13 Giugno 2018

Mercoledì X Settimana T. O.

Sant’Antonio di Padova


Oggi Gesù ci dice: “Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Acclamazione al Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19: Gesù «non viene né a distruggere la legge (Dt 4,8) e tutta l’economia antica né a consacrarla come intangibile, ma a darle, con il suo comportamento, forma nuova e definitiva, dove si realizza nella pienezza ciò verso cui la legge stessa era avviata» (Bibbia di Gerusalemme).

La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): vv. 17-19. In questo passo Gesù insegna il valore perenne dell’Antico Testamento, in quanto parola di Dio; esso si avvale dell’autorità divina e non se ne può disprezzare il pur minimo dettaglio. Nell’Antica Legge c’erano precetti morali, giudiziali e liturgici. I precetti morali dell’Antico Testamento conservano nel Nuovo il loro valore, poiché sono soprattutto promulgazioni concrete, divino-positive, della legge naturale. A essi. tuttavia, il Signore Gesù conferisce il loro più alto significato e ne rileva le esigenze più profonde. I precetti giudiziali e cerimoniali, invece, furono dati da Dio per una specifica tappa nella storia della salvezza; ebbero cioè vigore fino alla venuta di Cristo; la loro osservanza esterna non è ovviamente obbligatoria per i cristiani (cfr Summa theologiae, I-II, q. 108, a. 3 ad 3).
La Legge promulgata per mezzo di Mosè e illustrata dai profeti costituisce un dono di Dio al popolo israelitico, un’anticipazione della Legge definitiva che avrebbe elargito Cristo, il Messia. Infatti, come il Concilio di Trento ha definito, Gesù “è stato dato agli uomini da Dio come Redentore in cui confidare, ma anche come Legislatore cui prestare obbedienza” (De iustificatione, can. 21).

Gesù non è venuto per abolire la Legge o i Profeti ... ma per compiere: Angelico Poppi (I Quattro Vangeli, Commento Sinottico, Edizioni Messaggero Padova): L’espressione «Non crediate che (io) sia venuto» ricorre con formule affini altrove (Mt 9,13; 10,34-35; 20,28) e sembra premunire il lettore con un tono polemico da una falsa interpretazione delle sei antitesi seguenti (cfr. Gnilka, I, p. 218). Benché Gesù non si sia attenuto alle prescrizioni halakiche dei rabbini, non ha invalidato la Legge mosaica. Al contrario, con il suo insegnamento l’ha portata a compimento,  cioè  alla perfezione, unificandola nel precetto fondamentale dell’amore di Dio e del prossimo, che ne costituisce il cuore, il comandamento principale. L’espressione «la Legge o i Profeti» (derivata dall’uso sinagogale, che non prevedeva la lettura liturgica dei Ketubin, cioè dei libri sapienziali) indica l’intero Antico Testamento. Infatti, mentre la Legge (Toràh) designa il Pentateuco, i Profeti includono in senso generico tutti gli altri libri, che erano considerati come una interpretazione della Legge. Abolire (katalysat) in senso dottrinale significa dichiarare nullo un precetto. Compiere non ha un senso puramente normativo ma assume in Matteo una valenza più pregnante. Con il verbo pleróo l’evangelista si riferisce una decina di volte all’adempimento delle profezie dell’Antico Testamento. Gesù non è venuto soltanto a perfezionare la Legge mosaica, ma a portarla a compimento nelle sue potenzialità nascoste e nel suo valore di rivelazione profetica. Come è suggerito anche in Mt 11,13, tutto l’Antico Testamento converge verso Cristo, che lo attua pienamente, rendendo presente il regno di Dio. Gesù non fa altro che sviluppare il senso profondo della Legge, rapportandola al comandamento essenziale dell’amore, il centro focale del discorso della montagna. Mediante la proclamazione e la realizzazione del regno, Gesù provoca la conversione del cuore e l’irradiazione della bontà salvifica di Dio nel mondo, che consente all’essere umano il pieno adempimento delle esigenze più autentiche della Legge. Ecco perché non solo completa la Legge, ma la «compie». I singoli precetti dell’Antico Testamento conservano il loro valore, ma solo in quanto sono rapportabili alla legge dell’amore. La Scrittura per Matteo rappresenta un’anticipazione del progetto salvifico di Dio, che il suo Inviato definitivo avrebbe «compiuto» in adesione totale al volere del Padre.

In che senso Gesù dà pieno compimento alla Legge e ai Profeti? Al di là delle tante risposte, si può rispondere facendo ricorso al comandamento dell’amore dal quale tutti gli altri comandamenti traggono il loro significato e la loro forza: «Allora i farisei, avendo udito che egli [Gesù] aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”» (Mt 22,34-40).
Se non si fa ricorso a questa soluzione si corre il rischio di scivolare in una casistica nella quale il credente si troverebbe a vivere una fede asfittica, lontana dalle vere esigenze evangeliche. Solo l’amore permette al discepolo di Gesù che la sua giustizia superi quella degli scribi e dei farisei: unica condizione per entrare nel regno dei cieli.

Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1967: La Legge evangelica “dà compimento” alla Legge antica, la purifica, la supera e la porta alla perfezione. Nelle “beatitudini” essa compie le promesse divine, elevandole ed ordinandole al “Regno dei cieli”. Si rivolge a coloro che sono disposti ad accogliere con fede questa speranza nuova: i poveri, gli umili, gli afflitti, i puri di cuore, i perseguitati a causa di Cristo, tracciando in tal modo le sorprendenti vie del Regno.

Catechismo degli Adulti - Trascendere i comandamenti [898: Nel discorso della montagna Gesù non solo conferma i comandamenti, ma li perfeziona. Li interiorizza e li radicalizza, riconducendoli alle istanze esigenti dell’amore. La nuova giustizia evangelica, necessaria per accogliere il regno di Dio e per manifestarne la presenza nella storia, deve essere più alta di quella degli scribi e dei farisei. Viene tratteggiata nella sua fisionomia con alcuni riferimenti a casi tipici della vita quotidiana e con alcune similitudini. Coinvolge tutte le dimensioni della persona, i rapporti con il prossimo, con Dio e con le cose: prevenire la violenza, cercare la riconciliazione, dominare la sensualità, mantenere la fedeltà coniugale, comunicare con sincerità e trasparenza, non reagire con rancori e ritorsioni ai torti subiti, volere il bene anche dei nemici, coltivare la vera devozione religiosa ricca di interiorità, possedere i beni di questo mondo senza esserne posseduti, liberi dall’ansia per il domani, liberi per una vita filiale e fraterna
[899]La nuova giustizia non si limita a evitare il male, ma fa il bene verso tutti, compresi i nemici: non solo fugge l’omicidio, ma promuove la vita; non solo si astiene dal furto, ma condivide ciò che possiede. Il bene è senza confini e le modalità di attuazione sono molteplici. Se l’osservanza dei comandamenti è richiesta a tutti, la creatività dell’amore è diversa per ciascuno. Al giovane ricco Gesù non chiede solo di osservare i comandamenti, ma anche di rinunciare a tutte le ricchezze, in vista di una particolare forma di sequela. Ad altri invece, come Zaccheo, ispira la rinuncia a una parte soltanto delle ricchezze. Alcuni li chiama alla fedeltà incondizionata nel matrimonio; altri li chiama alla consacrazione nella verginità. Dentro il disegno universale di salvezza c’è per ognuno una vocazione originale propria. Tutti sono amati e devono amare, ma le attuazioni concrete della carità possono variare da persona a persona, da una situazione all’altra. Al di là dei comandamenti, che valgono per tutti, ci sono gli appelli personalizzati che Dio nel suo amore rivolge ai singoli nelle diverse situazioni concrete. Tutti però, seguendo Cristo, sono chiamati a crescere nella carità fino al dono totale di sé: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,12-13).

Sant’Antonio di Padova - Benedetto XVI (Udienza Generale, 10 febbraio 2010): Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, l’uomo Gesù, in modo particolare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina.
Da una parte la Natività, un punto centrale dell’amore di Cristo per l’umanità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. Scrive sant’Antonio: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore... In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214).
Meditando queste parole possiamo capire meglio l’importanza dell’immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il nostro umanesimo nato dalla fede cristiana. Proprio guardando il Crocifisso vediamo, come dice sant’Antonio, quanto grande è la dignità umana e il valore dell’uomo. In nessun altro punto si può capire quanto valga l’uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così importanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Catechismo della Chiesa Cattolica n. 592: Gesù non ha abolito la Legge del Sinai, ma l’ha portata a compimento con una tale perfezione da rivelarne il senso ultimo e da riscattarne le trasgressioni.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova, hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti,fa’ che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo....