11 Maggio 2018

Venerdì Feria VI Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Vangelo).


Dal Vangelo secondo Giovanni 16,20-23a: Per Gesù sta per iniziare il tempo della Passione, e sarà tolto ai suoi amici. Ma, risorto, ritornerà tra i suoi amici, una presenza nuova che prevaricherà lo spazio e il tempo. Ora, con la Passione di Gesù, per gli Apostoli, si inaugura il tempo della mestizia e della tristezza, ma ben presto saranno colmi di una gioia nuova la cui sorgente sarà un sepolcro vuoto.

La gioia dei discepoli - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Il tema più caratteristico della pericope in esame è senz’alcun dubbio quello della gioia. Gesù prende le mosse dalla sua separazione temporanea dagli amici, per predire ad essi che durante la sua assenza piangeranno e soffriranno, mentre al suo ritorno saranno inondati da profonda gioia (Gv 16,16ss). Quando resteranno soli, i discepoli saranno presi da profonda tristezza, invece il mondo si rallegrerà per la vittoria riportata sul Maestro; ma questo tempo di sofferenza durerà poco: il giorno di pasqua la tristezza degli amici del Cristo si trasformerà in gioia (Gv 16,20). La situazione spirituale dei discepoli durante le ore che vanno dall’arresto di Gesù alla sua risurrezione è simile a quella della partoriente: la donna quando sta per dare alla luce il bambino, sperimenta gli atroci dolori del parto, ma dopo la nascita del figlio è inondata da profonda gioia. In modo analogo gli apostoli, quando vedranno nuovamente il Maestro nel fulgore della sua gloria, dopo la separazione della passione e morte, gioiranno grandemente e dimenticheranno la tristezza dei giorni precedenti (Gv 16,21s). In realtà, allorché il Cristo risorto apparve agli amici, costoro gioirono al vedere il Signore (Gv 20,20).
La gioia messianica dei discepoli realizza l’oracolo di Is 66,13s, nel quale il Signore promette di consolare il suo popolo in Gerusalemme; tale esperienza salvifica sarà fonte di profonda gioia. Con la sua risurrezione Gesù porterà gioia profonda al nuovo Israele, proprio in Gerusalemme. L’ispirazione di Gv 16,22 al passo di Is 66,14 sembra molto probabile, dato il parallelismo delle frasi: Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore (Is 66,14), Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore gioirà (Gv 16,22). In realtà lo scopo della rivelazione salvifica e della redenzione operata dal Cristo è portare la pace profonda (Gv 16,33), è donare la vita in abbondanza (Gv 10,10) e la gioia piena (Gv 15,11). L’esaudimento delle preghiere dei discepoli contribuirà al raggiungimento di tale gioia in pienezza (Gv 16,24). Gli apostoli, esplicando la loro missione di testimoni, favoriscono l’esperienza della gioia perfetta (1Gv 1,4),

Il  Cristo risorto fonte di gioia piena - Salvatore Alberto Panimolle (Lettura Pastorale del Vangelo di Giovanni): Come abbiamo costatato a varie riprese, il tema che caratterizza maggiormente la pericope in esame, è rappresentato dalla gioia; questo brano contiene un autentico messaggio di speranza. La sofferenza, il dolore, la tristezza non possono segnare l’esistenza dell’autentico cristiano. Questi proverà afflizione e piangerà per il trionfo del male, dell’odio, dell’egoismo, però vivrà sempre in una pace profonda, perché è ancorato sulla fede nel Signore risorto. Gesù ha vinto il mondo e nessuna forza avversa può prevalere contro di lui.
Il cristiano trova la ragione e la fonte della gioia nel Signore, che ha riportato vittoria sulla morte e sul male. Questa persona divina vive nel cuore dei suoi amici e fa sperimentare, nella fede, la pace profonda della sua presenza salvifica. «Vi vedrò... e il vostro cuore gioirà e la vostra gioia nessuno ve la toglierà», disse il Maestro agli amici (Gv 16,22). Questa frase, piena di speranza, non è rivolta esclusivamente agli apostoli, ha un significato anche per i discepoli che non hanno visto il Signore con gli occhi di carne. Gli occhi della fede infatti possono e debbono far sperimentare la presenza del Cristo risorto nel cuore. Tale certezza ingenera una pace profonda, perché assicura il credente di ospitare il suo Dio e Salvatore. Le prove inevitabili della vita, le sofferenze i tradimenti non potranno scuotere questa sua fiducia nella presenza attiva e operante del Signore Gesù, la fonte della felicità vera, della gioia piena e perfetta.
La costituzione pastorale del concilio Vaticano II sulla chiesa nel mondo contemporaneo ricorda che il Signore Gesù, l’uomo perfetto, la salvezza di tutti, è il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni (cf. Gaudium et spes, 45; vedere anche Paolo VI, Gaudete in Domino, 1975).

... non è un abbandono (16,16-23) - Mario Galizzi (Vangelo secondo Giovanni): Quanto ci si è divertiti su questo «tra un poco» e «dopo un po’». Le molte interpretazioni non hanno fatto altro che disturbare la chiarezza del testo. Quello che i Padri greci hanno detto e quello che l’evangelista dice in 20,20 danno al testo il suo senso. Se l’evangelista, parlando del giorno di Pasqua, afferma che «i discepoli gioirono nel vedere il Signore» è logico che allude al nostro testo e perciò che il termine dell’espressione «ma dopo un po’» si riferisce a Gesù-Risorto, che appare ai suoi discepoli, dando compimento a quanto ha detto: «io vi rivedrò» (16,22).
Questa gioia è, comunque, preceduta da un breve periodo di tristezza: «Voi piangerete e vi lamenterete». Saranno tristi perché sarà loro tolto Gesù e si lamenteranno, come si fa quando scompare una persona cara. È il senso che tante volte ha nella Bibbia il verbo che qui abbiamo tradotto con «lamenterete», e il loro dolore sarà tanto più cocente perché vedranno i nemici esultare per essere riusciti a eliminare Gesù. Si tratta però di una gioia effimera, com’è passeggera la tristezza dei discepoli. Si dice infatti: «ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (16,20): contempleranno la gloria del Risorto.
Questo a noi sembra, con parecchi altri esegeti, il senso primario e più ovvio del testo, anche se può essere utile richiamarsi ad esso nel continuo succedersi dei momenti tristi e gioiosi nella storia della Chiesa. Ma questa ulteriore rilettura non toglie al testo il senso ovvio e letterale.
Diverso, invece, il caso del versetto 21: «La donna quando sta per partorire...». Qui siamo di fronte a un linguaggio figurato, simbolico. Il dato più evidente è che si sta parlando di una grande sofferenza vista nella speranza. Tale è il senso dei «dolori del parto» nella Bibbia. E in ciò constatiamo un altro modo con cui Gesù vede la sua passione. Ne ha già parlato in termini di glorificazione (12,23), di esaltazione (12,32), di ritorno al Padre (14,28); ora la paragona alle doglie del parto: sta infatti per nascere l’uomo nuovo, prototipo della nuova umanità. Quest’uomo nasce nella «sua ora», che è giunta. In essa ha inizio l’umanità nuova, la creatura nuova, l’uomo nuovo, riportato alle sue origini, fatto a immagine e somiglianza di Dio. È l’uomo rifatto dallo Spirito. Ne riparleremo nella scena del Calvario, dove accanto a Gesù ritroveremo la donna sua Madre. Anche a Cana è stata chiamata donna e, come, qui si è parlato dell’«ora».
È difficile, con questi dati alla mano, non vedere che qui Gesù allude a sua Madre, che a Càna è apparsa come il pròtotipo del popolo dell’Antica Alleanza che chiedeva il compimento della missione di Gesù. Ebbene, anche qui Gesù, parlando della sua passione, nell’immagine della donna vede pure là Figlia di Sion e la vede, come il profeta Isaia, nelle doglie del parto che dà inizio a una umanità rinnovata: «Nasce forse un paese in un giorno? Un popolo è generato forse in un istante? Eppure Sion, appena ha sentito i dolori, ha partorito figli» (66,8); e continua: «Rallegratevi con Gerusalemme... sfavillate di gioia!» (66,10). È la gioia che segue la sofferenza. Così dopo la passione ci fu gioia per Gesù-Risorto; gioia per i discepoli che rivedono il Signore, gioia per Maria che diventa Madre del popolo dei santi. E c’è gioia per il dono dello Spirito di Verità che i discepoli riceveranno quel giorno e «non domanderanno più nulla» (16,23), perché lo Spirito oramai insegnerà loro ogni cosa (14,26).

La gioia del Vangelo - A. Ridouard e M. F. Lacan: [Quando Dio visiterà il suo popolo, allora] i servi di Dio canteranno, con la gioia nel cuore, in una creazione rinnovata; perché Dio creerà Gerusalemme «gioia» ed il suo popolo «letizia», per rallegrarsi in essi e procurare a tutti un giubilo senza fine (65,14.17 ss; 66, 10). Questa è la gioia che Gerusalemme attende dal suo Dio, il santo e l’eterno la cui misericordia la salverà (Bar 4,22.36 s; 5,9). L’artefice di quest’opera di salvezza è il suo re che viene ad essa nell’umiltà; l’accolga essa nell’esultanza (Zac 9,9).
Questo re umile è Gesù Cristo che annunzia la gioia della salvezza agli umili e la dà loro mediante il suo sacrificio.
1. La gioia della salvezza annunziata agli umili - La venuta del salvatore crea un clima di gioia che Luca, più degli altri evangelisti ha reso sensibile. Ancor prima che ci si rallegri della sua nascita (Lc 1,14), quando viene Maria, Giovanni Battista sussulta di gioia nel seno della madre (1,41.44); e la Vergine, che il saluto dell’angelo aveva invitato alla gioia (1,28: gr. chàire = rallégrati), canta con gioia pari all’umiltà il Signore che è divenuto suo figlio per salvare gli umili (1,42.46-55). La nascita di Gesù è una grande gioia per gli angeli che l’annunziano e per il popolo che egli viene a salvare (2,10.13s; cfr. Mt 1,21); essa pone termine all’attesa dei giusti (Mt 13,17 par.) che, come Abramo, esultavano già pensandovi (Gv 8,56).
In Gesù Cristo il regno di Dio è già presente (Mc 1,45 par.; Lc 17,21); egli è lo sposo la cui voce colma di gioia il Battista (Gv 3, 29) e la cui presenza non permette ai suoi discepoli di digiunare (Lc 5,34 par.). Questi hanno la gioia di sapere che i loro nomi sono scritti in cielo (10,20), perché rientrano nel numero dei poveri ai quali appartiene il regno (6,20 par.), tesoro per il quale si sacrifica tutto con gioia (Mt 13,44); e Gesù ha insegnato loro che la persecuzione, confermando la loro certezza, doveva intensificare la loro letizia (Mt 5,10ss par.).
I discepoli hanno ragione di rallegrarsi dei miracoli di Gesù che attestano la sua missione (Lc 19,37ss); ma non devono porre la loro gioia nel potere miracoloso che Cristo comunica loro (10,17-20); esso non è che un mezzo destinato non a procurare una vana gioia a uomini come Erode, amanti del meraviglioso (23,8), ma a far lodare Dio dalle anime rette (13,17) e ad atti rare i peccatori al salvatore, disponendoli ad accoglierlo con gioia ed a convertirsi (19,6.9). Di questa conversione i discepoli si rallegreranno da veri fratelli (15,32), come se ne rallegrano in cielo il Padre e gli angeli (15,7. 0.24), come se ne rallegra il buon pastore, il cui amore ha salvato le pecore smarrite (15,6; Mt 18,13). Ma per condividere la sua gioia, bisogna amare com’egli ha amato.
2. La gioia dello Spirito, frutto della croce - Di fatto Gesù, che aveva esultato di gioia perché il Padre si rivelava per mezzo suo ai piccoli (Lc 10,21 s), dà la propria vita per questi piccoli, suoi amici, allo scopo di comunicare loro la gioia di cui il suo amore è la fonte (Gv 15,9-15), mentre ai piedi della sua croce i suoi nemici ostentano la loro gioia malvagia (Lc 23,35ss). Attraverso la croce Gesù va al Padre; i discepoli dovrebbero rallegrarsene, se lo amassero (Gv 14,28) e se comprendessero lo scopo di questa partenza, che è il dono dello Spirito (16,7). Grazie a questo dono, essi vivranno della vita di Gesù (14,16-20) e, poiché domanderanno nel suo nome, otterranno tutto dal Padre; allora la loro tristezza si muterà in gioia, la loro gioia sarà perfetta e nessuno la potrà togliere loro (14,13s; 16,20-24).
Ma i discepoli hanno così poco compreso che la passione porta alla risurrezione, e la passione distrugge a tal punto la loro speranza (Lc 24,21) che non osano abbandonarsi alla gioia che li invade dinanzi alle apparizioni (24,41). Tuttavia quando il risorto, dopo aver loro mostrato che le Scritture erano compiute ed aver loro promesso la forza dello Spirito (24,44.49; Atti 1,8), sale al cielo, essi hanno una grande gioia (Lc 24,52s); la venuta dello Spirito la rende tanto comunicativa, (Atti 2,4.11) quanto incrollabile: «sono lieti di essere giudicati degni di soffrire per il nome» del salvatore di cui sono i testimoni (Atti 5,41; cfr. 4,12; Lc 24,46ss).

Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** La radice della gioia di Cristo è entrata in noi col battesimo e la confermazione e cresce quanto più viviamo del suo amore e cresciamo in Lui” (Don Lino Pedron).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.

Preghiamo con la Chiesa: Si compia in ogni luogo, Signore, con la predicazione del vangelo, la salvezza acquistata dal sacrificio del Cristo, e la moltitudine dei tuoi figli adottivi ottenga da lui, parola di verità, la vita nuova promessa a tutti gli uomini. Per il nostro Signore Gesù Cristo.