10 Aprile 2018

Martedì Feria II Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Cfr. Gv 3,15).


Dal Vangelo secondo Giovanni 3,7-15: Gesù ricordando a Nicodemo l’episodio del serpente di bronzo che salvò gli ebrei dal morso dei serpenti brucianti, preannunzia la sua morte cruenta sulla croce che sarà apportatrice di salvezza all’intero genere umano. Per essere salvati bisognerà «guardare» il Cristo «innalzato» sulla croce (cfr. Num 21,8; Zac 12,10; Gv 19,37), cioè credere che egli è il Figlio unigenito (cfr. Gv 3,18; Zac 12,10). La vita eterna promessa ai credenti (cfr. 2Cor 4,18), è già data loro (cfr. Gv 3,36; 5,24; 6,40.68; 1Gv 2,25), ma si compirà pienamente nella risurrezione (cfr. Gv 6,39-40.54; 11,25-26; Mt 7,14; 18,8; 19,16).


Paolo Curtaz: Nicodemo, anziano, vorrebbe ricominciare, ripartire, rinascere. Per farlo cerca consiglio da Gesù il quale lo invita a rinascere sì, ma dall’alto. È solo a partire da Dio che possiamo rileggere la nostra vita, le nostre scelte, i nostri errori in una prospettiva diversa. Sì, dice Gesù, è possibile ricominciare molte e molte volte, abbandonando una mentalità mondana per abbracciare una visione che ci deriva dalla fede. Ma come possiamo conoscere lo sguardo di Dio? Ascoltando l’unico che lo conosce fino in fondo: il Signore Gesù. Accogliendo la sua parola, meditando i suoi insegnamenti, invocandolo nella preghiera, riceviamo in cambio uno sguardo nuovo sulle cose e su noi stessi. Ma, continua Gesù, dobbiamo concentrare la nostra attenzione soprattutto sulla croce. Meditando la misura dell’amore di Dio che si manifesta nella morte in croce di suo figlio, acquisiamo la sua prospettiva sulla vita. Si può rinascere se facciamo della nostra vita un dono continuo, delle nostre capacità un’opportunità per gli altri, del nostro tempo e delle nostre emozioni un’attenzione rivolta ai fratelli. Nicodemo (e noi) ha ancora molto da imparare.


Così è chiunque è nato dallo Spirito: Catechismo della Chiesa Cattolica  691: «Spirito Santo», tale è il nome proprio di colui che noi adoriamo e glorifichiamo con il Padre e il Figlio. La Chiesa lo ha ricevuto dal Signore e lo professa nel Battesimo dei suoi nuovi figli. Il termine «Spirito» traduce il termine ebraico Ruah, che nel suo senso primario significa soffio, aria, vento. Gesù utilizza proprio l’immagine sensibile del vento per suggerire a Nicodemo la novità trascendente di colui che è il Soffio di Dio, lo Spirito divino in persona. D’altra parte, Spirito e Santo sono attributi divini comuni alle tre Persone divine. Ma, congiungendo i due termini, la Scrittura, la liturgia e il linguaggio teologico designano la Persona ineffabile dello Spirito Santo, senza possibilità di equivoci con gli altri usi dei termini «spirito» e «santo».


Gli appellativi dello Spirito Santo

Catechismo della Chiesa Cattolica 692: Gesù, quando annunzia e promette la venuta dello Spirito Santo, lo chiama “Paraclito”, letteralmente: “Colui che è chiamato vicino”, “ad-vocatus” (Gv 14,16). “Paraclito” viene abitualmente tradotto “Consolatore”, essendo Gesù il primo consolatore. Il Signore stesso chiama lo Spirito Santo “Spirito di verità” (Gv 16,13).

Catechismo della Chiesa Cattolica 693: Oltre al suo nome proprio, che è il più usato negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere, in san Paolo troviamo gli appellativi: lo Spirito della promessa,  lo Spirito di adozione,  lo “Spirito di Cristo” (Rm 8,9), “lo Spirito del Signore” (2Cor 3,17), “lo Spirito di Dio” (Rm 8,9; 8,14; 15,19; 1Cor 6,11; 7,40), e in san Pietro, “lo Spirito della gloria” (1Pt 4,14).


Figlio dell’uomo: CdA 221: Per parlare di sé, Gesù preferiva usare il titolo di Figlio dell’uomo: lo si può arguire dal fatto che esso ricorre nei Vangeli ben ottantadue volte e sempre sulla sua bocca, come autodesignazione. Il riferimento è a un personaggio celeste del libro di Daniele, che appare «sulle nubi del cielo», riceve da Dio «potere, gloria e regno» su «tutti i popoli, nazioni e lingue», «un potere eterno, che non tramonta mai» (Dn 7,13-14).


Chiunque crede in lui abbia la vita eterna: Benedetto XVI (Omelia 4 Novembre 2010): L’espressione «vita eterna» ... designa il dono divino concesso all’umanità: la comunione con Dio in questo mondo e la sua pienezza in quello futuro. La vita eterna ci è stata aperta dal Mistero Pasquale di Cristo e la fede è la via per raggiungerla. È quanto emerge dalle parole rivolte da Gesù a Nicodemo e riportate dall’evangelista Giovanni: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15). Qui vi è l’esplicito riferimento all’episodio narrato nel libro dei Numeri (21,1-9), che mette in risalto la forza salvifica della fede nella parola divina. Durante l’esodo, il popolo ebreo si era ribellato a Mosè e a Dio, e venne punito con la piaga dei serpenti velenosi. Mosè chiese perdono, e Dio, accettando il pentimento degli Israeliti, gli ordina: «Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque dopo esser stato morso lo guarderà, resterà in vita». E così avvenne. Gesù, nella conversazione con Nicodemo, svela il senso più profondo di quell’evento di salvezza, rapportandolo alla propria morte e risurrezione: il Figlio dell’uomo deve essere innalzato sul legno della Croce perché chi crede in Lui abbia la vita. San Giovanni vede proprio nel mistero della Croce il momento in cui si rivela la gloria regale di Gesù, la gloria di un amore che si dona interamente nella passione e morte. Così la Croce, paradossalmente, da segno di condanna, di morte, di fallimento, diventa segno di redenzione, di vita, di vittoria, in cui, con sguardo di fede, si possono scorgere i frutti della salvezza.


“... guarderanno a Colui che hanno trafitto” (Zac 12,10) - San Bonaventura: La nuova nascita da Dio e la fede nel Figlio di Dio ci conducono alla pienezza del nostro essere, perché esse ci introducono nella beatitudine eterna. Se non raggiungiamo questo obiettivo la nostra vita fallisce. Ma come evitare questo fallimento? Il popolo d’Israele, durante la terrificante marcia nel deserto che l’avrebbe portato nella terra promessa, più volte si era ribellato al Signore Dio. Accadde anche dopo la conquista di Corma: Israele si lamentò della manna, “cibo leggero e nauseante”. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì (Nm 21,1-6). Ma anche allora, “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34,6), si lasciò impietosire dalle umili preghiere del suo  popolo. Per suo incarico Mosè costruì un serpente di rame che venne posto su un’asta: quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita (cfr Num 21,7-9). Questo episodio, ricordato da Gesù a Nicodemo, chiarisce il significato e il valore  dell’innalzamento sulla Croce del Figlio di Dio: Dio ha stabilito che il Crocifisso sia il sacramento della salvezza, la fonte della vita. In Gesù crocifisso si compie in modo mirabile la profezia di Zaccaria: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto [...] In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità” (Zac 12,10-13,1). Se ne ricorderà san Giovanni nel suo Vangelo, subito dopo la trafittura del Cuore di Gesù. Solo chi “volge risolutamente e pienamente gli occhi verso Cristo crocifisso, con fede, speranza e carità, devozione, ammirazione, esultanza, riconoscenza, lode e gioia, … celebra la Pasqua con lui, si mette in cammino per attraversare il mar rosso con l’aiuto del legno della Croce.


Padri Silvestrini: Le dimensioni dello spirito, la capacità di elevare mente e cuore fino ai pensieri di Dio, non è una virtù innata nell’uomo. Il peccato ci ha rilegati alla terra e alle cose che ci circondano, ci ha ridimensionati nelle nostre possibilità di elevazione e di spiritualità. Nicodemo testimonia evidentemente questi limiti. «Come può accadere questo?». Gesù con sottile ironia gli risponde: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?». Questo è un rimprovero che tocca personalmente tutti coloro che si atteggiano a «maestri» e che professano ed insegnano verità non comprese con il cuore e non sperimentate nella vita. Sono coloro, ancora più numerosi che ascoltano ma non odono e non accolgono le testimonianze. Non comprendono le cose della terra nel loro giusto valore e ancor meno quelle del cielo a cui rimangono estranei. Resta sempre vero che le vie del Signore, la vie del cielo, sono percorribili soltanto con la sua Luce, altrimenti restano sempre buie ed inaccessibili. È per questo che Gesù deve ricordare a Nicodemo e a noi, che ci siamo posti in dialogo con loro, quello che sarà il prezzo del riscatto e la fonte da cui possiamo attingere la fede. Il Figlio dell’uomo deve essere innalzato sulla croce per attirare tutti a se. Deve essere innalzato il Figlio affinché noi figli possano innalzarci oltre i pensieri della nuda terra. Dalla croce, trasformata in albero di vita, sgorgherà la certezza di una vita nuova, da lì matureranno i frutti di una fede viva: occorrerà la suprema testimonianza dell’amore con il dono della vita per far rinascere la certezza della vita eterna. In quella morte ritroviamo la risurrezione. Così, sta dicendo Gesù a Nicodemo e a noi, si rinasce nell’acqua e dallo Spirito. 


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Resta sempre vero che le vie del Signore, la vie del cielo, sono percorribili soltanto con la sua Luce, altrimenti restano sempre buie ed inaccessibili.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Concedi al tuo popolo, Dio misericordioso, di proclamare la potenza del Signore risorto, perché in lui, sacramento universale di salvezza, manifesti al mondo la pienezza della vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo...