14 Aprile 2018

Sabato Feria II Settimana di Pasqua


Oggi Gesù ci dice: “Voi siete un popolo redento; annunziate le grandi opere del Signore, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce. Alleluia” (1 Pt 2, 9 - Antifona).  


Dal Vangelo secondo Giovanni 6,16-21:  ... il mare era agitato, perché soffiava un forte vento: i discepoli di Gesù, provetti pescatori, conoscevano le insidie del mare di Tiberiade, un lago soggetto a tempeste improvvise, e avventurarsi sulle acque denota in loro un certo coraggio, ma questa volta hanno paura. Gesù non abbandona la barca di Pietro, e così va incontro ai suoi discepoli camminando sul mare. I discepoli nel vederlo ebbero paura, ma la calma e la gioia ritornerà nel loro cuore quando sentiranno la voce del Maestro: Sono Io, non temete abbiate coraggio. Il significato di un tale miracolo nell’ambito della natura, come quello della moltiplicazione dei pani, non mira, in Giovanni, e nemmeno nei sinottici, a presentarci Gesù un operatore di prodigi, ma il Maestro che ama i suoi discepoli, ed è sempre presente, anche nelle traversie di una traversata burrascosa. E poiché il potere di Dio sul mare è un tema comunissimo nell’Antico Testamento (Gen 1,2ss.; Sal 74,12-15; 93,3s.), è chiara l’affermazione della divinità di Gesù. Una intuizione suffragata dall’uso del nome di Dio, Sono io: un chiaro riferimento alla rivelazione di Iahvè sul monte Sinai e sulla bocca di Gesù è un’autorevole rivelazione. Ancora una volta, Giovanni ha visto un profondo significato spirituale in una semplice risposta.


Gesù cammina sulle acque - Alain Marchadour (Vangelo di Giovanni): Questo brano è alquanto enigmatico: quale rapporto ha con quel che procede e quel che segue? Nei sinottici (Mt 14,22) è Gesù stesso che «ordina ai discepoli di salire in fretta sulla barca e precederlo sull’altra riva, mentre egli avrebbe congedato le folle». Possiamo considerare questo passo come un racconto di transizione nel senso proprio della parola, ma vi si ritrova lo stesso tema presente all’inizio del racconto: il cammino alla sequela di Cristo è fallito; i discepoli sono soli, abbandonati a se stessi; la folla continua a cercare Gesù (6,24). Sull’identità misteriosa di Gesù comincia ad alzarsi un velo: la scena si svolge di notte (v. 17), il tempo favorevole alla rivelazione. Gesù si avvicina camminando sulle acque e si affranca così dalle leggi della natura: l’acqua che separa diventa un cammino che riunisce. Possiamo vedere in ciò un’ulteriore allusione all’esodo, in particolare alla traversata del Mar Rosso: anche lì l’acqua si era trasformata in strada per i figli d’Israele (Es 14).
Un altro dettaglio conferma questa lettura: «I discepoli ebbero paura» (v. 19), segno che hanno letto in quest’episodio l’intervento di Dio. Ma Gesù li tranquillizza cominciando col dire: «Sono io»; in greco: Ego eimi, «Io sono». Con queste due parole il Secondo Isaia ha sovente espresso il nome di Jhwh. Così, nella rivelazione progressiva di Gesù, è introdotto un elemento supplementare, fugace ma importante: egli è il nuovo Mosè, il nuovo Eliseo, ma anche un essere divino, che si appropria il nome di Dio e, come Dio nelle sue rivelazioni, libera dalla paura. Nel Salmo 77,20 è detto:
S’aprì nel mare la tua vita,
i tuoi sentieri nella massa d’acqua;
ma rimasero invisibili le tue orme.


Padre Lino Pedron (Omelia 17 Aprile 2010): Dopo la moltiplicazione dei pani, i discepoli, come la folla, avevano acclamato Gesù re, ma la loro speranza era stata delusa. Ora scendono al lago e, sconsolati, dirigono la barca verso Cafarnao per ritornare a casa loro e al loro lavoro.
Giovanni sottolinea questa incomprensione dei discepoli con l’immagine della notte e della tenebra (vv. 16-17). Il separarsi da Gesù e il non seguire la sua parola è entrare nella tenebra e nella cecità più profonda. La confusione interiore del loro cuore, simboleggiata dal forte vento che scuote la barca, li induce ad abbandonare il Maestro.
L’annotazione dell’evangelista: “Gesù non era ancora venuto da loro” (v. 17) prepara la sua rivelazione ai discepoli. Lontani dalla spiaggia circa cinque o sei chilometri essi videro Gesù che camminava sulle acque. Egli si presenta come Dio che può camminare sulle grandi acque e sul mare (Sal 77,20; 107,4-30; ecc.). Con le parole: “Sono io, non temete!” Gesù si fa conoscere loro e si rivela come il Signore in cui è presente la potenza di salvezza di Dio. Le forze della natura, anche le più violente, non possono ostacolare l’azione del Figlio di Dio. Egli si rivela ai discepoli non solo come Messia, che sazia la loro fame, ma ancor più come Dio che ancora una volta va loro incontro con amore.


Venuta intanto la sera, i  discepoli di Gesù scesero al mare, salirono sulla barca, probabilmente la barca di Pietro, nella quale la tradizione cristiana unanimemente vede l’immagine della Chiesa. La barca è ancora distante da terra ed è scossa dalle onde, il mare era agitato e soffiava un forte vento. In questa scena, in un contesto di tempesta e di paura, emerge la tempra dei discepoli, ma anche la loro natura tutta umana. I discepoli sono uomini rotti ad ogni tipo di fatica, ma pur sempre uomini, con le loro paure, con la loro stanchezza, con quella ottusa capacità di conoscere, di capire, di cogliere in tutta la sua interezza la verità. Non riconoscono Gesù che cammina sulle acque, forse credono di vedere un fantasma. Ebbero paura, ma la voce del Maestro ricolma il loro cuore di gioia e di speranza. Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti. Nell’Antico Testamento il potere camminare sulle acque, così come quello di calmare le tempeste, è attribuito a Iahvé (cfr. Sal 65,7; 77,20; 89,9-10; Gb 9,8; 26,11-12; 38,16; Sir 24,5-6; Is 43,16). Intenzionalmente è una professione di fede della comunità primitiva nella divinità di Gesù. Al di là della storicità dell’episodio, si può cogliere un messaggio altamente parenetico: Gesù risorto è sempre presente nella sua Chiesa e se i marosi sembrano far affondare la barca di Pietro occorre continuare, nonostante tutto, ad avere fiducia nella potenza della sua Presenza, la quale rende possibile la prosecuzione della navigazione. A tutti i naviganti più o meno esperti, Gesù continua a ripetere, «Sono Io, non abbiate paura!».  Così l’episodio illumina la vita cristiana fatta a volte anche di affondamenti.


… il mare era agitato - Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 11471148: Dio parla all’uomo attraverso la creazione visibile. L’universo materiale si presenta all’intelligenza dell’uomo perché vi legga le tracce del suo Creatore [Sap 13,1; Rm 1,19-20; At 14,17]. La luce e la notte, il vento e il fuoco, l’acqua e la terra, l’albero e i frutti parlano di Dio, simboleggiano ad un tempo la sua grandezza e la sua vicinanza. In quanto creature, queste realtà sensibili possono diventare il luogo in cui si manifesta l’azione di Dio che santifica gli uomini, e l’azione degli uomini che rendono a Dio il loro culto. Ugualmente avviene per i segni e i simboli della vita sociale degli uomini: lavare e ungere, spezzare il pane e condividere il calice possono esprimere la presenza santificante di Dio e la gratitudine dell’uomo verso il suo Creatore.


Fr. Vincenzo Boschetto: Gesù viene incontro ai suoi in modo insolito. Lo fa «sul finire della notte», dopo che i discepoli hanno faticato a lungo e hanno dovuto prendere coscienza della loro debolezza. Viene «camminando sul mare», come fosse il padrone della natura. In realtà, Dio solo può imporre un ordine alle acque; come quando all’inizio della creazione ha fissato un limite al mare e gli ha detto: «Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde» [Gb 38,11]. Così adesso: le onde diventano per Gesù il sentiero che gli permette di farsi vicino ai suoi. Ma accade qualcosa di paradossale: la presenza del Signore dovrebbe rallegrare i discepoli, dovrebbe trasmettere loro sicurezza e invece, sulla barca, essi sono turbati, hanno paura, addirittura si mettono a «gridare»; scambiano Gesù, il salvatore, per un «fantasma», per una presenza inquietante e minacciosa. L’espressione “camminando sul mare” ripetuta due volte, è carica di reminiscenze bibliche. Dio, come creatore e signore dell’universo e come salvatore nell’Esodo, è colui che cammina sul mare. I due aspetti della signoria di Dio e della sua presenza salvifica si sovrappongono nella tradizione biblica e anche nell’episodio evangelico. Gesù è il Signore che controlla le forze minacciose [il vento e le onde agitate], ma è anche il salvatore che soccorre la sua comunità in mezzo alle prove. È facile spaventarsi in piena notte, nel bel mezzo di una tempesta. Ma Gesù viene come guaritore e il Gesù sofferente: porta la vita e sembra una minaccia di morte; dona libertà ma viene percepito come una catena. Purtroppo si vive una visione troppo umana, credono ai fantasmi [Lc 24,37]. Quante volte proviamo paura del Signore e delle sue esigenze, quasi che venisse per portarci via qualcosa, per renderci meno liberi e meno gioiosi! Si può superare questo equivoco solo attraverso il riconoscimento personale, amicale di Gesù: la “croce” fa paura perché parla di umiliazione e di sofferenza, ma il Crocifisso attira perché è luogo di perdono e di riconciliazione; la legge imprigiona perché serra dentro maglie che costringono; ma la Parola di Gesù libera perché nasce dall’Amore e produce la consolazione dell’amicizia: «Coraggio, sono Io, non abbiate paura». Tutto dipende da quell’assicurazione: “ci sono io, con voi; non c’è motivo di temere”. Il discepolo non si trova solo di fronte al mondo, alla vita, alla morte, al presente, al futuro; valgono per lui le promesse: «Se dovrai attraversare le acque, io sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; poiché io sono il Signore, tuo Dio, il santo d’Israele il tuo salvatore» [Is 43, 2-3a]. In Gesù, Dio stesso si fa vicino all’uomo e libera l’uomo dall’angoscia mortale della solitudine: «Io sono con te».


Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** Voi siete un popolo redento; annunziate le grandi opere del Signore, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce.
Nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…