale è richiesta dall’etica evangelica. La geenna indica la valle di Hinnom, che delimitava Gerusalemme al lato meridionale, dove si praticava il culto a Moloch (2Re 21,4-5). Il luogo fu poi sconsacrato, facendovi bruciare i rifiuti della città; il fuoco sempre acceso divenne simbolo della perdizione eterna. Nella letteratura apocalittica viene indicato come il luogo del raduno degli empi per la condanna nel giorno del giudizio finale” (Ortensio Da Spinetoli, I Quattro Vangeli).

Gesù e la giustizia - A. Descamps: L’esortazione alla giustizia nel senso giuridico della parola non è al centro del messaggio di Gesù. Nel vangelo non si trovano né regolazione dei doveri di giustizia, né evocazione insistente di una classe di oppressi, né presentazione del messia come giudice integro. È facile vedere le ragioni di questo silenzio: i codici del Vecchio Testamento, espressione delle volontà divine, erano pure lo statuto di una società. Al tempo di Gesù, l’esercizio della giustizia spetta in parte ai Romani, e Gesù non si è eretto a riformatore sociale od a messia nazionale. Il difetto più grave dei suoi contemporanei non è più l’ingiustizia sociale; è un male più specificamente religioso, il formalismo e l’ipocrisia; la denuncia del fariseismo occupa quindi, nella predicazione di Gesù, il posto principale, che, nei profeti, occupavano le invettive contro l’ingiustizia. Tuttavia Gesù ha voluto esortare i suoi contemporanei a praticare la giustizia «ordinaria », ma i testi non ne conservano quasi traccia (Mt 23,23: il giudizio krisis, designa la stretta giustizia).
Nel linguaggio di Gesù la giustizia conserva quindi il senso biblico di pietà legale.
Pur non essendo questo il centro del messaggio, Gesù non ha paura di definire la vita morale come una vera giustizia, come una obbedienza spirituale ai comandamenti di Dio. Si distinguono qui due serie principali di frasi. Le une suonano condanna della falsa giustizia dei farisei; più ancora dei grandi profeti, il messia denuncia nell’osservanza ipocrita una religione umana ed orgogliosa (Mt 23). Viceversa, il discorso inaugurale definisce la vera giustizia, quella dei discepoli (Mt 5, 17-48; 6, 1-18). In tal modo la vita del discepolo, liberata da una concezione stretta e letterale dei precetti, rimane nondimeno una giustizia, cioè una fedeltà a leggi, ma queste, nella loro nuova promulgazione ad opera di Gesù, ritrovano lo spirito di mosaismo, la pura e perfetta volontà di Dio.

La nuova giustizia del regno - Basilio Caballero (La Parola per ogni giorno): «Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli», afferma Gesù all’inizio del Vangelo di oggi. I maestri della legge mosaica contemporanei di Cristo erano contaminati dal legalismo. Ponevano la giustizia morale, cioè la fedeltà a Dio, la vita virtuosa, la santità, nell’osservanza stretta della lettera della legge; ma si dimenticavano del suo spirito, dell’osservanza interiore, dell’amore che dà valore alle azioni. E l’amore non si accontenta del minimo obbligatorio.
Gesù richiama a un principio superiore: gli atteggiamenti interiori dell’uomo e della donna davanti a Dio e ai fratelli, per raggiungere il livello proprio della giustizia religiosa, la santità morale che il regno di Dio esige. E procederà per antitesi: «Avete inteso che fu detto agli antichi... Ma io vi dico». Impegna in questo tutta la sua autorità messianica. Non è venuto ad abolire la legge mosaica, ma a darle la completezza dello spirito sulla lettera.
Il testo evangelico di oggi, proprio di Matteo, consiste nella prima delle sei antitesi del discorso della mon­tagna. «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna».
È chiaro che Gesù va oltre la prescrizione mosaica relativa al quinto comandamento, che proibiva l’omicidio. Egli dichiara che anche con parole, gesti e atteggiamenti ingiuriosi si attenta alla vita e all’integrità del prossimo. Questo è lo spirito e il significato completo della legge scritta.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare - La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): vv. 23-24. Il Signore considera alcune pratiche giudaiche di quel tempo e, nell’occasione, dà un insegnamento di altissimo e perenne valore morale. Naturalmente noi cristiani ci troviamo in altra situazione, del tutto diversa rispetto alla organizzazione cultuale dei Giudei. Per noi il comando di Cristo Signore ha modalità d’attuazione determinate da lui stesso. In concreto, nella nuova e definitiva Alleanza fondata da Gesù, riconciliarsi vuol dire accostarsi al sacramento della Penitenza. In essa i fedeli “ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato” (Lumen gentium, n. II). Parimenti, nel Nuovo Testamento l’offerta per eccellenza è l’Eucaristia. Nei giorni di precetto assistere alla Santa Messa è sempre d’obbligo; è ben noto, però, che per ricevere la Santa Comunione è richiesta l’indispensabile condizione di essere in grazia di Dio.
In questi versetti il Signore non vuol dire che l’amore del prossimo vada anteposto all’amore di Dio. La carità ha un suo ordine: amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore. con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. Questo è il più grande e il primo comandamento (cfr Mt 22,37-38). L’amore per il prossimo, che costituisce il secondo comandamento in ordine d’importanza (cfr Mt 22,39). riceve il suo senso dal primo. La fraternità non è concepibile senza la paternità. L’offesa alla carità è, innanzitutto, offesa a Dio.

... va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono - Giuseppe Barbaglio: Matteo aggiunge poi una breve esortazione al perdono fraterno. Essa risente di un contesto palestinese e rimanda al tempo in cui la comunità cristiana primitiva partecipava ancora ai riti del tempio di Gerusalemme. L’offerta cultuale deve cedere il passo alla esigenza della riconciliazione con il fratello offeso. La liturgia esige di essere vissuta in comunione fraterna. Se questa è stata spezzata, deve essere previamente ristabilita. Non si può sperimentare una comunione di preghiera con Dio al di fuori di una fraternità ecclesiale continuamente ritessuta. Davanti all’altare del Signore trovano posto soltanto uomini riconciliati tra di loro.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
***  Davanti all’altare del Signore trovano posto soltanto uomini riconciliati tra di loro.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...