19 Maggio 2018

Sabato VII settimana di Pasqua

Oggi Gesù ci dice: «Manderò a voi lo Spirito di verità, egli vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16,7.13 - Canto al Vangelo).  

Dal Vangelo secondo Giovanni 21,20-25: Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera: Queste ultime parole sono state aggiunte come una specie di autenticazione del vangelo dalla comunità di Giovanni, per affermare che il discepolo che Gesù amava è proprio il responsabile del vangelo. Giovanni ha terminato la sua opera ma il vangelo rimane sempre aperto, vi sono ancora molte cose non scritte e da scoprire con l’aiuto dello Spirito Santo. Giovanni non ha scritto tutto quasi per sottolineare la perenne novità della Parola.

Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Come Gv 20 termina con una nota dell’evangelista sullo scopo della raccolta di alcuni segni operati da Gesù (Gv 20,30s), così alla fine di Gv 21 troviamo un secondo epilogo sulla veracità della testimonianza del discepolo amato (v. 24) e sul carattere incompleto del quarto vangelo (v. 25). In Gv 21,24 il discepolo amato è presentato come il testimone oculare e l’autore di ciò che è stato raccolto nel vangelo giovanneo. Chi ha aggiunto questo passo, garantisce la veracità della testimonianza di tale discepolo: questi perciò è presentato come testimone oculare delle parole e delle opere del Cristo Signore. L’espressione «e sappiamo» può essere considerata probabilmente come un plurale maiestatico riferito all’autore di Gv 21,24,24 oppure può indicare la comunità giovannea, come si costata in 1Gv 3,2.14; 5,15.18ss.25 Tuttavia il redattore finale, riallacciandosi all’epilogo di Gv 20,30, confessa che il quarto vangelo è un’opera incompleta: Gesù ha fatto molte altre cose che non sono scritte in questo libro: tali gesta fossero raccolte in volumi, questi non potrebbero essere contenuti neppure da tutte le biblioteche del mondo (Gv 21,2 ). L’iperbole è palese; con tale esagerata affermazione l’autore vuoi mettere in risalto che solo una piccola parte delle opere compiute da Gesù e dei suoi discorsi, è stata fissata per i critto. In modo altrettanto iperbolico si era espresso il rabbino Johann ben Zakkai (I sec. a.C.) in merito alla conoscenza della Sapienza divina.

Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo…: Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 6 settembre 2000): La sequela non è, [...], un viaggio agevole su una strada pianeggiante. Essa può registrare anche momenti di sconforto al punto tale che, in una circostanza “molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6,66), cioè con Gesù, il quale fu costretto a interpellare i Dodici con una domanda decisiva: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6,67). In un’altra circostanza, lo stesso Pietro viene bruscamente ripreso, quando si ribella alla prospettiva della croce, con una parola che, secondo una sfumatura del testo originale, potrebbe essere un invito a rimettersi “dietro” Gesù, dopo aver tentato di rifiutare la meta della croce: “Va dietro a me, satana! Perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mc 8,33). Il rischio del tradimento resterà in agguato per Pietro che, però, alla fine seguirà il suo Maestro e Signore nell’amore più generoso. Infatti lungo le sponde del lago di Tiberiade Pietro farà la sua professione d’amore: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene”. E Gesù gli annunzierà “con quale morte egli avrebbe glorificato Dio”, aggiungendo per due volte: “Seguimi!” (Gv 21,17.19.22). La sequela si esprime in modo speciale nel discepolo amato, che entra nell’intimità con Cristo, ne riceve in dono la Madre e lo riconosce risorto.

Tu seguimi: CCC 878-879: È proprio della natura sacramentale del ministero ecclesiale avere un carattere personale. Se i ministri di Cristo agiscono in comunione, agiscono però sempre anche in maniera personale. Ognuno è chiamato personalmente: “Tu seguimi” (Gv 21,22) per essere, nella missione comune, testimone personale, personalmente responsabile davanti a colui che conferisce la missione, agendo “in Sua persona” e per delle persone: “Io ti battezzo nel nome del Padre... ”; “Io ti assolvo... ”. Pertanto il ministero sacramentale nella Chiesa è un servizio esercitato in nome di Cristo. Esso ha un carattere personale e una forma collegiale. Ciò si verifica sia nei legami tra il collegio episcopale e il suo capo, il successore di san Pietro, sia nel rapporto tra la responsabilità pastorale del vescovo per la sua Chiesa particolare e la sollecitudine di tutto il collegio episcopale per la Chiesa universale.

Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto…: Benedetto XVI (Angelus, 30 novembre 2008): Tre poi sono i grandi “cardini” del tempo, che scandiscono la storia della salvezza: all’inizio la creazione, al centro l’incarnazione-redenzione e al termine la “parusia”, la venuta finale che comprende anche il giudizio universale. Questi tre momenti però non sono da intendersi semplicemente in successione cronologica. Infatti, la creazione è sì all’origine di tutto, ma è anche continua e si attua lungo l’intero arco del divenire cosmico, fino alla fine dei tempi. Così pure l’incarnazione-redenzione, se è avvenuta in un determinato momento storico, il periodo del passaggio di Gesù sulla terra, tuttavia estende il suo raggio d’azione a tutto il tempo precedente e a tutto quello seguente. E a loro volta l’ultima venuta e il giudizio finale, che proprio nella Croce di Cristo hanno avuto un decisivo anticipo, esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca.

Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera: CCC 515: I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere e che vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e fare scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo Mistero. Dalle fasce della sua nascita, fino all’aceto della sua passione e al sudario della Risurrezione, tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come “il sacramento”, cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al Mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice.

La catechesi nell’età apostolica: Catechesi tradendae 11: Gli apostoli non tardarono a condividere con altri il ministero dell’apostolato. Essi trasmettono ai loro successori il compito di insegnare; compito che affidano, altresì, ai diaconi fin dalla loro istituzione: Stefano, «pieno di grazia e di potenza», non cessa di insegnare, mosso com’è dalla sapienza dello Spirito. Gli apostoli si associano, nel loro compito di insegnare, «molti altri discepoli»; ed anche dei semplici cristiani, dispersi dalla persecuzione, «andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio». San Paolo è per eccellenza l’araldo di questo annuncio, da Antiochia fino a Roma, dove l’ultima immagine che abbiamo di lui negli Atti è quella di un uomo che insegnava «le cose riguardanti il signore Gesù Cristo, con tutta franchezza». Le numerose sue lettere prolungano ed approfondiscono il suo insegnamento. Anche le lettere di Pietro, di Giovanni, di Giacomo e di Giuda sono altrettante testimonianze circa la catechesi dell’età apostolica. I vangeli, i quali, prima di essere scritti, sono stati l’espressione di un insegnamento orale trasmesso alle comunità cristiane, recano più o meno evidente una struttura catechetica. Il racconto di san Matteo non è stato forse chiamato il vangelo del catechista, e quello di san Marco il vangelo del catecumeno?

Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù...: CCC 517-518: Tutta la vita di Cristo è Mistero di Redenzione. La Redenzione è frutto innanzi tutto del sangue della croce, ma questo Mistero opera nell’intera vita di Cristo: già nella sua Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti con la sua povertà;  nella sua vita nascosta che, con la sua sottomissione, ripara la nostra insubordinazione; nella sua parola che purifica i suoi ascoltatori; nelle guarigioni e negli esorcismi che opera, mediante i quali “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8,17);  nella sua Risurrezione, con la quale ci giustifica. Tutta la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva vocazione l’uomo decaduto: Allorché si è incarnato e si è fatto uomo, ha ricapitolato in se stesso la lunga storia degli uomini e in breve ci ha procurato la salvezza, così che noi recuperassimo in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè d’essere ad immagine e somiglianza di Dio. Per questo appunto Cristo è passato attraverso tutte le età della vita, restituendo con ciò a tutti gli uomini la comunione con Dio.

Cristo ha vissuto la sua vita per noi: CCC 519-521: Tutta la ricchezza di Cristo è destinata ad ogni uomo e costituisce il bene di ciascuno. Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi, dalla sua incarnazione «per noi uomini e per la nostra salvezza» fino alla sua morte «per i nostri peccati» (1Cor 15,3) e alla sua risurrezione «per la nostra giustificazione» (Rm 4,25). E anche adesso, è nostro avvocato «presso il Padre» (1Gv 2,1), «essendo sempre vivo per intercedere» a nostro favore (Eb 7,25). Con tutto ciò che ha vissuto e sofferto per noi una volta per tutte, egli resta sempre «al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9,24). Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello: è «l’uomo perfetto», che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con il suo abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, con la sua preghiera, attira alla preghiera, con la sua povertà, chiama ad accettare liberamente la spogliazione e le persecuzioni. Tutto ciò ché Cristo ha vissuto, egli fa si che noi possiamo viverlo in lui e che egli lo viva in noi. «Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo». Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come membra del suo corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello: «Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la sua Chiesa. [ ... ] Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un’estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa dei suoi misteri mediante le grazie che vuole comunicarci e gli effetti che intende operare in noi attraverso suoi misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in noi». 

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Tre poi sono i grandi “cardini” del tempo, che scandiscono la storia della salvezza: all’inizio la creazione, al centro l’incarnazione-redenzione e al termine la “parusia”, la venuta finale che comprende anche il giudizio universale.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai la gioia di portare a compimento i giorni della Pasqua, fa’ che tutta la nostra vita sia una testimonianza del Signore risorto. Egli è Dio e vive e regna con te...