25 Maggio 2018

Venerdì VII Settima Tempo Ordinario


Oggi Gesù ci dice: «L’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto» (Vangelo).  

Dal Vangelo secondo Marco 10,1-12: Il tema del divorzio, al tempo di Gesù, era oggetto di accese discussioni tra due scuole rabbiniche: quella di Shammai, rigorista, e quella di Hillel, lassista. La prima riconosceva legittimo motivo solo il caso di adulterio da parte della moglie, la seconda scuola ammetteva, invece, come valido qualsiasi motivo, anche il più futile. L’intenzione dei farisei è di costringere Gesù a schierarsi o per la scuola di Shammai o per la scuola di Hillel e così poterlo accusare o ai rigoristi o ai lassisti. L’intenzione era di creargli dei nemici. Gesù capovolge il tutto mettendo la donna e l’uomo sullo stesso piano. Non è solo la moglie colpevole di adulterio verso il marito, ma anche il marito si rende colpevole di adulterio se ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra. I diritti e i doveri sono uguali per la moglie e per il marito e chi li lede commette adulterio.

Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra ... - I farisei, sempre vigilanti, seguono passo passo Gesù attendendo solo il momento opportuno per attaccare, per metterlo alla prova: il verbo greco (peirazontes) «ha un significato peggiorativo, stando ad indicare un tentativo che si compie in tutto malanimo per fare cadere qualcuno per mezzo di un tranello tesogli di nascosto [cf. Mc 8,11; 12,13-15]» (Adalberto Sisti).
Così non sorprende questo ennesimo assalto volto unicamente a mettere in difficoltà Gesù. La domanda è costruita ad arte: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?».
È vero che il ripudio era ammesso dalla legge di Mosè (cf. Dt 24,1-4), ma la loro interpretazione era abusiva. Oltre tutto, la domanda non doveva essere nemmeno posta perché i farisei, veri maestri della Parola, conoscevano già la risposta e sapevano che si trovava nel primo libro della Torah, il libro della Genesi, dove tra l’uomo e la donna veniva postulato completa e indissolubile comunione di vita.
Da qui si comprende quanto fosse capziosa la loro domanda. Gesù risponde con una domanda - Che cosa vi ha ordinato Mosè? - perché vuole costringere i suoi avversari a trovare da se stessi la risposta.
E alla replica dei farisei, Gesù dà, come una stoccata, la sua risposta: «Per la durezza del vostro cuore Mosè scrisse per voi questa norma».
La durezza del cuore e della cervice (cf. Es 32,9; 33,3 ecc.) è un rimbrotto che a piè sospinto troviamo nell’Antico Testamento. La durezza di cuore è l’incapacità dell’uomo a comprendere la volontà di Dio ed entrare nei suoi disegni. È chiusura alla parola di Dio. Questo peccato apportò al popolo giudeo fame, lutti, morti, catene ... Per tanta ostinazione, sul popolo d’Israele piombò un terribile castigo: la fame della Parola di Dio (Am 8,11-12).
Il richiamo all’autorità della sacra Scrittura, che troviamo sovente nell’insegnamento di Gesù (cf. Mt 4,4.6.7; 26,31; Mc 14,21.27; Lc 24,46; ecc.), qui è teso a smascherare l’ipocrisia dei farisei. In verità, il legalismo e la doppiezza erano il complesso dei requisiti utili a delineare l’immagine ideale dei farisei: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti ... Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini ... Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione ... [annullate] così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi» (Mc 7,6.8-9.13). Una tentazione, quella di annullare la parola di Dio con la tradizione, mai sopita, nemmeno nella Chiesa.
La citazione biblica - Ma all’inizio della creazione ... - sembra avere acquietato gli importuni interlocutori, infatti Marco non registra ulteriori repliche da parte dei farisei. Saranno, invece, i discepoli a volere scendere nei particolari. E Gesù non si sottrae e con la sua risposta, che riflette la legislazione mosaica e il diritto romano, torna a rimettere sullo stesso piano l’uomo e la donna.
Questo è il progetto di Dio il quale non ammette disquisizioni teologiche di sorta. In questa luce si arriva ad una sola conclusione: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha unito». Che è equivalente a: «l’uomo non manipoli ciò che Dio ha fatto per essere congiunto, ma ne promuova lo sviluppo armonioso. Chiama durezza di cuore [che è centro della persona più che del sentimento] la ristrettezza di mente e di progetti di chi ha perso la ricchezza della parola di Dio per rinchiudersi nei cavilli giuridici» (Don Bruno Barisan).

Divorzio - Christa Breuer: Il matrimonio in Israele era per principio dissolubile, ma soltanto da parte del marito. Motivi per il divorzio potevano essere la mancanza di figli, l’adulterio, disaffezione o incompatibilità. Ma già l’Antico Testamento si pone contro questa prassi (Dt 22,13-19.28s), anche se il diritto di divorziare non viene negato. In caso di divorzio, alla donna viene dato un libello di ripudio quale prova del suo licenziamento. Secondo le affermazioni del Nuovo Testamento, il divorzio non è permesso, dal momento che l’uomo e la donna, secondo il racconto della creazione, diventano nel matrimonio “una carne” e nel carattere creazionale del matrimonio è fondata l’unità, per tutta la durata della vita, dell’uomo e della donna (cf. Mt 19,3-8). Soltanto la morte scioglie il vincolo matrimoniale, cosicché il seconde matrimonio di un partner divorziato, o il matrimonio di divorziati è considerato adulterio (Lc 16,18).

Catechismo della Chiesa Cattolica - Il divorzio

2382 Il Signore Gesù ha insistito sull’intenzione originaria del Creatore, che voleva un matrimonio indissolubile. Ha abolito le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella Legge antica.
Tra i battezzati «il Matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte».

2383 La separazione degli sposi, con la permanenza del vincolo matrimoniale, può essere legittima in certi casi contemplati dal diritto canonico.
Se il divorzio civile rimane l’unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale.

2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l’uno con l’altro fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente: «Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un’altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un’altra».

2385 Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.

2386 Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale. C’è infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un Matrimonio canonicamente valido.

Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio - Marc-François Lacan: Se il decalogo, e, dopo di esso, i profeti condannano in modo assoluto l’adulterio, la fedeltà che si esige dai due sposi nel matrimonio sarà pienamente rivelata solo da Cristo. Ma la fedeltà totale che si esigeva dalla donna fin dall’antica alleanza può simboleggiare quella che Dio si aspetta dal suo popolo; cosi i profeti condannano l’infedeltà all’alleanza come un adulterio spirituale.
1. Matrimonio e adulterio. - Interdetto (Es 20,14; Deut 5,18; Ger 7,9; Mal 3,5), l’adulterio riceve nella legge una definizione limitata: è l’atto che viola l’appartenenza di una donna al marito o al fidanzato (Lev 20,10, Deut 22,22ss). La donna appare come cosa dell’uomo (Es 20, 17) piuttosto che come persona con la quale egli non fa che uno, nella fedeltà di un amore reciproco (Gen 2,23s). Questo abbassamento della donna è legato alla comparsa della poligamia, che si ricollega a un discendente di Caino, caratterizzato dalla violenza (Gen 4,19). La poligamia verrà tollerata per molto tempo (Deut 21,15; cfr. 17,17; Lev 18,18); tuttavia i saggi, che mettono in evidenza la gravità dell’adulterio (Prov 6,24-29; Eccli 23,22-26), invitano l’uomo a riservare il proprio amore alla donna della sua giovinezza (Prov 5,15-19; Mal 2,14 s). Per di più, condannano la frequentazione delle prostitute, benché essa non renda l’uomo adultero (Prov 23,27; Eccli 9,3.6).
Gesù, la cui misericordia salva la donna adultera, pur condannandone il peccato (Gv 8,1-11), rivela tutte le dimensioni della fedeltà coniugale (Mt 5,27 s. 31 s; 19,9 par.); essa lega sia l’uomo che la donna (Mc 10,11); li lega indissolubilmente (Mt 19,6) e intimamente (Mt 5,28); sposarsi dopo un divorzio è commettere adulterio; è essere adultero nel proprio cuore desiderare di unirsi a un altro che non sia il proprio coniuge.
Per evitare questo peccato che esclude dal regno (1Cor 6, 9), Paolo ricorda che bisogna cercare nell’amore la fonte della fedeltà (Rom 13,9 s). Si eviterà cosi di deturpare la santità del matrimonio (Ebr 13,4).
2. Alleanza e adulterio. - L’alleanza che deve unire l’uomo a Dio con un legame di amore fedele è presentata dai profeti sotto il simbolo di un matrimonio indissolubile (Os 2,21s; Is 54,5s); così, l’infedeltà, del popolo è a sua volta stigmatizzata come un adulterio e una prostituzione (Os 2,4), perché il popolo si abbandona al culto degli idoli come una prostituta si dà ai propri amanti, per interesse (Os 2,7; 4,10; Ges 5,7; 13,27; Ez 23,43ss; Is 57,3).
Gesù riprende l’immagine per condannare la mancanza di fede; chiama «generazione adultera» gli increduli che esigono dei segni e gli infedeli che arrossiscono di lui e del suo vangelo (Mt 12,39; 16,4; Mc 8,38).
San Giacomo, a sua volta, definisce adulterio ogni compromesso tra l’amore di Dio e quello del mondo (Giac 4,4). Attraverso queste condanne viene messa in luce la fedeltà assoluta che è nello stesso tempo il frutto e l’esigenze dell’amore.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Catechismo della Chiesa Cattolica 2380-2381: L’adulterio. Questa parola designa l’infedeltà coniugale. Quando due persone, di cui almeno una è sposata, intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche episodica, commettono un adulterio. Cristo condanna l’adulterio anche se consumato con il semplice desiderio. Il sesto comandamento e il Nuovo Testamento proibiscono l’adulterio in modo assoluto. I profeti ne denunciano la gravità. Nell’adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria. L’adulterio è un’ingiustizia. Chi lo commette viene meno agli impegni assunti. Ferisce quel segno dell’Alleanza che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto dell’altro coniuge e attenta all’istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell’unione stabile dei genitori.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo...