9 Aprile 2018


ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE


Oggi Gesù ci dice: «Rallegrati, Maria, colui che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio» (Cfr. Lc 1,31-32).


Dal Vangelo secondo Luca 1,26-38: Nàzaret, una città della Galilea, posta in territorio ritenuto pagano e trascurato da Dio, quella Galilea dalla quale non sorge profeta (Gv 7,52). Da Nàzaret può venire qualcosa di buono? (Gv 1,46), eppure Dio sceglie di iniziare da questo oscuro villaggio il suo viaggio che lo porterà tra gli uomini, Dio sceglie il grembo di una vergine, sceglie ciò che non ha appariscenza, ciò che è umile e disprezzato dagli uomini. La legge dell’incarnazione è questa: Gesù svuotò se stesso... umiliò se stesso (Fil 2,7-8). Ora, nella pienezza del tempo (Gal 4,4), Dio elegge la sua dimora tra gli uomini (Gv 1,14), e Maria è il nuovo tempio, la nuova città santa, il popolo nuovo in mezzo al quale Dio prende dimora. Maria è la piena di grazia, un nome che svela la particolare missione della Vergine nel piano di Dio, destinata a modificare la sua vita e il corso intero della storia. Maria la serva del Signore perché accetta umilmente il disegno di Dio, anche se non riesce a comprenderne tutta la portata e tutte le conseguenze: avvenga per me secondo la tua parola. Una espressione che contiene in sé un desiderio ardente e un entusiasmo vivo di vedere attuato quanto le è stato proposto. Maria ci insegna che la volontà di Dio va accolta con fede ed eseguita con gioia.


Il mistero dell’incarnazione: (Redemptoris, 11): Nel disegno salvifico della Santissima Trinità il mistero dell’incarnazione costituisce il compimento sovrabbondante della promessa fatta da Dio agli uomini, dopo il peccato originale, dopo quel primo peccato i cui effetti gravano su tutta la storia dell’uomo sulla terra (Gn 3,15). Ecco, viene al mondo un Figlio, la «stirpe della donna», che sconfiggerà il male del peccato alle sue stesse radici: «Schiaccerà la testa del serpente». Come risulta dalle parole del protoevangelo, la vittoria del Figlio della donna non avverrà senza una dura lotta, che deve attraversare tutta la storia umana. «L’inimicizia», annunciata all’inizio, viene confermata nell’Apocalisse, il libro delle realtà ultime della Chiesa e del mondo, dove torna di nuovo il segno della «donna», questa volta «vestita di sole» (Ap 12,1). Maria, Madre del Verbo incarnato, viene collocata al centro stesso di quella inimicizia, di quella lotta che accompagna la storia dell’umanità sulla terra e la storia stessa della salvezza. In questo posto ella, che appartiene agli «umili e poveri del Signore», porta in sé, come nessun altro tra gli esseri umani, quella «gloria della grazia» che il Padre «ci ha dato nel suo Figlio diletto», e questa grazia determina la straordinaria grandezza e bellezza di tutto il suo essere. Maria rimane così davanti a Dio, ed anche davanti a tutta l’umanità, come il segno immutabile ed inviolabile dell’elezione da parte di Dio, di cui parla la Lettera paolina: «In Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo, ... predestinandoci a essere suoi figli adottivi» (Ef 1,4).
Questa elezione è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella «inimicizia», da cui è segnata la storia dell’uomo. In questa storia Maria rimane un segno di sicura speranza.

Carlo Ghidelli (Luca - Nuovissima Versione della Bibbia): Ecco tu concepirai ... un figlio ... Gesù ... : qui arriviamo al centro della narrazione, alla sostanza del mistero.
È il mistero di Gesù, Messia e Salvatore, vero figlio di Maria e figlio di Dio, che dapprima viene annunciato con una formula stereotipa, tipicamente biblica (cfr v. 31 con Gn 16,11; 17,19; Gdc 13,5-7 e soprattutto Is 7,14) e poi con una serie di titoli messianici (vv. 31-33). Eccoli: - egli sarà grande: cfr 1,15 dove lo stesso titolo viene applicato a Giovanni; - solo a lui invece s’addice il titolo di Figlio dell’Altissimo: anche se qui non viene espressa chiaramente la figliolanza divina di Gesù (nell’Antico Testamento infatti sono chiamati “figli di Dio” tutti coloro che si trovano in rapporto di speciale intimità con Dio: l’angelo Sal 29,1; il popolo eletto Sap 18,13; Os 11,1; e soprattutto il Messia 2Sam 7,14; Sal 2,7; 89,27; si veda anche Lc 6,35 per una applicazione simile nel Nuovo Testamento) tuttavia qui viene indicata non solo la dignità messianica di Gesù ma si prepara quel significato teologicamente più pregnante che l’espressione Figlio di Dio avrà nel v. 35; - a Lui sarà dato il trono di Davide ...: secondo una tradizione largamente testimoniata nell’Antico Testamento [2Sam 7,12; 1Cr 22,9s; Sal 89 (88),36ss; Is 9,6; Mic 4,7; Dn 7,14] il Messia verrà dalla casa di Davide e da Davide erediterà il Regno, non più un regno temporale ma il regno spirituale sul nuovo Israele. Sono molti i temi che riecheggiano in questi versetti l’alleanza davidica con le sue promesse, la gloria del grande re, il carattere profetico e messianico di questa regalità, ma quello che più conta è che tutte queste qualità arrivano fino a Gesù non per trasmissione di sangue (è solo per il tramite di Giuseppe che Gesù è figlio di Davide, eppure Giuseppe non è suo padre secondo la carne!) ma per la fedeltà di Dio alle sue promesse, per la realizzazione della volontà salvifica di Dio: è solo Dio a dare la successione, la dignità e la missione davidica (regale, profetica e sacerdotale) a Gesù.


Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te - Benedetto XVI (Udienza Generale, 19 Dicembre 2012): «Chaîre kecharitomene, ho Kyrios meta sou», «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Sono queste le parole - riportate dall’evangelista Luca – con cui l’arcangelo Gabriele si rivolge a Maria. A prima vista il termine chaîre, “rallegrati”, sembra un normale saluto, usuale nell’ambito greco, ma questa parola, se letta sullo sfondo della tradizione biblica, acquista un significato molto più profondo. Questo stesso termine è presente quattro volte nella versione greca dell’Antico Testamento e sempre come annuncio di gioia per la venuta del Messia (cfr Sof 3,14; Gl 2,21; Zc 9,9; Lam 4,21). Il saluto dell’angelo a Maria è quindi un invito alla gioia, ad una gioia profonda, annuncia la fine della tristezza che c’è nel mondo di fronte al limite della vita, alla sofferenza, alla morte, alla cattiveria, al buio del male che sembra oscurare la luce della bontà divina. È un saluto che segna l’inizio del Vangelo, della Buona Novella.
Ma perché Maria viene invitata a rallegrarsi in questo modo? La risposta si trova nella seconda parte del saluto: “il Signore è con te”. Anche qui per comprendere bene il senso dell’espressione dobbiamo rivolgerci all’Antico Testamento. Nel Libro di Sofonia troviamo questa espressione «Rallégrati, figlia di Sion,… Re d’Israele è il Signore in mezzo a te… Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente» (3,14-17). In queste parole c’è una duplice promessa fatta ad Israele, alla figlia di Sion: Dio verrà come salvatore e prenderà dimora proprio in mezzo al suo popolo, nel grembo della figlia di Sion. Nel dialogo tra l’angelo e Maria si realizza esattamente questa promessa: Maria è identificata con il popolo sposato da Dio, è veramente la Figlia di Sion in persona; in lei si compie l’attesa della venuta definitiva di Dio, in lei prende dimora il Dio vivente.
Nel saluto dell’angelo, Maria viene chiamata “piena di grazia”; in greco il termine “grazia”, charis, ha la stessa radice linguistica della parola “gioia”. Anche in questa espressione si chiarisce ulteriormente la sorgente del rallegrarsi di Maria: la gioia proviene dalla grazia, proviene cioè dalla comunione con Dio, dall’avere una connessione così vitale con Lui, dall’essere dimora dello Spirito Santo, totalmente plasmata dall’azione di Dio. Maria è la creatura che in modo unico ha spalancato la porta al suo Creatore, si è messa nelle sue mani, senza limiti. Ella vive interamente della e nella relazione con il Signore; è in atteggiamento di ascolto, attenta a cogliere i segni di Dio nel cammino del suo popolo; è inserita in una storia di fede e di speranza nelle promesse di Dio, che costituisce il tessuto della sua esistenza. E si sottomette liberamente alla parola ricevuta, alla volontà divina nell’obbedienza della fede.


Gli angeli e Cristo. - M. Galopin e P. Grelot (Angeli in Dizionario di Teologia Biblica): Il Nuovo Testamento ricorre allo stesso linguaggio convenzionale, che attinge sia ai libri sacri, sia alla tradizione giudaica contemporanea. Cosi enumera gli arcangeli (1Tess 4,16; Giuda 9), i cherubini (Ebr 9,5), i troni, le dominazioni, i principati, le potestà (Col 1,16), a cui altrove si aggiungono le virtù (Ef 1,21).
Questa gerarchia, i cui gradi variano nella espressione, non ha il carattere di una dottrina fissa, ma di un elemento secondario dai contorni piuttosto fluttuanti. Ma, come nel Vecchio Testamento, l’essenziale del pensiero è altrove, e si riordina qui attorno alla rivelazione di Gesù Cristo.
Il mondo angelico trova posto nel pensiero di Gesù. Gli evangelisti parlano talvolta dei suoi rapporti intimi con gli angeli (Mt 4,11; Lc 22,43); Gesù menziona gli angeli come esseri reali ed attivi. Pur vegliando sugli uomini, essi vedono la faccia del Padre (Mt 18,10).
La loro vita sfugge alle esigenze cui è soggetta la condizione terrestre (cfr. Mt 22,30 par.). Benché ignorino la data del giudizio finale, che è un segreto del Padre solo (Mt 24,36 par.), ne saranno gli esecutori (Mt 13,39.49; 24,31). Fin d’ora essi partecipano alla gioia di Dio quando i peccatori si convertono (Lc 15,10). Tutti questi elementi sono conformi alla dottrina tradizionale.
Gesù inoltre precisa la loro situazione in rapporto al figlio dell’uomo, la figura mistero sa che lo definisce, specialmente nella sua gloria futura: gli angeli lo accompagneranno nel giorno della sua parusia (Mt 25,31); saliranno e discenderanno su di lui (Gv 1,51), come un tempo sulla scala di Giacobbe (Gen 28,10 ...); egli li manderà per radunare gli eletti (Mt 24,31 par.) e scartare i dannati dal regno (Mt 13,41s). Fin dal tempo della passione Gesù avrebbe potuto richiedere l’intervento degli angeli che sono al suo servizio (Mt 26, 53).
Il pensiero cristiano primitivo non farà dunque altro che prolungare le parole di Gesù quando affermerà che gli angeli gli sono inferiori. Abbassato al di sotto di essi per la sua incarnazione (Ebr. 2,7), egli non di meno meritava la loro adorazione nella sua qualità di Figlio di Dio (Ebr 1,6 s; cfr. Sal 97,7). Dopo al risurrezione è chiaro che Dio glieli ha sottomessi (Ef 1,20 s), essendo stati creati in lui, da lui e per lui (Col 1,16).
Essi riconoscono attualmente la sua sovranità (Apoc 5,11s; 7,11s), e formeranno la sua scorta nell’ultimo giorno (2Tess 1,7; Apoc 14,14-16; cfr. 1Tess 4,16). Così il mondo angelico si subordina a Cristo, di cui ha contemplato il mistero (1Tim 3,16; cfr. 1Piet. 1,12).


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi” (Ef 1,3-5).
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Vergine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale. Per il nostro Signore Gesù Cristo...