15 Maggio 2018

Martedì VII settimana di Pasqua

Oggi Gesù ci dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14,16 - Acclamazione al Vangelo).


Dal Vangelo secondo Giovanni 17,1-11a: Gesù, alzàti gli occhi al cielo..., secondo la mentalità giudaica il cielo indica Dio stesso, in questo modo Giovanni ci suggerisce che Gesù si volge verso Dio, suo Padre. Gesù si volge verso Dio-Padre come il Figlio “che ha compiuto l’opera da lui ricevuta: la glorificazione che egli domanda ne sarà il compimento, a gloria del Padre [vv.1-5]. Dall’opera, il pensiero va a coloro che sono i destinatari: i credenti. Dopo aver sottolineato la loro appartenenza al Padre e a se stesso, Gesù precisa che egli interviene a loro favore, a partire dalla situazione creata dalla sua partenza: «Essi sono nel mondo, e io vengo a te» [vv. 6-11]” (Xavier Léon-Dufour).

Padre, è venuta l’ora: John L. Mckenzie (Dizionario Biblico): L’ebraico biblico non ha un termine per «ora», e sembra che gli israeliti non usassero questo modo di calcolare il tempo. Nel Nuovo Testamento, tuttavia, i giudei usavano la divisione greca e romana del periodo di luce in 12 ore, che erano calcolate approssimativamente e variavano in lunghezza con il variare della durata della luce del giorno. Questo tipo di calcolo risale alle 12 duplici ore del giorno mesopotamico. Nel Nuovo Testamento un’ora significa anche un breve periodo di tempo, oppure il momento nel quale si attua un avvenimento.
L’«ora di Gesù» è una concezione importante in Giovani, ma menzionata anche nei vangeli sinottici. Questa è l’ora della quale più volte si dice che non è ancora arrivata (Gv 7,30; 8,20). È l’ora che Gesù chiede che possa passare (Mc 14,35) e da cui egli possa essere liberato (Gv 12,27). L’ora è esplicitamente quella in cui Gesù lascia il mondo per andare dal Padre (Gv 13,1), l’ora nella quale il Figlio dell’Uomo è consegnato nella mani dei peccatori (Mt 26,45; Mc 14,41).
L’ora di Gesù è anche l’ora dei suoi nemici e del potere delle tenebre (Lc 22, 53). L’ora di Gesù è il tempo della sua passione e morte; l’uso del termine vuol indicare che si tratta di un avvenimento prestabilito, non del risultato casuale di forze in conflitto. È l’avvenimento al quale tutta la vita di Gesù è rivolta come a suo compimento, l’ora che Gesù controlla perché è l’ora sua.
La stessa ora, «la mia ora non è ancora venuta», è usata in Gv 2,4 con un’allusione più oscura: il contesto non fa pensare alla passione. Ma il contesto suggerisce un collegamento con la glorificazione di Gesù. Viene cosi messo in luce un al altro aspetto della sua «ora», ancora più profondo della passione: la sua ora è il tempo della sua manifestazione messianica o della sua glorificazione, come dice in Gv 12,23; 17,1.

Padre, è venuta l’ora: Catechismo della Chiesa Cattolica 729-730: Solo quando giunge l’Ora in cui sarà glorificato, Gesù promette la venuta dello Spirito Santo, poiché la sua Morte e la sua Risurrezione saranno il compimento della Promessa fatta ai Padri:  lo Spirito di verità, l’altro Paraclito, sarà donato dal Padre per la preghiera di Gesù; sarà mandato dal Padre nel nome di Gesù; Gesù lo invierà quando sarà presso il Padre, perché è uscito dal Padre. Lo Spirito Santo verrà, noi lo conosceremo, sarà con noi per sempre, dimorerà con noi; ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto ciò che Cristo ci ha detto e gli renderà testimonianza; ci condurrà alla verità tutta intera e glorificherà Cristo; convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Infine viene l’Ora di Gesù; Gesù consegna il suo spirito nelle mani del Padre nel momento in cui con la sua morte vince la morte, in modo che, “risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre” (Rm 6,4), egli dona subito lo Spirito Santo “alitando” sui suoi discepoli. A partire da questa Ora, la missione di Cristo e dello Spirito diviene la missione della Chiesa: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21).

La preghiera di Gesù: Catechismo della Chiesa Cattolica 2603: Gli evangelisti hanno riportato in modo esplicito due preghiere pronunciate da Gesù durante il suo ministero. Ognuna comincia con il rendimento di grazie. Nella prima, Gesù confessa il Padre, lo riconosce e lo benedice perché ha nascosto i misteri del Regno a coloro che si credono dotti e lo ha rivelato ai “piccoli” (i poveri delle Beatitudini). Il suo trasalire “Sì, Padre!” esprime la profondità del suo cuore, la sua adesione al beneplacito del Padre, come eco al “Fiat” di sua Madre al momento del suo concepimento e come preludio a quello che egli dirà al Padre durante la sua agonia. Tutta la preghiera di Gesù è in questa amorosa adesione del suo cuore di uomo al “mistero della... volontà” del Padre ( Ef 1,9).
 2604: La seconda preghiera è riferita da san Giovanni prima della risurrezione di Lazzaro. L’azione di grazie precede l’evento: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato”, il che implica che il Padre ascolta sempre la sua supplica; e Gesù subito aggiunge: “Io sapevo che sempre mi dai ascolto”, il che implica che Gesù, dal canto suo, domanda in modo costante. Così, introdotta dal rendimento di grazie, la preghiera di Gesù ci rivela come chiedere: prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a colui che dona e che nei suoi doni dona se stesso. Il Donatore è più prezioso del dono accordato; è il “Tesoro”, ed il cuore del Figlio suo è in lui; il dono viene concesso “in aggiunta”.
La “preghiera sacerdotale” di Gesù occupa un posto unico nell’Economia della salvezza. Su di essa si mediterà nella parte conclusiva della sezione prima. In realtà essa rivela la preghiera sempre attuale del nostro Sommo Sacerdote, e, al tempo stesso, è intessuta di ciò che Gesù ci insegna nella nostra preghiera al Padre nostro, che sarà commentata nella sezione seconda.

Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te - Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): La parola “gloria” designa qui lo splendore, la potenza e l’onore che sono propri di Dio. Il Figlio è Dio, uguale al Padre, e fin dal momento della Incarnazione e della nascita ha manifestato la propria divinità, segnatamente nella sua Morte e Risurrezione: «Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre» (Cv 1,14). La glorificazione di Gesù Cristo abbraccia un triplice aspetto: in primo luogo, giova alla gloria del Padre, poiché Cristo, in obbedienza al decreto redentore di Dio (cfr Fil 2,6ss.), rivela il Padre e porta così a termine l’opera divina della salvezza (v. 4). In secondo luogo, Cristo è glorificato perché la sua divinità, intenzionalmente velata, possa alla fine manifestarsi tramite la propria umanità, la quale, dopo la Risurrezione, apparirà rivestita del potere divino al di sopra di tutte le creature (vv. 2.5). In terzo luogo, Cristo, con la sua glorificazione, offre all’uomo la possibilità di conseguire la vita eterna, di conoscere Dio Padre e Gesù Cristo, Figlio suo unigenito; la qual cosa torna a glorificazione del Padre e di Cristo Gesù, così come implica in pari tempo la partecipazione dell’uomo alla gloria divina (v. 3).
«Il Figlio ti glorifica facendoti conoscere a tutti coloro che gli hai dato. Se, pertanto, la vita eterna è conoscere Dio, tanto più tendiamo verso la vita quanto più progrediamo nella conoscenza di Dio [...]. La lode di Dio non avrà fine là dove la conoscenza di Dio sarà perfetta; e poiché la conoscenza di Dio sarà perfetta, allora massimamente risplenderà la sua gloria e sarà da noi pienamente glorificato» (In Ioannis Evang. tractatus, 105,3).

La preghiera sacerdotale - Benedetto XVI (Udienza Generale, 25 Gennaio 2012): Questa preghiera di Gesù è comprensibile nella sua estrema ricchezza soprattutto se la collochiamo sullo sfondo della festa giudaica dell’espiazione, lo Yom kippùr. In quel giorno il Sommo Sacerdote compie l’espiazione prima per sé, poi per la classe sacerdotale e infine per l’intera comunità del popolo. Lo scopo è quello di ridare al popolo di Israele, dopo le trasgressioni di un anno, la consapevolezza della riconciliazione con Dio, la consapevolezza di essere popolo eletto, «popolo santo» in mezzo agli altri popoli. La preghiera di Gesù, presentata nel capitolo 17 del Vangelo secondo Giovanni, riprende la struttura di questa festa. Gesù in quella notte si rivolge al Padre nel momento in cui sta offrendo se stesso. Egli, sacerdote e vittima, prega per sé, per gli apostoli e per tutti coloro che crederanno in Lui, per la Chiesa di tutti i tempi (cfr Gv 17,20).
La preghiera che Gesù fa per se stesso è la richiesta della propria glorificazione, del proprio «innalzamento» nella sua «Ora». In realtà è più di una domanda e della dichiarazione di piena disponibilità ad entrare, liberamente e generosamente, nel disegno di Dio Padre che si compie nell’essere consegnato e nella morte e risurrezione. Questa “Ora” è iniziata con il tradimento di Giuda (cfr Gv13,31) e culminerà nella salita di Gesù risorto al Padre (Gv 20,17). L’uscita di Giuda dal cenacolo è commentata da Gesù con queste parole: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13,31). Non a caso, Egli inizia la preghiera sacerdotale dicendo: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1). La glorificazione che Gesù chiede per se stesso, quale Sommo Sacerdote, è l’ingresso nella piena obbedienza al Padre, un’obbedienza che lo conduce alla sua più piena condizione filiale: «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5). Sono questa disponibilità e questa richiesta il primo atto del sacerdozio nuovo di Gesù che è un donarsi totalmente sulla croce, e proprio sulla croce - il supremo atto di amore – Egli è glorificato, perché l’amore è la gloria vera, la gloria divina.
Il secondo momento di questa preghiera è l’intercessione che Gesù fa per i discepoli che sono stati con Lui. Essi sono coloro dei quali Gesù può dire al Padre: «Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola» (Gv 17,6). «Manifestare il nome di Dio agli uomini» è la realizzazione di una presenza nuova del Padre in mezzo al popolo, all’umanità. Questo “manifestare” è non solo una parola, ma è realtà in Gesù; Dio è con noi, e così il nome - la sua presenza con noi, l’essere uno di noi - è “realizzato”.  Quindi questa manifestazione si realizza nell’incarnazione del Verbo. In Gesù Dio entra nella carne umana, si fa vicino in modo unico e nuovo. E questa presenza ha il suo vertice nel sacrificio che Gesù realizza nella sua Pasqua di morte e risurrezione.

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
*** Se, pertanto, la vita eterna è conoscere Dio, tanto più tendiamo verso la vita quanto più progrediamo nella conoscenza di Dio.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo...