20 Aprile 2018


Venerdì III Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Chi  mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui, dice il Signore” (Gv 6,56 - Acclamazione al Vangelo).  


Dal Vangelo secondo Giovanni 6,52-59: Il cannibalismo è una pratica odiosa e disgustosa, e tale verità vale anche per i Giudei che si misero a “discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare»”. L’equivoco nasce purtroppo dalla poca comprensione degli insegnamenti di Gesù, e dalla poca attenzione alle sue parole che rivelano la vera identità del Figlio dell’uomo. Non comprendendo e come usano gli uomini ignoranti e presuntuosi, si irritano “aspramente”. Ma Gesù non è un “uomo” da arrendersi dinanzi a tali provocazioni, e così accresce la durezza e il realismo del suo discorso parlando non solo di mangiare “la carne del Figlio dell’uomo”, ma anche di bere il suo sangue. Per i Giudei quest’ultima proposta, quella di bere il sangue del Figlio dell’uomo, suonava estremamente ributtante e scandalosa in quanto la Legge proibiva severamente, per motivi religiosi, di bere in qualsiasi modo il sangue (cfr. Lv 17,10-14). In poche parole, Gesù è il pane disceso dal cielo, di cui la manna era una pallida idea. Gli ebrei nel deserto avevano mangiato la manna ed erano morti, chi mangia la carne del Figlio dell’uomo e beve il suo sangue avrà la vita eterna. È una chiara allusione al significato redentore e sacrificale dell’Eucarestia.


Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1355: Nella Comunione, preceduta dalla preghiera del Signore e dalla frazione del pane, i fedeli ricevono “il pane del cielo” e “il calice della salvezza”, il Corpo e il Sangue di Cristo che si è dato “per la vita del mondo” (Gv 6,51).
Poiché questo pane e questo vino sono stati “eucaristizzati”, come tradizionalmente si dice, “questo cibo è chiamato da noi Eucaristia, e a nessuno è lecito parteciparne, se non a chi crede che i nostri insegnamenti sono veri, si è purificato con il lavacro per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e vive così come Cristo ha insegnato” [San Giustino, Apologia, 1, 66: CA 1, 180 (PG 6,428)].


L’Eucarestia - Del modo come è stato istituito questo santissimo sacramento - Concilio di Trento (Sessione 13, cap. II): Il Signore, quindi, nell’imminenza di tornare da questo mondo al Padre, istituì questo sacramento. In esso ha effuso le ricchezze del suo amore verso gli uomini, rendendo memorabili i suoi prodigi , e ci ha comandato di onorare, nel riceverlo, la sua memoria e di annunziare la sua morte, fino a che egli venga a giudicare il mondo.
Egli volle che questo sacramento fosse ricevuto come cibo spirituale delle anime, perché ne siano alimentate e rafforzate, vivendo della vita di colui, che disse: Chi mangia me, anche lui vive per mezzo mio e come antidoto, con cui liberarsi dalle colpe d’ogni giorno ed essere preservati dai peccati mortali.
Volle, inoltre, che esso fosse pegno della nostra gloria futura e della gioia eterna; e quindi simbolo di quell’unico corpo, di cui egli è il capo, e a cui volle che noi fossimo congiunti, come membra, dal vincolo strettissimo della fede, della speranza e della carità, perché tutti professassimo la stessa verità, e non vi fossero scismi fra noi.


Sàulo, Sàulo, perché mi perseguiti? (I Lettura): Cristo risorto sulla via di Damasco infrange i progetti delittuosi di Sàulo, l’anima del persecutore si apre alla fede, e gli occhi  si riempiono di luce nuova: la sua mente, pur sconvolta dall’apparizione del Risorto, comprende che Gesù è il Signore, e che vi è perfetta identità tra il Gesù che ora ha incontrato e i cristiani che aveva perseguitato: è  il mistero del corpo mistico di Cristo, Gesù è il Capo, i cristiani le membra. Sconvolto, si affida alla preghiera di Anania, recupera la vista ed già in marcia per proclamare che Gesù è il Signore, il Messia che colma le attese delle antiche profezie.


La conversione di Sàulo - Benedetto XVI (Udienza Generale, 3 Settembre 2008): Abbiamo a questo proposito due tipi di fonti. Il primo tipo, il più conosciuto, sono i racconti dovuti alla penna di Luca, che per ben tre volte narra l’evento negli Atti degli Apostoli (cfr 9,1-19; 22,3-21; 26,4-23) ... Il secondo tipo di fonti sulla conversione è costituito dalle stesse Lettere di san Paolo. Egli non ha mai parlato in dettaglio di questo avvenimento, penso perché poteva supporre che tutti conoscessero l’essenziale di questa sua storia, tutti sapevano che da persecutore era stato trasformato in apostolo fervente di Cristo. E ciò era avvenuto non in seguito ad una propria riflessione, ma ad un evento forte, ad un incontro con il Risorto. Pur non parlando dei dettagli, egli accenna diverse volte a questo fatto importantissimo, che cioè anche lui è testimone della risurrezione di Gesù, della quale ha ricevuto immediatamente da Gesù stesso la rivelazione, insieme con la missione di apostolo. Il testo più chiaro su questo punto si trova nel suo racconto su ciò che costituisce il centro della storia della salvezza: la morte e la risurrezione di Gesù e le apparizioni ai testimoni (cfr. 1Cor 15). Con parole della tradizione antichissima, che anch’egli ha ricevuto dalla Chiesa di Gerusalemme, dice che Gesù morto crocifisso, sepolto, risorto apparve, dopo la risurrezione, prima a Cefa, cioè a Pietro, poi ai Dodici, poi a cinquecento fratelli che in gran parte in quel tempo vivevano ancora, poi a Giacomo, poi a tutti gli Apostoli. E a questo racconto ricevuto dalla tradizione aggiunge: “Ultimo fra tutti apparve anche a me” (1Cor 15,8). Così fa capire che questo è il fondamento del suo apostolato e della sua nuova vita. Vi sono pure altri testi nei quali appare la stessa cosa: “Per mezzo di Gesù Cristo abbiamo ricevuto la grazia dell’apostolato” (cfr Rm 1,5); e ancora: “Non ho forse veduto Gesù, Signore nostro?” (1Cor 9,1), parole con le quali egli allude ad una cosa che tutti sanno. E finalmente il testo più diffuso si legge in Gal 1,15-17: “Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco”. In questa “autoapologia” sottolinea decisamente che anche lui è vero testimone del Risorto, ha una propria missione ricevuta immediatamente dal Risorto.


Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui  - La Bibbia di Navarra (I Quattro Vangeli): L’effetto più importante della Sacra Eucarestia è l’unione intima col Signore Gesù. La stessa parola “comunione” sta ad indicare questa partecipazione unitiva alla vita del Signore: se tutti i sacramenti, in virtù della grazia che essi conferiscono, valgono a rendere più forte la nostra unione con Gesù, più intenso è il vincolo unitivo nella Eucaristia. poiché questa ci elargisce non solamente la grazia. ma pure l’autore medesimo di essa: «Nella frazione del pane eucaristico. partecipando noi realmente al corpo del Signore. siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti. siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane” (1Cor 10,17)» (Lumen gentium, 7). Proprio perché l’Eucaristia è il sacramento che con maggiore intensità simboleggia e realizza la nostra unione con Cristo, essa è nel contempo il sacramento dove tutta la Chiesa rivela e attua la sua unità: Cristo Gesù “istituì nella sua Chiesa il mirabile sacramento dell’Eucaristia, dal quale l’unità della Chiesa è simboleggiata e prodotta” (Unitatis redintegratio, 2).


Papa Francesco (Angelus, 16 Agosto 2015): ... la Liturgia ci sta proponendo, dal Vangelo di Giovanni, il discorso di Gesù sul Pane della vita, che è Lui stesso e che è anche il sacramento dell’Eucaristia. Il brano di oggi (Gv 6,51-58) presenta l’ultima parte di tale discorso, e riferisce di alcuni tra la gente che si scandalizzano perché Gesù ha detto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Lo stupore degli ascoltatori è comprensibile; Gesù infatti usa lo stile tipico dei profeti per provocare nella gente - e anche in noi - delle domande e, alla fine, provocare una decisione. Anzitutto delle domande: che significa “mangiare la carne e bere il sangue” di Gesù?, è solo un’immagine, un modo di dire, un simbolo, o indica qualcosa di reale? Per rispondere, bisogna intuire che cosa accade nel cuore di Gesù mentre spezza i pani per la folla affamata. Sapendo che dovrà morire in croce per noi, Gesù si identifica con quel pane spezzato e condiviso, ed esso diventa per Lui il “segno” del Sacrificio che lo attende. Questo processo ha il suo culmine nell’Ultima Cena, dove il pane e il vino diventano realmente il suo Corpo e il suo Sangue. È l’Eucaristia, che Gesù ci lascia con uno scopo preciso: che noi possiamo diventare una cosa sola con Lui. Infatti dice: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (v. 56). Quel “rimanere”: Gesù in noi e noi in Gesù. La comunione è assimilazione: mangiando Lui, diventiamo come Lui. Ma questo richiede il nostro “sì”, la nostra adesione di fede.
A volte si sente, riguardo alla santa Messa, questa obiezione: “Ma a cosa serve la Messa? Io vado in chiesa quando me la sento, o prego meglio in solitudine”. Ma l’Eucaristia non è una preghiera privata o una bella esperienza spirituale, non è una semplice commemorazione di ciò che Gesù ha fatto nell’Ultima Cena. Noi diciamo, per capire bene, che l’Eucaristia è “memoriale”, ossia un gesto che attualizza e rende presente l’evento della morte e  risurrezione di Gesù: il pane è realmente il suo Corpo donato per noi, il vino è realmente il suo Sangue versato per noi.
L’Eucaristia è Gesù stesso che si dona interamente a noi. Nutrirci di Lui e dimorare in Lui mediante la Comunione eucaristica, se lo facciamo con fede, trasforma la nostra vita, la trasforma in un dono a Dio e ai fratelli. Nutrirci di quel “Pane di vita” significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, assimilare le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. Significa entrare in un dinamismo di amore e diventare persone di pace, persone di perdono, di riconciliazione, di condivisione solidale. Le stesse cose che Gesù ha fatto.
Gesù conclude il suo discorso con queste parole: «Chi mangia questo pane vivrà in eterno» (Gv 6,58). Sì, vivere in comunione reale con Gesù su questa terra ci fa già passare dalla morte alla vita. Il Cielo incomincia proprio in questa comunione con Gesù.


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
****  Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Dio onnipotente, che ci hai dato la grazia di conoscere il lieto annunzio della risurrezione, fa’ che rinasciamo a vita nuova per la forza del tuo Spirito di amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...