12 Giugno 2018

Martedì X Settimana T. O.


Oggi Gesù ci dice: “Voi siete la luce del mondo” (Vangelo).

Dal Vangelo secondo Matteo 5,13-16: Il brano evangelico, che fa da appendice alle beatitudini, è  un richiamo alla missione apostolica di cui ogni cristiano è investito per il fatto di essere tale. La missione del discepolo di dare un sapore alla terra è indicata con l’immagine del sale, mentre il suo compito di illuminare il mondo con la luce della carità e delle buone opere è illustrato dalla immagine della città collocata su un monte. Il contesto immediato delle immagini del sale e della lucerna è sapienziale: “Il sale era immagine della sapienza e il sale che è diventato insipido raffigurava una persona diventata stolta e insipiente, così accendere una lucerna per poi nasconderla, era segno di stoltezza” (G. Barbaglio).

Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): Questi versetti sono un richiamo alla missione apostolica di cui ogni cristiano è investito per il fatto d’essere tale. Ciascun cristiano è tenuto a lottare perla santificazione personale, ma anche per la santificazione degli altri. È Gesù a insegnarcelo con le analogie del sale e della luce. Come il sale preserva gli alimenti dalla corruzione, dà loro sapore, li rende gradevoli e si dissolve mescolandosi a essi, così il cristiano deve svolgere quelle medesime funzioni tra i propri simili.
«Tu sei sale, anima d’apostolo. - Bonum est sal - il sale è buono, si legge nel Santo Vangelo; si autem sal evanuerit - ma se il sale diventa scipito... non serve a nulla, né per la terra, né per il concime; lo si getta via come cosa inutile. Tu sei sale, anima d’apostolo. - Ma se diventi scipito...» (Cammino, n. 921).
Le buone opere sono frutto della carità, che consiste nell’amare gli altri così come il Signore ama noi (cfr Gv 15,12). «Capisco ora - scrive santa Teresa di Lisieux - che la carità perfetta consiste nel sopportare i difetti degli altri, non stupirsi delle loro debolezze, edificarsi dei minimi atti di virtù che essi praticano; ma soprattutto ho capito che la carità non deve restare affatto chiusa nel fondo del cuore: “Non si accende una lucerna - ha detto Gesù - per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”. Mi pare che questa lucerna rappresenti la carità, la quale deve illuminare, rallegrare, non soltanto coloro che mi sono più cari, ma tutti coloro che sono nella casa, senza eccettuare nessuno» (Storia di un’anima cap. 8, n. 289).
Una delle manifestazioni più luminose della carità è l’attività apostolica. Il Concilio Vaticano II ha messo in risalto l’obbligo dell’apostolato, diritto e dovere che scaturiscono dal Battesimo e dalla Confermazione (cfr Lumen gentium, n. 33), fino a osservare che, essendo il cristiano parte del Corpo mistico, “un membro, il quale non operasse perla crescita del Corpo secondo la propria attività dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso” (Apostolicam actuositatem, n. 2). «Ai laici si presentano moltissime occasioni di esercitare l’apostolato dell’evangelizzazione e della santificazione. La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio; dice infatti il Signore: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”» (Apostolicam actuositatem, n. 6).
«È necessario che la Chiesa sia presente in questi raggruppamenti umani [tra coloro che ancora non credono in Cristo] attraverso i suoi figli che vivono in mezzo ad essi o ad essi sono inviati. Tutti i cristiani infatti, dovunque vivono, sono tenuti a manifestare con l’esempio della vita e con la testimonianza della parola l’uomo nuovo, che hanno rivestito con il Battesimo, e la forza dello Spirito Santo, dal quale sono stati rinvigoriti con la Confermazione, così che gli altri, vedendo le loro opere buone, glorifichino il Padre e comprendano più pienamente il significato genuino della vita umana e l’universale vincolo di comunione degli uomini» (Ad gentes, n. 11; cfr n. 36).

Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo - I cristiani sono per il mondo ciò che il sale è per i cibi: danno sapore, purificano e preservano dalla corruzione. Non va dimenticato che il sale è anche sinonimo di sapienza, per cui i discepoli «sono chiamati a dare un senso nuovo, soprannaturale, cristiano alla vita umana. Senza questa azione gli uomini diventano come dissennati, senza orientazione, fatui» (Ortensio da Spinetoli). Un compito impegnativo che non può essere disatteso se non si vuole spartire la stessa sorte del sale insipido, cioè quello di essere gettato via e calpestato dalla gente.
Poiché non è possibile chimicamente parlando che il sale perda il suo sapore, la sentenza evangelica resta oscura. Ma ai tempi di Gesù come combustibile si usava generalmente lo sterco di cammello e «il sale è il catalizzatore che fa incendiare lo sterco. La sfera di sterco viene posta su un piatto di sale che forma la base della fornace. Passato del tempo, il sale perde la capacità di mantenere vivo il fuoco. Allora... quel sale non è più buono per il forno o per preparare il combustibile per la fornace. Lo si butta via. La sfida lanciata da Gesù ai suoi discepoli... è di essere catalitici, come il sale per la fornace» (John J. Pilch).
Quindi qui si alluderebbe alla vocazione di accendere fuochi, di illuminare, piuttosto che insaporire o conservare cibi. Praticamente, una esplicitazione pratica della seconda massima evangelica: Voi siete la luce del mondo. Un proseguo della missione di Cristo che amò definirsi luce del mondo (Gv 8,12).
Il tema della luce è molto caro alla sacra Scrittura.
L’essere di Dio è luce, in contrasto con l’essere umano che è tenebra. La Parola, l’insegnamento sono luce (Cf. Sal 119,5; Pr 6,23). Possiamo ricordare ancora l’invito rivolto a Israele: «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). In Is 42,6 e 49,6 Israele è chiamato «luce delle nazioni». Nel giudaismo l’immagine della luce «veniva riferita volentieri alla Legge o al Tempio, come anche ad eminenti personalità religiose. Qui si vuole insinuare che questa prerogativa passa al nuovo popolo di Dio» (Angelo Lancillotti).
Per i cristiani convertirsi dalle tenebre alla luce (Atti 26,18) per credere alla luce (Gv 12,36) è un imperativo improrogabile, così è un impegno fruttuoso quello di far risplendere la propria luce davanti agli uomini, perché vedano le loro opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli.
Essere sale e luce della terra, ovvero camminare come figli della luce (Ef 5,9), è un servizio di alto valore costruttivo, rivolto a tutto il consorzio umano unicamente per la gloria Dio e non per amore di trionfalismo o per accaparrarsi i primi posti nella Chiesa e in mezzo agli uomini.

Il sale - Il sale è un felice simbolismo, di grande ricchezza espressiva, per inquadrare la missione del discepolo di Gesù in mezzo alla società in cui vive.
Ora se vogliamo fare un inventario del come essere sale della terra e luce del mondo, possiamo dire che si è sale e luce quando si spezza il pane con l’affamato;  quando si apre la casa e il cuore ai senza tetto, ai bisognosi, ai miseri; quando tra le pareti della propria casa domestica si è facitori di pace, di comunione; quando il cuore si apre alla grazia; quando si smette di tranciare giudizi, di condannare, di pettegolare, di ordire trame, di impastare la vita con la menzogna, la disonestà; quando si smette di parlare sporco, di usare parole equivoche, quando si smette di essere abili nel dire e nel non dire, nel dire sì e pensare no; quando si è onesti nell’andare al cuore del messaggio evangelico: “Gesù Cristo, e questi crocifisso”; quando si fonda la fede non “sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Sono praticamente le buone opere che devono essere viste dagli uomini.
Non si è sale e luce quando per abulia si evitano incarichi, servizi, responsabilità, nascondendosi dietro il velo di una farisaica umiltà; quando non si vuol capire che la propria vita è per Dio, per il bene di tutti gli uomini; quando si tiene la bocca chiusa e non si è capaci di gridare al mondo le meraviglie, la bontà, l’amore del Padre che tanto “ha amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16); quando si accumulano peccati di omissione come i punti premio del supermercato; quando non si vuol intendere che Cristo ci viene incontro negli uomini, nostri fratelli.
Certo l’elenco non è completo, per completarlo occorre l’assidua meditazione della Parola di Dio e l’attenzione alla storia che stiamo vivendo. Oggi, alla luce della Parola di Dio, ognuno di noi si deve chiedere in che modo si possano trafficare i talenti ricevuti da Dio, come andare dentro un mondo che ha un disperato bisogno della testimonianza cristiana, della nostra vita, delle nostre opere buone, per conoscere e benedire Dio.
«Non possiamo perdere il sapore e la luminosità del cristianesimo diluendoli in chiacchiere, e neanche in semplici pratiche pie. Vedendo la nostra fede religiosa e la nostra condotta orientate alla fratellanza e all’amore, la gente ci riconoscerà come portatori della luce di Cristo e darà gloria al Padre. Come il sale e la luce, la nostra fede e la nostra condizione cristiana non ammettono mezzi termini: o trasformano e illuminano la vita, o non servono a niente» (Basilio Caballero).
Il sale, dice Gesù, non deve perdere il suo sapore.
Qualora lo perdesse a null’altro servirebbe che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
«Vi è in queste parole la dolorosa storia di chi ha perduto il “sapore” della fede e della grazia e così, “scomunicato all’interno”, vive un’esistenza randagia e nel disamore. Il “sapore” è fedeltà alla divina rivelazione e alla tradizione viva della chiesa, alla sua prassi sacramentale e alla disciplina pastorale. Occorre custodire, preservare il sale dalla corruzione” (Benvenuto Matteucci).

Felipe F. Ramos: ... la metafora della luce era nota al giudaismo; e Isaia aveva appunto annunziato che Israele sarebbe stato la luce delle nazioni (Is 49,6), come, nel caso presente, è detto dei discepoli di Gesù (Fil 2,15; Ef 5,8.13). Ma i cristiani sono la luce del mondo perché e nella misura della loro appartenenza a Cristo, che è la luce del mondo (Gv 8,12; 9,5; 12,46). Anche qui, come nel proverbio precedente, la luce ha un riferimento esplicito alla parola di Dio: la luce è là dove Dio si manifesta con la sua parola (Mr 4,21-22; 2Cor 4,4; Fil 2,15-16). Gesù, che è la luce, è il portatore della parola (Gv 8,12.31ss; 14,9-10). La stessa cosa si può applicare ai suoi discepoli: essi sono la luce del mondo (Fil 2,15); hanno la luce, la parola di Dio (Mr 4,21; Lc 8,16; 11,33).
L’immagine della città posta su un monte proviene anch’essa dal mondo biblico-giudaico. Il simbolo del destino glorioso d’Israele era la città di Gerusalemme, costruita su un monte, verso la quale sarebbero andati in pellegrinaggio tutti i popoli per rendere culto a Dio. Gesù applica questa figura ai suoi discepoli e afferma che essi sono il nuovo Israele. Ma i discepoli di Cristo devono essere luce del mondo in modo permanente: una luce non si accende per collocarla sotto il moggio. Questa espressione è inintelligibile, se non partiamo dalle usanze del tempo di Gesù. La fiamma allora si otteneva dai grassi, e spegnere con un soffio una di quelle lampade voleva dire riempire la stanza d’un puzzo insopportabile. Per questo si usava mettere un moggio o un altro recipiente che fosse a portata di mano sulla fiamma, ottenendo che si spegnesse per mancanza d’ossigeno senza mandare cattivo odore. Cristo dice semplicemente che la luce accesa non dev’essere spenta, ma deve illuminare sempre,

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Voi siete la luce del mondo.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...