16 Maggio 2018

Mercoledì VII settimana di Pasqua

Oggi Gesù ci dice: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza, e anche voi mi darete testimonianza» (Gv 15,26-27).   

Dal Vangelo secondo Giovanni 17,11b-19: Gesù prega per i suoi discepoli, per coloro che ha custodito nel nome del Padre. Gesù non prega per il mondo, il mondo che giace sotto il potere d Satana, il mondo incredulo che ha rifiutato il Cristo, ma prega per i suoi discepoli, per la sua Chiesa che deve vivere nel mondo senza appartenervi. I discepoli, che avranno un bisogno speciale della protezione divina adesso che Gesù sta per lasciarli soli nel mondo, dovranno impegnarsi a stare uniti: l’unità del Padre e del Figlio è il modello e il principio dell’unità dei discepoli, e la loro unità manifesterà il mistero di comunione della Trinità

Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi: Catechismo della Chiesa Cattolica 2849: Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall’inizio e nell’ultimo combattimento della sua agonia. Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo Nome. Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza. Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale. “Ecco, Io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante” (Ap 16,15).

Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi - Benedetto XVI (Omelia, 1 Aprile 2010): La richiesta più nota della Preghiera sacerdotale è la richiesta dell’unità per i discepoli, per quelli di allora e quelli futuri: “Non prego solo per questi – la comunità dei discepoli radunata nel Cenacolo – ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.” (v. 20s; cfr vv. 11 e 13). Che cosa chiede precisamente qui il Signore? Innanzitutto, Egli prega per i discepoli di quel tempo e di tutti i tempi futuri. Guarda in avanti verso l’ampiezza della storia futura. Vede i pericoli di essa e raccomanda questa comunità al cuore del Padre. Egli chiede al Padre la Chiesa e la sua unità. È stato detto che nel Vangelo di Giovanni la Chiesa non compare. Qui, invece, essa appare nelle sue caratteristiche essenziali: come la comunità dei discepoli che, mediante la parola apostolica, credono in Gesù Cristo e così diventano una cosa sola. Gesù implora la Chiesa come una ed apostolica. Così questa preghiera è propriamente un atto fondante della Chiesa. Il Signore chiede la Chiesa al Padre. Essa nasce dalla preghiera di Gesù e mediante l’annuncio degli Apostoli, che fanno conoscere il nome di Dio e introducono gli uomini nella comunione di amore con Dio. Gesù chiede dunque che l’annuncio dei discepoli prosegua lungo i tempi; che tale annuncio raccolga uomini i quali, in base ad esso, riconoscono Dio e il suo Inviato, il Figlio Gesù Cristo. Egli prega affinché gli uomini siano condotti alla fede e, mediante la fede, all’amore. Egli chiede al Padre che questi credenti “siano in noi” (v. 21); che vivano, cioè, nell’interiore comunione con Dio e con Gesù Cristo e che da questo essere interiormente nella comunione con Dio si crei l’unità visibile. Due volte il Signore dice che questa unità dovrebbe far sì che il mondo creda alla missione di Gesù. Deve quindi essere un’unità che si possa vedere - un’unità che vada tanto al di là di ciò che solitamente è possibile tra gli uomini, da diventare un segno per il mondo ed accreditare la missione di Gesù Cristo.

... il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo - C. Lesquivit e P. Grelot: Il Nuovo Testamento usa abbondantemente il termine kosmos. Ma il significato che gli conferisce da tutta l’elaborazione effettuata nel Antico Testamento e già assunta nella traduzione greca. Ambiguità del mondo - 1. È vero che il mondo così designato rimane fondamentalmente la creatura eccellente che Dio ha fatto alle origini (atti 17,24), mediante l’attività del suo Verbo (Gv 1,3.10; cfr. Ebr 1,2; Col 1,16). Questo mondo continua a rendere testimonianza a Dio (Atti 14,17; Rom 1,19 s). Sarebbe tuttavia un errore stimarlo troppo, perché l’uomo lo supera di molto in valore vero: che gli servirebbe conquistare il mondo intero se perdesse se stesso (Mt 16,26)? 2. Ma c’è di più: nel suo stato attuale, questo mondo, solidale con l’uomo peccatore, è di fatto in potere di Satana. Il peccato vi è entrato all’inizio della storia e, con il peccato, la morte (Rom 5,12). Per tal fatto è diventato debitore della giustizia divina (3,19), perché è solidale con il mistero del male che agisce in terra. Il suo elemento più visibile è costituito dagli uomini che levano la loro volontà ribelle contro Dio e contro il suo Cristo (Gv 3,18 s; 7,7; 15,ia s; 17,9.14 ... ). Dietro di essi si profila un capo invisibile: Satana, il principe di  questo secolo (2 Cor 4,4). Adamo, stabilito capo del mondo dalla volontà del suo creatore, ha consegnato nelle mani di Satana la sua persona ed il suo regno; da allora il mondo è in potere del maligno (1Gv 5,19), che ne comunica la potenza e la gloria a chi vuole (Lc 4,6).
Mondo di tenebre, governato dagli spiriti del male (Ef 6,12); mondo ingannatore, i cui elementi costitutivi pesano sull’uomo e lo asserviscono, fin nella stessa economia antica (Gal 4,3.9; Col 2,8.15). Lo spirito di questo mondo, incapace di gustare i segreti ed i doni di Dio (1 Cor 2, 12), si oppone allo Spirito di Dio, proprio come lo spirito dell’anticristo che agisce nel mondo (1Gv 4, 3). La sapienza di questo mondo, basata sulle speculazioni del pensiero umano separato da Dio, è convinta da Dio di follia (1Cor 1,20). La pace che dà il mondo, fatta di prosperità materiale e di sicurezza fallace, non è che un simulacro della vera pace che Cristo solo può dare (Gv 14,27): il suo effetto ultimo è una tristezza che produce la morte (2 Cor 7,10).
Attraverso a tutto questo si rivela il peccato del mondo (Gv 1,29), massa di odio e di incredulità accumulata fin dalle origini, pietra di inciampo per chi vorrebbe entrare nel regno di Dio: guai al mondo a motivo degli scandali (Mt 18,7)! Perciò il mondo non può offrire all’uomo nessun valore sicuro: la sua figura passa (1Cor 7,31), e cosi pure le sue concupiscenze (1Gv 2,16).
Il tragico del nostro destino proviene dal fatto che, per nascita, noi apparteniamo a questo mondo.

Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno: Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Difendili ... C’era da aspettarsela questa seconda richiesta. Dopo aver descritto i discepoli come coloro che sono stati scelti dal mondo e hanno accolto la parola che ha comunicato loro, ora li affida al Padre: «Custodiscili».
Come Gesù con la sua parola ha suscitato contro di sé l’odio del mondo «perché testimoniava che le sue opere erano malvagie» (7,7), così coloro che hanno accolto la sua parola e da lui saranno inviati nel mondo, saranno coinvolti nello stesso odio. Gesù li ha già preavvisati: «Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; voi però non siete del mondo, ma io vi ho scelto dal mondo; per questo il mondo vi odia» (15,19).
È la situazione che ora Gesù presenta al Padre per motivare la sua richiesta: «Il mondo li ha odiati perché non sono del mondo, come io non sono del mondo» (17,14). Il pericolo in cui si trovano è perciò grande perché grande è la debolezza umana e tanto suggestive rimangono sempre per l’uomo le tentazioni del mondo. Gesù-uomo è oramai libero da ogni tentazione, perché va al Padre. Non cosi i discepoli che debbono rimanere nel mondo per continuare l’opera sua. Perciò non chiede che siano tolti dal mondo, ma solo implora: «Ti chiedo, Padre, che tu li custodisca dal Maligno» (17,15), oppure come molti traducono: «dal male». È la stessa possibilità che offre l’ultima richiesta del Padre nostro: «Liberaci dal Maligno», oppure: «dal male». La prima possibilità ci sembra più conforme al pensiero di Giovanni. Poco prima ha presentato Gesù che diceva: «Ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori» (12,31); poi ha descritto come Giuda è caduto in potere del diavolo (13,2) o di Satana (13,27) e ancora ha parlato di Gesù che diceva a quelli che lo volevano uccidere di avere come padre il diavolo (8,44). Per questo ci sembra più esatto dire «dal Maligno».
Essere difesi dal Maligno comprende tutto; negativamente significa essere custoditi, difesi, da ogni forma di male che ha sempre la sua origine nel Maligno, e positivamente chiede di avere la forza di superare il male per continuare nel bene.
Il versetto 16 ripete materialmente 14b, ma forse la ripetizione serve per sottolineare quanto siano assimilati a Gesù quelli che Dio ha separato dal mondo. Sono davvero figli nel Figlio e come il Figlio totalmente donati, cioè consacrati a compiere nel mondo l’opera che il Padre ha affidato al Figlio. Di qui la terza richiesta.

Consacrali nella verità - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): La santificazione nella verità - Uno dei temi della preghiera dell’«ora» maggiormente impegnativi nella vita spirituale è rappresentato senza alcun dubbio dalla santificazione nella verità.
Abbiamo costatato in che cosa essa consista: si tratta dell’imitazione della vita filiale di Gesù, cioè della sua obbedienza, del suo abbandono incondizionato alla volontà del Padre. Questa santificazione è certamente opera di Dio; il Cristo infatti chiede al Padre questa grazia per i suoi discepoli (Gv 17,17.19). Essa però non può prescindere dall’impegno dell’uomo: il credente deve cooperare con lo Spirito santo per raggiungere la santità, immergendosi nella verità ossia lasciandosi trasformare dalla parola del Cristo, assimilando sempre più profondamente la rivelazione del Figlio di Dio, vivendo sempre più coerentemente secondo il vangelo.
Il concilio Vaticano II ricorda che la santità dei cristiani trova la sua origine nella Trinità (cf. Lumen gentium, 47) e consiste nella carità perfetta (cf. LG, 42; Gaudium et spes, 38). Questo santo sinodo inoltre insegna che tutti i credenti possono e debbono santificarsi: la costituzione sulla chiesa dedica un intero capitolo a questo argomento, intitolandolo «universale vocazione alla santità nella chiesa» (LG, c. V). La santità non rappresenta un privilegio dei religiosi, anche se i consigli evangelici favoriscono il raggiungimento di questa mèta: la via alla santità è aperta a tutti, laici, preti, operai, sposati. Ogni cristiano può e deve tendere alla santità, non evadendo dagli impegni del suo stato, ma nelle situazioni concrete dell’esistenza: nella famiglia, nell’ufficio, nella scuola, nella fabbrica, nel ministero.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Ogni cristiano può e deve tendere alla santità, non evadendo dagli impegni del suo stato, ma nelle situazioni concrete dell’esistenza: nella famiglia, nell’ufficio, nella scuola, nella fabbrica, nel ministero.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Padre misericordioso, fa’ che la tua Chiesa, riunita dallo Spirito Santo, ti serva con piena dedizione e formi in te un cuore solo e un’anima sola. Per il nostro Signore Gesù Cristo...