IL VANGELO DEL GIORNO

23 Marzo 2018

VENERDÌ FERIA V SETTIMANA QUARESIMA


Oggi Gesù ci dice: “Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre; per quale di esse volete lapidarmi?” (Vangelo).


Dal Vangelo secondo Giovanni 10,31-42: Ormai si è ai ferri corti ... si può accettare tutto, ma è inaccettabile e irragionevole che un uomo pretenda di essere Dio. Per Israele è pazzia, ma è sopratutto una bestemmia: un peccato che va punito con la morte. Gli intrighi e le alleanze omicide si moltiplicano, erodiani, farisei e sadducei si ritrovano amici, loro che si odiavano l’un l’altro e si scansavano come cani rabbiosi. Cercano di catturarlo ma non ci riescono perché ancora non è giunta “l’ora”, l’ora della morte e della risurrezione, l’ora della disfatta e l’ora della glorificazione del Figlio di Dio. Qualcuno esce fuori dal coro: “«Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui”. Affermazioni e fede assai deboli, qualche giorno dopo, in una piazza, costoro che “credettero in lui” grideranno “di lui” a un pagano: “Crocifiggilo, crocifigillo”. Pilato è un pagano e non si fa scrupolo di mandare a morte Gesù, ne ha il potere e lo esercita; i fratelli hanno consegnato alla morte un fratello, ma in questa consegna vi è celata la volontà salvifica del Padre e l’obbedienza amorosa del Figlio, che si lascia inchiodare su una Croce per la salvezza del mondo. E in quel giorno su un monte una Voce si alza forte e vigorosa, e raggiunge i cuori degli uomini, una parola di perdono e di salvezza: “Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso” (Gen 50,20).


Un’alleanza e una parola di vita - Basilio Caballero (La Parola per Ogni Giorno): La prima lettura ricorda l’alleanza di Dio con il nomade solitario Abramo, secondo la versione sacerdotale che è la più tardiva (VI secolo a.C.) delle quattro tradizioni bibliche che confluirono nella redazione dei cinque libri del Pentateuco. Quando nell’esilio babilonese (VI secolo a.C.) la nazione giudaica e l’alleanza sembravano cancellate, i circoli sacerdotali riaffermano l’alleanza eterna di Dio con il suo popolo e con tutta l’umanità nella persona di Abramo, che per essere padre di una moltitudine di popoli dovette credere alla parola di Dio contro ogni speranza.
La figura di Abramo, vista in riferimento a Cristo, ha un ruolo importante nel vangelo di oggi, come in quello di ieri. Gesù, nel quale Dio realizza la nuova e definitiva alleanza con l’umanità, afferma: «Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte». La reazione dei suoi ascoltatori continua a essere negativa perché manca loro la fede e perché capiscono questo «non morire» in senso fisico. Perciò accusano Gesù di essere indemoniato e gli ricordano che Abramo stesso morì, e anche i profeti. «Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?».
Gesù si confessa ancora una volta Figlio di Dio Padre, finisce il suo discorso affermando nettamente la sua superiorità su Abramo, perché «“prima che Abramo fosse, Io Sono”. Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio». Così termina il capitolo 8 di san Giovanni, nel quale l’evangelista passa in rassegna i discorsi di autodifesa e i richiami di Gesù ai suoi oppositori, come abbiamo visto in questi ultimi giorni. L’ora della morte di Cristo non dipende da chi lo odia, ma è assoggettata alla volontà di Gesù stesso e alla sua libera accettazione del progetto del Padre, che vuole salvare l’uomo peccatore.


Alain Marchadour (Vangelo di Giovanni): «Tu, che sei uomo, ti fai Dio» (10,33); la formula capovolge la vera professione di fede dei cristiani: Dio si è fatto uomo, «il Verbo si fece carne» (1,14). È questa la differenza tra i giudei e i cristiani nel loro approccio a Gesù. Per i giudei, egli si comporta come un uomo che usurpa un’indebita intimità con Dio. Per i cristiani, è il Verbo di Dio che si è fatto uomo. Ciò che egli è non viene da lui stesso, ma dal Padre « che lo ha santificato».
Al versetto 37 Gesù riprende il motivo delle opere: «inviato», egli svolge la funzione dello saluah nella tradizione giudaica che riceve autorità da colui che invia e s’identifica con lui. Certamente le opere non provano nulla, ma sono segni che le parole di Gesù non sono prive di fondamento.


Catechismo della Chiesa Cattolica

I segni del Regno di Dio

547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi “miracoli, prodigi e segni” (At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato.

548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato. Essi sollecitano a credere in lui. A coloro che gli si rivolgono con fede, egli concede ciò che domandano. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio . Ma possono anche essere motivo di scandalo. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni .

574 Fin dagli inizi del ministero pubblico di Gesù, alcuni farisei e alcuni sostenitori di Erode, con dei sacerdoti e degli scribi, si sono accordati per farlo morire. Per certe sue azioni, Gesù è apparso ad alcuni malintenzionati sospetto di possessione demoniaca. Lo si accusa di bestemmia e di falso profetismo, crimini religiosi che la Legge puniva con la pena di morte sotto forma di lapidazione.

589 Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio comportamento misericordioso verso i peccatori con l’atteggiamento di Dio stesso a loro riguardo. È arrivato a lasciar intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, li ammetteva al banchetto messianico. Ma è soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente affermano, solo Dio può rimettere i peccati. Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, oppure dice il vero e la sua Persona rende presente e rivela il Nome di Dio.

590 Soltanto l’identità divina della Persona di Gesù può giustificare un’esigenza assoluta come questa: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 12,30); altrettanto quando egli dice che in lui c’è “più di Giona... più di Salomone” (Mt 12,41-42), “c’è qualcosa più grande del Tempio” (Mt 12,6); quando ricorda, a proprio riguardo, che Davide ha chiamato il Messia suo Signore, e quando afferma: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58); e anche: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).

591 Gesù ha chiesto alle autorità religiose di Gerusalemme di credere in lui a causa delle opere del Padre che egli compiva. Un tale atto di fede, però, doveva passare attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita “dall’alto” (Gv 3,7), sotto lo stimolo della grazia divina. Una simile esigenza di conversione di fronte a un così sorprendente compimento delle promesse permette di capire il tragico disprezzo del sinedrio che ha stimato Gesù meritevole di morte perché bestemmiatore. I suoi membri agivano così per “ignoranza” e al tempo stesso per l’“indurimento” (Mc 3,5; Rm 11,25) dell’incredulità.


Io Sono: Giovanni Paolo II (Udienza generale, 8 marzo 1989): La Risurrezione costituisce prima di tutto la conferma di tutto ciò che Cristo stesso aveva “fatto e insegnato”. Era il sigillo divino posto sulle sue parole e sulla sua vita. Egli stesso aveva indicato ai discepoli e agli avversari questo segno definitivo della sua verità. L’angelo del sepolcro lo ricordò alle donne la mattina del “primo giorno dopo il sabato”: “È  risorto come aveva detto” (Mt 28,6). Se questa sua parola e promessa si è rivelata come verità, dunque anche tutte le altre sue parole e promesse possiedono la potenza della verità che non passa, come egli stesso aveva proclamato: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35; Mc 13,31; Lc 21,33). Una prova più autorevole, più forte, più decisiva della Risurrezione da morte, nessuno avrebbe potuto immaginarla e pretenderla. Tutte le verità, anche le più impervie alla mente umana, trovano invece la loro giustificazione, anche al foro della ragione, se Cristo risorto ha dato la prova definitiva, da lui promessa, della sua autorità divina. Così la verità della sua stessa divinità è confermata dalla Risurrezione. Gesù aveva detto: “Quando avrete innalzato (sulla Croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono” (Gv 8,28). Coloro che ascoltarono queste parole volevano lapidare Gesù, poiché “Io Sono” era per gli Ebrei l’equivalente del nome ineffabile di Dio. Difatti, chiedendo a Pilato la sua condanna a morte, presentarono come principale accusa quella di essersi “fatto figlio di Dio” (Gv 19,7). Per questa stessa ragione lo avevano condannato nel sinedrio come reo di bestemmia dopo che alla richiesta del sommo sacerdote aveva dichiarato di essere il Cristo, il Figlio di Dio (Mt 26,63-65; Mc 14,62; Lc 22,70): ossia non solo il Messia terreno com’era concepito e atteso dalla tradizione giudaica, ma il Messia-Signore annunciato dal Salmo 110 [109] (cfr. Mt 22,41ss.), il personaggio misterioso intravisto da Daniele (Dn 7,13-14). Questa era la grande bestemmia, l’imputazione per la condanna a morte: l’essersi proclamato Figlio di Dio! E ora la sua Risurrezione confermava la veridicità della sua identità divina, e legittimava l’attribuzione fatta a se stesso, prima della Pasqua, del “nome” di Dio: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58). Per i Giudei questa era una pretesa passibile di lapidazione (cfr. Lv 24, 16), e infatti essi “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui, ma Gesù si nascose e uscì dal tempio” (Gv 8,59). Ma se allora non avevano potuto lapidarlo, in seguito riuscirono a farlo “innalzare” sulla Croce: la Risurrezione del Crocifisso dimostrava però che egli veramente era Io Sono, il Figlio di Dio.




Siamo arrivati al termine. Possiamo mettere in evidenza:
**** “Noi crediamo in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri (Dz-Sch. 150); e per mezzo di Lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l’umanità (cfr. Dz.-Sch. 76), ed Egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle nature ma per l’unità della persona (cfr. Ibid.)” (Paolo VI, Omelia 30 Giugno 1968).
Ora nel silenzio, nell’intimità del nostro cuore, possiamo interrogarci su quanto il Signore ha voluto suggerirci. Se confidiamo nel suo aiuto, potremo dare una risposta sincera ed esauriente.


Preghiamo con la Chiesa: Perdona, Signore, i nostri peccati, e nella tua misericordia spezza le catene che ci tengono prigionieri a causa delle nostre colpe, e guidaci alla libertà che Cristo ci ha conquistata. Per il nostro Signore Gesù Cristo...